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I Corsari del Kaiser
di Alberto Peruffo ©
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Indice


Introduzione

Un tempo, per definizione, le navi corsare erano vascelli armati per la guerra di corsa i cui uomini, capitano e marinai, a differenza dei pirati, compivano atti ostili contro altre navi o porti solo con il consenso di un governo legittimo che autorizzava l'equipaggio di una nave, tramite una vera e propria patente di corsa o lettera di corsa, ad attaccare una nazione avversaria. Di solito i corsari erano privati cittadini, il cui unico obbligo nei confronti della propria nazione era il versamento nelle casse dello Stato di una parte del bottino che riuscivano a impadronirsi. In caso di cattura, a differenza del pirata che veniva spedito sul patibolo, il corsaro diveniva prigioniero di guerra e trattato come tale. L'epoca d'oro dei corsari fu dal XVI secolo alla metà del XIX secolo, basti ricordare sir Francis Drake o la nave Alabama che durante la guerra civile americana fu il terrore delle navi dell'Unione.

Con il trattato di Parigi del 1856, sottoscritto dalle grandi marinerie dell'epoca, la guerra di corsa venne messa al bando, si impediva al privato cittadino di atti di guerra. Da allora i corsari sarebbero stati militari che consegnavano al proprio Stato il bottino e le navi nemiche catturate in cambio di premi monetari basati sulla quantità e il tipo di bottino ottenuto. Pure alle navi da guerra tedesche, che solcando i mari durante la prima e la seconda guerra mondiale e che compivano azioni isolate contro il naviglio mercantile, venne affibbiato l'epiteto di vascelli corsari, anche se i loro equipaggi erano costituiti da personale della marina militare germanica.

Per i tedeschi, all'inizio della Grande Guerra, la situazione delle loro navi sparse lungo i possedimenti delle loro colonie, sparse ai quattro angoli del mondo, impose loro il ricorso alla guerra corsara. Circondati da nemici, su oceani ostili, essi dovettero attaccare imbarcazioni e porti nemici, non soltanto per interrompere il traffico navale, ma anche per approvvigionarsi del necessario per continuare la navigazione e quindi garantirsi la sopravvivenza. In particolare la necessità di approvvigionarsi di carbone influenzò molto le decisioni dei comandanti in mare.

In un'epoca dove la ricognizione aerea era ai suoi primi passi e il radar di là da venire, scovare una nave corsara, nell'immensità degli oceani, era come trovare un ago nel pagliaio. Solo un avvistamento fortuito o la decrittazione di segnali radio poteva compromettere il celarsi delle navi agli occhi dell'avversario. Fu questo uno dei motivi fondamentali per il successo delle navi corsare del Kaiser all'inizio della prima Guerra Mondiale.


Situazione alla vigilia della guerra

All'inizio del novecento la Germania, al pari di altre potenze europee, aveva ben consolidato il suo impero coloniale. Sparsi tra i possedimenti in Africa e quelli in estremo oriente l'impero tedesco aveva una popolazione di 14 milioni di abitanti indigeni e oltre 24.000 tedeschi che ne popolavano le terre. Si andava dagli stati africani come il Togo, il Camerun, l'Africa del Sud-Ovest (attuale Namibia) e il Tanganika (attuale Tanzania). In Estremo Oriente le colonie tedesche andavano dall'arcipelago delle Bismarck alla Terra dell'Imperatore Guglielmo nella Nuova Guinea. Alla fine dell'800 vennero acquistate dalla Spagna (appena uscita sconfitta da una guerra con gli USA) anche le isole Caroline, le Marianne e le isole Palau; infine con una spartizione con gli Stati Uniti venne acquisita anche parte delle isole Samoa. Ma la colonia più importante in Estremo Oriente, soprattutto dal punto di vista strategico, si trovava in Cina, nel porto di Tsingtao nel Mar Giallo. Da questa posizione, quasi agli antipodi dalla madre patria, le navi tedesche della squadra di crociera avevano il compito di controllare una zona che andava dall'oceano Pacifico a quello Indiano. Questa squadra si trovava in quella zona fin dalla rivolta dei Boxer, ed era l'unica colonia tedesca a possedere una flottiglia d'alto mare permanente. Nelle colonie africane, infatti, oltre che a qualche cannoniera, vedevano solo saltuariamente la presenza di altre navi da guerra, come gli incrociatori protetti il cui compito era di "mostrare la bandiera" nelle lontane stazioni coloniali.

La situazione delle colonie in caso di una guerra europea era assicurata dalla "Congo Act" stipulata dalle potenze coloniali nella conferenza di Berlino del 1885, in cui, all'articolo 11, si stabiliva di non estendere il conflitto alle colonie, in particolare a quelle africane. Per le navi da guerra tedesche però la posizione all'interno dei porti coloniali non era altrettanto sicura. Per non rischiare di rimanere imbottigliate alla fonda dalle navi nemiche era necessario, per esse, prendere il largo, appoggiandosi per i rifornimenti sulle navi carboniere e sui porti neutrali ma naturalmente anche sulle risorse che il nemico offriva con la cattura di alcune delle sue navi.

Alla vigilia della guerra le unità della marina in crociera o stazionanti in località distanti dalla madre patria non erano molte ma erano moderne e veloci, con equipaggi ben addestrati e motivati, come desiderato dal creatore della moderna marina da guerra germanica, l'ammiraglio Alfred von Tirpitz, che desiderava per il Kaiser una marina che potesse competere con quella Britannica.

Oltre alla squadra di crociera in Estremo Oriente vi erano degli incrociatori leggeri dispersi sui sette mari; il Königsberg in Tanganika, il Dresden e il Karlsruhe in crociera nei Carabi. Queste navi avevano gli ufficiali scelti personalmente da Tirpitz stesso, mentre i loro equipaggi erano volontari, in particolare nella squadra di crociera. Tutte queste navi furono protagoniste della guerra sugli oceani, conducendo una fruttuosa guerra di corsa. Oltre a queste vi era una squadra nel Mediterraneo, di stanza a Pola, comandata dall'ammiraglio Wilhelm Souchon con l'incrociatore da battaglia Goeben e l'incrociatore leggero Breslau che furono protagoniste di una straordinaria crociera. Riuscendo a sfuggire ad una spietata caccia da parte della flotta Britannica e Francese nel Mediterraneo, rifugiandosi nel porto di Istanbul, allora neutrale, ottenendo in tal modo di far entrare in guerra l'impero turco al fianco degli imperi centrali.

Il 3 agosto 1914 la Germania si trova in guerra con Russia e Francia ma, quando il giorno dopo le armate germaniche, in osservanza del piano di Schliffen, invadono il Belgio anche la Gran Bretagna entra automaticamente nella guerra. Da quel momento gli oceani e i mari del mondo, ad esclusione di parte del Mare del Nord, diventano per le navi tedesche un pericolo mortale da cui ben difficilmente possono sperare di salvarsi.


La flotta di crociera di von Spee

Storia delle navi e del comandante


Gneisenau
La squadra di crociera stanziata in Estremo Oriente fin dalla guerra dei Boxer aveva il compito di proteggere gli interessi tedeschi e mantenere l'ordine nelle turbolenti regioni cinesi sempre preda della xenofobia. I piani dell'Ammiragliato prevedevano che, in caso di guerra con una potenza locale, la flotta lì dislocata, doveva essere abbastanza potente da resistere fino all'arrivo di rinforzi dalla madre patria. Per questo le navi assegnate alla stazione di Tsingtao erano incrociatori moderni e veloci. Si trattava degli incrociatori corazzati gemelli Scharnhorst e Gneisenau il cui varo risaliva al 1906: furono gli ultimi incrociatori corazzati costruiti in Germania, caratterizzati da un ridotto centrale, i meglio armati e protetti di questo tipo; il loro diretto successore, il Blücher, il cui armamento principale era disposto in torrette, si avvicinava già ai moderni incrociatori da battaglia, i quali avevano un armamento e corazzatura paragonabile alle navi da battaglia e superavano quest'ultime in velocità, potendo quindi confrontarsi con queste potenti unità corazzate.

Il principale armamento dello Scharnhorst e del Gneisenau era costituito da quattro cannoni da 210mm in due torrette e altrettanti in casamatta. L'aumento della corazza di protezione e della potenza dei motori aveva ridotto il numero dell'armamento secondario, costituito da 6 cannoni da 150mm e 20 da 80mm, aumentando nel contempo le dimensioni delle due navi. I 6 pezzi da 150mm erano disposti in casamatta nel ridotto centrale al livello del ponte di batteria di dimensioni maggiori del ponte superiore dove si trovavano i pezzi da 210mm. Vi erano inoltre 4 tubi lanciasiluri e, come era d'uso agli inizi del '900, la prua era dotata di uno sperone.


Scharnhorst

Scharnhorst

La propulsione dei due incrociatori era costituita da tre macchine di cui due a tre cilindri per le due eliche laterali e una a quattro cilindri per l'elica centrale, permettendo una velocità di 22,5 nodi, grazie ad una potenza erogata di 26000 cavalli, qualcosa di meno per il Gneisenau. L'equipaggio per i due incrociatori era di 726 uomini più 38 ufficiali. Entrambe le navi dopo l'entrata in servizio nel 1908 furono assegnate alla forza di ricognizione nel Mare del Nord di cui lo Scharnhorst era l'ammiraglia; dopo l'entrata in servizio da parte britannica dell'incrociatore da battaglia Invincible le due navi vennero ritenute inadeguate a questo compito e furono trasferite in Estremo Oriente nel 1909 dove lo Scharnhorst continuò ad essere la nave ammiraglia.

Nello stesso anno lo Scharnhorst si incagliò subendo gravi danni che vennero riparati a Tsingtao. La squadra di crociera, oltre a questi due incrociatori corazzati, era costituita da tre incrociatori leggeri: l'Emden, il Leipzig e il Nürnberg. Come tutti gli incrociatori leggeri tedeschi si trattava di navi molto simili anche se appartenevano a classi differenti. Caratterizzate da un dislocamento di circa 4000 tonnellate e da un ponte continuo con casotto di comando, come in uso nei primi anni del '900, tutti armati con 10 cannoni da 105mm. Il primo incrociatore di questo tipo, che sarà impiegato intensamente durante il conflitto, fu il Lubeck alla cui classe apparteneva il Leipzig, risalente al 1905; era la prima nave del suo tipo ad installare dei motori a turbina. Il Leipzig mantenne però due macchine alternate come gli altri cinque componenti della classe del Lubeck; l'equipaggio era composto da 14 ufficiali e 274 marinai. Di qualche anno più recente il Nürnberg, della classe Stettin, che apportava qualche miglioramento all'apparato motori e un leggero incremento delle dimensioni. Infine l'Emden, varata nel 1908, di caratteristiche simili sarà testimone di una fruttuosa guerra di corsa nell'Oceano Indiano.

La base navale di Tsingtao poteva contare anche sulle piccole cannoniere Iltis, Jaguar, Tiger e Luchs risalenti alla fine del XIX secolo e il cacciatorpediniere S 90 protagonisti dell'eroico assedio di Tsingtao posto dai giapponesi nei primi mesi di guerra (il 17 ottobre 1914 l'S 90 affonderà con un siluro il vecchio incrociatore leggero giapponese Takachiho rompendo il blocco navale. Venne poi internato in un porto cinese).


Von Spee
Gli equipaggi della squadra di crociera sono rinomati in Germania e in Europa come la migliore squadra del Pacifico, soprattutto per la precisione dei loro artiglieri, tanto che nelle gare di artiglieria navale sono risultati più volte i migliori dell'intera flotta tedesca, premiando così anche il loro comandante, il viceammiraglio Maximilian von Spee.

Il conte Maximilian von Spee era nato a Copenaghen nel 1861, ultimo di cinque fratelli di una famiglia di junker prussiani di fede cattolica. Fin da giovane fu destinato alla vita militare scegliendo la carriera di ufficiale di marina. Carriera che, grazie alle sue doti marinare percorse velocemente. Nel 1900 combatte nella rivolta dei Boxer mettendosi in luce anche agli occhi degli alleati nella conquista di Tsingtao e nei combattimenti sul fiume Yangtze. Nel 1908 fu capo di stato maggiore della flotta del Mare del Nord e nel 1910 col grado di contrammiraglio fu a capo delle forze navali di esplorazione. Infine nel 1913, promosso viceammiraglio, gli venne affidata la squadra di crociera in Estremo Oriente di cui assunse il comando nel marzo dello stesso anno. Le sue ottime capacità marinare e le sue doti di comando combinate con una grande umanità lo resero subito popolare tra i suoi marinai, tra cui i suoi due figli maschi, Heinrich e Otto, che prestarono servizio come ufficiali nella sua squadra, Heinrich imbarcato sul Gneisenau e Otto sull'incrociatore leggero Nürnberg. Sarà lui a guidare la squadra di crociera nella guerra e che renderà immortale il suo nome nella storia delle marinerie del mondo.

Situazione iniziale e Guerra nel Pacifico

In Cina il tempo trascorreva nel reprimere le varie piccole rivolte locali, i rapporti tra le diverse potenze coloniali erano improntate alla collaborazione, spesso le unità navali da guerra inglesi scambiavano vicendevoli visite nei porti militari tedeschi, nonostante le relazioni tra i due paesi andassero peggiorando.

Il 20 giugno 1914 il Gneisenau lascia Tsingtao per il Giappone, dopo una breve sosta fa rotta per Pagan nelle Marianne; anche lo Scharnhorst, con von Spee, lascia Tsingtao, il 26 giugno, per congiungersi con la sua nave gemella. Dopo l'assassinio di Sarajevo il 28 giugno del 1914 la guerra tra le potenze europee è ormai nell'aria. La flotta di von Spee si trova in quei giorni sparsa nell'Oceano Pacifico, il Nürnberg è lungo le coste Messicane con il compito di proteggere gli interessi tedeschi dalla rivoluzione che sta sconvolgendo quel paese. Lo Scharnhorst e il Gneisenau si trovano nel frattempo ad incrociare nelle acque della Nuova Guinea germanica diretto verso le isole Caroline. Von Spee decide di rilevare il Nürnberg dal Leipzig nelle acque messicane, attendendo poi gli eventi attraverso la potente stazione radio ubicata sull'isola di Yap nelle Caroline occidentali. Nel frattempo svolge manovre ed esercitazioni d'artiglieria, anche notturne. L'attesa non dura che poche settimane; il 5 agosto apprende della dichiarazione di guerra dell'Inghilterra alla Germania mentre si trova presso l'isola vulcanica di Ponape, sempre nell'arcipelago delle Caroline. La dispersione delle forze preoccupa il viceammiraglio che decide di riunire le sue navi da guerra e quelle di appoggio all'isola di Pagan, nelle Caroline settentrionali. Solo il 6 agosto il Nürnberg arriva a Ponape dopo essere partito da Honolulu dove ha fatto rifornimento di carbone.

Von Spee è impensierito soprattutto dalle forze navali inglesi costituite dalla squadra del pacifico meridionale con base a Sydney, costituita dal potente incrociatore da battaglia Australia al comando dell'ammiraglio Patey e dalla squadra del viceammiraglio Jerram con l'incrociatore corazzato Minotaur di stanza nei mari della Cina. Russi e Francesi non destano preoccupazioni con le loro navi da guerra, il cui numero è tale da non impensierire.

La squadra di von Spee arriva a Pagan l'11 agosto con gli incrociatori Scharnhorst, Gneisenau e Nürnberg insieme alle rispettive navi d'appoggio, trovando nella baia dell'isola numerose navi mercantili tedesche che lì avevano cercato rifugio da eventuali brutti incontri con le navi ora nemiche. Il giorno dopo entra nella baia di Pagan anche l'Emden, ancorandosi al fianco delle altre tre navi da guerra. L'accoglienza da parte degli equipaggi della flotta di crociera è festosa, quasi incredula. Solo qualche giorno prima l'Emden era stato dato per perso in uno scontro con l'incrociatore leggero Russo Askold. In un rapporto radio falso si asseriva, infatti, che l'incrociatore tedesco, dopo aver catturato la nave Ryaezan, si fosse scontrata con la nave da guerra russa e, come esito finale della battaglia, entrambe gli incrociatori furono dati per affondati.

Lo stesso giorno dell'arrivo dell'Emden von Spee convoca i suoi comandanti sulla nave ammiraglia per una riunione e per decidere il da farsi. La situazione, già grave per la difficoltà di approvvigionare la flotta di combustibile, rischia di peggiorare con l'entrata in guerra del Giappone a fianco dell'Inghilterra. Questi due paesi hanno un trattato di alleanza che risale al 1902 e i tedeschi non si fanno troppe illusione sulla neutralità dell'Impero del Sol Levante. Gli ordini dall'Ammiragliato in Germania sono di condurre una guerra di corsa nel Pacifico e interrompere così i traffici commerciali in quei mari lontani fino alla fine della guerra in Europa, che si crede di breve durata. Ma condurre una guerra di corsa con una flotta di cinque navi da guerra sempre affamate di carbone non è cosa semplice. Anche rimanere nei pressi dei propri possedimenti coloniali, tentando di difenderli, può rivelarsi una trappola. Alla fine si opta per la decisione più logica: tentare di far ritorno in patria con la flotta, facendo, lungo il tragitto, più danno possibile al nemico. Solo il comandante dell'Emden, il capitano Karl von Müller, si trova in disaccordo e vorrebbe condurre una guerra ai mercantili nemici nel trafficato Oceano Indiano. Von Spee riflette sulla proposta di von Müller nella notte e la mattina successiva acconsente di privarsi di un incrociatore leggero, abbandonandolo al suo destino.

Il 13 agosto la squadra di crociera con le navi ausiliarie abbandona la base di Pagan con rotta sud est, inalberando sul pennone dello Scharnhorst il segnale per l'Emden che dice: "Libertà di manovra per l'Emden. Si augura ogni successo". L'incrociatore leggero partirà la mattina dopo alle 8:30 con la carboniera Markomannia per una lunga e fruttuosa crociera corsara. Lo stesso 14 agosto il Giappone manda un ultimatum alla Germania ingiungendo di disarmare tutte le navi da guerra nel Pacifico e di evacuare il porto di Kaio Chow entro il 9 settembre. L'ultimatum scade il 23 agosto ma i tedeschi non si degnano neppure di rispondere, si preparano però per la guerra fortificando Tsingtao. A quel punto le cristalline acque dei mari del sud sono diventate davvero pericolose per le navi della squadra di crociera, mentre le colonie del pacifico cadono tutte senza colpo ferire entro la fine di agosto. L'unica possibilità per von Spee, ora, è di perdersi nelle immensità del pacifico lasciando le due squadre da guerra inglesi e la flotta giapponese, brancolare nel buio, in una vana ricerca.

La squadra di crociera raggiunge il 19 agosto l'isola di Eniwetok, nelle attuali Isole Marshall, dove le navi compiono complicate operazioni di rifornimento, rese ancora più difficili da un violento uragano che si abbatte sull'isola. Nel frattempo il Nürnberg viene mandato alle isole Hawaii per organizzare i rifornimenti e inviare messaggi, in quell'isola vengono imbarcati 60 riservisti provenienti dalla comunità tedesca lì residente. Il 24 agosto gli incrociatori corazzati tedeschi compiono delle esercitazioni d'artiglieria durante le quali un vascello di rimorchio entra in collisione con il Gneisenau senza però conseguenze. La sera stessa la squadra di crociera arriva all'isola di Majuro Atoll. Il 6 settembre lo Scharnhorst e il Gneisenau raggiungono l'Isola di Natale trovandovi il Nürnberg in loro attesa.

Il giorno dopo lo stesso Nürnberg attacca l'Isola di Fanning dove vi è una stazione radio che viene prontamente distrutta. Nel frattempo i due incrociatori corazzati tedeschi fanno rotta verso le Isole Samoa Occidentali, dominio tedesco, senza però trovarvi navi nemiche come si era temuto pensando alla presenza dell'incrociatore da battaglia Australia. Le due navi da guerra nella difficile ricerca di obiettivi in un oceano tanto vasto e deserto si dirigono verso l'Isola di Tahiti dove il porto francese di Papeete può contare su un fortino e una cannoniera. Il 22 settembre lo Scharnhorst e il Gneisenau si presentano davanti a Papeete mettendo rapidamente a tacere le batterie costiere del forte che domina la baia, la cannoniera francese Zelee tenta una disperata resistenza ma nulla può contro le potenti navi tedesche e viene rapidamente mandata a picco. Stessa sorte tocca al mercantile Walkure, l'unico a trovarsi alla fonda. Per sfortuna dei tedeschi i francesi incendiano il deposito di carbone presente sull'isola, privando così le navi corsare del prezioso carburante.

L'assenza di navi da guerra alleate nel Pacifico fu causato dai numerosi impegni concomitanti che si assommavano, in particolare la minaccia dell'Emden ai vitali traffici inglesi dell'Oceano Indiano e l'assedio di Tsingtao in Cina. Il 26 settembre le tre navi da guerra si ricongiungono presso le Isole Marchesi, dove si riforniscono di carbone. A questo punto le flotte nemiche del Pacifico si sono messe sulle loro tracce: si decide di non indugiare oltre in quei mari poveri di prede, scarsamente battuti dal traffico commerciale, per dirigersi verso il neutrale ma simpatizzante Cile e, da lì, verso l'Atlantico.

La navigazione prosegue così in un mare deserto verso l'Isola di Pasqua raggiunta il 12 ottobre dove vi trova in attesa, fin dal 10 ottobre, l'incrociatore leggero Dresden del capitano Ludecke, reduce da una lunga guerra di corsa nell'Oceano Atlantico, di lì a poco anche il Leipzig verrà ad unirsi alla squadra di von Spee dopo una lunga crociera nel Pacifico orientale. Il Leipzig comandato dal capitano Haun e supportato da due carboniere, dopo aver cominciato la guerra lungo le coste messicane, si è diretto verso San Francisco dove, malgrado alcune difficoltà diplomatiche, riesce ad effettuare il rifornimento di carbone il 15 agosto e, il giorno dopo, lascia il porto americano indenne malgrado la collisione con una nave ancorata nel porto.

Nei giorni successivi la nave tedesca vaga in cerca di preda ma, lungo le coste della Baia di California, non incontra alcuna nave. Dopo essersi rifornita in mare l'11 settembre il Leipzig fa rotta verso le isole Galapagos, affondando, l'11 settembre, la nave cisterna Elsinore lungo la strada, arrivando poi il 18 settembre a Freshwater Bay sull'isola Indefatigable dell'arcipelago delle Galapagos. Lì viene affiancato da un'altra carboniera, l'Amasis, per il rifornimento. Dalle Galapagos il vecchio Leipzig dirige poi la sua prua verso le acque cilene, le stesse verso cui si dirige il resto della squadra di crociera. Durante la navigazione si incontra, il 25 settembre, con il vapore inglese Bank Fields che viene prontamente mandata a fondo dopo averne sbarcato l'equipaggio. Dalle acque del Cile si dirige, poi, verso l'Isola di Pasqua dove si ricongiunge finalmente con il resto della sua squadra il 14 ottobre, senza trovare altri obiettivi lungo la sua lunga navigazione. Alla fine della sua solitaria crociera il Leipzig totalizzerà 15279 tonnellate affondate.

Una volta riunita la flotta tedesca dispone, oltre dei due incrociatori corazzati, di tre incrociatori leggeri. Insieme tenteranno di passare in Atlantico e da lì in Germania. Dopo essersi rifornite insieme per le cinque navi lasciano la sperduta isola del Pacifico, i cui abitanti nulla sapevano circa la guerra; la loro prossima tappa è l'Isola di Juan Fernandez dove il 26 ottobre effettueranno un altro rifornimento dalle navi carboniere. Lì arriva il mercantile armato Prinz Eithel Friedrich, quest'ultima nave insieme alla carboniera Gottingen e alla scorta del Nürnberg viene mandata al porto cileno di Valparaiso dove la carboniera si rifornirà di carbone. Due giorni dopo anche il resto della squadra si dirige verso le acque neutrali del Cile dove i marinai potranno riposarsi dalla lunga navigazione. Le leggi di guerra permettono a sole tre navi di rimanere in un porto neutrale così gli incrociatori e le navi appoggio fanno a turno per entrare in porto. Una volta a Valparaiso von Spee viene a sapere da navi mercantili tedesche di una squadra di incrociatori britannici, proveniente dall'Atlantico.

Coronel


Sir Christopher Cradock
Mentre von Spee attraversa il Pacifico, inglesi e giapponesi credevano che la sua flotta si nascondesse nella base di Tsingtao e che si preparasse a difenderla. Solo la ricognizione aerea il 7 settembre chiarisce che la squadra di crociera non si trovava più in quelle acque. Gli attacchi alle basi francesi nel Pacifico confermarono al comando inglese l'intenzione delle navi tedesche di abbandonare le loro colonie dandosi alla guerra di corsa.

Il Primo Lord del Mare, all'epoca il principe Louis di Battenberg, padre dell'ultimo viceré dell'India, decide di bloccare un eventuale ingresso della squadra navale tedesca nell'Oceano Atlantico. Viene così incaricato il capo di Stato Maggiore dell'Ammiragliato Sir Frederich Sturdee di preparare i piani per la caccia alle navi tedesche. A capo della flotta di navi venne scelto l'ammiraglio Sir Christopher Cradock di 52 anni. All'inizio della guerra ha già avuto l'incarico di dare la caccia a due navi corsare tedesche; il Dresden e il Karlsruhe, che si nascondevano tra il Mar dei Carabi e l'Atlantico centrale. Caccia che nonostante i mezzi e l'impegno non ebbe successo. Cradock è quindi desideroso di rifarsi. Inoltre, egli è anche amico personale di von Spee. Si sono infatti conosciuti durante la guerra dei Boxer, dove hanno combattuto fianco a fianco, da allora non hanno mai smesso di tenersi in contatto, scrivendosi spesso al di là delle incomprensioni tra le loro due nazioni.

I mezzi che Battenberg e Sturdee forniscono a Cradock per affrontare il suo amico rivale von Spee si compongono di due incrociatori corazzati; il Good Hope e il Monmouth entrambi costruiti alla fine del 1800 con criteri di economia. Dotate entrambe di due cannoni da 234mm in torri singole, una sul castello di prua e una a poppa in coperta. Come armamento secondario disponevano di 12 cannoni da 152mm in casamatte lungo due ponti, alcune delle quali troppo basse sulla linea di galleggiamento che ne limitava l'uso in caso di mare agitato. La velocità massima raggiungibile era di 21 nodi per il Good Hope, qualcosa di meno per il Monmouth. Quest'ultima nave partiva con una cattiva reputazione nella marina britannica, con un equipaggio con poca esperienza ed un cattivo addestramento; in entrambe le navi il numero degli uomini a bordo era di circa 760 tra ufficiali e marinai. Ai due incrociatori corazzati veniva aggiunto il moderno Glasgow: un incrociatore leggero della classe Bristol risalente ai primi anni 10 del '900, dotato di due cannoni da 152mm come armamento principale e con una velocità massima di 25 nodi. Infine l'incrociatore ausiliario Otranto, un mercantile armato che oltre alla lentezza e alla mancanza di protezione corazzata aveva un equipaggio di riservisti che non avevano mai sparato un colpo in vita loro.


Good Hope

Monmouth

Cradock che ben conosceva il valore del suo avversario e la forza delle sue navi protestò vivamente con l'Ammiragliato che toccato dalle lamentele decise in un primo momento di assegnargli un altro incrociatore corazzato, il più moderno Defence della classe Minotaur (entrambe le unità andranno perse nella battaglia dello Jutland). Sturdee subito dopo questa promessa ebbe un ripensamento, ritenendo che la forza assegnata a Cradock fosse più che sufficiente ad affrontare la squadra di crociera tedesca dispersa lungo gli oceani e lontana da ogni scalo portuale amico. La sottovalutazione del nemico da parte dell'Ammiragliato britannico fu la principale causa della sconfitta di Coronel. A giustificazione di un tale sentimento di superiorità è che, da più di un secolo gli inglesi sono padroni dei mari e da oltre duecento anni non subiscono una sconfitta sui mari; inoltre la marina britannica ha di recente sconfitto quella tedesca il 28 agosto nella battaglia navale di Helgoland nel Mare del Nord. Per ripagare Cradock della mancata assegnazione del Defence, Sturdee gli fa avere la vecchia corazzata Canopus, nave poco adatta per la caccia alle navi corsare a causa della scarsa velocità ma, dotata di potenti cannoni da 305mm capaci da soli di risolvere una situazione difficile.


Canopus
A Cradock, oppresso da presagi di sventura, non rimane che ubbidire e fare del suo meglio con quello che possiede. Parte dall'Inghilterra ponendo la sua bandiera sul Good Hope con rotta verso le Falkland dove giunge ai primi di ottobre. Le prime notizie sulla squadra di crociera di von Spee giungono agli inglesi il 5 ottobre 1914 quando il Naval Office di Melbourne in Australia riceve un messaggio radio scambiato tra lo Scharnhorst e l'incrociatore leggero Dresden che dall'Atlantico andava a ricongiungersi alla squadra di von Spee. Dopo aver decrittato il messaggio radio, grazie al codice tedesco HVB in possesso degli australiani fin dall'inizio della guerra, Londra informa Cradock della decisione tedesca di dirigersi verso le coste del Cile.

Cradock decide a quel punto di mandare il veloce Glasgow in avanscoperta nelle acque del Cile in modo da raccogliere informazioni più precise mentre il grosso della sua squadra avrebbe seguito dappresso. Sfortunatamente i motori della vecchia Canopus avevano subito dei guasti durante la lunga traversata costringendola alla velocità massima di soli 12 nodi. Quest'inconveniente deprime ancor di più Cradock che lascia indietro la corazzata la quale non può più stare al passo con il resto delle sue navi, abbandonandola in compagnia delle navi carboniere della sua squadra. In ogni caso decide di affrontare il nemico. Egli sa dalle decrittazzioni la forza del conte Spee, nettamente superiore alla sua ed elabora un piano per mettere in svantaggio le navi avversarie. Cradock fingerà soltanto di dare battaglia attirando i tedeschi verso i cannoni della lenta Canopus, capaci di sbriciolare le corazze degli incrociatori nemici. Al riparo dei suoi cannoni da 305 le navi di Cradock sarebbero state comunque al sicuro.

Il 31 ottobre un nuovo messaggio viene decrittato a Londra dalla famosa Stanza 40, che tramite i codici pervenuti dall'incrociatore tedesco Magdeburg, catturato dai russi il 26 agosto e successivamente passati agli inglesi, riesce a decifrare le comunicazioni radio germaniche. Il messaggio indicava la volontà della squadra tedesca di raggiungere l'Atlantico. Queste informazioni allarmarono i comandi inglesi che vedevano minacciato un settore molto importante per i loro traffici mercantili. Era quindi vitale fermare le navi tedesche prima che di loro si perdesse ogni traccia nelle vastità dell'Atlantico meridionale.

Se gli inglesi conoscono le mosse tedesche grazie alle comunicazioni radio in codice, von Spee si avvede dell'arrivo della flotta nemica grazie all'informazione datagli da mercantili connazionali che incrociano quelle acque. Il primo novembre il viceammiraglio tedesco decide di prendere il largo da Valparaiso con le sue navi andando incontro alla flotta nemica, guidata dal suo amico Cradock. In testa si muovono i suoi incrociatori leggeri. Intanto il giorno prima il Glasgow si era riunito con gli altri due incrociatori corazzati della sua flotta al largo della costa di Coronel in Cile, in attesa della Canopus, tra gli inglesi regnava l'incertezza.

Nel pomeriggio del 1° novembre il mare era molto mosso e preannunciava tempesta. Alle 16:30 il Glasgow, ancora in avanscoperta, avvistò il fumo dei fumaioli del Leipzig e dopo 10 minuti anche quelli del resto della flotta di von Spee; tramite la radio comunica la presenza nemica al resto della flotta e si dirige a sud ricongiungendosi con le altre navi alle 17:00. La squadra navale tedesca procedeva già in linea di battaglia con lo Scharnhorst in testa, subito seguito dal Gneisenau, dal Leipzig e infine dal Dresden. Il Nürnberg si trovava invece trenta miglia più a nord da poco uscito dal porto di Valparaiso.

Anche gli inglesi formano una linea di combattimento con l'ammiraglia in testa seguita dal Monmouth, Glasgow e l'Otranto. A questo punto, secondo i piani stabiliti da Cradock, le navi inglesi avrebbero dovuto dirigersi rapidamente verso sud in direzione della Canopus e dei suoi cannoni, che viaggia ad una distanza di circa 300 miglia con le navi d'appoggio, cercando di trascinare le navi nemiche. Invece l'ammiraglio inglese prende la decisione di impegnare il combattimento. L'ipotesi più plausibile per questo cambiamento nella condotta di Cradock risiede forse nella paura di perdere contatto con la flotta tedesca, visto che a pomeriggio inoltrato vi era l'imminente incombere delle tenebre su un mare tempestoso. I fallimenti della caccia agli incrociatori leggeri nell'Atlantico centrale devono aver contribuito ai timori nutriti da Cradock. Inoltre si era al tramonto e la flotta di von Spee si trovava tra le navi inglesi e la costa in piena luce mentre gli inglesi si trovavano ad occidente, nella direzione del tramonto, circostanza che costringeva gli artiglieri nemici a prendere la mira con il sole negli occhi.

Cradock per ottenere questo vantaggio spinse le macchine a tutta forza correndo incontro al nemico. Anche von Spee era ben consapevole della situazione, ma sapeva anche che il tempo giocava a suo favore. Una volta tramontato il sole, infatti, le sue navi si sarebbero nascoste nella penombra della costa mentre le sagome delle navi inglesi sarebbero risaltate nel crepuscolo. Dopo gli incrociatori inglesi anche gli incrociatori corazzati tedeschi alle 19:02, a sole 18 miglia ad occidente dell'Isola Santa Maria, aprono il fuoco e ormai il sole è tramontato alle 19. Cradock non ha altra scelta che accettare il combattimento.

Le due ammiraglie si sfidano nel reciproco duello di artiglieria, a seguire il Monmouth con il Gneisenau e infine il Glasgow con il Leipzig, mentre l'Otranto si è già defilato evitando la battaglia. In quel momento la tempesta infuria e, nonostante il rollio e il beccheggio delle navi, gli artiglieri si prodigano nel mettere a segno i colpi. Lo Scharnhorst lancia una prima salva dei suoi sei cannoni da 210mm contro il Good Hope ma è corta, la successiva è lunga, la terza infine raggiunge con due colpi l'ammiraglia nemica. Guidati dal direttore di tiro dello Scharnhorst il tenente di vascello Eckolt i colpi si fanno sempre più precisi contro la nave che si staglia sulla linea dell'orizzonte. Anche la Good Hope risponde furiosamente al fuoco nemico con i pezzi a sua disposizione, ma si trova ad avere il cannone da 152mm nella casamatta del ponte inferiore completamente allagato dal mare in tempesta; stesso problema si presenta per il Monmouth.

