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Argomento: Aviazione di marina - Recensione di Marco S. (08/02)

Il volume racconta la tormentata storia della nascita, dello scioglimento e della lenta rinascita, della componente aerea della nostra marina. E' un libro abbastanza approfondito ma di lettura scorrevole, non un'opera sistematica e "definitiva", come altre dell'USMM. Esso descrive la storia dell'aviazione navale italiana, partendo dai primi esperimenti dei pionieri del volo italiani (i più importanti tra i quali furono proprio ufficiali di marina, come Calderara, brevetto italiano n.1, e Guidoni), passando poi alla guerra di Libia ed alla Prima Guerra Mondiale. Vengono illustrate le attività belliche del Servizio Aeronautico della Marina (incentrate inizialmente sul pattugliamento marittimo e l'idroaccia per la difesa delle sue basi) passando poi a descrivere la successiva riunificazione dei servizi aerei delle due forze armate decisa nel 1916, per ragioni di economia (pur senza togliere alla marina il completo controllo operativo). Si arriva poi al grande impulso dato all'aviazione dal CSM ammiraglio Thaon di Revel (contrassegnato dall'utilizzo dei Caproni contro le basi navali nemiche e dai primi esperimenti di aerosiluramento), che riportò alla marina anche il completo controllo sulla sua aviazione.
Nel 1918, il Servizio Aereo della marina era uno dei più importanti del mondo, costituendo anche un punto di riferimento per marine estere come l'USN, che mandava suo personale ad addestrarsi presso le scuole di volo della Regia Marina. Nel 1920, quando il Servizio Aereo diventò una componente autonoma della marina sotto il nome di "Forza Aerea della Regia Marina", esso disponeva di circa 850 velivoli di ogni tipo. La costituzione della "Forza Aerea della Regia Marina" è considerata da De Risio in termini positivi, come una pietra miliare su una strada destinata poi ad interrompersi bruscamente con la costituzione della Regia Aeronautica. Come già detto nel NG, invece, riteniamo che questo atto sia stato il primo involontario passo della Regia Marina per il distacco della sua componente aerea. Infatti la costituzione della FARM implicava il fatto che la marina non fosse ingrado di integrare efficacemente il suo personale di volo all'interno delle forze navali, un problema peraltro comune ad altre aviazioni di esercito e marina, come conseguenza della loro smisurata crescita di fronte al disarmo postbellico. Anche il "Corpo Aeronautico" dell'Esercito si era rapidamente trasformato in "Arma Aeronautica dell'Esercito". In entrambi i casi, dietro questi nomi c'erano migliaia di ufficiali e sottufficiali che non vedevano prospettive di carriera (se non di vita dignitosa) all'interno delle rispettive forze armate.
La costituzione della FARM, va pertanto vista invece come un campanello d'allarme: infatti da sempre marine come l'USN si sono sempre guardate dallo scorporare la loro componente aerea dalle forze navali. Il volume esamina poi tutti le controversie dottrinali del tipo "aviazione navale sì - aviazione navale no", nel periodo tra le due guerre, a dire il vero non molto "sanguinose", almeno rispetto a quanto lo furono le periodiche "querelles" del secondo dopoguerra, che interessarono anche il grande pubblico. Vengono poi illustrati i vari progetti di navi portaerei ed anche forniti stralci di verbali di riunioni, tra le quali la famosa Adunanza del Comitato Ammiragli dell'11 agosto 1925, nella quale gli ammiragli convinsero Mussolini dell'inopportunità della costruzione della portaerei nel contesto italiano, usando argomenti apparentemente solidi. Naturalmente, quando qualche anno dopo Benito tirerà fuori la metafora dell'Italia "portaerei naturale" e successivamente si scoprirà che la stessa era un'emerita cretinata, la marina punterà il dito contro il bieco regime fascista che non capiva niente della guerra navale moderna. Dimenticando che Mussolini, a quella riunione del 1925, aveva esordito rivolgendo agli ammiragli la frase "Io sono qui per imparare", abbastanza rara in bocca ad un politico. Abbiamo poi la Seconda Guerra Mondiale, ed i significativi fallimenti dell'aviazione terrestre a Punta Stilo, così come l'evidente effetto della mancanza di una portaerei a Matapan.