Con il passare del tempo e il diminuire della luce gli artiglieri si aiutano con i lampi dei cannoni delle navi avversarie. La nave di Cradock viene colpita tra il ponte di comando e la torretta di proravia bloccandola definitivamente. Un altro colpo centra una casamatta facendo esplodere le munizioni che provocano un incendio all'interno della nave che le alte onde non riescono a spegnere e che facilitano il tiro dell'incrociatore tedesco. La Good Hope combatte con valore e diminuisce la distanza con lo Scharnhorst tanto che quest'ultima temendo un attacco con i siluri si allontana verso la costa rischiando di finire sui bassi fondali ma ormai la nave inglese è squassata dai tiri nemici e forse il suo ammiraglio è già morto.

Alle 19:50 la Good Hope viene centrata nella santabarbara che esplodendo crea una gigantesca torcia di fuoco visibile anche dai lontani incrociatori leggeri. In pochi secondi la nave sparisce tra i marosi con tutto l'equipaggio, senza lasciare superstiti.

Nel frattempo la situazione per il Monmouth era altrettanto tragica: dopo essere stato colpito dal Gneisenau le sue artiglierie non mantengono più un fuoco ordinato. Viene presto colpita la torretta di prua da un colpo di grosso calibro della nave avversaria che strappa la torretta gettandola nel mare in burrasca insieme ai serventi al pezzo da 234mm, lasciando un enorme squarcio sul ponte da dove esce un incendio provocato dalle munizioni. Alle 19:22 l'incrociatore inglese comincia a sbandare gravemente colpito alle macchine mentre un violento incendio spazza il ponte. Malgrado ciò la nave riesce ad allontanarsi dai cannoni del Gneisenau, nel buio della notte tempestosa. Altrettanto ha già fatto il Glasgow che, vista la sconfitta, dopo aver scambiato alcuni colpi con il Leipzig e poi con il Dresden, quando quest'ultimo, sparito l'Otranto ha dovuto cercare altri bersagli. Approfittando della maggior velocità il Glasgow si rifugia nella buia notte del Pacifico facendo rotta a sud.

Ormai è buio fitto e von Spee, per timore di eventuali errori nell'identificazione delle navi, ordina ai suoi incrociatori corazzati di abbandonare la battaglia, lasciando il campo a quelli leggeri, incaricati di finire le navi nemiche superstiti.

Brancolando nel buio i tre incrociatori leggeri cercano la preda, con un mare ora meno agitato e la luna che fa capolino tra le nubi. Quando alle 22:20 il Nürnberg, arrivato ultimo nella zona dello scontro, incrocia una sagoma di una nave con tre fumaioli, probabilmente il Dresden. Il comandante von Schonberg decide di accertarne l'identità prima di aprire il fuoco, ma la nave scompare senza dare risposta. Subito dopo s'imbatte in un'altra nave, questa volta non vi sono dubbi è il Monmouth con il ponte squarciato dalle esplosioni e dalle lamiere contorte dove gli uomini superstiti si affannano a salvare il salvabile. Von Schonberg che vede la nave nemica ormai impotente non vuole infierire e avvicinatosi ne chiede la resa. Il valoroso comandante inglese Brand, anche se ferito in modo grave, non vuol sentire parlare di resa, anzi, qualcuno dell'equipaggio compiendo uno sforzo illumina con un proiettore la bandiera da guerra britannica a brandelli che ancora sventola sull'albero maestro. A questo punto il Nürnberg, anche se a malincuore, deve colare a picco la nave avversaria. Lancia un siluro che va a vuoto, così apre il fuoco con l'artiglieria contro l'incrociatore corazzato devastandone lo scafo. In un ultimo tentativo il Monmouth mette in moto le macchine e vira verso il Nürnberg con l'intenzione di speronarlo ma ormai la sorte della nave è segnata; rapidamente l'incrociatore sparisce tra i neri marosi dell'oceano portando con sé tutto l'equipaggio. Anche qui non vi sono sopravvissuti. Malgrado le intenzioni di von Spee di salvare qualcuno, il mare agitato e la notte buia impediscono ogni salvataggio.

Lo scontro navale si conclude con la perdita di circa 1600 uomini contro i tre feriti del Gneisenau colpito quattro volte dalle artiglierie del Monmouth, mentre lo Scharnhorst risulta colpito solo due volte senza conseguenze per l'equipaggio. Per l'Inghilterra è la prima sconfitta navale dal 1697 quando durante la guerra della Lega di Augusta le navi inglesi furono sconfitte da Jean Bart nella battaglia del Dogger Bank.

Dopo la battaglia la squadra navale tedesca rientra a Valparaiso dove arriva il 3 novembre accolta dai festeggiamenti della locale comunità tedesca. Von Spee però non si fa illusioni e sa che gli inglesi vorranno vendicarsi dello smacco subito. Accolto da un comitato d'onore che gli dona dei fiori, ringraziando dice: "Faranno bella figura sulla mia tomba." Ciò indica con quale realismo e preoccupazioni si rivolge al futuro, viste le difficoltà di rientrare nella lontana patria con una flotta numerosa, difficile da nascondere alla marina britannica ormai decisa a distruggerlo.

Falkland

Intanto, i superstiti della squadra di Cradock fanno ritorno nell'Atlantico raggiungendo la loro base nelle Falkland, senza avvisare i comandi navali, in attesa nella Madre Patria, dell'esito della battaglia. La sconfitta viene appresa dall'Ammiragliato inglese solo il 4 settembre, per di più, da fonti tedesche. L'imbarazzo nei confronti dell'opinione pubblica è grande ed in un primo momento, per prendere tempo, viene detto alla stampa che l'Ammiragliato aspetta una relazione da Cradock, il quale si trova ormai sul fondo degli abissi per l'eternità.

Dopo il primo sconcerto iniziale, in cui le voci più fantasiose sulla sorte della flotta di Cradock si erano diffuse, la sconfitta viene resa pubblica. In reazione a ciò l'allora ministro della Marina Winston Churchill silura Battenberg dal posto di primo Lord del Mare, richiamando, al suo posto, uno dei migliori ufficiali di marina del suo tempo, l'ammiraglio lord Fisher, uno dei primi a sviluppare sulle navi da battaglia il concetto di armi monocalibrate di cui la corazzata Dreadnought è il capostipite.

Fisher da uomo energico qual è non perde tempo e dispone una nuova squadra di incrociatori per dare la caccia a von Spee e vendicare l'affronto subito. Dalla Grand Fleet preleva due dei più potenti e moderni incrociatori da battaglia l'Invincible e l'Inflexible, due Dreadnought entrambi della stessa classe con l'armamento principale costituito da 8 cannoni da 305mm in quattro torri binate e con 16 cannoni da 102mm, la velocità massima era di ben 26,5 nodi, con un equipaggio di 784 uomini per nave. Queste due navi saranno la chiave principale del successo delle Falkland. L'Invincible andrà incontro al suo destino nel mare dello Jutland qualche anno dopo. Oltre a queste due potenti unità vi erano altri 3 incrociatori corazzati; il Kent, il Carnarvon e il Cornwall, tutte navi che potevano tranquillamente confrontarsi con le due più potenti unità della squadra di von Spee. Infine si aggiunse l'incrociatore leggero Bristol, varato nel 1910 con due cannoni da 152mm e una velocità di 25 nodi, persino un mercantile armato, il Macedonia venne a far parte della potente flotta in caccia ai corsari tedeschi. Tutte queste navi da guerra avrebbero dovuto unirsi alle Falkland con ciò che rimaneva della squadra di Cradock (il Glasgow dopo essere tornato in Atlantico ha raggiunto i bacini di carenaggio in Brasile per riparare i dati subiti, rimanendoci 6 giorni, ben superiore ai 3 giorni consentiti, in violazione degli accordi di neutralità in favore dell'Inghilterra).


Invincible

Inflexible dopo la battaglia

Fisher per evitare sorprese dislocò il potente e moderno incrociatore da battaglia Princess Royal all'uscita del canale di Panama, bloccando con i suoi 8 cannoni da 343mm ogni accesso lungo quella via. Come comandante della squadra mandata ad intercettare von Spee Fisher nominò il principale responsabile della sconfitta di Coronel, l'ammiraglio Sturdee a cui fu ordinato di riscattarsi o come diceva Fisher di "riabilitarsi". La flotta inglese lascia Southampton l'11 novembre facendo rotta a sud di gran carriera con l'Invincible scelto da Sturdee come ammiraglia. Nel frattempo a Valparaiso von Spee, terminati i festeggiamenti, riflette sulle prossime mosse da fare per sfuggire alla morsa britannica e tornarsene in Germania. Una possibilità è quella di appoggiarsi ancora ai paesi neutrali e alle colonie africane per i rifornimenti, magari disperdendo le sue navi come ha già fatto nel Pacifico, sempre cercando di evitare le navi nemiche e le rotte più battute. Ma questa sembra essere una scelta rinunciataria. Dopo la vittoria di Coronel sembra giusto approfittare della situazione e tentare di colpire ancora l'avversario prima che questi si riprenda dalla batosta del primo novembre.

Per un comandante combattivo come von Spee non vi sono dubbi che quest'ultima sia la decisione finale. Anche i suoi ufficiali sono d'accordo, pure i suoi due figli, con cui si intrattiene, ne sono entusiasti. Solo il comandante del Gneisenau von Maerker si mostra dubbioso, ben sapendo che oltre alla Canopus e al Glasgow presto si aggiungeranno altre navi da guerra in quella che è la più importante base navale britannica del sud Atlantico. La posta in gioco vale comunque il rischio ed è solo questione di fare in fretta per precedere le navi inglesi. Così la squadra di von Spee dopo aver riparato i danni alle navi colpite a Coronel si dirige a tutta forza verso l'Atlantico attraverso le acque tempestose di Capo Horn dove arriva il 25 novembre. Proprio in quelle acque le navi tedesche incappano in una furiosa burrasca che raggiunge l'apice il giorno 28; l'uragano anche se provoca solo lievi danni alle navi ne riduce la velocità a solo 5 nodi e ne ritarda l'avanzamento verso l'obiettivo. Sarà proprio questo ritardo a segnare il destino di von Spee e della sua squadra di crociera. Solo il primo dicembre il tempo migliora permettendo di osservare enormi iceberg in lontananza.

In ogni caso gli inglesi sanno già in anticipo le mosse del viceammiraglio tedesco. Infatti, il 19 novembre il Servizio di Intercettazione e Censura inglese dell'isola di Ascensione riuscì ad intercettare un telegramma di von Spee che, trasmesso dal Consolato tedesco di Valparaiso a San Francisco e da lì a Berlino, informava sulle sue mosse future, chiedendo inoltre una nave appoggio a Buenos Aires. Quest'ultima informazione portò gli inglesi a concentrare al più presto le loro forze alle Falkland, preparando la trappola ai tedeschi.

Il 2 dicembre gli incrociatori tedeschi catturano la nave carboniera Drummuir. Lo stesso giorno raggiungono l'Isola Pictou a sud della Terra del Fuoco, lì vengono rifornite le navi e si rimedia ai danni provocati dalla tempesta. Visto il ritardo, i comandanti delle navi da guerra sono ora più dubbiosi circa l'attacco da portare alla base nemica delle Falkland. Von Spee però non ha cambiato idea e decide di andare incontro al suo destino. Alle Falkland tutti attendono il nemico, vengono allestiti posti d'osservazione occupati da civili, spesso anche signore anziane che scrutano l'orizzonte marino; proprio alcune di queste signore scorgono in lontananza l'arrivo della flotta, ma non è quella nemica, è invece quella di Sturdee che finalmente arriva il 7 dicembre dopo aver attraversato l'Atlantico.


Nurnberg a Palau
Le navi da guerra inglesi si ancorano a Port Stanley, capitale delle Falkland, oltre alla pre-dreadnought Canopus Sturdee può contare sui due incrociatori da battaglia Invincible e Inflexible, su tre incrociatori corazzati Kent, Carnarvon e Cornwall, su due incrociatori leggeri Bristol e Glasgow, infine vi è l'incrociatore ausiliario Macedonia. La mattina dell'8 dicembre la squadra di crociera si avvicina all'isola nemica. Il Gneisenau e il Nurnberg sono mandati in avanscoperta mentre il resto della squadra, con le navi appoggio, segue a 15 miglia nautiche più a sud. L'obiettivo tedesco è Port Stanley dove dovranno distruggere il porto e la stazione radio.

Alle 08:30 le due navi avvistano il Macedonia che ha passato la notte di pattuglia ma i tedeschi sono ormai già stati avvistati: alle 07:50 i punti di segnalazione presenti sulle colline dell'isola avvisano la Canopus che a sua volta metterà in allarme il resto della flotta. A quell'ora le navi da guerra inglesi sono impegnate nelle lunghe e complesse operazioni di rifornimento necessarie dopo la lunga traversata Atlantica, operazioni che richiederanno ancora un paio d'ore. Sturdee, che non si aspettava già il nemico, si trova tranquillamente immerso in un bagno ristoratore quando gli portano la notizia. Nonostante la situazione sia molto pericolosa per gli inglesi, con le navi ancora impossibilitate a muoversi e il rischio di venire intrappolate nella baia del porto, l'ammiraglio inglese non perde la calma e dirama i primi ordini, poi fa colazione.

Alle 09:00 i tedeschi vedono dietro le colline di Port Stanley gli alberi maestri delle navi inglesi subito pensano alla vecchia Canopus di cui sanno della presenza in quelle acque. Proprio questa nave sarà la prima ad entrare in azione con i suoi cannoni da 305mm; infatti, tramite dei punti di osservazione d'artiglieria posti sulle colline già qualche giorno prima e collegati con la centrale di tiro, la corazzata può aprire il fuoco rimanendo nascosta nella baia al di fuori dalla vista degli incrociatori nemici. Il tiro dei cannoni della torre di prua, diretti dagli osservatori a terra, risultano essere corti e finiscono per alzare soltanto enormi colonne d'acqua davanti alle bianche navi tedesche che, non vedendo il nemico, non riescono a capire da dove proviene quella pioggia mortale; infine i colpi sparati dalla torre di poppa colpiscono il fumaiolo più arretrato del Gneisenau distruggendolo. A questo punto i due incrociatori germanici decidono di non insistere e tornano sui loro passi. La vecchia Canopus che Cradock considerava un ferro da stiro ha salvato il resto della squadra inglese da una situazione potenzialmente disastrosa.

Il resto delle navi da guerra britanniche intanto conclude le operazioni di rifornimento e mette le macchine sotto pressione. Alle 09:45 la prima nave a lasciare la baia di Port Stanley e mettersi in caccia è il Bristol seguito 15 minuti dopo dalle altre navi. Sturdee dispone le sue navi in linea di battaglia con l'ammiraglia in testa seguita dall'Inflexible, dal Kent, dal Carnarvon e il Cornwall, i due incrociatori leggeri Bristol e Macedonia si tengono alle spalle della formazione. L'ammiraglio inglese vuole sfruttare la maggior velocità delle sue navi e la maggior gittata di tiro dei suoi potenti cannoni senza rischiare di avvicinarsi troppo al nemico. La giornata è limpida e la visibilità ottima; con ancora otto ore di luce von Spee non può sperare di nascondersi nel buio della notte.

La squadra tedesca si trova a 15-20 miglia a sud di quella inglese e quando avvistano i pennoni degli alberi maestri nemici capiscono di trovarsi davanti a due potenti incrociatori da battaglia. Misurarsi con essi è impossibile, l'unica speranza di salvezza è la fuga, così la squadra di crociera si dirige verso sud sperando di trovare cattivo tempo e nel contempo di guadagnare l'oscurità della notte. Per timore che le navi tedesche riescano a fuggirgli Sturdee ordina di forzare al massimo la velocità e di rompere la formazione, lasciando indietro le unità più lente. In questo modo gli incrociatori da battaglia spiccano in avanti ad una velocità di 25 nodi, mentre gli incrociatori tedeschi più veloci possono raggiungere solo i 20 nodi. In un paio d'ore gli inglesi si portano a tiro del nemico e alle 12:47 aprono il fuoco contro il Leipzig che chiude la flotta tedesca, ma quest'ultimo è ancora troppo lontano e per mezz'ora il tiro degli incrociatori da battaglia è impreciso non riuscendo a mettere a segno neppure un colpo.

Von Spee a questo punto decide di sacrificare lo Scharnhorst e il Gneisenau nel tentativo di rallentare le navi britanniche e permettere almeno ai suoi incrociatori leggeri di salvarsi dalla fine inevitabile. Sturdee però ha abbastanza navi da ingaggiare tutte le unità tedesche; dà ordine che l'Invincible, Inflexible e il Carnarvon attacchino Scharnhorst e il Gneisenau mentre tutte le altri pensino a distruggere gli incrociatori leggeri avversari. Sturdee con le sue navi principali si dispone in linea di combattimento parallelamente agli incrociatori corazzati tedeschi che cercano di manovrare per sottrarsi al tiro nemico portandosi sottovento in modo che gli artiglieri inglesi abbiano il fumo dei loro stessi cannoni negli occhi. Così mentre il tiro, dei pur potenti cannoni britannici, risulta impreciso, quello dei tedeschi è ben calcolato e colpisce più volte le navi nemiche, ma a quella distanza i danni provocati sono ben poca cosa e le formidabili protezioni corazzate dei due incrociatori da battaglia fanno rimbalzare i proiettili che piovono sullo scafo e sulle infrastrutture. Per portarsi in posizione più favorevole Sturdee vira di dritta con la sua formazione, portandosi a poppa delle navi avversarie. Ma questa manovra acceca ancor di più le navi britanniche dal fumo delle loro artiglierie, permettendo a von Spee di virare a sud e mettendo gli avversari non più sulla sua linea ma alle sue spalle, costringendo gli inglesi ad inseguirlo.

Senza poter sparare un colpo gli inglesi si avvicinano sempre più alla poppa delle due navi di von Spee, quando dopo 45 minuti possono di nuovo aprire il fuoco, von Spee vista l'inutilità della fuga decide di diminuire le distanze con le navi nemiche in modo da utilizzare anche il suo armamento secondario mentre ordina al Gneisenau di tentare la fuga. Questa mossa però porta ad un cambiamento della rotta dei tedeschi lasciando il campo di tiro dei britannici liberi dal problema del fumo delle loro artiglierie.

Dalle 15 il tiro inglese si fa sempre più preciso colpendo più volte l'ammiraglia tedesca che causa gravi danni e perdite, oltre 50 colpi di vario calibro cadono sulla nave distruggendo tre fumaioli e creando un violento incendio sul ponte. Lo Scharnhorst invaso dall'acqua comincia a sbandare fortemente verso le 16:04; una richiesta di resa degli inglesi viene respinta provocando nuove salve d'artiglieria contro la nave tedesca. Infine alle 16:17 la nave affonda portando con sé tutto l'equipaggio e il suo valoroso viceammiraglio.


Kent
Il Gneisenau non può fare nulla per soccorrere i naufraghi, essendo anche lui sottoposto ad un violento fuoco d'artiglieria; per salvarsi tenta di fuggire zigzagando verso sud-ovest sempre continuando a sparare rabbiosamente. Alle 17:15 i bravi artiglieri del Gneisenau colpiscono per l'ultima volta l'Invincible mentre la loro nave incassa numerosi colpi da 305mm proveniente dagli incrociatori inglesi che se non affondano la nave provocano gravi perdite tra l'equipaggio. Poco dopo sulla nave completamente avvolta dalle fiamme il comandante von Maerker ordina di aprire le valvole di autoaffondamento e di abbandonare la nave che lentamente affonda. Di un equipaggio di 765 persone vengono recuperate dagli inglesi solo 190 uomini; molti, coperti da gravi ustioni, moriranno più tardi; il resto dell'equipaggio, compreso il suo comandante, affonda con la nave.

Mentre lo scontro tra le navi principali si conclude, le cose per gli incrociatori tedeschi leggeri, che von Spee ha cercato in ogni modo di salvare, non vanno meglio. Il vecchio Leipzig non riusce a stare al passo dei più moderni Nürnberg e Dresden, quest'ultimo in testa. Mentre gli incrociatori inglesi Cornwall e Kent guidati dal Glasgow cercano di raggiungerli. Alle 14:45 il Glasgow apre il fuoco sull'ultimo incrociatore dei tedeschi con i cannoni da 152mm ma viene a sua volta colpito da una salva del Leipzig che danneggia le caldaie e provoca un morto e quattro feriti. Mentre il Leipzig combatte la sua ultima battaglia, il Nürnberg e il Dresden cercano di fuggire, il primo a sud-est e l'altro a sud-ovest, abbandonando il Leipzig al suo destino. Quest'ultimo viene intanto rallentato dal tiro del Glasgow che lo costringe a zigzagare e presto viene raggiunto anche dal Cornwall che si unisce al fuoco del Glasgow, mentre il Kent va in caccia del Nürnberg. Il Leipzig riesce comunque a colpire il Cornwall con 18 colpi da 105mm senza però arrecargli gravi danni e nessuna perdita, quando alle 19:00 la nave germanica è ormai avvolta dalle fiamme con due fumaioli distrutti e l'albero maestro abbattuto. Per di più le munizioni sono ormai esaurite ed in un ultimo tentativo cerca di colpire il Cornwall con una salva di siluri, dopodiché l'equipaggio si prepara ad abbandonare la nave ormai con le sovrastrutture a pezzi. Il Glasgow infine si avvicina per il colpo di grazia visto che la bandiera di guerra ancora sventola sul pennone, dopo una prima salva a bruciapelo dalla nave, con il consenso del comandate von Haun vengono sparati due razzi verdi in segno di resa ma, ormai, è troppo tardi per la maggior parte dell'equipaggio. La nave affonda alle 21:20 con il suo valoroso comandante; di 303 uomini solo 18 vengono salvati dalle acque ghiacciate.


Leipzig

L'ultimo uomo del Leipzig

Per il Glasgow i danni sono in ogni caso tali che la sua velocità massima si è ridotta e a malincuore non può proseguire la caccia al Dresden e al Nürnberg. Quest'ultima nave è comunque inseguita dal Kent che all'inizio è distaccato di ben 10 miglia. La velocità teorica delle due navi dovrebbe equivalersi ma le macchine del Nürnberg sono ormai logore e avrebbero bisogno di una revisione, al contrario di quelle dell'incrociatore inglese i cui uomini, inoltre, si prodigano in ogni modo nella sala macchine per incrementare la velocità della nave bruciando tutto il legno possibile a loro disposizione e facendo raggiungere al Kent la velocità di ben 25 nodi, cosa che causa delle violente vibrazioni. Alle 17 la distanza tra le due unità si è ridotta talmente che ora sono nel raggio di tiro delle rispettive artiglierie. Il Nürnberg apre il fuoco per primo e anche qui gli artiglieri tedeschi si dimostrano ottimamente addestrati, mantenendo un tiro veloce e ordinato. Dieci minuti dopo anche il Kent apre il fuoco ma il suo tiro risulta corto. Quando la distanza diminuisce ulteriormente entrambe le navi incominciano a colpirsi. Le sovrastrutture del più potente incrociatore corazzato però resistono meglio ai colpi da 105mm mentre non si può dire la stessa cosa per i colpi da 152mm che cadono sul Nürnberg. Alle 17:30 la distanza tra le due unità rivali si riduce ulteriormente e per la nave tedesca il destino è ormai segnato. Un'ora dopo, quando il cattivo tempo che avrebbe potuto salvare la squadra di von Spee si avvicina, un colpo distrugge due caldaie dell'incrociatore leggero riducendone definitivamente la velocità a soli 19 nodi. Alle 18 solo due pezzi d'artiglieria rispondono ancora al fuoco e il vascello è ormai un ammasso di lamiere contorte che si oppone al mare. Il comandante von Schonberg per risparmiare altre vite umane decide di ammainare la bandiera da combattimento: a quel punto la battaglia è finita. Il Nürnberg però è ormai un rottame che può affondare da un momento all'altro; è quindi necessario abbandonarlo, purtroppo tutte le scialuppe di salvataggio dell'incrociatore sono andate distrutte durante la battaglia così anche quelle del Kent il cui equipaggio si prodiga a ripararne qualcuna per poi lanciarsi al salvataggio. Ma prima che le scialuppe della nave inglese siano pronte il Nürnberg affonda: sono le 19:26. Dalle gelide acque del sud Atlantico solo 12 uomini vengono recuperati, gli altri periscono tra i flutti, tra loro il comandante della nave e l'ultimo figlio di von Spee, Otto, che raggiunge il padre e il fratello Heinrich, periti poche ore prima nello scontro tra le navi principali. Il Kent ha incassato 38 colpi e conta solo 16 feriti.

Nello stesso momento in cui la battaglia tra gli incrociatori era in corso il Bristol e il Macedonia attaccavano le navi di rifornimento affondando le carboniere Baden e Santa Isabel, mentre la carboniera Seydlitz sfugge alla caccia facendosi internare in Argentina. Un'altra nave tedesca riesce a fuggire alla mattanza, l'incrociatore leggero Dresden che riesce a mettersi in salvo ritornando nell'Oceano Pacifico.

Per gli inglesi la battaglia delle Falkland fu la loro miglior vittoria navale del primo conflitto mondiale, ancora di più di quella dello Jutland dove la vittoria fu solo a metà. Le perdite per i tedeschi furono di oltre 2100 uomini senza contare quelli delle due navi di rifornimento, i superstiti solo 212, in maggioranza del Gneisenau, mentre tra gli inglesi si contarono solo 6 morti malgrado i numerosi colpi incassati dalle navi britanniche; solo l'Invincible risultava colpito 23 volte ma senza conseguenze. La corazzatura delle navi si era rivelata decisiva. In definitiva la battaglia si risolse in una caccia che grazie alla maggior velocità e al miglior armamento delle navi inglesi non poteva che avere questa conclusione. Per Sturdee comunque non vi fu molto da esultare e in patria dovette fronteggiare ancora le critiche di Fisher per la sconfitta di Coronel.


Emden

Storia della nave e dei suoi uomini


Emden
A seguito della corsa agli armamenti tra inglesi e tedeschi l'ammiraglio Alferd von Tirpitz sviluppò un serrato programma di potenziamento della flotta germanica. In questo clima nel 1906 fu impostata nei cantieri navali di Danzica una nuova nave da guerra, uno dei tanti incrociatori leggeri che simili nell'aspetto rispondevano alle nuove esigenze della guerra in mare, come quella di contrastare gli agili e veloci cacciatorpediniere e come unità esploranti nel Mare del Nord. L'unità in questione venne denominata Ersatz Pfeil e così, come d'uso per gli incrociatori leggeri, i costi furono sovvenzionati con un fondo sottoscritto dalla città di Emden. La spesa sostenuta dai cittadini della città della Bassa Sassonia fu di ben 6,8 milioni di marchi d'oro per un incrociatore di 3650 tonnellate. Al momento del varo il 26 maggio 1908 la città tedesca tenne a battesimo la nave.

L'Emden lungo 117,9 metri, largo 13,5 metri e con un pescaggio di 5,1 metri è dotato di due motori alternati con tre cilindri ciascuno mossi da 12 caldaie a carbone che fornivano alla nave una velocità massima di 24,1 nodi; dopo l'adozione dei motori a turbina fu l'ultima nave da guerra a pistoni ad essere costruita dai cantieri navali tedeschi. Già la nave gemella Dresden ebbe installati i motori a turbina. L'autonomia era di 3760 miglia a 10 nodi. L'armamento era quello classico di tutti gli incrociatori leggeri tedeschi dell'epoca, costituito da 10 cannoni ad alta velocità da 105mm in quattro torrette singole a prua e a poppa e in sei casammatte o barbette e 10 cannoni da 37mm come armamento secondario più due tubi lanciasiluri montati trasversalmente allo scafo. La prua della nave era dotata anche di un anacronistico sperone che adornava tutte le navi da guerra dell'epoca, fino almeno all'inizio degli anni 10 del secolo.

La protezione era costituita da un ponte a dorso di testuggine con uno spessore massimo di 25mm, mentre la cintura aveva una protezione che andava da 80 a 100mm lungo lo scafo. L'equipaggio era di 361 uomini in tutto. La storia operativa di una delle navi più famose di tutto il conflitto mondiale comincia il 1 aprile del 1910 quando si conclude tutta una serie di collaudi e viene decisa una destinazione lontana dalla Germania per l'unità navale da guerra che, dopo la sua partenza, non farà mai più ritorno alla madre patria.

L'ammiragliato tedesco ha deciso di rinforzare la sua posizione in Estremo Oriente mandando un nuovo e moderno incrociatore a Tsingtao, base cinese della squadra di crociera. L'Emden andrà a sostituire il vecchio incrociatore leggero Niobe varato nel 1899 della classe Gazelle che erano tra i primi incrociatori leggeri costruiti in Germania. Dipinto con lo scafo di bianco per il servizio nei paesi tropicali l'incrociatore si congiunge alla squadra tedesca a Samoa nel luglio del 1910 dopo aver viaggiato per il sud America ed aver attraversato Capo Horn e il Pacifico. Diversamente dal tranquillo servizio in patria gli uomini dell'Emden, che erano tutti dei volontari per il servizio all'estero, si trovarono presto coinvolti in azioni di guerra.

Tra la fine del 1910 e l'inizio dell'anno successivo era scoppiata una rivolta tra le popolazioni indigene nell'Isola di Ponape nell'arcipelago delle Caroline. L'Emden raggiunge la zona d'operazioni il 10 gennaio 1911 dove si unisce al Nürnberg e insieme bombardano una collina fortificata dai nativi nella vicina Isola Jokaj. Dopo aver spianato il forte le due navi sbarcarono una piccola squadra composta da marinai e da truppe indigene che, dopo un duro combattimento, durato sei ore, s'impadronirono del fortino ribelle. La vittoria tedesca fu un duro colpo per gli indigeni che videro la loro indipendenza sfumare. Malgrado ciò i ribelli a Ponape continuarono in azioni di guerriglia che ebbero il solo effetto di prolungare l'agonia della ribellione la quale si concluse definitivamente dopo sei settimane dalla battaglia dell'Isola Jokaj. Dopo aver pacificato Ponape il primo marzo l'Emden ritorna alla sua base di Tsingtao riprendendo i soliti compiti di pattugliamento e crociere, mostrando la bandiera nei porti dei mari orientali.


Karl Friedrich Max von Müller
Nell'ambito della rotazione semestrale dei parte del personale imbarcato il 29 marzo del 1913 il comando dell'Emden viene assunto dal capitano Karl Friedrich Max von Müller. Müller nacque ad Hannover il 16 giugno 1873 da una famiglia di junker prussiani, il padre era colonnello nell'esercito. Dopo essere entrato nell'accademia militare di Ploen Max von Müller opta per la nascente marina militare servendo su diverse navi nel Mare del Nord e, negli ultimi anni del secolo, anche nelle colonie africane dove contrae la malaria che lo affliggerà per il resto della vita portandolo infine alla morte. Dopo una serie di incarichi a terra viene promosso Korvettenkapitan nel dicembre del 1908 e assegnato al ministero della marina dove si fa notare per la sua professionalità dallo stesso ammiraglio Tirpitz. Sebbene la sua carriera proceda in modo abbastanza lento von Müller ottiene il suo primo incarico come comandante in mare nella primavera del 1913 nella squadra in Estremo Oriente sull'incrociatore leggero Emden. Di carattere riservato e schivo condurrà la nave tedesca nella guerra guadagnandosi la stima di amici e nemici per il suo valore e la cavalleria con cui conduce le sue azioni militari.

Pochi mesi dopo aver preso il comando dell'incrociatore si presenta una nuova opportunità di guerra per i marinai tedeschi dislocati in quelle colonie così lontane dalla madre patria. Infatti, una rivolta xenofoba contro gli occidentali si era di nuovo accesa nel nord della Cina. Von Spee manda l'Emden come rappresentanza delle forze tedesche ad unirsi alle navi da guerra inglesi, giapponesi e americane a Nanchino sul grande fiume Yangtze dove arriva il 12 agosto 1913. A sud ovest di Nanchino lungo il fiume un fortino cinese colpiva con le sue artiglierie il traffico navale che si svolgeva sullo Yangtze centrando anche alcune cannoniere. Gli alleati occidentali incaricarono la nave tedesca di distruggere il forte ribelle, questo anche in considerazione del suo basso pescaggio ideale per le operazioni fluviali. L'Emden, risalendo la corrente del fiume a sud della città di Wuhu presso Tongling, si trovò sottoposta al fuoco di un fortino dei ribelli; la reazione degli artiglieri tedeschi fu fulminea e con soli 25 colpi dell'armamento principale distrusse il forte con tutti i suoi pezzi d'artiglieria. Procedendo nella sua navigazione la nave ridiscese la corrente - nel tragitto vi furono frequenti scambi di fucileria con i ribelli appostati lungo le rive - e infine raggiunse Hangchow.

Nei successivi otto mesi la nave operò lungo la foce dello Yangtze e lungo il corso del fiume stesso: dovunque sorgessero dei problemi la nave interveniva. Proprio durante quel periodo di servizio la nave venne soprannominata dai marinai del fiume il cigno dell'est per la lucente livrea bianca ma anche per l'abilità dei suoi artiglieri che più di una volta si erano distinti nelle esercitazioni della squadra di crociera tedesca. Lo stesso von Müller venne decorato per il suo valore dell'Ordine della Corona Reale di Terza Classe con Spade e promosso capitano effettivo nel marzo 1914 alla base navale di Tsingtao. Nello stesso mese di marzo venne affidato all'Emden come comandante in seconda il Kapitanleutnant (tenente di vascello) Helmut von Mücke, originario della Sassonia: con un carattere più brillante e ironico del suo comandante contribuì a creare un clima di cooperazione tra ufficiali e marinai. Sempre per effetto della rotazione semestrale di parte dell'equipaggio si imbarcò un altro ufficiale, ricco di risorse, che avrebbe contribuito non poco alle fortune dell'Emden: l'alto e muscoloso tenente della riserva Julius Lauterbach, originario di Rostock, navigava sui sette mari dall'età di 17 anni nella marina mercantile; dopo 20 anni in Cina navigando per la linea Hamburg-America per un contrasto tra colleghi lasciò il suo impiego per entrare nella marina militare.

A Tsingtao l'Emden fu sottoposto a revisione dopo l'intensa attività sui fiumi della Cina. A metà giugno i marinai tedeschi ospitarono con tutti gli onori l'ammiraglia della squadra navale inglese in Estremo Oriente, l'incrociatore corazzato Minotaur del viceammiraglio Jerram. Il 20 dello stesso mese von Spee e la squadra da crociera lasciarono la base di Tsingtao diretti a sud lasciando l'Emden nel porto cinese con le cannoniere Luchs, Iltis, Tiger e Jaguar e il cacciatorpediniere S 90. Con il peggiorare delle relazioni diplomatiche tra le potenze europee, dopo l'assassinio dell'arciduca d'Austria, Francesco Ferdinando, il vecchio incrociatore protetto austriaco Kaiserin Elisabeth raggiunse il porto di Tsingtao il 24 luglio ben consapevole dell'impossibilità di raggiungere la lontana Austria in caso di guerra. Il 29 luglio von Spee, preoccupato per la dispersione delle sue forze, ordina all'Emden di riunirsi con il resto della flotta e il 31 il "Cigno dell'est" lascia il porto di Tsingtao con rotta verso sud.

Il primo agosto durante la navigazione nel Mar Giallo, il comandante von Müller raduna gli uomini sul cassero di poppa tenendo in mano un telegramma appena ricevuto dalla radio di bordo: è un messaggio proveniente dal Kaiser. Il comandante ne legge il contenuto ai suoi uomini: "Sua Maestà il Kaiser ha, il 1 agosto, ordinato la mobilitazione dell'esercito e della marina. A seguito dell'invasione del territorio tedesco da parte di truppe russe, l'Impero si trova ora in stato di guerra con Russia e Francia". Von Müller continuava poi così: "Il nostro compito principale è la guerra al traffico commerciale. Alle nostre attuali conoscenze le forze russe e francesi si stanno radunando a Vladivostok. Perciò, è abbastanza facile che possiamo scontrarci con loro. In questo caso, sono sicuro che potrò contare sull'intero equipaggio". Tre fragorosi urrà per il Kaiser sono lanciati dall'equipaggio tutto. Il 2 agosto viene notificato lo stato di guerra tra Germania e Russia, seguito il giorno dopo dalla dichiarazione di guerra della Francia alleata alla Russia.

Il 4 agosto l'Emden incrocia a 15 nodi nelle acque antistanti l'Isola di Tsushima, quando alle quattro di mattina scorge nella debole luce dell'alba il vapore russo Riäsan di 3500 tonnellate diretto a Nagasaki. Il Riäsan accortosi del pericolo tenta di fuggire e manda un disperato segnale di soccorso con la radio di bordo al lontano porto di Vladivostok; alla velocità di 17 nodi la nave russa cerca di raggiungere le acque del neutrale Giappone ma l'incrociatore leggero tedesco è più veloce e dall'albero maestro dell'Emden viene innalzato il segnale di stop immediato alla nave russa. Quest'ultima, avvolta dal fumo, tira diritto e solo dopo un inseguimento durato un'ora 12 colpi sparati davanti alla prua del Riäsan bloccano la fuga della nave. Questa nave è il primo mercantile vittima dei tedeschi in questa guerra. Il comandante del vapore russo protesta nella sua lingua e dice di non capire i motivi dell'ostilità germanica. Interrogato poi sui movimenti delle navi russe si ostina a non capire il tedesco fino a quando Lauterbach ridendo gli rammenta che un mese prima parlava un ottimo tedesco quando insieme bevevano birra al club di Tsingtao. La nave aveva 80 passeggeri e poco carico ma a von Müller venne in mente di sfruttare la sua velocità per impiegarla come incrociatore ausiliario. L'Emden scortò la sua preda a Tsingtao ma nel viaggio verso la base incappò in una squadra di ben cinque incrociatori francesi diretti a Vladivostok che avrebbero potuto mettere fine senza troppi problemi alla carriera corsara appena cominciata della nave tedesca. Ma la fortuna era dalla parte germanica: infatti, pensando si trattasse di una trappola le navi francesi si allontanarono velocemente dall'Emden nel timore di vedersi venire addosso tutta la squadra di von Spee.

Lo stesso giorno l'Inghilterra dichiarava guerra alla Germania in risposta alla violazione della neutralità del Belgio. La minaccia in Estremo Oriente per von Müller non era tanto quella militare, costituita da una squadra navale britannica, ma piuttosto politica; infatti il Giappone era un vecchio alleato inglese e se fosse entrato in guerra avrebbe imbottigliato tutte le navi presenti a Tsingtao. Era quindi necessario rifornirsi il più velocemente possibile e lasciare la base cinese per i mari del sud. I giorni della Tsingtao tedesca erano ormai contati: dopo l'entrata in guerra del Giappone, l'assedio ebbe inizio il 27 agosto da parte di una forza composta principalmente da giapponesi ma sostenuta anche da forze inglesi. Malgrado la sorte fosse ormai segnata per i tedeschi essi opposero una accanita resistenza provocando importanti perdite alle forze nemiche fino a quando la mattina del 7 novembre la città si arrese. La resistenza tedesca ebbe comunque conseguenze nel lungo periodo: i giapponesi ammirarono il valore del proprio avversario mentre si evidenziarono i contrasti con gli alleati inglesi. In ogni caso, questa fu l'unica campagna condotta dai giapponesi nel corso della guerra. Intanto l'Emden raggiunge la laguna di Pagan il 12 agosto dove viene accolto da grandi grida di evviva, visto che false informazioni avevano dato la bella nave per spacciata.

Von Müller dall'incontro con von Spee, riesce a far prevalere la sua idea di una guerra di corsa nell'Oceano Indiano dove a differenza del Pacifico abbondano le prede e un incrociatore solitario può provocare anche gravi danni al commercio mercantile nemico. Il grave problema dell'approvvigionamento di carbone viene in parte risolto dalla nave appoggio Markomannia che trasporta dell'ottimo carbone ma, in ogni caso, la sopravvivenza della nave, dipenderà solo dalla possibilità di catturare navi carboniere nemiche. E' un azzardo ma von Spee trascinato dall'entusiasmo di von Müller e del suo equipaggio accetta. Così il 14 agosto la nave da guerra e quella d'appoggio lasciano la laguna di Pagan con rotta ad occidente.

Guerra nell'oceano Indiano

La prima tappa dell'Emden è l'Isola di Palau, raggiunta il 19 agosto, dove due giorni dopo incontrano il vecchio incrociatore Geier e la sua nave appoggio Locksun che erano distaccati presso i possedimenti tedeschi nei mari del sud. Data la scarsa velocità della vecchia nave da guerra, von Müller, consiglia al suo comandante di evitare le stazioni coloniali tedesche, ormai minacciate dal nemico, così le due navi si dirigono verso Honolulu e lì, il 7 novembre, saranno costrette a farsi internare dalle autorità americane a causa di un incrociatore giapponese che dava loro la caccia. A Palau l'incontro con il Markomannia, come stabilito, fallisce poiché la carboniera non si fa trovare in quei paraggi.

L'Emden decide di raggiungere la parte est di Timor dove in precedenza era stato deciso un altro incontro con il Markomannia ma, anche in quelle calde acque tropicali, la nave rifornimento non si fa trovare. Von Müller non vuole usare la radio per non scoprirsi troppo e decide di entrare nel piccolo porto olandese di Tanahjampen dove invece del Markomannia trova la potente nave da battaglia olandese Tromp. Le convenzioni internazionali permettono alla nave da guerra tedesca di rimanere in porto solo per poco tempo e le operazioni di rifornimento vengono effettuate in fretta e furia, poi la nave riprende il mare entro le 24 ore in direzione delle coste meridionali di Giava.

Prima di entrare nell'Oceano Indiano attraverso lo stretto di Lombok venne deciso di camuffare, su proposta di von Mücke, l'Emden con un altro fumaiolo in modo da assomigliare ad un incrociatore britannico a quattro fumaioli. La nave tedesca viene infatti avvistata ma non riconosciuta venendo descritta come un incrociatore sconosciuto. Le autorità inglesi decidono comunque di inviare l'incrociatore corazzato Hampshire ad investigare. La potente nave inglese si trovò ad incrociare l'Emden nelle vicinanze dello stretto tra Giava e Sumatra la notte del 31 agosto, il buio e le luci spente permisero alla nave tedesca di dileguarsi inosservata. La nave inglese fu più volte sulla rotta dell'Emden nei successivi tre giorni senza scoprirne l'identità. L'appuntamento con il Markomannia per il rifornimento venne stabilito nella baia di Langini presso l'Isola di Simeulue a Sumatra, nella baia però ancora una volta il Markomannia non si fa trovare e per sole 24 ore non vi trova l'Hampshire che era lì ancorato prima di muoversi di alcune miglia verso nord senza accorgersi che l'Emden si trovava dietro una collina dell'isola.

Centellinando il combustibile l'incrociatore corsaro attraversa il Golfo del Bengala, raggiungendo la sua zona di caccia l'8 settembre, davanti a Calcutta, un braccio di mare molto trafficato. Infatti non passa molto tempo che la prima preda cade nelle mani dei tedeschi. La sera del 9 settembre la carboniera greca Pontoporos di 6500 tonnellate carico di carbone indiano. Essendo la Grecia un paese neutrale le convenzioni internazionali permettevano la confisca del carico ma non quella della nave, così i tedeschi noleggiano la nave fornendogli un equipaggio da preda e aggiungendo la nave greca al Markomannia come nave da rifornimento.

Il giorno successivo il cargo Indus di 3392 tonnellate in rotta per Bombay, dove avrebbe dovuto caricare dei cavalli per la cavalleria, venne catturato. Sebbene senza carico, a bordo di questa nave venne trovata una certa quantità di sapone, molto gradita da parte dell'equipaggio dell'Emden che, nella fretta di lasciare Tsingtao, non ne aveva caricato a bordo a sufficienza, così le scorte di sapone si erano esaurite in breve tempo, tanto che von Mücke aveva dato come priorità la cattura di una nave carica di sapone. Sebbene l'Indus fosse mandato a picco l'economia della regione cercò di trarre vantaggio dall'episodio piratesco; qualche settimana dopo su una nave catturata dai tedeschi un marinaio trovò su un giornale una pubblicità con l'Emden come sponsor pubblicitario. L'industria proprietaria delle casse di sapone catturato lanciò una campagna pubblicitaria che recitava così: "Non c'è dubbio che l'incrociatore tedesco Emden era a conoscenza che l'Indus trasportava 150 casse del celebrato sapone Elysium della North-West Soap Company e, dunque lo catturò. Gli uomini dell'Emden e i loro vestiti sono ora puliti grazie al sapone Elysium. Provalo". Questa trovata, oltre a divertire molto l'equipaggio, ne rivelava la notorietà e la fama raggiunta presso i loro nemici.

Lo stesso giorno dell'Indus anche il trasporto truppe Lovat, anch'esso vuoto, venne catturato e dopo aver trasportato il suo equipaggio sul Pontoporos, venne affondato tramite cariche esplosive. Il giorno successivo il piroscafo inglese Kabinga fu fermato. Appurato che trasportava merci americane venne usato come nave prigione dopo avervi trasferito l'equipaggio delle navi mercantili affondate il giorno prima. Sempre nel braccio di mare davanti a Calcutta il 13 furono catturate due nuovi cargo:; prima la carboniera Killin, affondata perché troppo lenta per essere in qualche modo utile e il Diplomat di 7600 tonnellate che trasportava tè, anch'egli affondato.

La quantità del bottino raggiunto dalla nave tedesca era dovuta al fatto che nessuno si aspettasse lì una nave corsara anzi, gli equipaggi dei mercantili erano convinti di trovarsi davanti ad una nave inglese con i suoi quattro fumaioli e si avvedevano del pericolo solo quando sull'albero maestro appariva la bandiera di guerra della marina germanica. Von Müller per ingannare ancora meglio i suoi rivali salutava spesso le navi che si trovava ad incrociare in lontananza cambiando poi la rotta di navigazione. Ad ogni modo la sparizione di tante navi mercantili, anche in un epoca con poche radiotrasmittenti, avrebbe finito per essere notata. Non solo. Il mercantile italiano Loredana si trovava a incrociare l'Emden durante l'affondamento del Killin. Una squadra d'abbordaggio venne fatta salire sulla nave italiana e al suo comandante fu chiesto dietro un compenso in denaro di trasportare i prigionieri presso un porto indiano. Il comandante del Loredana rifiutò tale proposta e una volta lasciato andare trasgredì alla sua neutralità denunciando la presenza dell'incrociatore corsaro appena giunto in porto.

Von Müller comunque non si fa sorprendere e decide di lasciare la zona il 14 settembre, dopo aver catturato il Trabbock e rilasciato il Kabinga con tutti i prigionieri verso Calcutta. In riconoscenza per il comportamento cavalleresco tenuto da Müller e dai suoi uomini i prigionieri allineati sul ponte del Kabinga lanciano un triplo evviva rivolto ai marinai tedeschi, persino il comandante del Kabinga scrive una lettera di ringraziamenti a von Müller per il modo in cui ha trattato il suo equipaggio e la sua famiglia imbarcata sulla nave inglese. La stessa notte il cargo Trabbock venne fatto esplodere in modo spettacolare tanto da attrarre un altro cargo carico di locomotive e trattori nuovi, il Clan Mattheson diretto ad est. Accortosi del pericolo il mercantile tenta di fuggire nella notte ma l'Emden grazie alla superiore velocità gli dà la caccia sparandogli un colpo d'avvertimento davanti alla prua. Arrivati a distanza di megafono i tedeschi chiedono il nome della nave e se la sua nazionalità è inglese: il comandante William Harris di nazionalità scozzese replica con una certa irritazione di non essere inglese ma britannico.

Malgrado un'accesa discussione sulla sua nazionalità anche il Clan Mattheson viene affondato e i suoi uomini, dietro pagamento, utilizzati per le manovre di rifornimento sul Pontoporos. Alcuni giorni dopo arrivarono nelle acque antistanti Calcutta ben cinque potenti navi da guerra britanniche a cui non rimaneva altro che costatare la dipartita della nave corsara. Proprio in quei giorni sui giornali indiani ed inglesi nasceva la leggenda dell'Emden che per la sua inafferrabilità venne paragonato all'Olandese Volante; si disse anche che von Müller fosse in combutta con il demonio. Un risvolto più pratico fu che tutti i mercantili della zona si rintanarono nei porti bloccando ogni traffico navale, inoltre i prezzi assicurativi delle navi salirono alle stelle con conseguenze per l'intera economia inglese.

L'Emden si sposta verso est ed esce dal Golfo del Bengala, mentre manda le sue navi appoggio, Pontoporos e Markomannia a sud nell'Isola di Simeulue. Nel suo tragitto verso Rangoon la nave corsara non riesce ad intercettare altre prede, ormai chiuse nei porti, incontra soltanto il vapore norvegese Dovre su cui vengono lasciati i prigionieri del Clan Mattheson. Il comandante della nave norvegese segnala a von Müller la presenza, nello stretto di Malacca, di due incrociatori ausiliari inglesi e dei due incrociatori francesi Dupleix e Montcalm che si trovano nelle acque di Penang. Alcuni ufficiali chiedono di attaccare lo stesso porto malese di Penang, possedimento inglese con il nome di Georgetown, ma il capitano Müller, scettico sull'opportunità di questa azione, decide invece di fare rotta a sud fino a che il Dovre non sarà lontano all'orizzonte, poi si dirige ad occidente per ritornare verso il continente indiano. Visto che il panico ha svuotato i mari dai mercantili, von Müller stabilisce di colpire il suolo stesso dell'immensa colonia inglese in modo da sferrare un duro colpo al nemico.

Mentre le navi inglesi brancolano alla cieca nel Golfo del Bengala, andando a verificare false informazioni sulla costa birmana, l'Emden si avvicina ai depositi di petrolio di Madras con l'intenzione di distruggerli. Per fortuna di von Müller l'incrociatore leggero giapponese Chikuma, lasciato dagli inglesi a difendere Madras dalla nave corsara, si trova più a sud, a Colombo, per rifornirsi di carbone: il suo comandante non ritiene possibile che i tedeschi abbiano l'audacia di attaccare un porto e pensa piuttosto a prepararsi alla caccia della nave nemica, si lascia pertanto sfuggire l'opportunità di un'importante vittoria per l'impero del Sol Levante.

La sera del 22 settembre la nave germanica si presenta davanti la città di Madras trovandola completamente illuminata, come in tempo di pace. Nessuno si aspetta una visita ostile. La guerra europea è lontana. L'obiettivo di von Müller non è però la città ma i depositi di petrolio adiacenti, Prendendo ben cura che la centrale di tiro non colpisca le abitazioni dà ordine di aprire il fuoco. Vengono sparate da 3000 metri ben 25 salve per un totale di 125 colpi in dieci minuti, innescando esplosioni a ripetizione e incendi di vaste dimensioni visibili per miglia. Sono così distrutti 350.000 galloni della Burma Oil Coy. Il forte del porto spara con i suoi vecchi cannoni nove colpi ma solo tre riescono a sfiorare la nave. Le perdite tra la popolazione sono comunque limitate: 5 morti e 12 feriti. Le conseguenze psicologiche sono maggiori dei danni provocati dallo stesso bombardamento. La popolazione presa dal panico prende d'assalto i treni e cerca di trovare rifugio verso l'interno nel timore di una nuova apparizione della nave tedesca; gli indigeni non stigmatizzarono più di tanto l'azione dell'incrociatore, forse anche per motivi nazionalistici, tanto che nel dialetto Tamil di Madras il nome Emden stava a significare una persona intraprendente.

In Inghilterra il Primo Lord del Mare Winston Churchill, informato dell'accaduto, stigmatizzò lo scarso coordinamento dei quattro incrociatori alleati presenti nel Golfo del Bengala al comando del capitano Grant, l'Hampshire, lo Yarmouth, il Dupleix e il Chikuma. Churchill insisteva per un maggior impegno nella caccia della nave corsara che causava un grande imbarazzo all'Ammiraglaito. Ormai il Golfo del Bengala era diventato un mare molto pericoloso e i tedeschi fanno rotta verso sud con l'intenzione di far perdere le loro tracce nelle immensità oceaniche. Il 25 l'incrociatore tedesco si trova davanti a Colombo dove cattura e affonda il vapore Tymeric carico di zucchero. Cattura poi il Gry Fevale che viene utilizzato come nave prigione per soli due giorni. Viene poi rilasciato con i prigionieri dopo aver catturato la nave carboniera Buresk, carica di 6600 tonnellate di un ottimo carbone cardiff, proveniente dal Galles per le navi da guerra in Cina, giusto in tempo per il rifornimento delle ormai magre scorte di combustibile a bordo dell'Emden. Mentre il Gry Fevale giunge a Colombo, dove gli ex prigionieri testimonieranno il buon trattamento ricevuto, l'Emden si dirige presso l'Atollo di Miladunmadalulu nelle Maldive orientali dove fa rifornimento di carbone dal Buresk mentre manda il Markomannia con le stive vuote a rifornirsi dal Pontoporos che si trova presso Simaloer, poi, insieme al Buresk, fa rotta verso l'Isola di Diego Garcia dove vengono raggiunti anche dall'Emden il 9 ottobre. Müller necessita di un angolino tranquillo per riprendere fiato: quale posto migliore dell'Arcipelago delle Chagos lontano da ogni rotta commerciale?

Diego Garcia era una colonia inglese e Müller non sapeva cosa avrebbe trovato in porto ad aspettarlo. Incredibilmente gli abitanti e le autorità dell'isola accolgono la nave tedesca festosamente. Nessuno aveva avvisato della guerra gli abitanti di quel lembo di terra dell'impero britannico, solo un corriere postale proveniente da Maurizio ogni sei mesi collegava Diego Garcia con il resto del mondo e l'ultima visita si era avuta a luglio, ancora in tempo di pace. L'equipaggio tedesco ben felice dell'accoglienza si guardò bene dal disilluderli, tanto che parteciparono anche ai ricevimenti tenuti dal direttore francese di una compagnia petrolifera che si trovava nell'arcipelago. I tedeschi ebbero anche il tempo di riparare il motore di una motobarca necessaria agli isolani per il commercio della noce di cocco. Mentre alcuni marinai erano così affaccendati altri si davano da fare per rimettere a nuovo l'incrociatore raschiando lo scafo dalle incrostazioni causate dai mari tropicali e ridipingendolo. Inoltre si revisionarono le macchine e si effettuò il rifornimento del carbone. L'Emden lasciò l'isola il 10 sera con gran dispiacere dei suoi ospiti che vennero a sapere di essere stati giocati già il 12 ottobre quando l'incrociatore ausiliario Empress of Russia arrivò sull'isola mandato da capitano Grant ad investigare anche quel lontano recesso.

Nel frattempo gli alleati continuano la caccia e finalmente il 15 ottobre ottennero un primo successo quando l'incrociatore Yarmouth affondò il Markomannia e catturò il Pontoporos mandandolo a Singapore. Questo limitava ad una sola carboniera le riserve di carbone della nave corsara. Il 15 ottobre la nave corsara si trovava già nella sua nuova riserva di caccia, von Müller aveva deciso di tendere i suoi agguati nella zona delle Isole Maldive, nei pressi dell'isolotto di Minnikoi dove i traffici diretti al canale di Suez erano intensi. La sua prima preda fu, a partire da quel giorno, la nave Clan Grant, la Ponrabbel, la Benmhor. Il 19 ottobre fu la volta del cargo Troilus di 7562 tonnellate con un carico di 10000 tonnellate di rame e stagno di alto valore strategico, lo stesso giorno catturò la St Egbert di nazionalità statunitense dove furono trasferiti i prigionieri, infine vennero catturate la Chilkana e la carboniera Exford a pieno carico; se la prima nave seguì le altre nell'abisso la carboniera venne fornita di un equipaggio e utilizzata come nave appoggio. Dopo cinque giorni di caccia proficua con la distruzione di ben 26.477 tonnellate di naviglio nemico i tedeschi decidono che è tempo di cambiare aria e lasciano libera la St Egbert con i prigionieri, mentre l'Emden fa rotta prima verso sud poi verso est doppiando Celyon in direzione del porto malese di Penang.

In quel momento ben 14 navi da guerra davano la caccia alla nave corsara, ciò porta al blocco dei commerci e alla formazione dei primi convogli, le flotte di quattro paesi erano impegnate nelle operazioni di scorta, protezione ed esplorazione. L'Emden rimaneva per essi una nave fantasma, ciò grazie alle poche tracce che von Müller lasciava dietro di sé, egli, infatti, usava il meno possibile gli apparati radio di bordo e, se lo faceva, era solo per riceve le trasmissioni, inoltre il quarto fumaiolo posticcio rendeva la nave difficilmente identificabile. Solo una volta l'incrociatore Hampshire incrocia la rotta con l'Emden il 20 ottobre a sud dell'India ma ancora una volta gli inglesi non si avvedono della nave avversaria all'orizzonte che scompare senza che le navi si avvistino l'un l'altra, permettendo all'Emden di raggiungere le navi d'appoggio presso l'Isola di Nicobar il 24 di ottobre effettuando nello stesso giorno le complesse operazioni di rifornimento.

Von Müller aveva deciso che i tempi erano maturi per attaccare la base navale di Georgetown a Paulo-Penang sulla costa occidentale della penisola della Malacca. L'alba del 28 ottobre era ancora lontana quando la nave tedesca, con il suo quarto fumaiolo e una bandiera inglese per meglio camuffarsi, entra nella baia di Penang senza trovare nessuna unità nemica a contrastarlo. All'interno della baia, nel buio della notte tropicale, l'Emden trova alcune grosse navi all'ancora, tutte convinte di essere al sicuro, protette in un porto militare. Tra le varie navi, i tedeschi individuano un incrociatore leggero russo; lo Zhemchug di 3050 tonnellate di stazza risalente al 1903 e reduce dalla battaglia navale di Tsushima dove era riuscito a sfuggire e a farsi internare nel porto neutrale di Manila, ora in quelle acque per la caccia all'Emden. L'incrociatore russo era giunto a Penang solo il 25 dello stesso mese per ripulire le caldaie. Quella notte, malgrado gli avvisi del comandante in capo della flotta alleata, l'Ammiraglio Jerram, di mantenere alta la sorveglianza, il capitano della nave russa, il barone Cherkassov, si sente tranquillo e lascia la nave con i siluri disarmati e con tutti i proiettili stivati: solo 12 proiettili sono lasciati sul ponte pronti per essere usati, mentre non vengono aumentati gli uomini di guardia. Quel che è peggio è che il comandante si reca a terra per passare la notte.

Alle 5:13 l'incrociatore germanico ammaina la bandiera inglese e innalza quella della Germania imperiale, nello stesso momento apre il fuoco con le sue artiglierie contro la nave russa a soli 200 metri di distanza e alle 5:18 lancia il siluro di dritta. L'equipaggio della nave russa viene colto di sorpresa con la maggioranza dei marinai ancora nelle brande a dormire; alcuni si lanciano verso il pezzo di dritta trasportandovi le munizioni e rispondono al fuoco senza tuttavia riuscire a centrare il bersaglio. Anzi, nella confusione, un colpo tirato dai russi passa sopra l'Emden e colpisce una nave mercantile all'ancora nella baia. L'incrociatore tedesco, alle 5:28, dopo essersi allontanato di poco, vira di babordo verso il nemico e lancia il siluro da quel lato, dalla distanza di 400 metri; il siluro colpisce lo Zhemchug sotto il ponte dove si trova la torre di comando spezzando la nave in due e causandone l'esplosione. La nave affondando trascina con sé 89 uomini e ne ferisce ben 143. Un anno dopo vi saranno altre due vittime di questo scontro; il comandante barone Cherkassov e il suo secondo che, in Russia, verranno degradati e mandati in carcere e Cherkassov espulso dalla nobiltà.

Nella luce incerta dell'alba Müller non vuole correre ulteriori rischi e si appresta ad abbandonare la rada. Nell'uscire dal porto i tedeschi avvistano un battello che von Müller scambia per un vascello armato nemico, ordina così di aprire il fuoco sul malcapitato che in realtà era un battello di vedetta disarmato, che viene colpito duramente: solo quando è sul punto di affondare von Müller si accorge dell'errore e fa sospendere il fuoco. L'Emden non ancora uscito dalla rada incontra subito dopo il Glenturret, un altro vapore che trasporta esplosivo; von Müller decide di mandare una squadra di abbordaggio per verificare i libri di bordo, nel contempo il comandante tedesco si scusa con gli uomini a bordo del Glenturret per l'incidente di poco prima e anche per il fatto di non aver avuto il tempo di soccorrere l'equipaggio dello Zhemchug. La squadra d'abbordaggio non fa in tempo a raggiungere la nave che von Müller la richiama a bordo d'urgenza. E' stata avvistata una nuova nave da guerra che dal largo sta avvicinandosi alla rada: è il cacciatorpediniere francese Mousquet di sole 310 tonnellate che, dopo un giro di pattugliamento notturno, rientra in porto.

Nel frattempo tra gli alleati regna la confusione tanto che credono che quella nave a quattro fumaioli ingigantita dalle ombre dell'alba sia nientemeno che lo Scharnhorst. Le navi da guerra poste a difesa del porto, l'incrociatore ausiliario D'Ibreville e le cacciatorpediniere Fronde e Pistolet, tutti di nazionalità francese, cercano di riprendersi dalla sorpresa e di reagire all'aggressione nemica ma la pressione delle caldaie, appena avviate, è ancora bassa e occorre del tempo per portare il motore a regime; solo il Pistolet dopo un po' riesce ad avere abbastanza pressione nelle caldaie per lasciare gli ormeggi e a mettersi all'inseguimento dei tedeschi alla velocità di 12 nodi.

Il Mousquet, dato per già affondato dalle autorità portuali non viene avvertito con la radio della presenza della nave nemica in porto; al primo avvistamento alle 6:50 il comandante francese Théroine scambia l'Emden per un incrociatore inglese issando i colori francesi per il riconoscimento. Solo alle 6:58 quando i tedeschi issano la loro bandiera di guerra si rende conto della situazione e, malgrado la disparità di forze, si prepara alla battaglia contro l'incrociatore corsaro: spera solo di portarsi a tiro con i suoi siluri che hanno un raggio d'azione di 600 metri. L'Emden apre il fuoco per primo, sfruttando la maggior gittata dei suoi pezzi principali; alla terza salva colpisce la nave francese che risponde al fuoco con il suo unico cannone di prua, cercando nel frattempo di avvicinarsi sempre di più. Il fuoco preciso dei tedeschi comincia però a demolire le sovrastrutture del coraggioso cacciatorpediniere che riesce comunque a lanciare un siluro che manca il bersaglio di poco. Un colpo da 105 colpisce le caldaie del Mousquet distruggendole e, dopo dieci minuti di battaglia, l'Emden cessa il fuoco. Il piccolo Mousquet è completamente avvolto dal fumo e dalle fiamme fermo sull'acqua senza che si decida ad affondare; von Müller ordina un ultima salva fino che finalmente affonda il Mousquet. Subito si portano i soccorsi e vengono raccolti 36 marinai, molti gravemente feriti: tra di loro l'unico ufficiale superstite le cui gambe dovranno essere in seguito amputate.

Intanto il Pistolet, malgrado gli sforzi dei fuochisti, non riesce ad aumentare la velocità e raggiungere quello che crede essere lo Scharnhorst: non gli rimane altro che osservare lo scontro tra il Mousquet e la nave nemica senza poter intervenire; forse è meglio così, il cacciatorpediniere evita la fine del Mousquet. Il Pistolet comunque cerca di pedinare l'Emden fino a quando un acquazzone, che fa scendere la visibilità, fa sì che le due navi si perdano di vista permettendo all'incrociatore tedesco di lasciare l'area di Penang. L'Emden, dopo l'azione, accusa dei problemi alle macchine e fa rotta di nuovo all'Isola di Nicobar per le riparazioni necessarie. Due giorni dopo l'Emden incrocia il cargo britannico Newburn su cui vengono trasferiti i prigionieri francesi meno tre che sono nel frattempo deceduti per le ferite riportate e seppelliti in mare con tutti gli onori militari. Il cargo viene mandato su Sumatra a Sabang costringendo von Müller a cambiare la sua rotta verso Colombo e dirigersi verso sud.

Il 31 ottobre l'incrociatore corsaro incontra il Buresk per il rifornimento di carbone e prosegue nelle riparazioni stabilendo un successivo punto d'incontro per il rifornimento. Mentre l'Emden è in navigazione nel mezzo dell'Oceano Indiano con rotta a sud, von Müller riceve dal Kaiser la Croce di Ferro di Prima e Seconda Classe mentre la Croce di Ferro di Seconda Classe viene riconosciuta a 50 uomini dell'equipaggio. Oltre a ciò si viene a sapere come i giornali mondiali non parlassero d'altro se non dell'oltraggio causato da una sola nave tedesca a danno degli alleati.

Tra il 7 e l'8 novembre il programmato incontro con l'Exford per il rifornimento fallisce e von Müller apprende dai messaggi radio che la carboniera abbia incrociato un convoglio nemico e di come, per evitarlo, abbia ritardato mancando l'appuntamento. Ad ogni modo von Müller e il suo equipaggio decidono un altro colpo di mano rivolto questa volta all'Isola Cocos dove si trova un importante stazione per le telecomunicazioni da cui si dipartono centinaia di cavi sottomarini, con annessa un importante stazione ricetrasmittente.

All'alba, intorno le 6.00 del 9 novembre, l'incrociatore corsaro, camuffato con il suo quarto fumaiolo, si avvicina a Port Refuge sull'Isola di Direction, la principale dell'arcipelago delle Cocos o Keeling. Von Müller per risparmiare vite umane decide di non bombardare le infrastrutture nemiche ma di mandare una squadra da sbarco con 50 uomini al comando di von Mücke con l'incarico di demolire la torre della ricetrasmittente e tagliare i fili. Nello stesso tempo il comandante dell'Emden informa il Buresk di raggiungerlo lì dove si trova.

Ma per i tedeschi la fortuna è girata: gli uomini di guardia a Cocos avvistano la nave e malgrado il quarto fumaiolo riconoscono subito l'incrociatore leggero tedesco che da settimane infesta le acque dell'Oceano Indiano, subito lanciano il segnale di allarme sia tramite la radio che con le telecomunicazioni, trasmettendo il segnale: "Una strana nave in avvicinamento, SOS, l'Emden è qui". I tedeschi cercano di disturbare le trasmissioni radio inglesi ma non vi riescono. Prima che la squadra di demolizioni sbarcata a terra blocchi le comunicazioni dell'isola la richiesta di soccorso viene captata dal potente incrociatore Minotaur che si trova però a 200 miglia di distanza, troppi per intervenire, così rilancia il messaggio d'aiuto nella speranza che possa essere captato da qualche nave più vicina. I tedeschi intercettano le trasmissioni dell'incrociatore nemico ma essendo queste deboli non reputano imminente la minaccia e continuano il loro lavoro di demolizione.


Sydney
Purtroppo per i tedeschi, a sole 53 miglia dalle Cocos, era in viaggio un convoglio militare carico di truppe ANZAC dirette a Suez di cui la presenza dell'Emden aveva ritardato per tre volte la partenza finché non lo si era dotato della forte scorta di tre incrociatori al comando del capitano Mortimer Silver, la cui bandiera sventolava sull'incrociatore leggero australiano Melbourne. Insieme al Melbourne vi era il potente e moderno incrociatore corazzato giapponese Ibuki con cannoni da 305mm e l'incrociatore leggero Sydney della stessa classe del Melbourne. Silver decide di mandare contro l'Emden l'incrociatore Sydney tenendosi il più potente Ibuki a protezione del convoglio, nonostante le insistenze del comandante giapponese e del suo equipaggio che chiedevano l'onore di combattere con l'Emden.

Il Sydney al comando del capitano John Glossop era una nave moderna appena entrata in servizio, armata con ben 8 cannoni da 152mm che non davano speranze ai 10 cannoni da 105mm della nave tedesca sia come gittata che come potenza: anche la corazza difensiva dell'Emden difficilmente avrebbe potuto resistere a quei colpi. Glossop lascia il convoglio alle 7:00 in direzione dell'isola che raggiunge verso le 9:00 dopo aver viaggiato alla massima velocità di 20 nodi.