Si arriva così al dopoguerra, quando la Marina Militare, superate con la NATO le limitazioni armistiziali, comincia a pensare ad acquisire una vera portaerei ed una vera aviazione navale imbarcata, ma trova il tremendo ostacolo dei Regi Decreti del 1923/1925, che attribuivano all'Aeronautica Militare il monopolio dei mezzi aerei. Con l'appoggio dell'US Navy, la nostra marina qualificò "Naval Aviator" alcuni suoi ufficiali, due dei quali nel 1952 decollarono da una portaerei USA per atterrare a Capodichino e "creare il fatto compiuto" con il famoso "incidente", che non risolse il "problema aeronavale italiano", ma comunque fu la premessa per creare l'Aviazione Antisommergibile. La legge ne attribuì alla marina il controllo operativo e la partecipazione di suo personale di volo, con il controllo amministrativo ed il comando mantenuti però dall'Aeronautica. Questo precoce esempio di organismo interforze, gestisce ancora oggi i pattugliatori marittimi Atlantic, con risultati abbastanza soddisfacenti al di là di qualche periodico conflitto di competenza. In aggiunta, nel periodo fine anni 50-fine anni '70, il comparire dell'elicottero e del missile antiaereo ed antinave imbarcati, permisero alla marina assolvere abbastanza bene ai compiti di difesa antisom ed aerea della flotta in mare, anche senza la portaerei. Per questo, la Marina Militare Italiana sarà all'avanguardia nello sviluppo di fregate ed incrociatori con elevata capacità elicotteristica, il cui estremo sviluppo è il "Vittorio Veneto" (capacità di imbarco pari a 9 elicotteri leggeri o 4 pesanti).
Però all'inizio degli anni '80, la combinazione missile imbarcato-elicottero appariva insufficente di fronte ai nuovi missili antinave attivi, con capacità "stand-off", con profilo di volo "sea-skimming" e con dimensioni e costi ormai alla portata di potenze medio-piccole. Diventava sempre più importante abbattere i velivoli lanciatori prima che lanciassero i missili e quindi questo richiedeva un'aviazione da caccia imbarcata. Inoltre i primi impegni oltremare delle forze armate italiane (Libano 1 e 2) avevano evidenziato le frequenti difficoltà a riposizionare all'estero i velivoli dell'AMI per dare adeguata copertura aerea ai contingenti di pace italiani. Di fronte a questi problemi, il progresso tecnologico aveva proposto un'alternativa interessante alla impegnativa portaerei tradizionale: la portaerei V-STOL dotata di velivoli Sea-Harrier o AV-8, una soluzione che aveva dimostrato la sua validità durante il conflitto delle Falklands/Malvinas. Ma questa è storia recente: come è noto, nel 1983, la Marina varò la "portaelicotteri" "Giuseppe Garibaldi" dotandola di un vistoso sky-jump, avviando una lunga "querelle", che doveva concludersi nel 1989 con la legge intitolata "Utilizzo da parte della Marina Militare di aerei imbarcati", che di fatto trasformava il "Garibaldi" in vera portaerei dotata di AV-8B Plus.
Naturalmente quanto detto è solo una carrellata, ed il volume è pieno di spunti. Vengono riportati con una certa puntualità i testi delle leggi o dei progetti di legge inerenti all'aviazione navale, le conclusioni delle più importanti riunioni dei responsabili navali italiani in merito all'aviazione, alcune significative statistiche sul personale aeronautico (caduti, decorati). Ci sono anche brevi appendici sulle caratteristiche dei più significativi mezzi aerei e navali dell'aviazione navale, nelle diverse epoche storiche, corredati di buona foto. Un po' più carente rispetto a quanto mi sarei aspettato, sono invece le statistiche materiali, gli ordini di battaglia ed i disegni tecnici. Così come le dottrine tattiche e strategiche, specie con riferimento alla Prima Guerra Mondiale, dove il Servizio Aereo della RM conobbe un grande sviluppo. Di norma, gli approfondimenti in merito sono lasciati a pochi significativi articoli nelle appendici dei vari capitoli, selezionati negli anni tra il materiale pubblicato sulla "Rivista Marittima", che come è noto è stato il periodico ufficiale della Regia Marina ed ora è quello della Marina Militare Italiana. Malgrado ciò, il libro rimane l'opera più importante pubblicata in Italia sulla storia dell'aviazione navale italiana e quindi non deve mancare nello scaffale dell'appassionato del genere.