Avvistato il fumo del Sydney al principio i tedeschi credono che sia il Buresk; Müller chiede comunque agli uomini a terra di affrettarsi nelle operazioni di demolizione che si sono rivelate più difficili del previsto. Quando alle 9:15 la nave viene identificata come un incrociatore leggero nemico della classe Melbourne Müller ordina agli uomini a terra di far ritorno alla nave ma per loro ormai è troppo tardi: fanno appena in tempo ad arrivare sulla spiaggia per vedere che l'Emden ha alzato le ancore e si prepara ad ingaggiare la sua ultima battaglia.

Alle 9:40 l'Emden apre il fuoco con i cannoni di dritta contro il Sydney che, in rotta in direzione nord, accosta per il combattimento in linea parallela ma troppo velocemente e invece di mantenersi a distanza e sfruttare la maggior gittata dei suoi cannoni, si trova presto sotto i colpi dei pezzi da 105 della nave tedesca che già alla terza salva lo centrano in pieno colpendo la centrale di tiro di poppa e uccidendo l'ufficiale in comando. Il tiro della nave australiana è stato troppo lungo e le salve cadono dietro l'Emden il cui tiro è invece molto preciso. Glossop, grazie alla sua maggior velocità, decide di allontanarsi di alcune centinai di metri per potersi avvantaggiare della maggior gittata dei cannoni. Il duello d'artiglieria continua serrato lungo gli isolotti e gli atolli delle Cocos. Alla lunga i cannoni da 152mm fanno la differenza, vengono colpite man mano le sovrastrutture dell'Emden: alle 10:00 vengono colpite la stazione radio e un cannone di prua, anche il timone viene colpito e la manovra deve essere effettuata servendosi delle macchine, poi la centrale di tiro viene distrutta e i singoli pezzi devono fare da sé per il puntamento rendendo così il tiro della nave corsara più impreciso; spesso i colpi da 105mm invece che esplodere rimbalzano sulla corazzatura della nave avversaria. Müller effettua un tentativo di siluramento ma la nave nemica è più veloce, si mantiene lontana e continua a sparare contro l'Emden che in mezz'ora viene colpita ripetutamente incassando più di cento colpi, alcuni dei quali distruggono il primo fumaiolo riempiendo la nave di fumo.

Alla fine, dopo ore di combattimento von Müller si rende conto di aver perso e alle 11:15 vira a nord ovest verso l'isola più a nord di Cocos dove decide di andare ad arenarsi sulla barriera corallina. Il Sydney continua a sparare per altri cinque minuti sulla nave ormai indifesa poiché quest'ultima si rifiuta di ammainare la bandiera ed arrendersi. Poi, assicuratosi dell'assoluta immobilità della nave tedesca, il Sydney si dirige verso il Buresk che intanto era sopraggiunto, con l'intenzione di finirlo. La carboniera appena vede il Sydney capisce che non c'è speranza e si autoaffonda. Glossop ritorna dall'Emden che ormai è solo un relitto in preda alle fiamme con il ponte sconvolto su cui giacciono i corpi dei marinai caduti. Il comandante australiano segnala all'Emden, su cui ancora sventola la bandiera di guerra, di arrendersi ma non riceve risposta, un'altra salva a bruciapelo convince von Müller ad ammainare la bandiera tedesca ed arrendersi issando la bandiera bianca, la battaglia è finita. Gli australiani hanno avuto 4 morti e 8 feriti di cui 4 gravemente, mentre la nave è stata colpita 16 volte, i tedeschi hanno subito perdite ben maggiori con 141 morti e 65 feriti di cui 56 gravi.


Il relitto dell'Emden

Ancora il relitto dell'Emden

Il comandante Glassop con un gesto cavalleresco manda un messaggio a bordo di ciò che rimane dell'Emden: "Signore. Io ho l'onore di chiedervi in nome dell'umanità la resa della vostra nave. In modo di mostrarvi quanto apprezzi il vostro valore. Permettetemi di ricapitolare la vostra posizione. Voi siete arenati con i tre fumaioli e l'albero maestro abbattuti, la maggior parte dei cannoni inutilizzabili. Voi non potete lasciare l'isola mentre la mia nave è intatta. Nell'eventualità vi arrendiate vi rammento che non è una disgrazia ma piuttosto una sfortuna, mi sforzerò di fare quello che posso per i feriti facendoli ricoverare presso un ospedale. Ho l'onore di essere, Signore, il Vostro obbediente servitore. Capitano John Glassop". Von Müller dopo aver cercato di distruggere quello che rimaneva ancora sano a bordo della nave accetta, pur di malavoglia, i termini di resa proposti dal suo avversario e ordina di abbandonare la nave: von Müller la lascerà per ultimo.

Successivamente il Sydney si prodiga ad aiutare i feriti dell'Emden che vengono trasportati sulla nave australiana, molti di loro sono gravi e il chirurgo del Sydney aiutato da quello superstite dell'Emden devono effettuare numerose amputazioni. Il giorno dopo il Sydney si dirige verso Port Refuge per catturare gli ultimi uomini dell'Emden ma sorprendentemente non trova nessuno, così non gli rimane che portare i prigionieri a Colombo dove potranno essere curati. Glossop richiese via radio che all'ingresso del porto non vi fossero i tradizionali festeggiamenti per la nave vittoriosa in rispetto ai suoi valorosi nemici, in particolare per i feriti. Dopo essere stati curati i marinai tedeschi furono internati in un campo di prigionia a Malta dove rimasero fino alla fine della guerra.

Dopo una crociera di 33000 miglia la nave corsara aveva catturato 23 navi mercantili di cui 16 affondate per un totale di 71000 tonnellate, più un incrociatore e un cacciatorpediniere, bombardato i depositi di petrolio nel cuore dell'impero britannico, causando al nemico un forte danno economico e di prestigio. Più di 80 navi da guerra alleate sono state impegnate nella sua caccia, distraendole da altri compiti su altri fronti. Inoltre l'Emden si era guadagnato una fama di audacia e coraggio, soprattutto per la cavalleria mostrata nelle sue scorribande: quando alla fine venne distrutto i giornali inglesi ne rimpiansero il destino scrivendo parole d'elogio per i suoi marinai e il suo comandante.

L'avventura continua

Non tutti gli uomini dell'Emden vennero catturati o uccisi nello scontro con il Sydney. La squadra mandata a terra a Port Refuge per guastarne gli impianti di comunicazione non si fece più trovare la mattina del 10 novembre dal Sydney, tornato dopo il vittorioso duello con l'incrociatore tedesco per catturarli. Infatti, la mattina del giorno prima, quando corsi sulla spiaggia dopo aver udito la sirena che ne ordinava l'immediato reimbarco videro che la loro nave aveva intrapreso il suo ultimo combattimento con un avversario che non lasciava dubbi in merito a chi sarebbe uscito vincitore dalla battaglia.

Von Mücke, secondo in comando sull'Emden e a capo della squadra di sbarco, decide di non attendere l'esito dello scontro delle due navi che si allontanano all'orizzonte e requisisce subito un veliero tra quelli che si trovano ancorati in porto. Von Mücke sceglie il brigantino Ayesha di 97 tonnellate di stazza che, attrezzato nel più breve tempo possibile e caricato delle provviste necessarie per un lungo viaggio, salpa la sera del 9, appena 12 ore prima dell'arrivo dell'incrociatore nemico. Lasciando l'isola i tedeschi sono salutati cordialmente dagli inglesi, non sanno che l'opera di distruzione dei cavi è stata in gran parte vana poiché gli isolani avevano, in nascondigli già da tempo preparati, materiale vario ed equipaggiamento per la manutenzione e in poco tempo riescono a riallacciare le telecomunicazioni con il resto del mondo.

Il brigantino fa così vela verso nord ovest con i superstiti dell'Emden, tenendosi alla larga dalle rotte commerciali, evitando d'incontrare navi che avrebbero potuto tradire la sua presenza. Intanto le navi da guerra alleate rastrellano l'Oceano Indiano nel tentativo di catturare gli ultimi tedeschi che ancora navigano quelle acque. Nella ricerca dell'Ayesha, un incrociatore ausiliario britannico, l'ex nave mercantile denominato Empress of Japan, intercetta l'ultima nave appoggio dell'Emden, la carboniera Exford, catturandola nei pressi di Sumatra. Il comandante tedesco della nave catturata, il capitano Lauterbach, riesce a manomettere la bussola della Exford senza essere visto dai marinai inglesi, così durante la rotta per Singapore con la lettura falsata della bussola farà incagliare la carboniera causandogli gravi danni.

Nel frattempo l'Ayesha riesce a sfuggire alla caccia delle navi nemiche e nella sua lenta fuga verso la penisola arabica il 14 dicembre incontra la petroliera tedesca Choising presso l'Isola di Palai. Von Mücke e i suoi uomini sono presi a bordo della nave tedesca e dopo aver ammainato la bandiera germanica dal brigantino ne allagano lo scafo affondandolo. Sfruttando la velocità di 8 nodi della Choising i marinai tedeschi cercano di eludere la sorveglianza delle navi inglesi all'ingresso del Mar Rosso. Infine raggiungono la città di Hodeida sulle coste Yemenite. Considerando troppo pericoloso proseguire il viaggio via mare addentrandosi nel Mar Rosso, frequentato da navi nemiche, decidono di proseguire via terra nel tentativo di ricongiungersi alle forze turche loro alleate. I marinai tedeschi sbarcano con le loro armi nel porto di Hodeida sotto il naso dell'incrociatore francese Desaix ancorato nelle loro vicinanze che nulla sospetta. Il Choising dopo aver sbarcato gli uomini dell'Emden riparte facendo rotta per Massaua in Eritrea, allora colonia italiana ed ancora neutrale. La nave tedesca rimarrà nel porto eritreo fino al maggio del 1915, quando l'Italia dichiarerà guerra alla Germania e la nave verrà così catturata.

Il 27 gennaio 1915 von Mücke e i suoi uomini partono da Hodeida a piedi dirigendosi a nord verso il territorio occupato dai turchi. Nel lungo cammino i marinai tedeschi devono affrontare numerosi pericoli; un marinaio muore di tifo; un altro marinaio annega quando la piccola imbarcazione su cui si trova urta la scogliera corallina e finisce in acqua. Infine, durante la traversata della costa desertica, vengono attaccati ripetutamente da tribù beduine dal 31 marzo al primo aprile, nei pressi di Ras al Aswad, dove i tedeschi riescono a respingere più di 300 predoni al prezzo di un caduto. Sono alla fine soccorsi da una colonna di cavalleria turca che li libera definitivamente dai beduini e permette ai marinai di riprendere la loro marcia verso Gidda dove arrivano l'8 aprile. Da lì proseguono per Al Ula dove si trova la ferrovia che raggiungono il 7 maggio. Avvisato del loro arrivo, ad attenderli si trova il giornalista del Berliner Tagblatt Emil Ludwig che da tre settimane aspetta l'arrivo dei marinai, Le sue prime parole a von Mücke sono: "Un bagno o vino del Reno?", "Vino del Reno" risponde l'ufficiale tedesco.

Da quel momento le tribolazioni per i superstiti dell'Emden sono finite. Il 23 maggio i marinai raggiungono Istanbul con il treno dove vengono accolti trionfalmente, davanti all'ammiraglio Wilhelm Souchon, comandante navale tedesco in Turchia, von Mücke e i suoi uomini si allineano con i brandelli della bandiera da guerra dell'Emden ancora sventolanti, von Mücke saluta con la spada e dice: "Riporto la squadra da sbarco dell'Emden composta da 5 ufficiali, 7 sottufficiali e 37 uomini presenti." Successivamente gli uomini partono per la Germania dove verranno accolti da eroi.

Non furono solo gli uomini di von Mücke a vivere un avventura straordinaria ma anche Julius Lauterbach fu protagonista di una rocambolesca fuga dalla prigionia inglese. Dopo aver fatto arenare l'Exford con lo stratagemma della bussola Lauterbach viene internato nel campo di prigionia di Tangling a Singapore ma l'intraprendente ufficiale tedesco non aveva in mente altro che la fuga. Aiutato da una sua amica di Shanghai di sangue misto, mezzo francese e mezzo cinese, che gli procura delle mappe e un'imbarcazione con cui lasciare Singapore, Lauterbach fugge dalla baracca del campo di prigionia grazie alla confusione creata dall'ammutinamento, il 15 febbraio 1915, del 5° Fanteria Leggera Indiana di stanza nel campo di prigionia. La rivolta sfocia anche su istigazione dell'ufficiale dell'Emden che conoscendo le usanze indiane riesce a far leva sul loro nazionalismo.

Insieme ad alcuni colleghi internati Lauterbach raggiunge l'imbarcazione procuratagli dalla donna e lascia Singapore per perdersi nell'immensità dell'Estremo Oriente. Da quel momento per sfuggire alla cattura Lauterbach fa ricorso a tutto il suo ingegno ricorrendo più volte a vari travestimenti, tra cui quello di mercante arabo. Sfruttando le sue numerose conoscenze, derivate dal lungo tempo passato in oriente nella marina mercantile, riesce ad ottenere dei passaporti falsi, tra gli altri svedesi, olandesi e belgi. Sempre sfruttando le sue conoscenze marinare intraprende un lungo viaggio, dapprima da Singapore a Padang, poi prosegue per Cebu ed infine a Manila impiegando solo sei settimane. Gli inglesi mettono una taglia sulla testa di Lauterbach di ben 1000 sterline di allora, decisi a catturarlo e a processarlo come principale responsabile della rivolta del reparto indiano. Ben sapendo questo, l'intrepido ufficiale tedesco rimane nelle neutrali Filippine per otto settimane spendendo il suo tempo nel cercare una soluzione per ritornare in patria. Non solo, scrive anche numerose cartoline di sbeffeggio dirette alle sue conoscenze dell'amministrazione coloniale inglese, inclusi il comandante della nave che lo aveva catturato sull'Exford e l'ufficiale comandante delle baracche di Tangling. Si può ben immaginare la rabbia delle autorità inglesi e la loro determinazione a catturare il fuggitivo.

Alla fine del suo soggiorno nelle Filippine Lauterbach si imbarca su una carboniera giapponese grazie ad un passaporto falso che lo porta prima a Tiensin e poi a Shanghai dove sbarca venendo ospitato da alcuni suoi vecchi amici. Gli inglesi vengono a conoscenza della sua presenza nella città Cinese e organizzano un complotto per catturarlo ed estradarlo verso i possedimenti britannici. Ma ancora una volta la fortuna è dalla parte del tedesco che è avvisato in tempo da una sua amica venuta a conoscenza del piano inglese. Uscendo la sera stessa dal club tedesco di Shanghai quattro uomini gli saltano addosso cercando di immobilizzarlo ma il grosso ufficiale tedesco si divincola sfuggendo alla loro morsa: uno degli uomini estrae una pistola e cerca di colpirlo nella penombra delle viuzze di Shanghai sparandogli contro ripetutamente ma ancora stavolta Lauterbach si salva lanciandosi nel fiume che attraversa la città. Resosi ormai conto che il cerchio intorno a lui si stringe sempre di più decide che è ora di lasciare la Cina. Tra i numerosi soldati e marinai delle forze occidentali presenti a Shanghai egli riesce a rubare con destrezza il passaporto di un ufficiale di marina statunitense, il tenente Johnson, che subito utilizza per imbarcarsi come passeggero su una nave americana diretta in Giappone a Nagasaki. Mai gli inglesi si immaginerebbero che il ricercato numero uno in Estremo Oriente si nasconda proprio nella patria dei suoi nemici. Anche in Giappone è giunta la fama di Lauterbach e, in quel paese la taglia sulla sua testa è di ben 250000 yen, somma che alletta molti.

Sempre con passaporto americano Lauterbach si imbarca su una nave passeggeri per Yokohama dove spera di imbarcarsi per gli Stati Uniti; durante il viaggio scopre nella sua cabina un investigatore privato che sta indagando sul suo conto, cercando prove che il passeggero americano sia in realtà l'ufficiale tedesco che tutti cercano. Lauterbach deve ricorrere a tutta la sua capacità di persuasione per fargli credere di essere un ufficiale americano e alla fine vi riesce, facilitato anche dalla difficoltà per l'investigatore privato di ottenere riscontri sul suo conto in tempi utili. Non passerà molto tempo che anche l'investigatore riceverà una cartolina beffarda che lo informava di quanto era stato vicino a diventare ricco. Da Yokohama, Lauterbach s'imbarca per Honolulu dove raggiunge finalmente un territorio neutrale e da lì San Francisco dove scopre che la sua fama lo ha preceduto sui giornali americani. Dalla California si sposta verso la costa orientale americana utilizzando un passaporto danese. Raggiunta New York con la ferrovia si imbarca nuovamente su un cargo di nazionalità danese, venendo assunto sotto falso nome come fochista per la traversata Atlantica.

La sua nave viene però intercettata da un incrociatore ausiliario britannico al largo delle Orcadi dove la marina inglese attua un feroce blocco a tutte le navi provenienti o dirette in Europa al fine di strangolare economicamente gli Imperi Centrali. L'avventura di Lauterbach potrebbe finire ad un passo dalla meta ma anche qui la fortuna è dalla sua e dopo cinque giorni in cui l'equipaggio danese viene sottoposto ad interrogatori, il mercantile viene alla fine lasciato partire per la sua destinazione, la nave riprende così la sua rotta programmata per Oslo. Una volta giunto in Norvegia per Lauterbach raggiungere Copenaghen è uno scherzo, uno volta raggiunta la capitale danese si presenta all'ufficio navale tedesco della città e da lì, finalmente, in patria dove giunge al termine della sua odissea il 10 ottobre 1915.

Meno fortuna ebbero i marinai dell'Emden internati a Malta dove la sorveglianza inglese impediva qualunque tentativo di fuga. Von Müller fu anzi separato dai suoi compagni dopo la dichiarazione della guerra sottomarina totale, il 6 ottobre 1916: solo due giorni dopo fu trasferito da Malta all'Inghilterra; malgrado ciò fu protagonista di un tentativo di fuga nel 1917 che si concluse dopo alcune ore di libertà. Il periodo della prigionia gli portò anche qualche soddisfazione con la promozione a Kapitan zur See e con la concessione, dopo alcune controversie in patria, dell'ambita decorazione del Pour le Merite. Malgrado ciò il clima umido inglese peggiorò di molto la sua salute già precaria per via della malaria: le autorità britanniche, preoccupate per la sua salute, lo inviarono in Olanda nel 1918 per curarsi e da lì come scambio di prigionieri in Germania nell'ottobre del 1918 a guerra ormai conclusa.

Lasciata la marina per cause di salute nei primi anni del 1919, dedicò gli ultima anni della sua vita ad aiutare i marinai reduci dell'Emden nel periodo turbolento del primo dopoguerra, dandosi anche alla politica nel parlamento provinciale di Brunswick all'interno di un partito nazionalista, mantenendo sempre il suo carattere riservato e modesto. Morirà l'11 febbraio 1923 a seguito d'un attacco di febbre malarica.

L'Emden fu una delle navi da guerra tedesca di maggior successo durante la grande guerra, affondando più naviglio di qualsiasi altra, solo i mercantili armati e gli U-Boat riusciranno ad eguagliare e anche a superare il tonnellaggio affondato ma nessun singolo sommergibile riuscirà ad eguagliare la fama dell'Emden tra i propri contemporanei, tanto che ai membri dell'equipaggio sopravvissuti verrà concesso di aggiungere al loro cognome quello di Emden in modo da perpetuarne il ricordo.

La sorte dell'Emden fu invece quella di un relitto arenato sulla barriera corallina: gli inglesi pensarono di disincagliare e di riutilizzare l'incrociatore tedesco ma dopo un primo sopraluogo il relitto venne giudicato troppo danneggiato, con il ponte coperto di acciaio ritorto. L'Emden venne così lasciato a disfarsi sulla barriera corallina battuta dai marosi per oltre 35 anni: nel 1956 una tempesta tropicale distrusse il relitto, successivamente ciò che rimaneva venne demolito e l'acciaio venduto come rottame dai suoi antichi nemici.


Königsberg

Storia della nave e dei suoi uomini


Königsberg
Simile all'Emden e, nato per gli stessi fini, il Königsberg viene costruito grazie ai fondi di un'altra grande cittadina situata sulle rive del Baltico, la vecchia capitale della Prussia Orientale che diede il nome al nuovo incrociatore leggero. Il Königsberg prima unità della sua classe, seguito poi da altre quattro unità, venne varato il 12 dicembre 1905 dai cantieri navali di Kiel. La sua stazza era di 3400 tonnellate per una lunghezza di 115 metri e una larghezza massima di 13,2 metri, il pescaggio era di 4,8 metri. L'armamento era uguale a quello che si trovava su tutti gli incrociatori leggeri impostati in quegli anni, consistente in 10 cannoni da 105mm a tiro rapido, quattro in torrette scudate e gli altri sei in barbette, come armamento secondario l'incrociatore possedeva altri 10 cannoni da 52mm più due tubi lanciasiluri e l'immancabile sperone. Il criterio all'epoca usato dai tedeschi per la disposizione dell'armamento principale sugli incrociatori leggeri prevedeva l'uso di più cannoni di medio calibro; al contrario i loro diretti avversari, gli inglesi, prevedevano l'uso di meno cannoni ma di calibro maggiore.

Il Königsberg, di qualche mese più vecchio dell'Emden, utilizzava un apparato motore composto da due macchine alternate ognuna costituita da tre cilindri a tripla espansione che muovevano due eliche; undici caldaie a carbone, suddivise in tre sale, provvedevano ad erogare la potenza necessaria ai motori. Durante il periodo di test venne raggiunta la velocità massima di 24,1 nodi, mentre l'autonomia era di 5270 miglia nautiche alla velocità di 12 nodi. L'equipaggio era di circa 322 uomini tra ufficiali e marinai.

Alla sua entrata in servizio l'incrociatore ebbe l'incarico di scortare lo yacht del Kaiser Hohenzollern nel 1907, successivamente andò a far parte della flotta d'esplorazione del Mare del Nord. Il 16 febbraio 1909 il Königsberg fu protagonista di una collisione con l'incrociatore Dresden che gli procurò seri danni con alcuni compartimenti allagati. Seguì quindi un lungo periodo di riparazioni nei cantieri di Kiel prima che, alla fine dello stesso anno, riprendesse la sua attività di scorta allo yacht imperiale.

Nel giugno del 1911 la nave venne riequipaggiata nei cantieri di Danzica per il servizio nei mari tropicali. La ricca decorazione di prua con l'insegna della città baltica venne sostituita da un più modesto scudo araldico disegnato su entrambi i lati della prua. Nello stesso anno i suoi artiglieri vincono la coppa del Kaiser in una competizione di tiro. Il ritorno al servizio attivo della nave nel gennaio del 1913 fu limitato a soli cinque mesi prima di rientrare nei cantieri di Kiel per nuovi lavori che portarono alla sostituzione di alcune caldaie e alla realizzazione di un nuovo apparato radio, lavori che si completarono il 30 dicembre.

Nel marzo del 1914 la nave era di nuovo operativa e al suo comando venne chiamato il capitano di fregata Max Looff. Looff, nato il 2 maggio 1874 a Strasburgo, entrò in marina nel 1891 come cadetto, la sua carriera proseguì in modo costante nonostante la sua famiglia di origine non fosse insignita di un titolo nobiliare, cosa che all'epoca aiutava la carriera di un militare. In aprile il Königsberg cambiò il colore della sua livrea: da bianco lo scafo venne ridipinto di grigio e venne caricato sulla nave l'equipaggiamento tropicale; nelle stive vennero inoltre stoccate un impressionante quantità di barili di birra che sarebbero tornate utili nella colonia tropicale tedesca dove l'incrociatore leggero era diretto. Anche il comandante Looff si attrezzò per l'esotica destinazione, procurandosi una carabina da 9mm per la caccia grossa.

L'ammiragliato aveva deciso di inviare il Königsberg nell'Africa Orientale Tedesca, oggi Tanzania, dove avrebbe dovuto prendere il posto del vecchio incrociatore leggero Geier risalente al 1893 e che mostrava la bandiera tedesca nell'oceano Indiano già da molto tempo ormai. L'importanza dal punto di vista commerciale dei porti tedeschi sull'oceano Indiano e la vicinanza al canale di Suez richiedevano un incrociatore più potente e di prestigio.

L'equipaggio del Königsberg era composto in larga parte da volontari tutti motivati e felici di prendere parte ad una grande avventura in terra africana, senza immaginare quali prove il destino aveva serbato per loro. Dopo aver imbarcato l'equipaggio e le provviste il Königsberg lasciò il Mar Baltico alla fine di aprile, passando per il canale di Kiel il 25 aprile, raggiungendo lo stesso giorno la base navale di Wilhelmshaven dove fece l'ultimo rifornimento di carbone in patria prima di ripartire tre giorni dopo per il Mediterraneo. Il 5 maggio raggiunse Almeria e due giorni dopo Cagliari poi Napoli l'8 maggio e Messina il 12 per poi raggiungere Alessandria cinque giorni dopo dove rimase all'ancora per tre giorni. A Port Said l'incrociatore si rifornì di carbone prima di partire per Aden dove giunse una settimana dopo. Ad Aden Looff e i suoi ufficiali vennero invitati a cena dal governatore inglese.


Königsberg a Dar es Salam
Proseguendo il suo viaggio a sud il Königsberg passò l'equatore dando modo all'equipaggio, molti uomini erano alla loro prima esperienza di viaggi oceanici, di festeggiare l'evento con una cerimonia carnevalesca. Il 6 giugno l'incrociatore arrivò nella baia di Dar es Salam capitale della colonia tedesca situata poco sotto l'equatore e principale porto della regione. L'ingresso alla baia era molto stretto e il Königsberg, una delle unità navali più grosse mai entrate in rada, suscitò una forte emozione tra i nativi che non avevano mai visto una nave così grande con ben tre fumaioli. Looff, una volta all'ancora permise, per un giorno, agli ammirati abitanti del porto di salire sulla nave per delle visite guidate, opportunità che in centinaia non si lasciarono sfuggire prendendo d'assalto la nave. La nave divenne famosa tra gli indigeni come nave da guerra a tre tubi.

Per i marinai tedeschi il cambiamento climatico fu davvero notevole, dalle gelide acque del mar baltico al clima tropicale africano: per loro quella terra riarsa e inospitale rappresentò la patria da difendere per ciò che rimaneva della loro breve ma avventurose vita. Il 12 dello stesso mese il Geier lasciò le consegne al nuovo arrivato lasciando per sempre l'Africa Orientale Tedesca. I compiti che il Geier lasciava al Königsberg erano principalmente la pattuglia delle vaste coste della colonia tedesca, da Tanga a nord fino a Lindi nel sud, ponendo in particolar modo attenzione al contrasto della tratta degli schiavi, problema che aveva piagato per secoli quella regione dell'africa prima dell'arrivo dei tedeschi. Nello stesso periodo dell'arrivo del Königsberg la nave oceanografica Möwe era impegnata nella realizzazione di carte marine della costa della Tanzania, esplorando in particolare baie e estuari dei fiumi come quello del Rufiji, individuandone i tratti navigabili: questi studi sarebbero tornati utili nei mesi successivi.

A quei tempi l'oceano Indiano era considerato un mare inglese con la penisola indiana che si protendeva nell'oceano e i numerosi possedimenti inglesi che lo circondavano. L'Africa Orientale Britannica era protetta dalla squadra navale del Capo basato a Simonstown al comando del contrammiraglio Herbert King-Hall, il cui compito era di difendere le vitali rotte commerciali inglesi a sud del canale di Suez. La squadra del Capo si basava su tre incrociatori protetti, tutti risalenti alla fine dell'ottocento; l'Astrea del 1895 di 4360 tonnellate di stazza, il Pegasus del 1896 di 2135 tonnellate e lo Hyacinth del 1898 di 5600 tonnellate e nave ammiraglia della piccola flotta.


Pegasus

Pegasus

L'arrivo del moderno incrociatore tedesco aveva subito preoccupato le autorità inglesi; con il crescere delle tensioni tra i due paesi si era deciso di prendere delle misure preventive in grado di neutralizzare la nave tedesca nel momento di una guerra tra le due nazioni. King-Hall, la cui giurisdizione andava dal sud Atlantico a Suez, decise di portarsi a Zanzibar con la sua squadra in modo da tenere sotto controllo la nave da guerra tedesca tenendosi anche ben in contatto con il console inglese di Dar es Salam, il quale forniva informazioni ben aggiornate sui movimenti del Königsberg.

Verso la metà di luglio Looff si rendeva conto che le probabilità di una guerra con l'Inghilterra si facevano sempre più vicine. Questa eventualità faceva sorgere due problemi; il primo e più immediato era quello di non farsi sorprendere dalle forze nemiche all'interno della baia di Dar es Salam la cui strozzatura avrebbe bloccato ogni via d'uscita all'incrociatore rendendolo un facile bersaglio per le navi nemiche. Il secondo problema era rappresentato dalla necessità di reperire scorte di carbone, necessarie sia per una guerra di corsa sia per un eventuale rientro in patria.

Nell'oceano Indiano si trovavano due carboniere tedesche il Reichenfels di 6000 tonnellate che si trovava a Colombo e il Somali della Deutsche Ost Afrika Line di 2500 tonnellate con una capacità di carico di 1200 tonnellate di carbone. Quest'ultima nave a fine luglio si trovava all'ancora di Dar es Salam. Nel frattempo le autorità civili e militari della colonia discutevano sul da farsi in caso di guerra: il governatore tedesco dottor Heinrich Schnee era contrario a qualsiasi azione militare e per questo aveva già stabilito dei contatti con le autorità britanniche intavolando un negoziato. Contrario a ciò era naturalmente il comandante militare della colonia africana, il tenente colonnello Paul von Lettow-Vorbeck, ben deciso a difendere ogni palmo di terra tedesca.

Il 30 luglio il Königsberg trascorse la giornata in mare aperto accompagnato dal Möwe effettuando esercitazioni d'artiglieria seguite la mattina successiva da quelle coi siluri. Lo stesso giorno Looff apprese della guerra con la Russia e decise di rientrare in porto per caricare tutto il carbone che poteva e lasciare a terra l'equipaggiamento superfluo, rimovendo l'arredamento in legno e riempiendo gli spazi vuoti con rifornimenti di ogni tipo. Mentre i marinai erano occupati nelle operazioni di rifornimento Looff coordina i piani di guerra con il comandante militare della colonia africana Lettow-Vorbeck. Venne deciso di equipaggiare tutti i vapori in rada come navi appoggio, così oltre al Somali del capitano Herm altre due navi il Field Marshal e il King vennero predisposte dal comandante militare di Dar es Salam Zimmer per affiancare l'incrociatore tedesco. Il vapore Tabora arrivato il 31 da Mombasa avvisò Looff della presenza minacciosa di tre incrociatori britannici che si dirigevano verso la capitale della colonia tedesca. Rompendo ogni indugio Looff decise di salpare. Alle 16:00 lasciò a velocità ridotta il porto africano facendo rotta verso l'oceano, seguito tre giorni dopo dalla carboniera Somali.

IL Königsberg aveva appena lasciato la costa trovandosi a sole 10 miglia in mare aperto e il sole era appena calato quando furono avvistate in lontananza tre navi in avvicinamento all'incrociatore germanico. Era la squadra del Capo con i tre incrociatori del contrammiraglio King-Hall giunti apposta per il Königsberg. Un drammatico inseguimento ebbe così inizio. Looff tranquillo e sorridente sul ponte di comando diede ordine di utilizzare al massimo otto caldaie mentre, le rimanenti tre, dovevano essere utilizzate facendo meno fumo possibile, in modo da raggiungere una velocità di 22 nodi; anche gli inglesi misero sotto pressione le loro vecchie caldaie ma l'uso di carbone di seconda qualità aumentava gli sforzi dei fuochisti. Il Königsberg venne a trovarsi entro la portata dei cannoni delle tre navi inglesi, lo Hyacinth, il Pegasus e l'Astrea, per ben 45 minuti nei quali, se la notizia della guerra tra i due paesi fosse giunta, la sorte per il Königsberg sarebbe stata segnata irrimediabilmente.

L'arrivo di un acquazzone da sud est fu provvidenziale, il Königsberg ci si infilò seguito dalle navi da guerra inglesi non ancora ostili in quel momento. Presto la visibilità si ridusse enormemente e gli inseguitori vennero persi di vista nella pioggia calda della notte. Looff diede ordine di invertire la rotta di 180 gradi incrociando lo Hyacinth che cercava di raggiungere la velocità massima facendo un gran fumo che peggiorava ancora di più la visibilità, dopodiché il Königsberg fece di nuovo rotta a sud per un'ora, poi finalmente si diresse verso mare aperto alla massima velocità consentita dalle sue undici caldaie, bruciando così una gran quantità di carbone, ma sfuggendo definitivamente alla caccia inglese. King-Hall era furente, con le sue tre navi si era lasciato sfuggire il Königsberg che ora era libero di attendere l'entrata in guerra nel mezzo dell'oceano.

Guerra di corsa

La navigazione del Königsberg prosegue verso nord quando, il 4 agosto, al largo di capo Guardagfui, l'equipaggio viene a sapere da un messaggio radio dello stato di guerra con Francia, Russia e Inghilterra: l'incrociatore si dirige verso il golfo di Aden con l'intenzione di bloccare il traffico da e per Suez. Nel frattempo la squadra del Capo si era divisa poco prima dell'entrata in guerra con il Hyacinth che si è portato a sud per coprire gli scali sudafricani privi in quel momento di ogni difesa navale. Spetta però all'Astrea compiere la prima azione di guerra in africa orientale: l'8 agosto l'incrociatore protetto entra nella baia di Dar es Salam bombardando la stazione radio fino a distruggerla. Zimmer nello stesso tempo affonda il Möwe nonostante si fosse pensato di utilizzarlo come incrociatore ausiliario, idea poi scartata per la sua scarsa autonomia.

Dopo l'azione l'Astrea si diresse verso sud per unirsi al Hyacinth. La mattina del 6 agosto il Königsberg arriva nel golfo di Aden individuando, alle prime luci del giorno, la nave passeggeri tedesca Zieten che viene intercettata e identificata. Un'altra nave è presto all'orizzonte ma stavolta il mercantile tenta di fuggire, Looff ordina l'inseguimento e per bloccare la nave in fuga gli viene sparato un colpo davanti la prua, con sorpresa di tutti sul pennone viene issata la bandiera tedesca. E' infatti la carboniera Goldenfels che sebbene di costruzione inglese appartiene alla marina mercantile germanica. Purtroppo la Goldenfels non ha a bordo un carico di carbone da dividere con il Königsberg le cui necessità di rifornimento dopo i vari inseguimenti si fanno ora impellenti.

Nel pomeriggio tardo dello stesso giorno la nave da guerra tedesca si vede venire incontro un cargo inglese che pensando di andare verso una nave compatriota si prepara ad un caldo benvenuto, quando si accorge dell'errore è ormai troppo tardi. Un ufficiale tedesco con una squadra di marinai armati salgono sul cargo. Il vapore inglese City of Winchester è la prima nave mercantile a cadere in mani tedesche; la nave, di fabbricazione recentissima, era entrata in servizio sulla rotta Colombo - Liverpool da soli tre mesi e trasportava merci varie incluso la maggior parte del raccolto di tè di Ceylon di quella stagione. Il comandante della nave, malgrado gli ordini ricevuti via radio al momento dell'entrata in guerra che invitavano tutte le navi mercantili della zona di procedere verso un porto amico, aveva deciso di proseguire sulla sua strada sentendosi al sicuro. Il Königsberg non affonda subito la nave mercantile ma gli fornisce un equipaggio da preda, entrambe le navi fanno rotta verso nord verso il porto yemenita di Mukalla, situato a nord est di Aden, dove le due navi giungono la mattina successiva. In porto il Königsberg viene raggiunto, oltre che dalla sua preda, anche dal mercantile tedesco Ostmark e dal Zieten. Le navi non rimangono molto nel porto yemenita e nel pomeriggio stesso l'incrociatore e l'Ostmark salpano le ancore seguite poco dopo dalle altre due navi mercantili.

Il Königsberg raggiunse il 10 agosto l'isola di Hallaniya la più grande isola dell'arcipelago delle Kuria Muria a sud delle coste dell'Oman, lì era stato fissato l'appuntamento con la carboniera Somali per il rifornimento. Nell'attesa dell'arrivo della carboniera Looff decide che è troppo pericoloso conservare il City of Winchester per cui decide di affondarlo non prima di averlo depredato di tutte le merci utili, trasferendo sull'incrociatore corsaro centinaia di tonnellate di carbone, cibo, acqua e naturalmente una grande quantità di tè. Effettuato il trasbordo delle merci e quello dell'equipaggio inglese, il giorno 11 un ufficiale e due marinai aprono le valvole dello scafo allagando le stive facendo affondare lentamente il City of Winchester, per aiutarlo nel processo di affondamento viene anche colpito da tre colpi d'artiglieria sotto la linea di galleggiamento. Furono necessarie tre ore al mercantile prima di sparire nelle acque dell'oceano.

Navigando poco più a nord lungo le coste arabe il Königsberg si congiunse al Somali che stava aspettando l'incrociatore all'interno di una baia di una piccola isola disabitata. L'incontro ebbe luogo verso sera mentre una pioggia fine riduceva ancor più la visibilità. Improvvisamente un fascio di luce balenò sulle due navi affiancate. Una nave da guerra inglese in perlustrazione stava pattugliando le coste e gli anfratti dell'Oman. La fortuna questa volta è dalla parte dei tedeschi, le vedette inglesi nell'oscurità non si accorgono della sagoma dipinta di grigio della nave da guerra tedesca così si allontanano senza sospettare nulla. Looff però capisce che le coste arabe non sono più sicure. Decide così di rimandare le rischiose e complicate operazioni di rifornimento in un luogo più sicuro, stabilito questa volta sulle coste africane nei pressi di capo Guardafui.

Il Königsberg lascia le coste arabe il 14 agosto diretto in mare aperto alla ricerca di altre prede. Nella sua navigazione però non trova nessuna nave lungo le rotte commerciali più trafficati al mondo, come se l'oceano si fosse svuotato d'un tratto e da trafficato che era di mercantili si era trasformato in un deserto. Il fatto era che il solo terrore ispirato dalla nave corsara presente in quei mari aveva suggerito a tutti di rimanere nascosti al sicuro nei loro porti, soprattutto dopo la notizia della sparizione del City of Winchester. Mentre il panico si diffondeva tra le compagnie mercantili Looff sconsolato decide di dirigersi verso il punto stabilito per il rifornimento che raggiunge il 19 agosto con sole 200 tonnellate di carbone e poca acqua potabile: la carboniera non era sul luogo dell'appuntamento così agli uomini del Königsberg non rimase che attendere. Una squadra al comando del secondo ufficiale Koch viene fatta scendere a terra per cercare un pozzo d'acqua potabile all'interno della costa somala. Appena il gruppo si fu inoltrato nell'arido e sconosciuto territorio africano un'orda inferocita di indigeni a cavallo caricò i marinai tedeschi che ebbero il loro da fare per respingerli armi in pugno. La squadra dovette comunque anch'essa battere in ritirata per non rischiare di rimanere tagliata fuori dall'incrociatore.

Nell'attesa del Somali l'equipaggio venne impegnato nella ripulitura delle caldaie mentre un vento caldo proveniente dall'entroterra copriva la nave corsara di sabbia fine. Dopo alcuni giorni di attesa Looff ebbe la sensazione di essere perduto con poco combustibile a bordo che ne bloccava ogni movimento prese in considerazione l'eventualità di affondare la nave per poi farsi strada via terra verso la colonia tedesca. Le previsioni pessimistiche del capitano della nave si rivelarono false quando il giorno 21 il Somali spuntò all'orizzonte con il suo carico di carbone e con la notizia che il Goldenfels era stato confiscato a Colombo mentre cercava di rifornirsi di carbone. Venne effettuato il rifornimento sotto gli occhi degli uomini bellicosi delle tribù indigene accorsi in forze sul posto: il carbone venne stivato in ogni angolo e molti sacchi vennero sistemati sul ponte.

Il 23 agosto il Königsberg era pronto per salpare. Stavolta Looff pensò di fare rotta a sud verso il Madagascar non prima di aver stabilito all'isola di Aldabra il nuovo appuntamento con la nave carboniera. Nel viaggio a sud Looff tentò di mettersi in contatto radio con la stazione di Dar es Salam senza avere alcuna risposta, non immaginava certo che questa importante stazione radio di terra fosse ormai stata distrutta dagli inglesi. Nella stessa Dar es Salam erano giunte notizie false secondo cui il Königsberg era stato affondato.

Giunto in vista delle coste del Madagascar la nave corsara non trova prede da catturare, viene così presa la decisione di entrare nel porto francese di Majunga. La mattina presto del 29 il Königsberg entra nella baia di Majunga senza però trovare navi appetibili alla fonda. Una bandiera con la croce rossa sventolava dalla torre della radio. I locali avevano da tempo evacuato il porto e, in un primo momento, scambiarono la nave tedesca per un unità britannica, ricredendosi, poco dopo, quando videro uscire l'incrociatore dalla rada senza essersi ancorato neppure un momento. I francesi avvisarono i loro alleati tramite la radio, perfino i giornali parlarono della misteriosa visita, ma gli inglesi credevano che la nave corsara incrociasse ancora nel golfo di Aden e non diedero credito a queste informazioni. Il combustibile del Königsberg intanto stava scemando e così tre giorni dopo raggiunge l'isola di Aldabra dove si trova il Somali con sole 250 tonnellate di carbone a bordo. Purtroppo il mare era troppo agitato per permettere le complicate operazioni di rifornimento, venne così suggerito dal capitano Herm del Somali di fare rotta alla foce del fiume Rufiji dove si sarebbe svolto il rifornimento.

Il delta del Rufiji era una regione largamente disabitata e selvaggia dominata da paludi e mangrovie, ricche di animali selvatici e pericolosi come coccodrilli e ippopotami. I numerosi bracci del fiume che portavano al mare non erano considerati navigabili prima che il Möwe non ne eseguisse l'esplorazione individuandone le profondità e i bassifondi mappando i canali navigabili. Looff decise di raggiungere il fiume africano, sapeva anche che i motori della sua nave necessitavano di lavori di manutenzione, così, la notte del 3 settembre, le due navi raggiunsero il delta risalendo lentamente il canale SSsimba-Ouranga fino ad arrivare a Salale a ben 8 miglia dal mare.

Per gli indigeni svegliarsi con un incrociatore ancorato nel fiume fu una sorpresa, anche i coloni si sorpresero a vedere la nave da guerra che ormai pensavano perduta, tanto che all'inizio credettero che si trattasse di una nave inglese. La moglie dell'ufficiale del distretto Dankers accolse gli intrusi armata fino ai denti prima di accorgersi dell'equivoco. Al rientro del marito da un safari venne mandato un messaggero a Utete dove si trovava il telegrafo per avvisare Dar es Salam del rientro della nave da guerra. Zimmer appresa la notizia organizzò da Dar es Salam e da Tanga dei rifornimenti per il Königsberg, soprattutto di carbone trasportato tramite chiatte, rimorchiatori e vapori che erano ancora presenti nella rada di Dar es Salam.

Nelle prime settimane di settembre i marinai furono occupati nel revisionare i motori e effettuare i rifornimenti necessari, nel frattempo si cercava di avere notizie sui movimenti dei nemici. Fu così che il mattino del 19 settembre il capitano Looff ricevette un messaggio dal telegrafo che lo informava di una nave da guerra inglese, con due fumaioli, ancorata a Zanzibar. La notizia fece molto discutere i marinai del Königsberg prima che Looff e i suoi ufficiali prendessero la decisione di attaccare la solitaria nave inglese che, con i due fumaioli, poteva essere o l'Astrea o il Pegasus. Looff radunò i suoi uomini e comunicò loro l'intenzione d'impegnare la nave in combattimento, questo anche contro gli ordini che invitavano ad evitare i combattimenti con navi da guerra nemiche e di concentrarsi contro il traffico mercantile ma, in ogni caso, l'occasione andava sfruttata rapidamente ingaggiando il nemico in combattimento.

Il Pegasus dopo un intensa attività nelle acque prospicienti la colonia tedesca era ancorato davanti la città di Zanzibar intento alla manutenzione delle sue caldaie cominciata il 15 settembre e completata proprio per il 19. Notizie della presenza del Königsberg nascosto nel delta del Rufiji aveva spinto il comandante dell'incrociatore inglese Ingles ad indagare mandando una canoa di nativi a conferma delle voci. Per sicurezza la sera del 19 Ingles aveva dato disposizione che gli artiglieri dormissero sui ponti del Pegasus con gli 8 pezzi principali da 102mm pronti ad entrare in azione. A Zanzibar però le autorità britanniche si sentivano al sicuro, tanto che il faro dell'isola di Chumbe era ben funzionante. Come unica misura di sicurezza il residente britannico dell'isola Frank Pearce aveva armato il rimorchiatore Helmuth, appartenente in precedenza alla Deutsche Ost Afrika Line, requisito dagli inglesi all'inizio della guerra e utilizzato per pattugliare le acque di Zanzibar.

Il Königsberg lasciò il suo rifugio nel delta la sera stessa del 19 facendo rotta verso Zanzibar alla velocità di 10 nodi, questo perché una velocità maggiore avrebbe fatto scaturire delle fiammate dall'alto dei fumaioli, tradendo così la presenza della nave nel buio della notte. L'esistenza del faro inglese funzionante permise all'incrociatore tedesco di evitare gli insidiosi bassi fondi e la barriera corallina presenti della zona. Alle 04:00 del mattino della domenica del 20 settembre Looff ordinò i posti di combattimento e i pezzi d'artiglieria furono preparati per aprire il fuoco. Alle 05:00 lungo le coste coralline di Zanzibar il rimorchiatore Helmuth avvista una sagoma sconosciuta in lento avvicinamento nelle prime incerte luci dell'alba, il suo comandante si avvicina per indagare e presto riconosce la bandiera di combattimento sul pennone dell'albero maestro del Königsberg. Anche i marinai tedeschi hanno avvistato il piccolo rimorchiatore armato e subito aprono il fuoco con un cannone dell'armamento secondario. Il colpo passa sopra l'Helmuth finendo in mare ma questo basta al suo comandante per ordinare l'abbandono del rimorchiatore dopo aver fermato le macchine. Mentre i marinai lasciavano l'imbarcazione un colpo da 52mm colpisce il rimorchiatore distruggendo la caldaia e ustionando il macchinista capo che si era rifiutato di lasciare la nave. Il Königsberg non si lascia rallentare dall'incidente e lascia l'Helmuth immobilizzato a 2 miglia dalla costa, proseguendo verso il suo vero obiettivo ancorato a sole cinque miglia a nord.

Il sorgere del sole dissipa la leggera nebbia che copriva la baia di Zanzibar rivelando il Pegasus su cui era stato lanciato l'allarme e stava mettendo le caldaie sotto pressione preparandosi a salpare. Alle 05:05 a 5 miglia e mzzo di distanza il Königsberg apre il fuoco con il suo armamento principale. La prima salva cade lunga dietro la nave inglese, la seconda salva fece forcella sulla nave e la terza infine colpì il Pegasus; a quel punto anche l'incrociatore britannico apre il fuoco con i suoi pezzi da 105mm ma il Königsberg è fuori portati e tutti i colpi sono corti e non sfiorano neppure la nave tedesca. Gli abitanti della città di Zanzibar dai loro tetti sono testimoni dell'impari duello, la stazza del Pegasus è la metà di quella del Königsberg. L'incrociatore inglese invece di portarsi a tiro avvicinandosi alla nave nemica tenta invece di allontanarsi lentamente verso nord ma il tiro implacabile e preciso degli artiglieri tedeschi colpisce ripetutamente il Pegasus smantellandone le sovrastrutture, uccidendo gli uomini che cercano riparo dietro la leggera corazzatura degli scudi per le artiglierie. La direzione di tiro viene presto distrutta e gli artiglieri sparano a vista contro la lontana nave tedesca ma in soli otto minuti tutte le bocche da fuoco inglesi sono ridotte al silenzio dopo aver sparato soltanto 50 colpi. Trascorsi 20 minuti dall'inizio del combattimento il Pegasus è un ammasso di rottami fumante con il ponte coperto di sangue. Ingles a questo punto ordina di ammainare la bandiera britannica e di sventolare una bandiera bianca per interrompere la pioggia d'acciaio sulla sua nave. Looff vedendo la bandiera bianca sul ponte ordina il cessate il fuoco alle 05:25 riducendo la sua velocità a soli due nodi volgendo la prua verso est. Il Pegasus è avvolto dalle fiamme e lentamente imbarca acqua, Ingles non può far altro che fermare le macchine e ordinare l'abbandono della nave che già si stava inclinando da un lato. Di un equipaggio di 234 uomini del Pegasus 24 morirono nel corso dell'azione seguiti da altri 14 deceduti in ospedale nei giorni successivi per le ferite riportate, 56 furono invece i feriti, per un totale di perdite di 105 uomini. Dopo aver recuperato i caduti e i feriti venne fatto un tentativo per rimorchiare il Pegasus alle 10 di mattina dello stesso giorno ma le correnti e il vento erano sfavorevoli e a quel punto la nave colò a picco definitivamente.

Mentre il Pegasus viveva la sua lenta agonia il Königsberg iniziò a bombardare la stazione radio di Zanzibar che già stava lanciando segnali di aiuto in chiaro, poche salve bastarono a distruggere le antenne radio. Fatto ciò l'incrociatore tedesco aumentò la velocità facendo rotta a sud, passando vicino ai marinai dell'Helmuth ancora a mollo nell'acqua, Looff chiese loro se avevano bisogno d'aiuto ma essi presero a male parole il comandante dell'incrociatore suscitando l'ilarità dei marinai tedeschi che assistevano alla scena. Prima di lasciare la baia di Zanzibar il primo ufficiale Koch e l'ufficiale addetto ai siluri Angel misero in atto un loro piano per minare la baia utilizzando un trucco, in mancanza delle mine gettarono in mare ben visti da tutti 14 casse vuote di zinco per cordite facendo credere che fossero invece delle pericolose mine. Solo alcuni giorni dopo gli inglesi si accorsero dell'inganno.

Il Königsberg uscito dalla baia di Zanzibar fece rotta a sud: era sua intenzione procedere nella guerra di corsa al largo delle coste del sud Africa e forse, se la fortuna li assisteva, da lì passare in Atlantico settentrionale per poi rientrare in patria. Questa volta però la fortuna non aiutò i tedeschi perché appena alcune ore dopo aver lasciato l'isola di Zanzibar uno dei motori della nave andò in avaria a causa della rottura di un pistone, riducendo la velocità della nave. I tecnici a bordo si dichiararono impotenti nel ripristinare il danno al motore. Di malavoglia Looff ordinò di fare di nuovo rotta verso il delta del Rufiji dove si sarebbe provveduto al guasto.

Assedio nel delta del Rufiji


Königsberg arenato sul letto del fiume Rufiji
Dopo sole 24 ore il Königsberg ritornava nel suo rifugio nel delta del grande fiume africano raggiungendo Salale dove si ricongiunse al Somali. Contadini tedeschi approntarono alcune carovane con le parti danneggiate e, attraversando la foresta, giunsero alla ferrovia e da lì a Dar es Salam dove vi erano le officine necessarie alla riparazione che, di solito, si occupavano delle locomotive della ferrovia africana. Consapevoli del tempo necessario ai lavori di manutenzione i tedeschi per evitare sorprese organizzarono posti d'osservazione lungo la costa dotati di eliografi. In particolare su alcuni alberi della più alta collina della zona, situata subito a nord del delta del Rufiji chiamata Pemba, alcuni posti d'osservazione avanzati lungo le rive del fiume furono collegati con fili telefonici a Salale, mentre una ridotta flottiglia di piccoli vapori sorvegliava gli ingressi ai canali navigabili.

L'albero maestro del Königsberg venne tagliato perché non sporgesse dalla folta ma piatta vegetazione del delta. Successivamente sia il Königsberg che il Somali mimetizzarono con foglie e piante i loro alberi cercando di renderli così indistinguibili dalle mangrovie che prosperavano in quell'ambiente. Anche l'armamento secondario venne portato in parte a terra, pronto a respingere eventuali tentativi di sbarco inglesi, i marinai vennero affiancati anche da un certo numero di forze di terra composto dalla 22° Feldkompagnien, formata da 250 ascari inquadrati da ufficiali bianchi e dalla 1°, 2° e 3° Schutzenkompagninen composta ognuna da un numero minore di coloni bianchi.

L'attacco a Zanzibar venne seguito due giorni dopo dal bombardamento di Madras da parte dell'Emden. Questi avvenimenti provocarono una decisa reazione inglese che si decise a distaccare un maggior numero di navi da guerra soprattutto per la caccia al Königsberg. Tre moderni incrociatori leggeri, il Chatham, il Weymouth e il Dartmouth si unirono alla squadra del Capo con l'ordine di distruggere la nave corsara tedesca, impresa difficile da compiersi vista la vastità dell'oceano Indiano che rendeva la ricerca simile al classico ago nel pagliaio. Solo il 3 ottobre venne decrittato un messaggio radio dalla Stanza 40 che indicava la presenza della nave corsara ancora nelle acque della colonia tedesca, indirizzando così le ricerca delle navi da guerra britanniche nella giusta direzione.

Il 19 ottobre l'incrociatore Chatham, la cui stazza è di 5400 tonnellate, raggiunge la baia di Lindi nel sud della Tanzania. Ancorato 3 miglia a monte trova il vapore passeggeri tedesco Präsident che cerca di farsi passare per una nave ospedale: i marinai inglesi scoprono tra i libri di bordo un ordine per il trasporto di carbone nel fiume Rufiji. Ulteriori indagini tra i locali indicavano la presenza di una grossa nave nelle acque di quel fiume. Prima di indagare nel fiume africano il Chatham fa rotta su Dar es Salam dove trova tre vapori tedeschi, il König, il Tabora e il Feldmarschall, la nave inglese apre il fuoco su quest'ultima nave che subito si arrende sventolando sul ponte una bandiera bianca: viene stabilita una tregua e i marinai inglesi procedono all'ispezione delle tre navi.

Successivamente il Chatham si porta a Mombasa per rifornirsi di carbone e poi finalmente fa rotta per il fiume Rufiji dove giunge il 30 ottobre senza però trovare nulla ad una prima osservazione dal ponte della nave. Gli inglesi sono ancora scettici che il delta del fiume africano possa essere navigabile, soprattutto per un incrociatore della stazza del Königsberg. Il comandante del Chatham il capitano Druy-lowe decide comunque di mandare a terra una squadra dalle parti del ramo di Kiomboni, per fortuna della squadra di marinai inglesi in quel punto i tedeschi non hanno ancora sistemato dei punti di difesa lungo la spiaggia. Una volta a terra gli inglesi chiedono informazioni ai locali che gli confermano la presenza di una grossa nave a monte nel fiume. Un marinaio viene fatto salire su un alto albero con un binocolo, da quell'altezza riesce ad intravedere l'albero maestro dell'incrociatore tedesco ancorato a Salale.

Avvisato di ciò il Chatham la mattina seguente entra nella foce Ssimba Uranga che è la più ampia del delta, senza vedere la nave nemica. L'incrociatore inglese apre il fuoco cercando di prendere come riferimento il pennone mimetizzato del Königsberg. Il tiro è impreciso e i proiettili passano tra le mangrovie per finire nel fiume alzando colonne di fango, Looff, che non ha ancora osservatori per il tiro d'artiglieria, decide di non rispondere al fuoco sparando alla cieca, risolve quindi di spostarsi insieme al Somali più a monte, lasciando il villaggio di Salale, seguendo il fiume per altre due miglia all'interno.

Il Chatham non vuole rischiare di impelagarsi nel dedalo del delta e ritorna in mare aperto nell'attesa dei rinforzi. Il 2 novembre anche gli altri due incrociatori Weymouth e il Dartmouth raggiungono le foci del Rufiji. Lo stesso giorno il Chatham tenta un nuovo attacco, però il Königsberg è ormai fuori vista: si bombardano così le linee d'osservazione tedesche ma, anche questa volta, il suo comandante non vuole rischiare d'inoltrarsi nei canali non sapendo quali siano navigabili e quali invece non lo siano affatto. Le tre navi inglesi decidono così di limitarsi a pattugliare i numerosi canali che sfociano in mare e da cui il Königsberg potrebbe sfuggire. Il lungo assedio ha così inizio.

Gli inglesi valutarono diversi modi per distruggere l'incrociatore tedesco: venne subito scartata l'idea di uno sbarco in forze nel delta, questo anche alla luce del totale fallimento dello sbarco di Tanga nel nord della colonia tedesca. Anche un attacco dal fiume con le navi venne presto scartato, un eventuale spiaggiamento avrebbe perduto una nave così immobilizzata sotto tiro nemico. Venne infine deciso di affondare un vapore alla foce del canale più profondo di Ssimba Franga in modo da bloccarne la navigazione in quel tratto; a tale scopo il 7 novembre il vapore Newbridge arriva da Mombasa. Nello stesso giorno alcune scialuppe a motore provenienti dalla vecchia corazzata pre-dreadnought Goliath, recentemente unitasi ai tre incrociatori inglesi, risalgono il fiume per verificare la reazione delle difese nemiche. Le scialuppe erano armate con siluri nella speranza di arrivare a tiro utile per essere sganciati, il violento tiro di fucileria dalle sponde del fiume impedisce però ogni avvicinamento utile e le imbarcazioni devono presto tornare sui loro passi dopo aver lanciato per sbaglio un siluro che finì per spiaggiarsi. Nel frattempo il Chatham alla foce del canale aprì il fuoco contro il Somali, che ancora si trovava a valle del Königsberg, utilizzando il pennone della nave per correggere il tiro. Gli artiglieri inglesi alla fine colpirono la carboniera che prese fuoco e venne presto abbandonata dal suo equipaggio.

All'alba del 9 novembre con un equipaggio di volontari, molti provenienti dal Pegasus, il Newbridge viene portato alla foce del canale nel ramo Ssuninga per essere li affondato. Mentre il Chatham e il Weymouth impegnano le difese costiere il vapore inglese naviga nel canale del delta accompagnato da alcune lance del Goliath. Il Newbridge viene fatto infine esplodere come previsto. Sotto il fuoco di fucileria dalle sponde l'equipaggio della nave ormai affondata viene tratto in salvo dalle scialuppe del Goliath e portato al sicuro in mare aperto. L'operazione era costata due morti e nove feriti ma ora gli inglesi potevano essere sicuri che il Königsberg era ormai definitivamente bloccato nel Rufiji. A dispetto delle certezze inglesi i tedeschi sapevano benissimo che, nel labirinto dei limacciosi canali del delta del Rufiji, vi erano altre foci navigabili che davano in mare aperto. Quello che bloccava la nave corsara era la cronica mancanza di carbone che in quel momento non gli avrebbe permesso di andare molto lontano. Looff era anzi preoccupato di finire sotto i potenti cannoni delle ormai numerose unità da guerra che lo assediavano, decise così di ritirarsi ancora più a monte risalendo il fiume di altre cinque miglia, arrivando ad un punto sul cui, durante la bassa marea, l'incrociatore si arenava su un banco di sabbia.

Il 28 novembre, mentre il Chatham era a Monbasa per riparazioni, il Goliath e l'incrociatore leggero Fox, appena giunto in area d'operazioni, entrarono nella rada di Dar es Salam per ispezionare di nuovo le tre navi mercantili tedesche: gli inglesi, con il rimorchiatore Helmuth e i due piccoli vapori, si avvicinarono al König, e al Feldmarschall per rendere le due navi inutilizzabili. L'equipaggio dell'Helmut salì sul Tabora che era contrassegnato dalla croce rossa. Mentre gli inglesi erano impegnati nell'ispezione sulle navi tedesche, contro di loro e contro il Goliath, che si trovava nello stretto imbocco della baia, venne aperto un fuoco di fucileria e d'artiglieria dalla costa. La corazzata rispose al fuoco distruggendo la residenza del governatore e coprendo la ritirata delle squadre di demolizione, con la perdita di un marinaio ucciso e uno ferito. Dopo quest'intervento le navi tedesche in rada a Dar es Salam furono definitivamente bloccate e un tentativo di affondare il König all'ingresso della baia per ostruirla fallì. Il comandante della squadra del Capo King-Hall che, nel frattempo, si trova in Sud Africa, viene a conoscenza della presenza di due idrovolanti Curtiss a Durban, utilizzati per escursioni turistiche: il contrammiraglio riesce a noleggiarli e spedirli alle forze che assediano il Rufiji.

Il primo volo del biplano sul delta avvenne il 19 novembre. Poiché il pilota Dennis Cutler non aveva con sé una bussola presto si perse nell'intrico di canali senza poter osservare nulla d'interessante. Atterrato nelle gialle acque del fiume viene recuperato dai marinai del Chatham solo sei ore dopo, grazie alla segnalazione di una canoa d'indigeni che avevano riferito d'aver visto un grosso uccello che faceva rumore dirigersi a sud. Un secondo volo, il 22 novembre, individuò finalmente il Königsberg grazie al fumo dei suoi fumaioli, la nave era ancora arenata ma in buone condizioni, situata a 10 miglia all'interno. La disposizione della nave così a monte nel fiume venne accolta dai comandi inglesi con scetticismo: vennero decise ulteriori ricognizioni ma le difficili condizioni ambientali e continui guasti impedirono altri voli per un certo tempo.

Nel frattempo il Königsberg riuscì a spostarsi dal ramo Ssuninga del fiume per portarsi nel ramo più a nord del delta del Rufiji, il Kikunja, dove arrivò il 18 novembre. Una volta giunto a destinazione il Königsberg però si arenò su un banco di sabbia del fiume, l'equipaggio, con l'aiuto di alcuni nativi, fu così costretto ad alleggerire la nave, trasportando tonnellate di materiale e munizioni sul vapore d'appoggio Tomondo. Il giorno seguente l'incrociatore tedesco, una volta disincagliato, si spostò verso sud a Batja, dove si trova il ramo più meridionale del delta che conduce in mare aperto. Lì la nave da guerra resterà ferma per i successivi mesi in attesa di poter lasciare il delta per l'oceano. Il Königsberg viene ancorato a prua e a poppa, utilizzando le corde del Tomondo per assicurarsi alle mangrovie: la nave si trovava ora a ben 15 miglia a monte della foce del fiume.

L'avvistamento degli aerei da ricognizione nemici aveva suggerito a Looff di utilizzare alcuni pezzi dell'armamento secondario e alcune mitragliatrici come armi antiaeree, armando i cannoni da 52mm con proiettili di shrapnel. Vennero anche agganciati dei siluri ad alcune lance per colpire eventuali navi intruse, mentre i posti d'osservazione sulle spiagge e sulle rive del fiume vennero rinforzati, infine il pennone dell'albero maestro venne definitivamente rimosso in modo da impedire qualsiasi riferimento agli artiglieri inglesi. Il blocco dei rifornimenti via mare per il delta era totale. Diverse furono le piroghe fermate dalle navi britanniche a guardia della foce del Rufiji, oltre al Fox vi erano altri tre vapori ausiliari che pattugliavano il delta; il Kinfaus Castle, il Duplez e l'Adjutant, mentre gli altri incrociatori erano dispersi tra Mombasa e Città del Capo, il Chatham venne poi dirottato su Bombay.

Gli inglesi credevano la nave tedesca ormai in trappola ma se il Königsberg avesse avuto abbastanza carbone avrebbe certamente lasciato il delta nottetempo. Purtroppo per i tedeschi l'unico combustibile utile erano gli alberi di mangrovie poco adatte ad alimentare le caldaie della grossa nave e gli unici rifornimenti venivano via terra dopo un lungo tragitto nella savana e poi nella foresta tropicale. Ai marinai tedeschi, in attesa del nemico, non rimaneva altro che effettuare esercitazioni o offrirsi volontari per i punti d'osservazione, oltre a ciò la noia regnava sugli uomini imprigionati nel fiume, unico diversivo era qualche safari nelle vicinanze visto l'abbondanza di selvaggina di tutti i tipi. A peggiorare le cose arrivarono le piogge monsoniche che diminuivano la visibilità a pochi metri e aumentavano un umidità già molto alta. In queste condizioni il morale cominciò a risentirne.

Looff cercò di distrarre gli uomini approfittando di ogni occasione per festeggiare. Così a Natale del 1914 venne decorato un albero di mango e imbandita una tavola in coperta alla quale furono invitati i coloni della zona. Looff tenne un discorso e distribuì dolci, birra e sigarette. Lo stesso giorno il contrammiraglio King-Hall imbarcato sul Fox trasmise al Königsberg questo messaggio: "Vi auguriamo buon Natale e un felice anno nuovo. Speriamo di vedervi presto". Al che Looff rispose: "Grazie, lo stesso a voi. Se volete vedermi sono sempre in casa". Anche il compleanno del Kaiser, il 27 gennaio, venne festeggiato ma le condizioni di vita a bordo erano sempre più dure. Gli uomini per l'afa e l'umidità delle piogge dormivano su amache stese sul ponte principale coperto da un telo. Malgrado l'uso di zanzariere molti furono i casi di malaria oltre che di dissenteria, anche il cibo andava deteriorandosi in quelle condizioni ambientali e si ebbero alcuni casi di tifo di cui due mortali, seguiti a breve da altri due morti per malaria in febbraio. Ad alleviare il tedio di quelle giornate piovose fu l'arrivo ai primi di febbraio di alcuni missionari con dei bambini indigeni ai quali fu fatta visitare la nave. Ma in quei giorni si ebbe anche uno scontro con gli inglesi andando ad interrompere un lungo periodo d'inattività.

La mattina del 6 febbraio il piccolo rimorchiatore armato Ajutant entrò nel canale Ssimba Uranga del fiume per una ricognizione, subito venne fatto bersaglio dal tiro sulle sponde del fiume che andò a colpire la piccola nave, il rimorchiatore si arenò su una secca e l'equipaggio si arrese ai tedeschi. Vennero fatti 19 prigionieri, che furono interrogati e poi mandati in un campo di prigionia nell'interno. Un solo marinaio inglese era morto durante il combattimento. Successivamente venne stabilita una tregua per seppellire il caduto. L'Ajutant fu rimesso in funzione dai tedeschi un anno dopo malgrado l'incrociatore Hyacinth avesse cercato di distruggerlo definitivamente lo stesso giorno.

Alla fine della stagione delle piogge gli inglesi cercarono di allestire sull'isola di Mafia alle foci del Rufiji un campo per gli idrovolanti Sopwith giunti a sostituire i Curtiss. Questi idrovolanti, arrivati a metà febbraio, non riuscirono ad individuare il Königsberg e si rivelarono ben meno affidabili dei loro predecessori e la sequela di guasti, dovuti anche al difficile clima, suggerì d'interrompere i voli in attesa di aerei più moderni e affidabili. Per sopperire alla mancanza d'informazioni gli inglesi decisero d'infiltrare una spia. Venne scelto per questo pericoloso incarico Philip Pretorius uno dei più famosi cacciatori esistenti allora in Africa. Pretorius nato a Durban nel 1877 era vissuto nel delta del Rufiji fino al 1906 dove aveva condotto la sua attività di cacciatore per poi trasferirsi nel territorio portoghese del Mozambico. All'inizio della guerra cadde in un'imboscata dei tedeschi dove venne ferito ma riuscì a porsi in salvo e a tornare in Sud Africa. La figura di questo avventuroso cacciatore venne romanzata dal famoso scrittore Wilbur Smith e successivamente ripresa per un film di successo.

Pretorius, travestito da arabo e con l'aiuto di sei nativi, si inoltrò in canoa nella foce del fiume, raggiunse un villaggio indigeno dove conosceva il capo tribù da quando abitava in quei luoghi. Sapeva che i tedeschi sfruttavano la mano d'opera locale per i lavori più faticosi, così decise di farsi assumere anch'egli con gli altri uomini della tribù. Pretorius ebbe così modo di salire sul Königsberg e individuarne la posizione ma, soprattutto, ebbe il compito di mappare il fiume, in particolare le profondità dei canali navigabili e la posizione delle secche. Per un lungo mese senza dare nell'occhio la spia inglese ebbe modo di creare una carta delle difese costiere tedesche e dei canali navigabili. Una volta tornato tra i suoi compatrioti queste informazioni si rivelarono indispensabili per la distruzione finale dell'incrociatore tedesco. Pretorius venne decorato per il suo lavoro e morì nel suo letto molti anni dopo a Pretoria nel 1945 alla fine di una vita avventurosa. Nel frattempo King-Hall aveva posto la sua bandiera sul Goliath sperando che i suoi potenti cannoni potessero raggiungere il Königsberg nella sua tana. Il tentativo di portare la corazzata nel delta del fiume si rivelarono infruttuosi. Infatti il pescaggio della grossa nave ne impediva l'ingresso nell'estuario. Alla fine King-Hall ritornò sul più piccolo Hyachint lasciando il Goliath il cui destino si compì, poche settimane dopo, quando venne silurato da un sommergibile durante la campagna di Gallipoli.