Nel 1918, il Servizio Aereo della marina era uno dei più importanti del mondo, costituendo anche un punto di riferimento per marine estere come l'USN, che mandava suo personale ad addestrarsi presso le scuole di volo della Regia Marina. Nel 1920, quando il Servizio Aereo diventò una componente autonoma della marina sotto il nome di "Forza Aerea della Regia Marina", esso disponeva di circa 850 velivoli di ogni tipo. La costituzione della "Forza Aerea della Regia Marina" è considerata da De Risio in termini positivi, come una pietra miliare su una strada destinata poi ad interrompersi bruscamente con la costituzione della Regia Aeronautica. Come già detto nel NG, invece, riteniamo che questo atto sia stato il primo involontario passo della Regia Marina per il distacco della sua componente aerea. Infatti la costituzione della FARM implicava il fatto che la marina non fosse ingrado di integrare efficacemente il suo personale di volo all'interno delle forze navali, un problema peraltro comune ad altre aviazioni di esercito e marina, come conseguenza della loro smisurata crescita di fronte al disarmo postbellico. Anche il "Corpo Aeronautico" dell'Esercito si era rapidamente trasformato in "Arma Aeronautica dell'Esercito". In entrambi i casi, dietro questi nomi c'erano migliaia di ufficiali e sottufficiali che non vedevano prospettive di carriera (se non di vita dignitosa) all'interno delle rispettive forze armate.
La costituzione della FARM, va pertanto vista invece come un campanello d'allarme: infatti da sempre marine come l'USN si sono sempre guardate dallo scorporare la loro componente aerea dalle forze navali. Il volume esamina poi tutti le controversie dottrinali del tipo "aviazione navale sì - aviazione navale no", nel periodo tra le due guerre, a dire il vero non molto "sanguinose", almeno rispetto a quanto lo furono le periodiche "querelles" del secondo dopoguerra, che interessarono anche il grande pubblico. Vengono poi illustrati i vari progetti di navi portaerei ed anche forniti stralci di verbali di riunioni, tra le quali la famosa Adunanza del Comitato Ammiragli dell'11 agosto 1925, nella quale gli ammiragli convinsero Mussolini dell'inopportunità della costruzione della portaerei nel contesto italiano, usando argomenti apparentemente solidi. Naturalmente, quando qualche anno dopo Benito tirerà fuori la metafora dell'Italia "portaerei naturale" e successivamente si scoprirà che la stessa era un'emerita cretinata, la marina punterà il dito contro il bieco regime fascista che non capiva niente della guerra navale moderna. Dimenticando che Mussolini, a quella riunione del 1925, aveva esordito rivolgendo agli ammiragli la frase "Io sono qui per imparare", abbastanza rara in bocca ad un politico. Abbiamo poi la Seconda Guerra Mondiale, ed i significativi fallimenti dell'aviazione terrestre a Punta Stilo, così come l'evidente effetto della mancanza di una portaerei a Matapan.