Per risolvere lo stallo venne deciso d'impiegare dei monitori, cioè navi da guerra a fondo piatto particolarmente utili per l'impiego fluviale. L'Inghilterra aveva tre di queste navi costruite per la marina brasiliana che le voleva impiegare sul Rio delle Amazzoni ma al momento della guerra vennero requisite dalla marina inglese e subito utilizzate nella campagna delle Fiandre per bombardare le coste belghe. Queste navi, lente e che tenevano male il mare, avevano due cannoni da 152mm in torrette singole scudate, una a prua e una a poppa, erano le uniche a poter entrare nel delta del Rufiji senza timore di rimanere intrappolate nelle sue sabbie limacciose. Queste tre navi erano state preparate in marzo per la campagna di Gallipoli, trainate ognuna da due rimorchiatori giunsero in mar Mediterraneo. Una volta a Malta due di queste navi ricevettero l'ordine dall'ammiragliato di raggiungere l'africa orientale. Le due navi vennero preparate e una volta salpate si diressero lentamente verso Suez.

Nel frattempo i comandi tedeschi in Germania non stavano con le mani in mano, consci della trappola in cui era finito il Königsberg decisero di mandare nella lontana colonia africana una nave trasporto carica di 1600 tonnellate di ottimo carbone e di ogni altro materiale necessario alle truppe di terra per proseguire la loro campagna. A tale scopo venne scelto il cargo Rubens da tempo confiscato agli inglesi. Sotto le mentite spoglie di un cargo danese dal nome Kronborg, la nave con gli aiuti salpò da Amburgo il 19 febbraio. Superati i controlli del blocco si diresse verso il Capo di Buona Speranza e da lì in oceano indiano facendo rotta verso l'Africa Orientale Tedesca. Nei pressi del Madagascar la nave inviò dei segnali radio al Königsberg informandolo di prepararsi a ricevere le merci trasportate. Questo messaggio venne però intercettato e decrittato dagli inglesi che inviarono l'incrociatore Hyacinth al punto d'approdo del cargo che i tedeschi consideravano segreto.

La mattina del 14 aprile il Kronborg fu in vista della sua meta, la baia di Manza a nord di Tanga, scelta per la sua lontananza dal Rufiji e considerata tranquilla. Presto i marinai tedeschi si avvidero della presenza della nave da guerra inglese: vistisi scoperti alla fine di un così lungo viaggio il comandante del Kronborg ordinò di lanciarsi a tutta velocità verso la riva della baia. Quello che i tedeschi non potevano sapere era che metà delle macchine del Hyacinth erano in panne limitandone fortemente la velocità, il Kronborg avrebbe potuto facilmente seminare l'incrociatore inglese se fosse stato a conoscenza di questo particolare. In ogni caso il mercantile ebbe il tempo di raggiungere l'ampia spiaggia e di arenarsi, prima di abbandonare la nave vennero aperte le valvole di sicurezza che riempirono la stiva d'acqua semiaffondando il Kronborg. Gli uomini del Hyacinth una volta raggiunto il cargo lo centrarono con numerose salve d'artiglieria poi tentarono di sbarcare una squadra per impossessarsi del relitto ma delle mitragliatrici mimetizzate sulla spiaggia respinsero ogni tentativo inglese di salire a bordo della nave. I tedeschi inviarono un messaggio radio dove si affermava che la nave mercantile era affondata e la baia minata. Dopo aver intercettato questo messaggio il Hyacinth si convinse ad abbandonare la baia per il momento. Approfittando di ciò i tedeschi con l'aiuto di alcuni indigeni si misero a recuperare le merci stivate nella nave. Vennero così portate a terra una gran quantità di munizioni, armi, vestiti, cibo , medicine e quant'altro si era salvato dal mare: solo alcune munizioni e tutto il carbone venne reso inutilizzabile dall'acqua del mare. Quando alcune settimane dopo l'incrociatore inglese tornò sul relitto del cargo tedesco si accorse che le sue stive erano state svuotate sotto il loro naso, permettendo alle forze tedesche di continuare la loro campagna militare.

La perdita del carico di carbone fu però un duro colpo per il Königsberg e ne segnò definitivamente la sorte. Impossibilitato a ricevere combustibile l'incrociatore era condannato a rimanere prigioniero nel dedalo di canali del Rufiji. A questo punto il comandante delle forze di terra Lettow-Vorbeck chiese a Looff di abbandonare la sua nave e di utilizzare i marinai e le artiglierie come forze di terra molto più utili in altri settori del fronte. Looff rifiutò anche se acconsentì a inviare alcuni dei suoi uomini sulle navi armate del lago Tanganika e, come truppe di presidio, a Dar es Salam, riducendo la forza originaria ad un terzo. Nel frattempo il Königsberg si era spostato a Kikale, nel canale più a nord del Rufiji della foce di Kikunja, lo stesso giorno dell'arrivo del Kronborg, nella vana speranza di ricevere il carbone necessario a fuggire in mare aperto.

All'isola di Mafia, nel mese di Aprile, erano arrivati i tanto attesi aerei da ricognizione Caudron, dei biplani biposto. La prima missione di ricognizione venne effettuata il 24 aprile senza però concludere nulla. Il giorno successivo un altro volo di ricognizione riuscì a fotografare la nave tedesca ma, al momento del rientro alla base, l'aereo fu fatto bersaglio da numerosi colpi di shrapnel della difesa costiera che costrinsero l'aereo ad un atterraggio d'emergenza in mare, fortunatamente in territorio amico. Successivamente i voli sul delta vennero sospesi anche a causa di una serie d'incidenti e guasti meccanici, ma su almeno due dei Caudron presenti sull'aeroporto dell'isola di Mafia venne installata una radio per comunicare a terra tramite un codice, in previsione dell'arrivo dei due monitori a cui sarebbero state date le coordinate per il tiro d'artiglieria.

Il morale dei marinai del Königsberg aveva risentito dell'allontanamento di una parte dell'equipaggio; Looff per rimpinguare i ranghi attinse ad alcuni volontari provenienti da navi mercantili da Dar es Salam e dal Somali. Durante le lunghe giornate nel delta i tedeschi danno la caccia agli ippopotami per procurarsi carne fresca: durante uno di quei safari Looff cattura un piccolo d'ippopotamo che per qualche tempo sarà la mascotte della nave. Notizie sul lento avvicinarsi dei monitori inglesi giungono presto ai tedeschi. Looff per prepararsi alla prossima battaglia decide di rimuovere tutti gli oggetti superflui dalla nave e di rinforzarne il ponte con lastre d'acciaio e sacchetti di sabbia, l'incrociatore viene ridipinto da grigio navale a verde giungla per un miglior mimetismo. Anche la lancia a vapore Wami viene modificata per portare due siluri in modo da impedire a navi nemici di avvicinarsi troppo al Königsberg.

Scontro finale

Alla fine di giugno i due monitori raggiunsero la loro meta all'isola di Mafia. Lì per tre settimane l'equipaggio si addestrò al tiro indiretto e alla coordinazione del tiro con gli aerei. Gli inglesi però avevano fretta di farla finita con la nave tedesca. Si temeva infatti l'arrivo di un'altra nave di soccorso carica di carbone che avrebbe permesso al Königsberg di lasciare la sua prigione nel delta. Le prime avvisaglie dell'offensiva si ebbero il 2 luglio quando un aereo decollato da Mafia con alcune bombe tentò di bombardare la nave tedesca, le bombe caddero tutte sulle mangrovie ma il biplano riuscì a far ritorno alla vicina isola di Mafia malgrado il tiro antiaereo.


Severn
L'attacco dei due monitori, il Mersey e il Severn venne programmato per la mattina del 6 luglio in coincidenza con l'alta marea, dopo aver tolto alle due navi tutto il materiale superfluo e aver rinforzato le difese con sacchetti di sabbia. Prima dell'alba del 6 i due monitori fecero ingresso nella foce Kiunja accompagnati dagli incrociatori che si fermarono all'imbocco del canale, Mersey e il Severn si addentrarono nel fiume con rotta sud; alle 05:20 i contorni delle rive incominciarono a distinguersi: in quel momento un cannone tedesco, nascosto sulla riva del fiume, fece fuoco per avvisare dell'ingresso di navi nemiche nel delta. A bordo del Königsberg l'equipaggio stava facendo colazione nel locale mensa quando venne dato l'allarme, gli uomini si precipitarono ai posti di combattimento; la nave era ancorata nei recessi del delta e nessuno di loro poteva vedere il nemico, solo gli osservatori da terra potevano trasmettere le coordinate alla direzione di tiro della nave tramite lunghi fili telefonici.

I due monitori si addentrarono lentamente nel Rufiji risalendone la corrente. Un nutrito fuoco di fucileria, proveniente dalle sponde, bersagliava le due tozze navi, senza però causare danni o feriti. King-Hall si era trasferito sul moderno incrociatore Weymouth di 5250 tonnellate per dirigere le operazioni; insieme al Hyacinth seguirono i due monitori nel delta fin dove poterono e una volta ancorati gli incrociatori aprirono il fuoco alle 06:30 contro quelle che presumevano essere le posizioni tedesche d'osservazione, sia quelle poste lungo la foce del Ssimba Uranga che quelle poste sulla collina Pemba. Questo tiro d'appoggio all'azione principale, anche se molto impreciso, impedì ai cannoni di piccolo calibro nascosti sulle sponde di disturbare l'attacco dei monitori. Mersey e Severn giunsero nei pressi di un isolotto della foce Kikunja, chiamato Gengeni, qui le due navi si ancorarono in attesa dell'aeroplano.

Intorno alle 06:00 giunge l'aereo inglese d'osservazione che come azione diversiva sgancia delle piccole bombe sulla nave tedesca, mancandola abbondantemente. Successivamente l'osservatore a bordo dell'apparecchio comincia a trasmettere le coordinate per il tiro indiretto ai due monitori che alle 06:23 hanno cercato di ancorarsi ma, a causa della marea, hanno dovuto cambiare le loro rispettive posizioni. Alle 06:47 il Severn apre il fuoco sul Königsberg con i due pezzi da 152mm, seguito dal Mersey subito dopo. L'aereo osserva subito che il loro tiro è corto e vede le loro prime salve cadere sulle mangrovie, subito trasmette le correzioni ma il tiro è ancora impreciso e le salve cadono nel fiume sollevando colonne d'acqua e fango.

Alle 07:00 il Königsberg inizia a rispondere al fuoco dei due monitori ma, a differenza degli inglesi, il suo tiro risulta subito essere preciso ed accurato e le salve da 105mm cadono tutte nel raggio di poche decine di metri dai monitori. Alle 07:40 il Mersey viene colpito due volte da tiro indiretto del Königsberg: un colpo cade sul cannone di prua mettendolo fuori uso, uccidendo due marinai e ferendo gli altri serventi al pezzo, solo l'intervento di un marinaio che getterà in acqua un proiettile incendiato impedirà alle fiamme di propagarsi nella riservetta delle munizioni del cannone, evitando l'esplosione della nave. L'altro colpo apre delle falle nello scafo. Al comandante del Mersey non rimane altro che sottrarsi alla pioggia d'artiglieria della nave tedesca: mentre leva le ancore un altro colpo colpisce la barca a motore che si trovava al fianco del Mersy affondandola e danneggiando la poppa del monitore. La nave inglese, pur incominciando ad imbarcare acqua, riesce a spostarsi dal punto più bersagliato; allontanatasi di pochi metri una salva di cinque colpi cade nel posto esatto dove il Mersey si trovava ancorato poco prima: l'opportuno spostamento aveva salvato la nave da una fine certa. Per il Mersey la battaglia è però per il momento finita e lascia alla nave gemella il compito di continuare il combattimento.

Il Severn nel frattempo è riuscito, alle 07:31, a mettere a segno il suo primo colpo sull'incrociatore tedesco, successivamente, però, il suo tiro è tornato a perdere di precisione anche perché l'aeroplano ha dovuto abbandonare la zona dello scontro per rifornirsi di carburante a Mafia. A bordo del Severn si accorgono ad un certo punto di una postazione d'osservazione tedesca posta su un albero della vicina isola Gengeni: subito il monitore fa fuoco con i suoi due pezzi da 152mm su questo punto d'osservazione avanzato riuscendo, in poco, tempo a neutralizzarlo; da quel momento il tiro dell'Königsberg non sarà più preciso come prima. L'incrociatore tedesco può però ancora contare sull'osservatorio posto sulla collina Pemba e alle 08:10 il Severn viene colpito per la prima volta. Il duello d'artiglieria continua per buona parte della mattinata con le due navi impegnate a spararsi quasi alla cieca in un paesaggio primordiale e selvaggio che mai nel suo lungo passato era stato testimone di uno scontro così violento.

A metà mattinata il malconcio Mersey torna nella mischia utilizzando il solo cannone di poppa, in mancanza della ricognizione aerea entrambi i monitori cercano di dirigere il tiro usando come riferimento quello che rimaneva dell'albero del Königsberg. Un colpo cade a dritta della nave tedesca colpendo il cannone di prua, uccidendo due assistenti al pezzo, entrambi volontari della nave passeggeri Zieten, ferendo al piede un terzo marinaio; un altro colpo cade sul ponte di comando uccidendo un marinaio e sbalzando Looff per terra senza però ferirlo. Un altro colpo creerà un buco sotto la linea di galleggiamento allagando un compartimento stagno della nave, un ultimo colpo colpirà la cambusa ufficiali uccidendo un altro marinaio.

All'1:30 del pomeriggio l'aereo di ricognizione torna a sorvolare la nave tedesca ma il tiro dei due monitori non migliora e le canne dei cannoni sono talmente roventi che ne peggiorarono di molto il rendimento. Gli inglesi decidono di ritirarsi scendendo la corrente del fiume mentre il Königsberg continua a sparare con soli due cannoni. Alle 15:35 il primo scontro si conclude con un pareggio. I due monitori hanno sparato complessivamente ben 633 colpi da 152mm colpendo l'incrociatore tedesco solo quattro volte, gli inglesi lamentarono la morte di quattro uomini e il ferimento di altri due tutti sul Mersey che aveva subito i danni maggiori, nessuna perdita o danno di rilievo sul Severn. Sul Königsberg si erano avuti 4 morti e 19 feriti, questi ultimi vennero subito trasbordati sul vapore Tomondo e da qui quelli più gravi evacuati a Nieusteiten 20 miglia a monte del Rufiji, dove si era creato un posto di soccorso in previsione della battaglia.

Looff durante la battaglia aveva via via diminuito il volume di fuoco contro gli inglesi, i prolungati tiri indiretti consumavano un gran numero di munizioni senza avere la certezza di centrare il bersagli: la scarsità delle munizioni avevano alla fine ridotto a solo due cannoni i pezzi con cui rispondere al fuoco. Nei giorni successivi alla battaglia Looff e i suoi uomini non si facevano molte illusioni, la loro nave era danneggiata e gli inglesi sarebbero presto tornati in forze; nonostante questo furono fatti sforzi per ripristinare le linee telefoniche, tagliate nello scontro precedente, tra la nave e gli osservatori sul Pemba, oltre a ciò ai tedeschi non rimaneva che attendere l'ingresso dei nemici nel delta. Frattanto gli inglesi hanno fretta di chiudere la partita con la nave tedesca: con impegno riparano i danni al Mersey rendendolo in poco tempo di nuovo pronto al combattimento. L'11 luglio, a soli quattro giorni dalla prima battaglia, i due monitori sono pronti per ritentare l'attacco: questa volta salpano dall'isola di Mafia alle otto del mattino trainati dai rimorchiatori, arrivando alle 11:00 al canale di Kikunja dove entrano nel delta del Rufiji diretti di nuovo all'isola Gengeni.

Looff avvisato dell'approssimarsi della battaglia fece distribuire un'ora prima il pranzo e ordinò alla lancia a motore Wami, su cui erano stati agganciati due siluri, di discendere la corrente incontro alle navi nemiche. Purtroppo il piccolo Wami non fece molta strada finendo poco dopo arenato su un banco di sabbia. Mentre i monitori risalivano la corrente gli incrociatori inglesi che li seguivano nel fiume aprirono il fuoco sulla collina Pemba contro quelle che ritenevano essere posti d'osservazione. La forza d'attacco era così composta: gli incrociatori protetti Challenger, Weymouth, Hyacinth, Astrea, Pyramus e tre incrociatori ausiliari più altre imbarcazioni più piccole.

I due monitori stavano procedendo all'ancoraggio a monte dell'isola Gengeni quando, alle 11:25, le artiglierie del Königsberg aprirono il fuoco. Pochi minuti dopo il Mersey veniva colpito da due colpi, uno finì nelle vicinanze del cannone di poppa ferendo tre marinai e mettendo fuori uso il pezzo, l'altro finì sul ponte di poppa colpendo i sacchetti di sabbia senza fare danni. Per la seconda volta il Mersey doveva momentaneamente rinunciare all'azione. Nel frattempo il Severn aveva aperto il fuoco contro la sponda del fiume dove postazioni tedesche d'artiglieria e d'osservazione minacciavano la nave inglese. Intorno a mezzogiorno il Königsberg rispondeva al fuoco con quattro delle sue artiglierie alzando colonne di fango nella vicinanza dei monitori, ma la perdita di comunicazioni con l'osservatorio sul Pemba, causato dal taglio dei fili telefonici dalle artiglierie nemiche, rendeva il tiro sempre più impreciso.

Alle 12:31 apparve il Caudron di ricognizione e il tiro inglese che fino a quel momento era stato impreciso divenne sempre più accurato. Ma soli dieci minuti dopo, il ricognitore venne colpito da una scheggia di shrapnel nel motore. L'aereo iniziò quindi a precipitare lentamente, mentre il pilota cercava di farlo planare verso il punto dove si trovavano i monitori l'osservatore continuava a trasmettere via radio le coordinate di tiro al Severn. Sebbene il Caudron toccasse l'acqua del fiume a bassa velocità finì per ribaltarsi scagliando l'osservatore fuori dall'abitacolo, mentre il pilota con ancora allacciate le cinture di sicurezza seguì l'aereo sul fondo del fiume, fino a quando riuscì a liberarsi e a riemergere. Pilota ed osservatore vennero immediatamente soccorsi da una lancia del Mersey che lì portò sani e salvi sul monitore stesso. Il posto del ricognitore abbattuto venne preso, pochi minuti dopo, da un altro Caudron da ricognizione che iniziò a dirigere il tiro dei due monitori.

Alle 12:45 un colpo finì sulla riservetta di munizioni da 105mm del Königsberg facendola esplodere: da quel momento il numero dei cannoni che rispondevano al fuoco diminuì drasticamente, dai quattro che erano alle 12:53 solo uno sparava ancora, poi anche le scorte di munizioni di quest'ultimo finirono e tutti i cannoni del Königsberg cessarono di sparare. Per il colpo al magazzino delle munizioni si era reso necessario allagare i compartimenti stagni di parte della nave. Ormai l'incrociatore tedesco immobile e vulnerabile doveva incassare i colpi dei suoi avversari senza speranza di poterli evitare.

I cannoni di prua vennero centrati mettendo fuori combattimento gli artiglieri, mentre una scheggia feriva leggermente il comandante. Un altro colpo centrava il fumaiolo centrale, mentre un altro distruggeva il ponte di comando e feriva di nuovo Looff al petto che passava il comando al suo secondo Koch e subito dopo, all'13:30, ordinava d'abbandonare la nave. Mentre l'equipaggio con i feriti lasciavano il Königsberg per l'ultima volta abbandonando il ponte devastato per portarsi verso la riva del fiume, Koch e un marinaio si apprestarono ad affondare la nave utilizzando la carica di un siluro che, poco dopo, alle due del pomeriggio, venne fatta esplodere. Lo scafo si squarciò e l'incrociatore si adagiò sul basso letto del fiume con lo scafo inclinato a dritta di una ventina di gradi.

Poco dopo gli inglesi accertano la distruzione del Königsberg che giaceva semiaffondato sul letto del fiume e i due monitori con le altre navi da guerra sospesero il fuoco e lasciano il delta che tornò nel suo millenario silenzio. Al tramonto la bandiera di guerra viene ammainata dal Königsberg ormai ridotto ad un relitto. L'ultima battaglia è costata ai tedeschi 19 morti e 21 feriti, tra cui il comandante, gli inglesi lamentano solo qualche ferito sul Mersey. I caduti verranno sepolti davanti al relitto della nave e la loro tomba verrà protetta dalle scorribande degli ippopotami da una pesante catena, mentre i feriti andranno a ristabilirsi a Nieusteiten. Gli inglesi in mesi d'assedio avevano profuso una gran quantità di mezzi e d'energie più per timori immotivati che per una reale minaccia ai traffici navali. Il blocco nel Rufiji di una singola nave tedesca impegnò decine d'unità navali che sarebbero servite in altri scacchieri, come il Mersey e il Severn che furono dirottati dall'importante campagna che si stava svolgendo a Gallipoli nei Dardanelli.

Nei giorni seguenti i tedeschi riuscirono ad asportare dalla nave semiaffondata tutto il materiale ancora utilizzabile, compresi tutti e dieci i preziosi cannoni da 105mm. In agosto dei palombari recupereranno anche molte munizioni che una volta asciugate saranno utilizzate dalle artiglierie nella campagna di terra. Le artiglierie del Königsberg svolgeranno un ruolo decisivo nella campagna africana dando ai tedeschi un effettiva superiorità sul nemico, fino a che tutti i pezzi da 105 mm verranno distrutti o abbandonati dai tedeschi per mancanza di munizioni, gli ultimi cannoni saranno distrutti a Massasi nell'ottobre del 1917. Nello stesso periodo l'ultima unità organica di marinai dell'incrociatore, la Kompanie Königsberg, sarà annientata nel nord del Tanganika.


Il relitto del Königsberg
Looff dopo essersi ristabilito fu inviato a Dar es Salam, dove nell'agosto del 1916 ebbe il compito di distruggere le installazioni portuali all'arrivo del nemico, successivamente ebbe il comando delle forze di terra della città costiera di Lindi, nel sud del paese. Qui si arrese agli alleati il 22 novembre del 1917 dopo aver resistito per dieci mesi al nemico. Trascorse il resto della guerra in prigionia in Egitto.

Il 23 novembre 1918, ultimo dei tedeschi, von Lettow, si arrendeva a due settimane dalla fine dalla guerra mentre si trovava in Rhodesia con soli 175 bianchi: lui e i suoi uomini vennero accolti dagli inglesi dalla guardia d'onore. Una volta rientrati in Germania von Lettow, Looff e il governatore della colonia Schnee marciarono accolti da trionfatori lungo le strade di Berlino il 2 marzo del 1919, ma degli oltre 320 marinai del Königsberg (alcune fonti citano 350 uomini) solo 15, Looff compreso, sopravvissero alla dura campagna africana. La carriera di Looff proseguì fino al grado di vice-ammiraglio con cui partecipò alla seconda guerra mondiale nella quale non si distinse particolarmente, pur perdendo il suo unico figlio maschio al comando del sottomarino U-122 nel 1940. Looff morirà nel suo letto nel 1954.

Il relitto del Königsberg non venne mai recuperato, complici le difficoltà ambientali di un area impervia e selvaggia: i visitatori che si avvicendarono nella visita della nave, trovarono il relitto sempre più inclinato su un lato fino ad adagiarsi completamente su un fianco negli anni '60 per poi sprofondare lentamente nel fango del fiume dove si trova ancor oggi; ad alcune miglia di distanza si trova il relitto del Somali che a differenza dell'incrociatore si è trasformato in un isola lussureggiante.

Altre navi corsare

Dresden


Dresden
L'incrociatore leggero Dresden nasceva come nave gemella dell'Emden e in tutto simile a quest'ultimo incrociatore, nelle dimensioni come nell'armamento. Con una stazza di 4268 tonnellate per una lunghezza totale di 118 metri e un armamento principale dei soliti 10 cannoni da 105mm, anche il numero dell'equipaggi di 361 uomini era lo stesso dell'Emden. L'unica differenza tra le due navi era nell'apparato motore utilizzato dal Dresden che consisteva in 4 alberi mossi da turbine; la nave era stata, infatti, scelta per testare questo nuovo tipo di motore che forniva al Dresden una velocità di 25,2 nodi. L'autonomia era di 3600 miglia a 14 nodi.

La nave da guerra varata il 5 ottobre del 1907 entrò in servizio il 14 novembre 1908 ma, alcuni giorni dopo, fu protagonista di un grave incidente quando l'incrociatore tedesco, durante dei collaudi, andò a speronare il vapore svedese Caclilie affondandolo; anche la nave tedesca uscì dallo scontro molto danneggiata e necessitò di un lungo periodo di riparazioni. Dopo essere rientrata in servizio nel settembre del 1909 ebbe di nuovo una collisione all'inizio dell'anno successivo con il Königsberg senza però gravi conseguenze. Durante quegli anni il Dresden fece parte della squadra di ricognizione partecipando ad esercitazioni e manovre. Nel settembre del 1913 va a far parte della squadra del mediterraneo fino a quando nel dicembre del 1913 con il peggiorare della situazione in Messico viene lì mandata per proteggere gli interessi tedeschi. Arrivato a Vera Cruz il 21 gennaio 1914 il Dresden entra nella scena messicana trasferendo in Giamaica l'ex presidente messicano Huerta cacciato dai rivoluzionari.

Alla vigilia della guerra l'incrociatore si trova nel mar dei Caraibi in attesa di essere rilevato dall'incrociatore leggero Karlsruhe. Il 25 luglio il piccolo incrociatore si trovava a Port au Prince, ad Haiti: lì vi fu l'incontro con il Karlsruhe a cui passò le consegne. Le due navi si scambiarono il comandante, dal Dresden il Karlsruhe ricevette il capitano Kohler mentre sul Dresden si avvicendò al comando il capitano Fritz Lüdecke (1873-1931). La nave lasciò Haiti il 31 luglio per la sua destinazione finale a Wlilhelmshaven in Germania ma sole tre ore dopo, con l'avvicinarsi della guerra, le venne ordinato di rimanere nei Caraibi. Al momento dello scoppio della guerra l'incrociatore si stava dirigendo verso le coste brasiliane diretto alle isole Rocas dove il Dresden venne rifornito di carbone.


Dresden mentre si rifornisce
Tra il 6 e l'8 agosto il Dresden operò nell'Atlantico centrale fermando e controllando ben sei navi tutte successivamente rilasciate: uno di questi vapori, una volta lasciato andare, indicò via radio la posizione della nave tedesca. Solo il 15 agosto intercetta e affonda il suo primo mercantile, lo Hyades, facendo poi rotta verso l'isola brasiliana di Trindade spersa nell'oceano Atlantico dove fa rifornimento di carbone da una carboniera d'appoggio. Successivamente il Dresden fece rotta verso il Rio della Plata dove catturò la carboniera inglese Holmwood; il capitano Lüdecke decise di rifornirsi del suo carbone all'istante senza tenere conto del mare grosso in quel momento: durante le operazioni di trasferimento del carbone, le due navi finirono per collidere e il Dresden ebbe lo scafo e le sovrastrutture danneggiate, anche se non in modo grave. Successivamente l'Holmwood venne affondato. I prigionieri dei due mercantili vennero trasferiti su un altro mercantile fermato in quei giorni che venne poi lasciato libero. Lüdecke decise a questo punto di lasciare l'Atlantico del sud per unirsi alla squadra di von Spee. Proseguendo la sua rotta a sud raggiunse la baia di San Giorgio in Argentina dove s'incontrò con la carboniera Isabela da cui si rifornì, poi, attraverso lo Stretto di Magellano, raggiunse il Pacifico.

Il 18 settembre il Dresden ricevette ordini di raggiungere il Leipzig e di operare insieme. Nel suo viaggio a nord lungo le coste del Cile l'incrociatore tedesco incontrò il cargo inglese Ortega: subito il Dresden si lanciò alla sua caccia ma l'Ortega si dimostrò più veloce riuscendo a seminare il corsaro tedesco approfittando anche di scogli affioranti non segnalati dalle carte nautiche tedesche; riuscì inoltre a comunicarne la posizione della nave corsara via radio, segnalandone la presenza nelle acque del Pacifico. Lüdecke, sconsolato, proseguì nella sua rotta dirigendosi verso l'isola Juan Fernandez dove si era stabilito l'incontro con la carboniera Baden della squadra di crociera e il Leipzig. Successivamente il 12 ottobre avvenne l'incontro con il resto della squadra di von Spee. Il Dresden partecipò alla successiva vittoriosa battaglia di Coronel il primo novembre, senza peraltro distinguersi molto nel combattimento: Leipzig e Dresden furono mandati alla caccia del Glasgow e dell'Otranto nella notte che seguì la battaglia ma non riuscirono ad intercettarle. Il Dresden continuò a condividere la sorte della squadra di crociera fino alla battaglia delle Falkland dove riuscì a sfuggire alla mattanza delle navi tedesche grazie alla sua superiore velocità e al fatto di essersi trovata nelle retrovie all'inizio dello scontro.

Soli e braccati gli uomini del Dresden si diressero di nuovo verso le acque del Pacifico dove l'immensità dell'oceano e la neutralità del Cile avrebbero dato loro qualche possibilità di salvarsi dalla caccia inglese. Passato di nuovo il tempestoso Capo di Horn, il 9 novembre, l'incrociatore penetra negli anfratti della Terra del Fuoco nello Stretto di Magellano dove, per supplire alla scarsità di combustibile, bruciato in quantità durante la recente fuga, viene mandata una squadra a terra per rifornirsi di legname da bruciare nelle caldaie. Lo stesso giorno un cacciatorpediniere cileno costringe la nave tedesca a muoversi e a raggiungere Punta Arenas dove con qualche difficoltà riesce ad ottenere il carbone necessario alla sua sopravvivenza. Per le due settimane successive il Dresden trova rifugio nei freddi fiordi dello Stretto di Magellano, in particolare si nasconde alle navi nemiche che gli danno la caccia nel Canale Gonzales fino a quando una nave passeggeri cilena lo avvista rivelandone la posizione. Il 19 dicembre riesce a rifornirsi dalla carboniera Sierra Cordoba ma, a quel punto, tutte le navi inglesi cercano l'incrociatore in tutti i fiordi e le isolette del sud America rendendo impossibile ogni ulteriore rifornimento.


Il Dresden a Juan Fernandez
Il 14 febbraio del 1915 il Dresden con il combustibile rimastogli fa rotta a nord nel Pacifico dove viene colto da una violenta tempesta che fortunatamente causa solo lievi danni. Lüdecke decide di raggiungere l'isola Juan Fernandez dove, già l'anno prima, il Dresden, aveva fatto sosta. L'Arcipelago Juan Fernandez venne raggiunto il 19 febbraio. Desolato, attraversato dalla fredda corrente di Humbodlt, sembrava al comandante dell'incrociatore un posto sicuro e tranquillo in cui nascondersi in attesa del rifornimento di carbone di cui la nave aveva assoluto bisogno per continuare a navigare. Tra il 18 febbraio e il 6 marzo il Dresden inviò tre messaggi radio con l'indicazione della necessità di rifornimenti. La carboniera Gotha venne inviata in soccorso con il carbone necessario seguendo le indicazioni dell'incrociatore sul luogo dell'appuntamento nell'Arcipelago di Juan Fernandez. I piani tedeschi vennero intercettati e decifrati dal servizio crittografico della marina inglese della famosa Stanza 40 negli uffici dell'Ammiragliato britannico. La decrittazione di tre messaggi diplomatici riguardanti il luogo dell'appuntamento del Dresden con il Gotha fu uno dei più grandi successi della Stanza 40 contro gli incrociatori corsari.

Seguendo le tempestive indicazioni dell'Ammiragliato gli incrociatori Kent, Glasgow e l'incrociatore ausiliario Orama che da mesi davano la caccia al Dresden, potevano ora distruggere l'ultima nave da guerra tedesca che ancora si aggirava libera per gli oceani. Il 7 marzo i tre incrociatori inglesi si portarono a Juan Fernandez: lì impedirono al Gotha di avvicinarsi al Dresden per un eventuale rifornimento. L'incrociatore tedesco informato della presenza delle navi inglesi si nascose nella Baia di Cumberland sull'isola di Robinson Crusoe (Mas a Fuera) dove si ancorò nella speranza di passare inosservato. Sfortunatamente per i tedeschi il guardiano di un faro locale riuscì ad informare gli inglesi che si presentarono in forze nella baia la mattina del 14 marzo.


Dresden mentre affonda
Il Glasgow fu il primo a violare la neutralità delle acque cilene aprendo il fuoco contro il Dresden che si trovava tranquillamente ancorato vicino la costa. Dopo cinque minuti di tiro al bersaglio Lüdecke diede ordine di ammainare la bandiera da combattimento e di arrendersi issando la bandiera bianca. In risposta alla protesta del comandante tedesco per la violazione della neutralità delle acque cilene, il comandante del Glasgow, Luce, affermò di avere l'ordine di distruggere il Dresden ad ogni costo. L'incrociatore tedesco era a quel punto già gravemente danneggiato. Lüdecke diede così ordine d'abbandonare la nave e di raggiungere la terra ferma. Mentre l'equipaggio lasciava la nave Lüdecke faceva minare il deposito delle munizioni e successivamente lo faceva esplodere alle 11:15, affondando così la nave che tanto aveva preoccupato gli inglesi, anche se non aveva provocato alcun danno di rilievo con le sue 12960 tonnellate affondate, la maggioranza delle quali in Atlantico. Probabilmente, rimanendo in Atlantico avrebbe svolto meglio il suo compito nella guerra ai traffici commerciali. Nel breve scontro i tedeschi ebbero 8 morti e 16 feriti: il Glasgow aveva così definitivamente vendicato la sconfitta di Coronel.

La maggior parte dell'equipaggio della nave tedesca riuscì a raggiungere il Cile e da lì con il vapore cileno Tinto a raggiungere la Germania dopo un viaggio di ben due mesi. Un ufficiale dell'incrociatore. Kurt Hartwig, una volta riuscito a tornare in patria, sarebbe diventato poi un famoso comandante di sommergibili. Il destino del relitto del Dresden fu quello di rimanere nelle basse acque dell'isola di Robinson dove si trova tutt'oggi.