Si arriva così al dopoguerra, quando la Marina Militare, superate con la NATO le limitazioni armistiziali, comincia a pensare ad acquisire una vera portaerei ed una vera aviazione navale imbarcata, ma trova il tremendo ostacolo dei Regi Decreti del 1923/1925, che attribuivano all'Aeronautica Militare il monopolio dei mezzi aerei. Con l'appoggio dell'US Navy, la nostra marina qualificò "Naval Aviator" alcuni suoi ufficiali, due dei quali nel 1952 decollarono da una portaerei USA per atterrare a Capodichino e "creare il fatto compiuto" con il famoso "incidente", che non risolse il "problema aeronavale italiano", ma comunque fu la premessa per creare l'Aviazione Antisommergibile. La legge ne attribuì alla marina il controllo operativo e la partecipazione di suo personale di volo, con il controllo amministrativo ed il comando mantenuti però dall'Aeronautica. Questo precoce esempio di organismo interforze, gestisce ancora oggi i pattugliatori marittimi Atlantic, con risultati abbastanza soddisfacenti al di là di qualche periodico conflitto di competenza. In aggiunta, nel periodo fine anni 50-fine anni '70, il comparire dell'elicottero e del missile antiaereo ed antinave imbarcati, permisero alla marina assolvere abbastanza bene ai compiti di difesa antisom ed aerea della flotta in mare, anche senza la portaerei. Per questo, la Marina Militare Italiana sarà all'avanguardia nello sviluppo di fregate ed incrociatori con elevata capacità elicotteristica, il cui estremo sviluppo è il "Vittorio Veneto" (capacità di imbarco pari a 9 elicotteri leggeri o 4 pesanti).
Però all'inizio degli anni '80, la combinazione missile imbarcato-elicottero appariva insufficente di fronte ai nuovi missili antinave attivi, con capacità "stand-off", con profilo di volo "sea-skimming" e con dimensioni e costi ormai alla portata di potenze medio-piccole. Diventava sempre più importante abbattere i velivoli lanciatori prima che lanciassero i missili e quindi questo richiedeva un'aviazione da caccia imbarcata. Inoltre i primi impegni oltremare delle forze armate italiane (Libano 1 e 2) avevano evidenziato le frequenti difficoltà a riposizionare all'estero i velivoli dell'AMI per dare adeguata copertura aerea ai contingenti di pace italiani. Di fronte a questi problemi, il progresso tecnologico aveva proposto un'alternativa interessante alla impegnativa portaerei tradizionale: la portaerei V-STOL dotata di velivoli Sea-Harrier o AV-8, una soluzione che aveva dimostrato la sua validità durante il conflitto delle Falklands/Malvinas. Ma questa è storia recente: come è noto, nel 1983, la Marina varò la "portaelicotteri" "Giuseppe Garibaldi" dotandola di un vistoso sky-jump, avviando una lunga "querelle", che doveva concludersi nel 1989 con la legge intitolata "Utilizzo da parte della Marina Militare di aerei imbarcati", che di fatto trasformava il "Garibaldi" in vera portaerei dotata di AV-8B Plus.
Naturalmente quanto detto è solo una carrellata, ed il volume è pieno di spunti. Vengono riportati con una certa puntualità i testi delle leggi o dei progetti di legge inerenti all'aviazione navale, le conclusioni delle più importanti riunioni dei responsabili navali italiani in merito all'aviazione, alcune significative statistiche sul personale aeronautico (caduti, decorati). Ci sono anche brevi appendici sulle caratteristiche dei più significativi mezzi aerei e navali dell'aviazione navale, nelle diverse epoche storiche, corredati di buona foto. Un po' più carente rispetto a quanto mi sarei aspettato, sono invece le statistiche materiali, gli ordini di battaglia ed i disegni tecnici. Così come le dottrine tattiche e strategiche, specie con riferimento alla Prima Guerra Mondiale, dove il Servizio Aereo della RM conobbe un grande sviluppo. Di norma, gli approfondimenti in merito sono lasciati a pochi significativi articoli nelle appendici dei vari capitoli, selezionati negli anni tra il materiale pubblicato sulla "Rivista Marittima", che come è noto è stato il periodico ufficiale della Regia Marina ed ora è quello della Marina Militare Italiana. Malgrado ciò, il libro rimane l'opera più importante pubblicata in Italia sulla storia dell'aviazione navale italiana e quindi non deve mancare nello scaffale dell'appassionato del genere.
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