Karlsruhe

L'incrociatore leggero Karlsruhe era la nave da guerra più moderna che la Germania avesse dislocato sui mari negli oceani lontani dalla patria. Costruito a partire dal 1911 nei cantieri navali di Kiel, grazie ad una sottoscrizione dell'omonima cittadina della Germania meridionale, differiva dagli altri incrociatori leggeri costruiti fino a quel momento sia per le sue forme che per le sue caratteristiche. La sua lunghezza totale fuori dall'acqua era di 142,2 metri per una larghezza di 13,7 metri, il suo dislocamento era di 6191 tonnellate. Esteriormente era dotato di quattro fumaioli, invece che dei soliti tre. Le caldaie servivano due moderni motori a turbina che trasmettendo il movimento a due eliche facevano raggiungere alla nave la velocità di ben 28,5 nodi. L'autonomia era di 5000 miglia a 12 nodi.


Karlsruhe

Karlsruhe

Il Karlsruhe non sfoggiava più l'anacronistico e antidiluviano sperone: la nave così aveva una forma più moderna. L'armamento era costituito dai soliti cannoni da 105mm ma incrementati nel numero di 12 pezzi di cui quattro disposti nelle torrette scudate sul ponte principale a prua e a poppa, mentre gli altri in barbette sul fianco della nave; oltre a due tubi lanciasiluri, la nave non era fornita d'armamento secondario. L'equipaggio era costituito da 373 uomini. Il Karlsruhe e il suo gemello Rostock furono gli ultimi incrociatori leggeri costruiti dalla Germania con questo tipo d'armamento e dislocamento: gli incrociatori leggeri che si costruiranno durante la guerra saranno equipaggiati con artiglierie più potenti dislocate in modo diverso. Il Karlsruhe venne varato l'11 novembre 1912 ed entrò in servizio il 15 gennaio 1914.

La prima missione del moderno incrociatore fu nell'estate dello stesso anno quando, prima dello scoppio della guerra, andò a rilevare il Dresden nel mar dei Caraibi al comando del capitano Kohler. Proprio il mar caraibico che fu testimone dell'epoca d'oro dei corsari vide le gesta dell'incrociatore tedesco che fu, insieme all'Emden, l'incrociatore corsaro di maggior successo nella lotta ai traffici commerciali nemici. Il Karlsruhe fu anche quello che meglio di tutti razionalizzò il vitale sistema dei rifornimenti.

All'inizio delle ostilità, ai primi d'agosto, il piccolo incrociatore si trovava al largo nel mar dei Caraibi: il capitano Kohler ben sapeva che un'imponente flotta da guerra composta da quattro incrociatori, tutti più potenti della nave tedesca, gli dava la caccia. Al comando della flotta inglese vi era l'ammiraglio Sir Christopher Cradock. L'unica difesa del Karlsruhe era quella di nascondersi nelle immensità dell'oceano. Il 5 agosto Kohler fissò un appuntamento via radio con la nave passeggeri tedesca Kronprinz Wilhelm per ricevere del carbone e trasformare la nave in incrociatore ausiliario per la lotta ai traffici mercantili. Il messaggio venne intercettato dagli inglesi che, grazie ad una delle prime decrittazione della neonata Stanza 40, ebbero modo di presentarsi anch'essi nel luogo dell'appuntamento situato a 120 miglia a nord delle Bahamas.

Il giorno dopo, alle 11 di mattina, l'incrociatore Suffolk ammiraglia di Cradock arrivò a tutta velocità sulle due navi interrompendo il trasbordo di carbone in atto. Il Karlsruhe dovette fuggire inseguito dalla nave inglese, mentre il Kronprinz Wilhelm che era stato armato dall'incrociatore, si dileguò per la sua guerra di corsa. Le velocità dei due incrociatori si eguagliavano e l'inseguimento continuò per diverse ore.

Cradock chiese agli altri due incrociatori leggeri della sua flotta il Bristol e il Berwick di unirsi nella caccia. Solo il Bristol si trovava nelle vicinanze: era situato anzi direttamente lungo la rotta del Karlsruhe. Il Bristol, malgrado il dislocamento di sole 4800 tonnellate, aveva due cannoni da 152mm molto pericolosi per la nave tedesca. Al calare delle tenebre il Karlsruhe aveva seminato il Suffolk ma, nello stesso tempo, le vedette del Bristol segnalarono la presenza dell'incrociatore nemico. Diversamente il Karlsruhe non si avvide nel buio della notte tropicale dell'incrociatore inglese che riuscì ad avvicinarsi e, alle 20:15, aprire il fuoco con i suoi pezzi principali (l'armamento dell'incrociatore consisteva in due cannoni da 152mm e dieci da 101mm) da 3500 metri. Subito dopo anche i tedeschi risposero con le loro artiglierie ma nessuna delle due navi riuscì a mandare a segno neppure un colpo a causa del buio. Il Karlsruhe approfittando della sua velocità superiore distanziò sempre più il Bristol che alle 22:30 perse il contatto visivo.


Il Karlsruhe mentre abborda il Bowes Castle
La mattina seguente i tedeschi seminarono facilmente anche il Berwick che non arrivò neppure a tiro utile per le artiglierie. Successivamente il Karlsruhe fece rotta a Puerto Rico dove arrivò il 9 agosto con sole 12 tonnellate di carbone. In porto fece rifornimento di carbone. Da Puerto Rico il corsaro fece rotta a sud sino a Willemstad, nelle Piccole Antille a nord del Venezuela, qui fece ancora rifornimento di carbone e poi ripartì facendo rotta questa volta verso le coste del Brasile in modo da sottrarsi alla caccia inglese molto più pericolosa nell'Atlantico settentrionale. Il 16 agosto avvistò una nave mercantile che però riuscì a sfuggire all'identificazione. Il 17 il Karlsruhe si rifornì dalla carboniera Patagonia e il giorno successivo catturò la sua prima vittima, il cargo Bowes Castle che, dopo averne trasferito l'equipaggio, fu affondato.

Il 21 ci fu un nuovo rifornimento presso l'isola di Sao Joao. Solo quattro giorni dopo l'incrociatore leggero Glasgow raggiunse quella stessa isola solo per trovarne la baia vuota. I prigionieri, nei giorni successivi, vennero trasferiti sulla nave appoggio Stadt Schleswig che dopo pochi giorni di navigazione li liberò in un porto neutrale. Il 28 agosto l'incrociatore raggiunse l'isola brasiliana Fernando de Noronha dove venne raggiunto da tre navi da rifornimento. Nei sei giorni successivi in quelle acque i tedeschi catturarono il 31 agosto la carboniera Strathoy e il primo settembre fu la volta del Crefield; due giorni dopo il mercantile Maple Bridge venne catturato e subito dopo mandato a picco.

Il 5 settembre il Karlsruhe fu all'atollo Rocas dove si rifornì da due carboniere e dove rimase per cinque giorni. Il capitano Kohler ideò, in quei giorni, un modo più efficiente per utilizzare le navi da rifornimento, decise di dislocarle ad una distanza di 20 miglia una dall'altra in modo da aumentare il suo raggio d'azione e diminuire il rischio d'essere scoperto. Il 14 venne fermato ed affondato il mercantile Highland Hope ma durante l'operazione venne scorto da un vapore spagnolo che ne chiese l'identificazione tramite la radio: Kohler fece rispondere che la sua nave faceva parte di un convoglio inglese. La conversazione in chiaro venne captata dalla corazzata Canopus, che però si trovava 100 miglia a nord; il comandante della nave inglese, insospettito, richiese al mercantile spagnolo la sua posizione: questo fu sufficiente al Karlsruhe per farlo fuggire da quelle acque. Cradock, che ora si trovava sul più veloce incrociatore corazzato Good Hope, inviò l'incrociatore Carnarvon ad investigare al largo delle acque brasiliane ma ancora una volta la nave tedesca si era già allontanata.


Il ponte del Karlsruhe
Il 17 settembre il Karlsruhe catturò la carboniera Indrani solo per scoprire che era stata noleggiata dal consolato tedesco come nave appoggio all'incrociatore. Tra il 22 e il 23 dello stesso mese la nave corsara affondò le navi Maria, Cornish City e Rio Iguassa ma dovette rilasciare un mercantile italiano che ne rivelò la posizione una volta in porto. La fine di settembre vide l'incrociatore corsaro impegnato nei rifornimento e nella manutenzione delle caldaie. Ai primi d'ottobre il Karlsruhe appostato lungo le rotte mercantili dell'Atlantico centrale catturò e affondò numerose navi; il Niceto, il Lynrowam, il Crevantes e il Pruth, mentre una delle sue carboniere catturò e successivamente affondò il Farn. Il 13 ottobre gli equipaggi catturati vennero trasbordati sul mercantile Crefield e inviati alle isole Canarie. I successi per il Karlsruhe e il suo equipaggio non erano ancora terminati e nelle settimane successive altre navi caddero nel carniere dei tedeschi. Il primo fu il mercantile Glanton, seguito dal Hurstdale e dalla nuova nave passeggeri Van Dyck, mentre molte altre navi neutrali furono rilasciate con a bordo gli equipaggi prigionieri. Il primo novembre Kohler decise di far ritorno nel mar dei Caraibi per attaccare le installazioni portuali della Martinicca e delle Barbados.

Il suo primo obiettivo furono le Barbados. Il 4 novembre era in rotta per queste isole che si trovavano a 300 miglia a nord-ovest dalla sua posizione quando, alle 18:30, mentre i marinai ascoltavano la banda della nave sul castello di prua, una violenta esplosione sotto il ponte di prua squassò la nave distruggendo l'intera sezione di prua, uccidendo numerosi marinai e il comandante Kohler. Il comando venne subito assunto dal secondo, il tenente Studt, ma ormai per la nave non vi era nulla da fare e in trenta minuti affondò con 290 uomini. I 129 superstiti vennero salvati dalle due navi appoggio che in quel momento navigavano vicine al Karlsruhe, l'Indrani e il Rio Negro.

Le cause dell'incidente non sono certe: all'inizio si pensò all'esplosione di una caldaia ma successivamente l'ipotesi più accreditata fu l'esplosione del magazzino delle munizioni di prua causato probabilmente dalle alte temperature di quei giorni in quelle calde acque tropicali che rendevano il ponte di ferro un forno, ciò associato anche al calore delle caldaie e delle macchine da tempo in funzione. Il destino dei sopravvissuti ebbe strade diverse: quelli imbarcati sull'Indrani furono fatti prigionieri dagli inglesi quando la carboniera venne intercettata da navi da guerra e costretta ad autoaffondarsi, mentre quelli sul Rio Negro ebbero maggior fortuna riuscendo a passare il blocco navale e a tornare in patria dove informarono le autorità tedesche della sorte dell'incrociatore.

Per gli inglesi il Karlsruhe continuò ad essere una nave fantasma inafferrabile fino a quando vennero a sapere della distruzione della nave corsara molto tempo dopo, quando il 15 marzo scoprirono dei rottami provenienti dalla nave tedesca nei pressi dell'isola San Vincents: fino ad allora ben 11 navi da guerra gli avevano dato la caccia. Il Karlsruhe nei suoi tre mesi d'attività catturò 17 navi britanniche affondandone 16 per un totale di ben 76500 tonnellate di naviglio nemico: nessuno può dire quali altre imprese avrebbe potuto compiere se una fatalità non avesse interrotto la carriera della nave corsara; probabilmente la sua fama sarebbe potuta essere anche superiore a quella dell'Emden, grazie anche alle sue migliori caratteristiche tecniche.

Eber

L'Eber (in italiano cinghiale) era una cannoniera della classe Iltis: all'inizio della guerra era l'unità da guerra più piccola a circolare per gli oceani in cerca di preda. Varata il 6 giugno 1903 la piccola nave aveva una stazza di 1193 tonnellate per una lunghezza totale di 66,9 metri fuori dall'acqua per una larghezza di 9,7 metri ed un equipaggio di 130 uomini. L'armamento consisteva in due cannoni da 105mm e 6 mitragliatrici. Le macchine alternate fornivano una velocità massima di 14,3 nodi e un autonomia di 3400 miglia nautiche a 9 nodi. Come succedeva per le cannoniere del suo tipo, l'Eber trascorse la maggioranza del servizio presso le varie stazioni coloniali con il compito di mostrare la bandiera: in particolare la piccola nave venne impegnata nelle colonie dell'Africa occidentale. Con al comando il capitano di corvetta Wirth, nel luglio del 1914 l'Eber si trovava a Città del Capo per riparazioni quando ricevette l'ordine di rientrare al più presto in Germania a causa della crescente tensione. Al contrario delle altre sue navi gemelle che si trovavano in Estremo Oriente l'Eber non poteva fare affidamento su basi militari importanti in Africa.

Lo scoppio della guerra trova la piccola cannoniera a Lüderitzbay in Africa del sud ovest, l'attuale Namibia. Lì riceve dall'ammiragliato l'ordine di attraversare l'oceano Atlantico e di raggiungere il sud America dove dovrà armare un incrociatore ausiliario per la guerra di corsa, la piccola nave non viene ritenuta adatta per operazioni così impegnative e viene deciso di sacrificarla. Il 20 agosto la cannoniera raggiunge l'isola brasiliana di Trindade nel mezzo dell'Atlantico. Ad attendere la cannoniera si trova la nave passeggeri Cap Trafalgar di 18800 tonnellate capace di raggiungere i 17 nodi. Su questa nave vengono trasferiti i due cannoni da 105mm e la maggior parte dell'equipaggio dell'Eber.

La nave passeggeri trasformata in incrociatore ausiliario partirà per una guerra di corsa particolarmente sfortunata: infatti, dopo sole due settimane, il Cap Trafalgar viene intercettato dall'incrociatore ausiliario inglese Carmania che nonostante i vecchi cannoni di cui è dotato riesce a colpire e ad affondare la nave tedesca dopo un breve scontro, prima che il corsaro possa ottenere qualche vittoria sul traffico mercantile. L'Eber, disarmato e con l'equipaggio ridotto a 15 uomini, fa rotta a Bahia in Brasile rimanendo internato in quel porto fino a quando nel 1917 anche il Brasile dichiara guerra alla Germania. A quel punto al rimanente equipaggio dell'Eber non rimane altro che dare fuoco alla loro nave e affondarla il 26 ottobre 1917.

Incrociatori ausiliari (Hilfskreuzer)

All'inizio della guerra, nell'agosto del 1914, molte navi mercantili e di linea tedesche si trovavano disperse sui sette mari lontani dalla patria e molte anche dalle colonie che avrebbero potuto offrire un certo rifugio dalle navi nemiche che dominavano i mari. Il blocco imposto dagli inglesi nel mare del nord veniva considerato dai comandi tedeschi invalicabile, per cui si riteneva che queste navi lontane dalla patria fossero perdute in ogni caso. Si decise così di armarle per quanto possibile e di utilizzarle come navi corsare. La totalità di questi primi incrociatori ausiliari furono navi passeggeri scelte dai tedeschi, così come dagli inglesi per altri scopi, per la loro velocità e stazza. Queste prime Hilfskreuzer in maggioranza si rivelarono degli insuccessi nel compito loro affidato a causa dell'alto consumo di carbone richiesto da navi così grosse e anche per le loro dimensioni che le rendeva facilmente individuabili dalle navi nemiche. Uno dei pochi vantaggi era quello di poter immagazzinare una maggior quantità di carbone nelle loro stive rispetto ad una normale nave da guerra.

Le principali furono: Wilhelm, Kaiser Wilhelm der Grosse, Printz Eitel Friedrich, Cap Trafalgar, Fredrick e Cormoran. Poche di esse ottennero qualche successo e come le navi da guerra propriamente dette che si trovavano su quegli stessi oceani nessuna riuscì a tornare in patria, così come i comandi tedeschi avevano ipotizzato.

Cormoran

Questa nave russa prima di essere catturata dall'Emden il 4 agosto 1914 si chiamava Riäsan. Moderna nave passeggeri era stata varata nel 1909, con una stazza di 7250 tonnellate raggiungeva la velocità di 15 nodi. A Tsingtao venne armata con le artiglierie della cannoniera Cormoran da cui prese il nome, altri cannoni vennero aggiunti alla nave per un totale di 8 pezzi da 105mm. Lasciata la base in Cina, prima di venire intrappolata dai Giapponesi, il Cormoran fece rotta nel Pacifico senza tuttavia trovare alcuna preda. Il Pacifico non era un mare molto trafficato dai mercantili e il Cormoran dopo alcune settimane di peregrinazione si trovò con la maggior parte del carbone esaurito. Il 14 dicembre 1914 la nave tedesca senza più combustibile si fece internare nella base statunitense di Guam senza aver ottenuto qualche successo. All'entrata in guerra degli Stati Uniti l'equipaggio affondò la propria nave il 7 aprile 1917 ma, nel compiere quest'operazione, sette uomini dell'equipaggio trovarono la morte.

Kronprinz Wilhelm

Questa nave di linea tedesca venne varata nel 1901, con una stazza di 24900 tonnellate poteva raggiungere la ragguardevole velocità di 23,3 nodi, cosa che gli fece ottenere diversi successi nella sua carriera corsara. All'inizio della guerra proveniva da New York quando si incontrò con il Karlsruhe i primi d'agosto e in sole due ore la nave venne armata trasferendovi due cannoni da 88mm e due da 120mm che però non avevano l'appropriato munizionamento. L'equipaggio era composto interamente dai marinai della nave, tutti non militari: al comando vi era il capitano Thierfelder. Sotto la sua guida la nave passeggeri divenne la Hilfskreuzer di maggior successo di quel periodo affondando nell'Atlantico meridionale ben 14 navi tra cui il mercantile Highland Brae, la nave passeggeri Nelson e un postale francese la Guadeloupe.

In ben 8 mesi d'attività la Kronprinz Wilhelm poteva dirsi una delle più longeve navi corsare, tra tutte quelle che avevano cominciato la guerra. Malgrado i danni subiti, gli inglesi non le dettero mai una caccia spietata come con gli incrociatori, poiché ritenevano queste navi ausiliarie meno pericolose. Dopo tutti questi mesi di proficua attività in mare, le strutture della nave cominciavano a risentirne, specialmente i motori necessitavano di revisioni. Così il comandante Thierfelder decise di mettere termine alle operazioni che si facevano sempre più difficili a causa dei continui guasti: la nave fece rotta sul porto statunitense di Newport News dove l'11 aprile del 1915 si fece internare. Il Kronprinz Wilhelm all'inizio dell'entrata in guerra degli americani venne trasformata in nave trasporto truppe con il nome di Von Steuben rimanendo in servizio fino al 1923 quando venne demolita: una delle poche navi corsare a morire di morte naturale.

Kaiser Wilhelm der Große

Varato nel 1897 questa vecchia nave di linea aveva una stazza di 24300 tonnellate e poteva raggiungere la velocità di 22,5 nodi. Fu proprio per la sua velocità che venne trasformata in un incrociatore ausiliario all'inizio delle ostilità: equipaggiata con 6 cannoni da 105mm questa nave fu una delle poche a lasciare, il 4 agosto, la Germania per portare la guerra ai traffici nemici, riuscendo a raggiungere l'Atlantico prima che gli inglesi ponessero il blocco navale nel mare del Nord. La sua prima vittima fu un peschereccio britannico, il Tubal Cain, seguito dal Kaipara, un vapore neozelandese di più di 7000 tonnellate. Infine fu la volta del mercantile Nyanga di 3000 tonnellate: queste ultime due navi vennero intercettate e affondate nei pressi delle isole Canarie.

Nelle stesse acque vennero intercettate due navi passeggeri inglesi, la Arlaza e la Galician ma, dopo aver verificato che a bordo si trovavano donne e bambini, entrambe le navi vennero lasciate ripartire senza provocare loro alcun danno. La carriera del Kaiser Wilhelm der Große si concluse precocemente il 26 agosto quando stava effettuando un rifornimento nella baia di Rio de Oro nell'Africa Occidentale Spagnola. Quel giorno la nave tedesca venne sorpresa dal vecchio incrociatore protetto inglese Highflyer, della stessa classe dello Hyacinth, che dopo una breve ma violenta battaglia affondò la nave corsara tedesca.

Printz Eitel Friedrich

La piccola nave passeggeri di 16000 tonnellate, varata nel 1904, si trovava a Tsingtao allo scoppio della guerra dove svolgeva il normale servizio di linea. Venne deciso di usarla come nave corsara assegnandole quattro cannoni da 105mm provenienti dalle cannoniere presenti in quella base. Partita ai primi d'agosto la nave servì all'inizio come nave ammiraglia per tutte la navi ausiliarie della squadra di crociera di von Spee, seguendone il destino fino a quando nell'ottobre del 1914 iniziò la carriera di nave corsara che la vide protagonista di una lunga e abbastanza proficua guerra di corsa, considerando anche la sua velocità massima di 15 nodi.

La crociera della nave si prolungò per diversi mesi riuscendo a catturare e affondare 11 navi di vario tipo per un totale di 33424 tonnellate, di cui alcune carboniere. La maggior parte della sua azione si svolse nell'Atlantico meridionale. L'11 marzo 1915, con la nave sovraffollata di prigionieri e con la scorta di carbone agli sgoccioli, il comandante, capitano Thierichens, decise d'entrare nel porto americano di Newport News in Virginia. Lì la nave fu internata fino all'aprile del 1917, quando, rinominata De Kalb, servì, poi, la marina statunitense come trasporto truppe. Finita la guerra tornò ad essere una nave passeggeri delle linee americane con il nome di Mont Clay per poi essere messa in riserva nel 1924 e successivamente, nel 1935, essere infine demolita.


Le navi corsare tedesche dopo il 1915

Alla metà del 1915 la minaccia ai traffici navali costituita da tutte le navi tedesche da guerra che si trovavano in mari stranieri era stata sventata: queste navi erano state o affondate o internate o autoaffondate. Ancora peggio, il blocco navale britannico serrava la flotta da battaglia tedesca (Hochseeflotte) ogni uscita dal Mare del Nord. Unico fatto positivo per i tedeschi era l'affermazione del sommergibile come arma da guerra, cosa su cui nessuno avrebbe scommesso all'inizio della guerra. I primi U-Boat erano, infatti, molto rudimentali, tanto che negli anni precedenti al 1914 i comandanti di tali unità raramente si azzardavano a portarli in immersione, ma, dopo una partenza stentata, già nel secondo mese di guerra il piccolo e misero U9 riuscì ad affondare tre incrociatori corazzati inglesi nel giro di pochi minuti. Da quel momento il valore strategico dei sommergibili non fa che crescere, soprattutto nella lotta al traffico commerciale, che, presto, in risposta al blocco inglese, diverrà totale, senza cioè alcuna restrizione sulle navi d'attaccare.

L'autonomia degli U-Boat era comunque abbastanza limitata e la lotta senza esclusioni di colpi si svolgeva principalmente nel Mare del Nord, Atlantico settentrionale e mar Mediterraneo. Solo l'arrivo dei giganteschi U-Boat oceanici riuscì a portare la guerra sulle coste degli Stati Uniti, fin dentro i loro porti. Lontani dal raggio d'azione della marina tedesca rimanevano però tutti gli altri mari, non meno importanti del Mediterraneo o dell'Atlantico settentrionale. Per coprire queste zone i comandi tedeschi decisero di mandare delle navi di superficie, vista l'impossibilità di inviare dei sommergibili in acque lontane da ogni punto d'approdo e appoggio logistico.

L'idea di mandare degli incrociatori fu presto scartata, gli incrociatori leggeri erano nati come unità esploranti e la loro scarsità d'autonomia li rendeva poco affidabili soprattutto in un momento dove le varie nazioni del globo mostravano via via una crescente ostilità nei confronti degli Imperi Centrali. Vi è da considerare anche che nessuno degli incrociatori impegnati come navi corsare sugli oceani nel 1914 fece mai ritorno in patria: quest'antefatto andava a significare che qualunque incrociatore fosse stato impiegato nella guerra ai traffici su oceani lontani era in ogni caso da considerarsi perduto, cosa difficile da accettare per l'Hochseeflotte sempre più impegnata con tutte le sue risorse nella guerra navale sui mari di casa.

Fu così deciso di armare degli incrociatori ausiliari partendo da navi mercantili la cui perdita poteva essere considerata accettabile e della, tutto sommato, buona prova data dagli Hilfskreuzer nel 1914. A differenza di quelle prime navi però le successive Hilfskreuzer furono ricavate da navi trasporto e non utilizzando navi passeggeri che, nonostante le loro buone prestazioni, presentavano un alto consumo di combustibile e inoltre erano facilmente identificabili. Al contrario una anonima nave cargo poteva riempire le stive di carbone e passare inosservata ai controlli nemici. Molte di queste navi furono modificate o addirittura costruite per la guerra di corsa e anche se non furono mai numerose riuscirono a danneggiare il traffico mercantile degli Alleati. Tra loro vi furono il Möwe, Iltis, Geier, Vineta, Vineta II, Leopard, Greif, Wolf, Wolf II e Seeadler: alcune di queste navi non ebbero fortuna ed ebbero una carriera breve, altre invece riuscirono ad eguagliare gli affondamenti effettuati dagli U-Boat; tutte queste unità però vissero dei momenti avventurosi e anche se mancarono le azioni eclatanti come quelle compiute dall'Emden o dal Königsberg non mancarono duri combattimenti con navi nemici.

Gli equipaggi di queste navi erano tutti volontari come lo erano i sommergibilisti, poiché anche se non dovevano affrontare i rischi di quest'ultimi, i marinai delle Hilfskreuzer dovevano sopportare lunghi periodi di navigazione. Gli U-Boat dovevano rimanere in missione solo per qualche settimana, molto di più i tipi oceanici, mentre queste navi corsare di superficie rimanevano in mare aperto diversi mesi, a volte anche per più di un anno. La vita sopra questi bastimenti era monotona e noiosa: per mesi i marinai non scendevano a terra navigando nelle vuote infinità oceaniche senza neppure pensare ad entrare in un porto sicuro, con nelle orecchie il ronzio continuo dei motori della nave. I comandanti di queste navi dovevano essere in grado d'inventarsi qualcosa per mantenere occupati gli uomini e tenere alto il morale. Questi ufficiali dovevano inoltre possedere un forte spirito d'iniziativa e d'indipendenza poiché tutte le decisioni dipendevano da loro sia per quanto riguarda la zona d'operazioni che per la durata della missione, senza dover dipendere da ordini superiori se non quello di catturare più navi possibili.

Questi mercantili armati sebbene non eleganti come le navi da guerra furono le navi corsare per eccellenza riuscendo a cogliere più d'un successo, in particolare quattro di loro riuscirono ad impensierire le marinerie avversarie: il Möwe, il Greif, il Wolf II e il Seeadler.

Möwe

Tra tutti gli incrociatori ausiliari della Grande Guerra, il Möwe fu quello di maggior successo per numero di navi affondate ma anche per essere sopravvissuto a due missioni oceaniche consecutive. Nell'ottobre del 1915 l'ammiragliato stava valutando l'idea d'usare dei mercantili armati per la lotta ai traffici marittimi avversari. Nello stesso periodo il Korvettenkapitan nonché conte Nikolaus zu Dohna-Schlodien (1879 - 1956) aveva ricevuto il compito di cercare un mercantile che avesse avuto le caratteristiche per essere convertito in posamine. Dohna-Schlodien aveva però progetti più ambiziosi: egli cercava un mercantile che potesse essere equipaggiato come incrociatore ausiliario per svolgere la guerra di corsa. Visitando i vari porti tedeschi Dohna-Schlodien individuò nel mercantile Pungo la nave con le caratteristiche da lui volute.

Il Pungo era di recente costruzione. Il suo varo risaliva al 9 maggio 1915. Avrebbe dovuto trasportare carichi di banane dal Cameroon alla Germania se la guerra non lo avesse bloccato nel porto di Brema. La stazza era di 9800 tonnellate per una lunghezza di 124,5 metri e una larghezza di 14,44 metri, la velocità massima era di soli 14 nodi ma questo rappresentava anche una garanzia al limitato consumo di combustibile. L'autonomia a 12 nodi era di 8700 miglia nautiche, inoltre era fornita di numerose celle frigorie utili per lo stivaggio delle provviste. La nave fu requisita dalla Marina Imperiale Tedesca e trasferita a Wilhelmshaven per la conversione a nave da guerra. Il suo ponte era abbastanza largo da ospitare quattro potenti cannoni da 150mm, mentre sulla parte finale della poppa venne installato un cannone da 105 mm, due tubi lanciasiluri furono installati uno per lato dello scafo. Nella stiva vennero immagazzinate 500 mine.

Durante il periodo di revisioni, il Pungo venne designato come Hilfsdampter 10, vapore ausiliario 10: alla fine dei lavori, il primo novembre del 1915, entrò in servizio nella marina tedesca con il nome di Möwe (Moewe), dal nome della nave oceanografica che si era autoaffondata all'inizio della guerra in Africa Orientale Tedesca. Nei mesi successivi venne reclutato l'equipaggio che, al comando di Dohna-Schlodien, fu sottoposto ad un ciclo d'addestramento intensivo. A Natale la nave fece scalo a Kiel dove ricevette l'ispezione del comandante della base navale Ammiraglio Bachmann che dichiarò l'unità pronta per il mare sotto tutti gli aspetti.

Il 27 dicembre, nel tardo pomeriggio, la nave partì per la sua prima e più fortunata crociera, non prima di aver ridipinto le sovrastrutture della nave, nascosto i cannoni e falsificato i libri di bordo, nei quali il Möwe divenne Segoland, una nave merci svedese in rotta tra Rotterdam a Bergen. Dohna-Schlodien informò l'equipaggio che la loro missione consisteva nel deporre le mine nel Mare del Nord ma tenne segreto il reale obiettivo della missione. Come scorta, per il primo tratto del suo percorso, venne assegnato al Möwe l'U 69 che avrebbe viaggiato una quarantina di miglia davanti alla nave in modo da evitargli brutti incontri. Un mare forza 8 aiutò il Möwe nel passare attraverso le maglie del blocco inglese.

Facendo rotta per le Orcadi, la nave si diresse poi verso Capo Wrath nel nord dell'isola inglese. Lì, nelle vicinanze della base navale di Scapa Flow, il Möwe incominciò la difficile operazione della posa delle mine, utilizzando un faro del luogo per mantenere la posizione nel mare in tempesta. Ben 250 mine furono posizionate sotto gli occhi delle navi inglesi di pattuglia che non sembravano dare molta importanza a quella nave mercantile ferma nel mare grosso davanti alle loro coste. La tensione dei marinai tedeschi era comunque molto alta, pronti a combattere fino all'ultimo uomo se scoperti. Per tre lunghe notti i marinai furono impegnati in questa operazione quando alla fine della posa delle mine, il comandante della nave comunicò all'equipaggio le sue reali intenzioni, gli ardimentosi marinai accolsero la notizia con grande entusiasmo, consci dell'importanza della missione loro affidata.

Il Möwe fece così rotta a sud lungo le coste occidentali irlandesi verso le coste francesi dove lasciò il resto delle sue mine alle foci della Gironda, mine che provocarono l'affondamento di due bastimenti spagnoli nei giorni successivi. L'11 gennaio alle 10 di mattina venne avvistato il fumo di un vapore al largo di Capo Finisterre. Fu solo alle 16:00 del pomeriggio che il Möwe riuscì a raggiungere questa nave, nello stesso momento un'altra nave mercantile si avvicinò all'orizzonte. Quando la nave corsara tedesca si trovò nel mezzo tra le due navi, issò la bandiera di guerra insieme al segnale di stop, rinforzato da due colpi d'artiglieria davanti alla prua di ciascuna nave, meravigliando molto gli inglesi che mai si sarebbero aspettati di essere catturati da una nave nemica in prossimità delle loro coste. La prima nave avvistata era il Farringford che trasportava rame dalla Spagna: a questo equipaggio fu ordinato di abbandonare la loro nave e di raggiungere il Möwe, mentre quest'ultima colpiva con alcuni colpi il mercantile affondandolo. Nel frattempo la seconda nave, la carboniera Corbridge cercò d'approfittare della spessa nebbia che si stava alzando, tentando la fuga, un primo colpo davanti alla prua della nave non impressionò il suo comandante, ma un altro finito sul ponte ebbe la conseguenza di fermare di nuovo la carboniera. Quest'ultima nave venne affidata ad un equipaggio tedesco e utilizzata come nave appoggio a cui venne indicato il luogo e il giorno per l'appuntamento con la nave corsara.

La sera stessa l'equipaggio ebbe la buona notizia dell'affondamento della corazzata King George VII finita sulle mine di Capo Wrath il 6 gennaio; qualche giorno dopo anche un vapore norvegese esploderà su una di quelle mine. Il 13 gennaio la carboniera Dromonby venne fermata e affondata con il suo carico destinato alle navi da guerra inglesi dislocate in America meridionale. Lo stesso pomeriggio un altro vapore venne raggiunto, l'Author. Sulla nave erano caricati quattro cavalli purosangue che si dovettero abbattere. Il mercantile poi venne fatto esplodere ma, prima d'inabissarsi, il vento spinse il relitto verso il Möwe rischiando una collisione; solo l'abilità marinara del conte Dohna evitò il peggio. Poco dopo, quando la luna era già alta, il mercantile Trader of London carico di zucchero venne fermato. Il sorpreso equipaggio venne trasferito sulla nave tedesca mentre la loro nave venne colata a picco. Il numero di prigionieri sul Möwe era ora di più di trecento.

La nave corsara si muoveva ora sulle acque dell'Atlantico centrale, sul ponte il calore del giorno era compensato solo in parte dal fresco della notte, mentre i numerosi prigionieri passavano la maggior parte del tempo in soffocanti locali posti sotto il ponte principale. Un carico di grano per la Francia venne bloccato sull'Ariadne la mattina del 15 gennaio, alcuni colpi di cannone sotto la linea di galleggiamento affondarono la nave. L'equipaggio fece appena in tempo di andare a fare colazione solo per essere interrotto poco dopo dall'ordine "tutti gli uomini in coperta", un altro grande bastimento era in vista. Si trattava della moderna e veloce nave di linea Appam che senza sospettare nulla si avvicinò alla nave corsara. Quando venne issata la bandiera di guerra e dato l'ordine di fermarsi, il comandante inglese rallentò la sua nave senza però fermarsi del tutto. Manovrando per seguire il vapore britannico, gli uomini del Möwe si accorsero che sul ponte alcuni soldati stavano mettendo in batteria un cannone sul ponte per prepararlo al fuoco. Alcuni colpi di fucileria bastarono a far cambiare idea agli artiglieri inglesi gettandoli nel panico. Alla vista di numerosi civili sul ponte della nave Dohna-Schlodien assicurò loro che sarebbero stati risparmiati; questa notizia ristabilì la calma sulla nave catturata. A bordo vi erano molti passeggeri, tra cui il governatore della Sierra Leone, in viaggio dal Senegal a Liverpool; insieme ad essi si trovavano una ventina di cittadini tedeschi, tra cui tre donne, che venivano portati in Inghilterra per essere internati: mai si sarebbero immaginati di essere liberati da una nave tedesca in mezzo all'Atlantico. Sulla nave vennero anche scoperte 18 casse d'oro che subito vennero messe al sicuro sul Möwe. La cattura della nave passeggeri suggerì a Dohna-Schlodien di utilizzarla come nave prigione per trasferirvi sopra i prigionieri insieme ai cittadini tedeschi liberati. Un cittadino tedesco, però, insistette per rimanere sul Möwe e alla fine venne accettato dal suo equipaggio.

Il giorno dopo mentre si svolgeva il trasferimento dei prigionieri un'altra nave venne avvistata: era il mercantile inglese Ariadne che venne presto affondato con le artiglierie. Quel tratto di mare posto a 120 miglia a sud ovest di Madeira era molto trafficato dai mercantili e prima di sera un'altra nave venne individuata. Nella notte i tedeschi si lanciarono al suo inseguimento: una volta raggiunta il Möwe chiese il nome al fuggitivo con le luci del proiettore. La nave replicò: "Dite prima voi il vostro nome e destinazione". Il Möwe rispose che il suo nome era l'Author da poco affondato e, visto che nella notte non si poteva verificare il tranello, la nave inglese si fece riconoscere come il Clan Mactavish di 5816 tonnellate, lasciandosi mortalmente avvicinare dalla nave corsara. Quando il Möwe si fece riconoscere con l'ordine di fermarsi il mercantile inglese tentò la fuga trasmettendo via radio una richiesta d'aiuto, nel frattempo aprì il fuoco con il cannone di poppa. Presto però i colpi del Möwe cominciarono a cadere sulla nave inglese provocando 18 morti, 5 feriti e l'arresto della nave. Dopo aver affondato la nave e seppelliti in mare i caduti inglesi, i prigionieri vennero tutti trasferiti sull'Appam. Successivamente il Möwe decise di lasciare quelle acque ormai sfruttate e potenzialmente rischiose, mentre Dohna-Schlodien ordinò all'Appam con i prigionieri di dirigersi verso il porto americano di Newport News e lì farsi internare. Cosa che avvenne il 16 febbraio.

Il Möwe alla ricerca di una nuova area operativa fece rotta verso l'Atlantico meridionale ben consapevole che ormai gli inglesi erano ormai a conoscenza della presenza di una nave corsara in Atlantico. Il 22 gennaio venne intercettata una goletta l'Edinburgh di 1473 tonnellate con un carico di riso proveniente dall'India. Il tre alberi era rimasto fermo per lungo tempo in mare aperto a causa di una bonaccia di vento, così l'equipaggio non fu molto dispiaciuto nel lasciare il veliero per la nave tedesca dove avrebbero potuto avere del cibo fresco. La notte stessa al chiaro di luna il veliero venne fatto esplodere con alcune cariche poste nello scafo. La mattina del giorno successivo l'equipaggio tedesco si apprestò a festeggiare il compleanno del Kaiser meravigliando i prigionieri che videro i tedeschi indossare le loro uniformi da parata complete di guanti bianchi. Dohna-Schlodien in un breve discorso rimarcò come la loro fosse l'unica nave di superficie attiva lungo gli oceani, esaltando il sacrificio per la patria. Tre urrà per il Kaiser conclusero la cerimonia a cui seguirono razioni di conforto extra, con abbondanza di torte, birra e sigarette.

Il 28 gennaio alle foci del Rio delle Amazzoni il Möwe s'incontrò con la carboniera Corbridge da cui fu effettuato il rifornimento. Dopo tre settimane di lavoro la maggior parte di carbone era stata trasferita. Il compito del Corbridge si era così esaurito e venne, perciò, affondato. Il 4 febbraio un'altra vittima cadde nella rete dei corsari. Questa volta era la carboniera belga Luxembourg di 4322 tonnellate di dislocamento. Non necessitando di altre navi da rifornimento la carboniera venne colata a picco. Solo due giorni dopo un'altra nave mercantile, il Flamenco, venne catturata ed affondata. Dagli interrogatori ai prigionieri si venne a sapere che alcuni giorni prima era stata fermata dal solito incrociatore leggero Glasgow che aveva avvertito il comandante della Flamenco della presenza di una nave corsara nei paraggi. La presenza di un gran numero di prigionieri sulla nave tedesca era tornata ad essere un problema, soprattutto in un clima torrido come quello equatoriale, tanto che le riserve d'acqua fresca sulla nave cominciarono ad esaurirsi. In soccorso a tale situazione arrivò la carboniera Westburn che senza sospettare nulla si avvicinò al Möwe chiedendogli di identificarsi. La risposta dei tedeschi lanciò nel panico i marinai inglesi che calate le scialuppe abbandonarono subito la nave. Quando i tedeschi salirono a bordo vi trovarono solo il comandante con il primo macchinista.

Sul Westburn vennero trasferiti i prigionieri. Nel frattempo venne avvistata un altro bastimento e subito il Möwe si lanciò alla sua caccia. L'inseguimento durò tutta la notte fino alla mattina successiva quando venne finalmente fermato. Si trattava del cargo inglese Horace da Buenos Aires a Liverpool con un carico di cotone e alcool. Nel pomeriggio di quello stesso giorno venne completato il trasferimento dei prigionieri e l'Horace affondato con cariche esplosive. Il Westburn venne inviato nel porto di Santa Cruz sull'isola di Tenerife dove i prigionieri vennero liberati e poi, sotto gli occhi dell'incrociatore corazzato inglese Sutlej, si autoaffondò, fuori dalla baia, facendo esplodere le caldaie. La notizia che navi da guerra inglesi incrociavano nel sud Atlantico convinse Dohna-Schlodien a lasciare quelle acque insalubri e fare rotta verso le Canarie. Durante la navigazione in queste acque nessuna nave venne avvistata e il tempo trascorreva lentamente senza che nulla accadesse, lontano dal'eccitazione della caccia dei giorni precedenti. Il capitano decise di occupare il tempo revisionando il motore della nave in vista del difficile rientro in patria: un'intera notte venne così trascorsa in questa incombenza.

Il 23 febbraio la monotonia fu interrotta dal cargo francese Maroni: dopo essere stato catturato fu affondato sia con le cariche d'esplosivo sia facendolo segno del tiro d'artiglieria. Due giorni dopo all'equipaggio venne comunicato con la radio che il Kaiser aveva assegnato loro 50 Croci di Ferro di Seconda Classe e al comandante la Croce di Ferro di Prima Classe. Lo stesso giorno venne fermato il mercantile Saxon Prince di 3471 tonnellate che trasportava cotone per la fabbricazione d'esplosivi. Così la nave divenne la quindicesima vittima del Möwe. Nei giorni successivi la nave corsara prese la rotta di casa dirigendosi verso le coste delle isole Faroes a sud dell'Islanda. La preoccupazione nel forzare il blocco era forte tra i marinai tedeschi, ma il mare in burrasca gli aiutò nella difficile impresa. Le navi da guerra di pattuglia avvistate in distanza non investigarono sulla vera natura del mercantile che passava sotto il loro naso. Prima di giungere in acque germaniche una flottiglia di torpediniere e cacciatorpediniere inglesi passò accanto al Möwe senza sospettare nulla.

Il 4 marzo la nave corsara giunse finalmente in patria prima di tutte le navi corsare a compiere quest'impresa. A Wilhelshaven il Möwe e il suo equipaggio furono accolti da eroi. All'ingresso della baia le gigantesche navi da battaglia tedesche diedero il benvenuto alla piccola e insignificante nave mercantile con gli uomini schierati sui ponti e le fanfare militari che intonavano Deutschland Uber Alles. Il Möwe da parte sua esponeva le bandiere delle navi che aveva affondato. Una volta a terra a tutto l'equipaggio venne concessa la Croce di Ferro mentre il conte Dohna fu invitato a Berlino dal Kaiser che gli concesse personalmente la decorazione Pour le Merite. Anche le casse con l'oro, dopo il loro avventuroso viaggio, vennero messe al sicuro nei forzieri tedeschi. Il Möwe nei successivi mesi venne revisionato e preparato di nuovo per il mare ma, per motivi di segretezza, gli venne cambiato il nome in Vineta.

Con questo nome dal giugno del 1916 l'incrociatore ausiliario effettuò tre crociere nello Skaggerak, nel Baltico e nel Kattegat ma riuscì ad ottenere un unico successo con una nave affondata. Questi insuccessi furono attribuiti dalla superstizione dei marinai al cambiamento del nome della nave, così in previsione di una prossima crociera a largo raggio gli venne ripristinato il vecchio nome.

Per preparare la nave alla difficile missione Dohna-Schlodien, ora promosso al grado di Fregattenkapitan, fece alcune modifiche alle sovrastrutture in modo da rendere più difficile al nemico l'identificazione del Möwe. Venne abbassato il fumaiolo e le due gru a prua e a poppa vennero rimosse. Alle 16:00 del 22 novembre 1916 il Möwe salpò da Whilhelmhaven per la sua seconda crociera da corsaro. La nave fece rotta verso le coste norvegesi nell'attesa del peggiorare del tempo per poter forzare il blocco navale. L'attesa non fu lunga e il Möwe fece rotta verso le Shetland con il mare grosso, evitando ogni contatto con le navi nei paraggi. Presto i tedeschi giunsero in Atlantico settentrionale. Lì il 2 dicembre i corsari fecero la loro prima vittima: si trattava del mercantile inglese Voltaire di 8618 tonnellate che venne colato a picco subito dopo aver trasferito il suo equipaggio. Due giorni dopo toccò al cargo Samland di 9748 tonnellate di stazza ad essere fermato: questo mercantile trasportava carne refrigerata di aiuti internazionali per il popolo belga che si trovava nel territorio occupato dai tedeschi, il governo tedesco era favorevole a questi accordi e il mercantile venne lasciato ripartire illeso. Il giorno 5 venne fermato il cargo norvegese Hallbjorg che trasportava tubi d'acciaio diretti in Inghilterra, sebbene la nave appartenesse ad una nazione neutrale il carico venne considerato come necessario all'industria bellica nemica e quindi l'Hallbjorg venne affondato. In breve tempo il mercantile King George con 600 tonnellate di polvere da sparo seguì la sorte del cargo norvegese. Stessa sorte tocco al Cambrian Range di 4234 tonnellate. Il traffico in Atlantico settentrionale era, allora come oggi, molto intenso e il Möwe nonostante i rischi continuò ad operare in quei mari ricchi di prede.

Il 10 dicembre il mercantile Georgic da 10077 tonnellate tentò di fuggire alla cattura e il corsaro tedesco fu costretto a colpire il ponte del mercantile uccidendo un marinaio prima che la nave ammainasse i colori e andasse a raggiungere le precedenti prede del Möwe in fondo all'oceano con il suo carico di cavalli e beni per l'esercito Alleato. L'alba del giorno dopo vide un altro cargo, lo Yarrowdale, cadere preda dei tedeschi: questa nave trasportava motori per veicoli, carbone e acciaio, tutte cose di molto valore soprattutto per l'economia degli Imperi Centrali strangolati com'erano dal blocco Alleato. Venne così deciso di affidare la nave ad un equipaggio tedesco che avrebbe dovuto portare la nave in salvo in Germania.

Anche la successiva vittima del Möwe non venne affondata: infatti la carboniera inglese Saint Theodore con 7000 tonnellate di carbone fu affidata ad un equipaggio da preda e utilizzata come nave appoggio. Sempre facendo rotta verso mari più caldi, il 18 dicembre, la nave corsara fece un piacevole incontro con il cargo Dramatist che oltre ad un carico di munizioni trasportava molto frutta fresca che riempì la cambusa del Möwe. Il 23 dicembre avvenne il programmato incontro con il Saint Theodore da cui effettuò il rifornimento. Non contento, Dohna-Schlodien decise di armare questa carboniera con due cannoni da 52mm e di utilizzarla nella lotta ai traffici nell'Atlantico meridionale con il nome di Geier.

Nella sua breve crociera da corsaro questa nave affonderà solo un piccolo tre alberi da 215 tonnellate senza trovare altre prede. Il giorno di Natale, ad un veliero francese di nome Nantes, in navigazione verso l'Inghilterra, venne guastata la festa con il suo affondamento. L'ultimo giorno dell'anno l'equipaggio del Möwe ebbe il gradito regalo di sapere che il Yarrowdale con le sue preziose merci aveva superato il blocco arrivando indenne in Germania. Successivamente questa nave venne armata come incrociatore ausiliario con il nome di Leopard, partito per una crociera di corsa nel marzo 1917 fu fermato dagli inglesi al largo delle Faroers pochi giorni dopo e lì affondato dopo un breve scontro. Il 1917 iniziò con l'affondamento del quattro alberi di nome Asnieres di 3000 tonnellate di stazza che trasportava dall'America 4000 tonnellate di grano diretto a Bordeaux. Lo Hudson Maru, dopo che fu catturato, venne invece utilizzato come nave prigione dato il sovraffollamento che si era venuto a creare sul ponte del Möwe. I rapporti con i prigionieri sulla nave corsara erano in ogni modo buoni, improntati al reciproco rispetto, diversamente dalle navi prigioni dove un ristretto numero di uomini doveva controllare centinaia di prigionieri in una situazione che a volte creava una certa tensione.

Il 7 gennaio venne affondato il cargo Radnorshire. Il 9 toccò alla carboniera Minieh che solo due giorni prima aveva rifornito l'incrociatore leggero Amethyst, dopo aver appreso questa notizia Dohna-Schlodien decide di allontanarsi e di raggiungere l'Atlantico centrale. Il 10 venne catturato e affondato il Netherby Hall. In quello stesso giorno tutti i prigionieri furono trasferiti sull'Hudson Maru che li avrebbe portati in salvo verso le coste del Brasile. La navigazione proseguì poi in un oceano deserto fino a quando verso la metà di febbraio vi fu il programmato incontro, presso l'isola di Trindade, con il Geier da cui vennero effettuate le operazioni di rifornimento in un mare molto agitato che rese ancor più complicato e difficile il lavoro dei marinai. Vista la forte usura dei motori del Geier causata dalla lunga crociera, Dohna-Schlodien, decise di smantellare la nave, considerato anche che le sue scorte di carbone erano prossime ad esaurirsi. Così, dopo aver rimosso tutto il materiale militare, il Geier venne mandato a picco il 14 febbraio dopo la sua breve carriera nella Marina Imperiale Tedesca. Il giorno dopo venne affondata la carboniera Brecknockshire con 7000 tonnellate di carbone.

Il 16 toccò al French Prince con il suo carico di carne salata e grano per Le Havre. Lo stesso giorno il Möwe venne avvistato per la prima volta da una nave da guerra inglese. Per sua fortuna si trattava dell'incrociatore ausiliario Edinburgh Castle, un mercantile armato che non aveva una velocità molto elevata. Un fortunale capitato a proposito permise alla nave tedesca di defilarsi senza troppi problemi. Qualche tempo dopo un altro mercantile, il Katherine di 3000 tonnellate con un carico di grano, venne affondato. Ormai anche questa crociera del Möwe si stava avviando alla fine e il comandante della nave decise di revisionare i motori prima di forzare di nuovo il blocco navale. L'ultima settimana venne così trascorsa nei lavori di manutenzione.

Il 4 marzo il Möwe intercettò il mercantile inglese Rhodanthe carico di zucchero che fu al solito affondato. Il giorno dopo fu la volta dell'Esmeraldas di 4491 tonnellate. Dopo aver finito il lavoro con l'Esmeraldas il fumo di un'altra nave venne avvistato all'orizzonte, subito il Möwe si avvicinò per l'identificazione e la successiva cattura. Si trattava di un grosso mercantile di 9575 tonnellate di nome Otaki. All'ordine di fermarsi questo mercantile cercò invece di sfuggire al Möwe. Non solo, a poppa venne messo in batteria un pezzo da 102mm con cui fece fuoco contro la nave corsara che a causa della vicinanza tra le due navi venne subito colpita causando la morte di cinque marinai tedeschi e il ferimento di altri 10. Subito i potenti pezzi da 150mm si misero in azione mettendo a mal partito l'Otaki che in breve andò a fondo. La maggior parte dell'equipaggio del mercantile venne salvato dai marosi ma il comandante Bisset-Smith e altri cinque marinai perirono nel combattimento. Bisset-Smith fu uno dei pochi ad avere una reazione decisa contro la nave tedesca: per questo venne proposto per la Victoria Cross.

Dopo questo scontro il Möwe fece rotta per i freddi mari d'Islanda dove, il 16 marzo, venne fermato il cargo Demerton di 6048 tonnellate con un carico di legname che subito venne mandato a fondo. Il giorno successivo è la volta del Governor che fu affondato con le artiglierie ed un siluro. I suoi prigionieri andarono ad aggiungersi a quelli già a bordo portandone il numero a quasi 800 uomini. A sud della costa islandese il Möwe fece rotta verso le Shetland per poi raggiungere la Norvegia e da lì Kiel. Per la seconda volta il Möwe compì il miracolo di rientrare sano e salvo alla base e per la seconda volta al comandante e all'equipaggio della fortunata nave vennero tributati trionfi. Il Möwe concluse la guerra come posamine nel mar Baltico.

Nella sua carriera la nave corsara affondò 38 navi per un totale di 174905 tonnellate: un valore che solo gli assi degli U-Boat potevano vantare. Alla fine della guerra il Möwe venne consegnato alla Gran Bretagna, come riparazione dei danni di guerra. Con il nome Greenbrier venne usato come mercantile fino al 1933 quando la Germania riacquistò la gloriosa nave a cui fu dato il nome di Oldenburg. La vita di questa nave si concluse il 7 aprile 1945, in acque norvegesi, quando venne affondata da bombe sganciate da alcuni aerei inglesi.

Greif

L'incrociatore ausiliario Greif non ebbe molta fortuna come nave corsara, poiché alla sua prima missione cadde prede nelle maglie del blocco navale, ma fu protagonista del più violento scontro navale che coinvolse questo tipo di navi. Varato nel 1914 con il nome Guben questa nave mercantile aveva una stazza di 9900 tonnellate per una lunghezza di 131,7 metri, la velocità massima era di 13 nodi. Mentre il Möwe otteneva i primi successi nella sua missione inaugurale venne deciso di affiancale un altro bastimento corsaro. Con lo stesso criterio venne scelto il cargo Guben che nei cantieri di Kiel subì la metamorfosi in Hilfskreuzer. Venne fornito di ben sei cannoni da 150mm sul ponte principale, più un pezzo da 105mm nascosto nel ponte di coperta, a ciò si aggiunsero due tubi lanciasiluri da 500mm, uno per lato. Per migliorare il camuffamento venne tolto uno dei due fumaioli e sulle fiancate vennero dipinte due grosse bandiere norvegesi.

Il 25 febbraio la nave ribattezzata Greif lasciò Kiel per Amburgo da dove due giorni dopo partì per il Mare del Nord, sfruttando il cattivo tempo che imperversava in quel momento. L'accompagnava l'U 70 fino a che la pioggia mista a neve fece perdere il contatto tra le due unità navali. Da parte britannica, l'Ammiraglio Jellicoe, comandante della Flotta da Battaglia (Grand Fleet), venne avvisato di un possibile tentativo da parte di una nave tedesca di forzare il blocco. Per questo fu deciso di rinforzare le unità di pattuglia nel Mare del Nord. Alle 8:45 della mattina del 29 febbraio 1916 l'incrociatore ausiliario inglese Alcantara avvistò il fumo del Greif sull'orizzonte. L'Alcantara era una nave di linea di 15831 tonnellate armato con ben 8 cannoni da 152mm e con una velocità di 17 nodi, molto superiore a quella della nave tedesca.

Il Greif cercò di fuggire verso nord est ma venne presto raggiunto dall'Alcantara che le ordinò di fermarsi, solo due colpi davanti la prua della nave tedesca convinsero il suo comandante ad arrestare la corsa del Greif. Nello stesso tempo venne segnalato al sospettoso incrociatore ausiliario inglese che era una nave norvegese in rotta da Trondheim a Rio de Janeiro. Il comandante dell'Alcantara per assicurarsi dell'identità della nave che aveva di fronte volle inviare una squadra d'abbordaggio su una barca. Nel far questo le due navi si erano però avvicinate troppo e questo costerà caro alla nave inglese. Quando la barca con la squadra d'abbordaggio era a metà strada tra le due navi, i tedeschi mostrarono il loro vero volto, misero in batteria i loro cannoni e da una distanza di meno di 400 metri aprirono il fuoco sull'Alcantara che subito venne colpita sul ponte. Immediatamente dalla nave inglese si rispose al fuoco incrementando anche la velocità per impedire al Greif una possibile fuga.

Nelle vicinanze, a sole cinque miglia, si trovava la nave inglese della stessa classe dell'Alcantara di nome Andes, che poté osservare l'azione che si stava svolgendo. Subito aumentò la velocità per portare aiuto alla gemella in difficoltà. Nel frattempo le due navi si sparavano a bruciapelo con i loro potenti cannoni i cui colpi andavano tutti a segno con effetti devastanti su navi prive di qualsiasi protezione corazzata. I cannoni di poppa del Geier vennero colpiti uccidendo la maggior parte dei serventi, un altro colpo finì nella sala macchine. La situazione era peggiorata dall'entrata in lizza dell'Andes che da una distanza di tre miglia aveva aperto il fuoco sulla nave tedesca con i suoi pezzi da 152mm.

Il Geier sfruttando la breve distanza con l'Alcantara lanciò due siluri in successione: il primo colpì la nave inglese in mezzo allo scafo mentre il secondo passò sotto la nave senza colpirla. Ma dopo poco, alle 10:22, il comandante del Geier ordinò di abbandonare la nave, ormai ridotta ad un relitto ingovernabile. In quel frangente il comandante tedesco, mentre scendeva una scala di corda dalla plancia, venne colpito da un frammento di proiettile dell'Alcantara che lo decapitò. Anche l'Alcantara dovette, però, essere abbandonata alle 10:45 e, poco dopo alle 11:02 la grossa nave inglese sparì tra le onde, insieme a 72 uomini dell'equipaggio. Il suo comandante aveva pagato il fatto di essersi avvicinato troppo ad una nave non ancora identificata.

Il relitto del Geier fu infine distrutto dall'incrociatore Comus e dal cacciatorpediniere Munster sopraggiunti intanto sul luogo della battaglia. La nave tedesca affondò alle 13:01 con la bandiera imperiale ancora sul pennone. Del suo equipaggio formato da circa 307 uomini, 187 perirono, mentre 120 uomini, tra cui 5 ufficiali, furono salvati dagli inglesi.

Wolf II

Considerati i successi del Möwe, un altro mercantile venne preso in considerazione per essere trasformato in incrociatore ausiliario: si trattava del Wachtfels di 11200 tonnellate, varato nel 1913, lungo 135 metri e largo 17,12 metri. La sua velocità massima era di soli 10,5 nodi ma il suo raggio d'azione era di ben 32000 miglia ad 8 nodi, inoltre il suo ampio ponte poteva ricevere un discreto numero di pezzi d'artiglieria pesante, consistente in 6 pezzi da 150mm e uno da 105mm, più 4 tubi lanciasiluri da 500mm e ben 465 mine nascoste nella sua capiente stiva. Non solo, alla nuova unità corsara si pensò di aggiungere un idrovolante biplano, biposto Freidrichshafen FF.33e che ne avrebbe ampliato notevolmente il raggio d'azione, anche se la sua velocità massima era di soli 119 chilometri l'ora. Era la prima volta che una soluzione del genere veniva sperimentata su questo tipo di nave. L'idrovolante venne soprannominato Wolfchen (lupacchiotto) in relazione al nome della nave.

Al comando della nave venne posto il capitano di corvetta Karl Nerger (1874-1947) trasferendolo dal suo precedente incarico di comando sull'incrociatore leggero Stettin sul quale partecipò allo scontro di Helgoland. Durante delle esercitazioni con le artiglierie lo spostamento d'aria distrusse le ali dell'aereo che dovettero essere riparate in un aeroporto. Dopo questo incidente si decise di stivare l'idrovolante in quattro compartimenti separati della stiva costruiti per l'occasione. Il 24 novembre 1916 il Wolf era pronto a partire per la sua crociera da Kiel ma fece poca strada: un incendio nel deposito di carbone pose fine prematuramente all'avventura della nave che fu costretta a rientrare alla base per le necessarie riparazioni. La partenza venne poi ritardata dalla presenza di fitti banchi di nebbia fino alla sera del 30 novembre quando le condizioni meteo erano divenute più favorevoli. In pochi giorni riuscì a passare il blocco navale senza incidenti per poi sbucare in Atlantico settentrionale. Nello scegliere la zona d'operazioni Nerger decise d'escludere l'Atlantico settentrionale, dove già imperversavano con successo gli U-Boat, per rivolgere l'attenzione sul resto dei mari, dove il nemico si sentiva più al sicuro.

Dopo aver passato lo stretto di Danimarca tra Islanda e Groenlandia, venne presa con decisione la rotta verso sud senza troppe preoccupazioni per i rifornimenti, grazie alla notevole autonomia della nave corsara. Il 27 gennaio 1917, dopo molte settimane di navigazione, tenendosi lontani da altri bastimenti, il Wolf si venne a trovare a sud del Capo di Buona Speranza: lì incappo in un convoglio inglese scortato da un incrociatore ausiliario, subito la nave corsara invertì la rotta senza dare troppo nell'occhio evitando incontri imbarazzanti. In quelle stesse acque il Wolf cominciò a deporre le sue mine al largo del Capo; Nerger ben sapeva quanto fosse trafficato quel tratto di mare in particolar modo da navi che volevano evitare i pericoli della navigazione in Mediterraneo, infestato dai sommergibili tedeschi. Successivamente altre mine vennero deposte davanti ai porti di Bombay e Colombo. Su queste mine finirono nei giorni successivi due grossi mercantili: il Worcestershire di 7175 tonnellate e il Perseus di 6729 tonnellate di stazza. Nel frattempo il Wolf si mise a coprire la rotta tra l'India e l'Africa in modo da intercettare le navi dirette a Suez. In quelle acque alla fine di febbraio venne deciso di collaudare l'idrovolante.

La mattina del 27 febbraio il Wolf avvistò quella che sarebbe stata la sua prima vittima: si trattava di una nave di nome Gutenfels appartenuta alla marina mercantile tedesca prima della guerra e requisita dagli alleati a Porto Said, più tardi il mercantile venne trasformato in petroliera con il nome di Turritella. Un colpo davanti la prua di questa nave convinse il suo capitano alla resa. Nerger decise di utilizzare la petroliera come incrociatore ausiliario equipaggiandolo con due pezzi da 52mm e cambiandogli di nuovo il nome in Iltis, in ricordo alla cannoniera su cui Nerger aveva brillantemente servito durante la guerra dei Boxer. A questa nuova nave appena entrata in servizio nella marina del Kaiser venne affidato il compito di posare 25 mine davanti il porto di Aden, cosa che fece nella notte tra il 4 e il 5 marzo prima di finire nelle grinfie del cutter Odin che, armato con 6 cannoni da 102mm non lasciò altra scelta all'Iltis di autoaffondarsi.

Mentre l'Iltis partiva per la sua ultima destinazione il capitano Nerger interrogò il comandante della petroliera che gli rivelò la presenza dell'incrociatore leggero inglese Newcastle impegnato a pattugliare quei mari. Per accertarsi della situazione Nerger fece decollare l'idrovolante. L'aereo, dopo mezz'ora di volo, comunicò alla nave che nel mare circostante non vi erano navi da segnalare, nel proseguimento della ricognizione vennero invece individuate due navi mercantili che però si trovavano fuori dalla portata del Wolf. Una volta ritornato presso la nave il Wolfchen venne recuperato. Nerger, anche se nessuna nave da guerra era all'orizzonte, decise di fare rotta verso l'Australia.

Il 1 marzo il Wolf lanciò in ricognizione il suo Wolfchen: l'aereo individuò un mercantile che successivamente venne raggiunto dalla nave corsara. Nel tentativo di bloccare la nave con il solito colpo d'avvertimento davanti la prua il cannone di babordo, a prua, esplose il colpo prima che il cannone fosse stato piazzato in batteria per il tiro, uccidendo così i cinque marinai sul ponte addetti al pezzo. Il mercantile inglese venne comunque fermato, si trattava dello Jumna da 4125 tonnellate che dopo essere stato depredato di tutto ciò che poteva essere utile ai corsari tedeschi venne mandato a picco. Lo stesso giorno vennero sepolti in mare i marinai morti nell'incidente.

Il pomeriggio dell'11 marzo il Wolf si trovava ad oriente delle isole Seychelles, quando venne avvistato il fumo di un bastimento. Venne subito mandato in avanscoperta il Wolfchen per evitare brutte sorprese. Il biplano rassicurò Nerger che si mise all'inseguimento del mercantile che una volta fermato si rivelò essere il Wordsworth di 3509 tonnellate, con un carico di riso. Alla nave inglese vennero applicate delle cariche esplosive sullo scafo, cariche che, fatte brillare, mandarono la nave sul fondo del mare. Nelle settimane seguenti il Wolf trovò l'oceano deserto rendendo inutili i voli, quasi giornalieri, dell'idrovolante. Solo alla fine di marzo venne fermato e affondato il piccolo veliero Dee di 1169 tonnellate, a 400 miglia a sud ovest delle coste australiane.

Il Wolf proseguì la sua rotta a sud dell'Australia verso la Nuova Zelanda in acque del tutto prive della presenza umana. Erano ormai più di quattro mesi che la nave era in navigazione senza toccare terra e ora procedeva verso gli antipodi, risalendo verso nord, lasciando la costa della Nuova Zelanda ad occidente. Il 23 marzo venne lanciato l'aereo in cerca di eventuali prede ma il mare a nord est della Nuova Zelanda si rivelò deserto. Quattro giorni dopo la nave corsara raggiunse l'isola Sunday a nord della Nuova Zelanda: lì l'equipaggio trascorse alcuni giorni impegnato nella pulizia delle caldaie e nella manutenzione dei motori.

Il 2 giugno venne osservato del fumo all'orizzonte: subito venne messo in mare il Wolfchen che decollò alla volta della possibile preda. La ricognizione aerea confermò che si trattava d'un mercantile. Nerger poté quindi stabilire la rotta per intercettare il bastimento. Si trattava del Wairuna di 3947 tonnellate carico di alimentari. L'equipaggio del mercantile si fece tranquillamente avvicinare dalla nave tedesca che mai si sarebbe aspettato di trovare in quelle acque così lontane dall'Europa in guerra. Cosa molto importante, a bordo del Wairuna vennero trovate 1200 tonnellate di carbone. Le due navi ritornarono sulla piccola isola Sunday e lì venne trasferito tutto il prezioso carbone sul Wolf.

Il 16 giugno entrambe le navi levarono le ancore dall'isola facendo rotta verso sud ovest. Di nuovo venne lanciato l'idrovolante per una perlustrazione che stavolta si rivelò fruttuosa. Venne infatti individuato un quattro alberi non troppo distante dalla nave tedesca che in poco tempo lo raggiunse. Si trattava della goletta Winslow da 567 tonnellate di stazza. Nerger ordinò a questo veliero di seguire la nave corsara senza fare storie. All'epoca i velieri difficilmente avevano un apparato ricetrasmittente, così non fu necessario salire a bordo della nave per impedire di usare la radio.

Il 17 giugno il Wairuna venne privato di tutto ciò che poteva essere utile ed affondato. Stessa sorte capitò al Winslow, il 22 dello stesso mese, il relitto venne abbandonato in fiamme alle correnti oceaniche. Nella notte tra il 25 e il 26 giugno il Wolf, come segno della sua presenza, lasciò un carico di mine nello stretto di Cook tra le isole del Nord e del Sud della Nuova Zelanda. Fece poi rotta verso l'Australia attraversando il mar di Tasmania, arrivando il 3 luglio presso la piccola isola di Gabo ad est della costa australiana dove lasciò alcune mine. Durante il lavoro di posa il Wolf rischiò d'essere scoperto dall'incrociatore protetto Encounter che passò oltre non sospettando nulla. Nerger tuttavia pensò bene d'allontanarsi facendo rotta a sud est in mare aperto.

Le mine lasciate ebbero comunque il loro effetto pochi giorni dopo quando il 6 luglio il mercantile Cumberland di 9471 tonnellate affondò a causa di una di queste mine. Nel frattempo anche il Wolf lasciava il mar di Tasmania, povero di prede, per l'immenso oceano Pacifico. Presto in quella nuova zona d'operazioni venne affondato a colpi di cannone il veliero americano Beluga. Un altro veliero cadde nella rete del Wolf il 15 luglio, si trattava del quattro alberi Ancore di 651 tonnellate che venne mandato a picco senza perdita di tempo. Nerger proseguì lentamente nella sua navigazione verso nord nel mare delle Nuove Ebridi; ultimamente si erano catturati solo dei velieri e la scorta di carbone andava esaurendosi; anche il cibo andava esaurendosi a causa della presenza di più di duecento prigionieri a bordo.

Il 28 luglio la radio di bordo captò un messaggio di un piroscafo diretto a Rabaul: si seppe che vi erano trasportate 500 tonnellate di carbone. Venne fatto decollare l'aereo che dopo una lunga ricognizione individuò, alle 19:45, la nave mercantile, stabilendone con precisione posizione e la rotta. Tornato alla nave, quando il sole era ormai tramontato, il Wolfchen venne recuperato dalla nave che ora si apprestava all'inseguimento. La mattina seguente il mercantile era stato raggiunto e fermato: si trattava del Matunga di 1611 tonnellate; a bordo, oltre al carbone, fu trovato del liquore destinato alla popolazione di Rabaul. Questa sorpresa migliorò sicuramente il morale dell'equipaggio i cui beni di conforto erano ormai esauriti da tempo. Non solo i marinai tedeschi trassero beneficio dall'alcool trovato sul mercantile ma anche i prigionieri poterono beneficiarne per risollevare il loro morale ben più a terra di quello tedesco. Alcuni di questi numerosi prigionieri si trovavano a bordo del Wolf già da alcuni mesi, spesso confinati in locali sovraffollati senza conoscere nulla circa ciò che riservava loro il futuro. Probabilmente nelle loro case già erano stati dati per morti, preda di qualche sottomarino o di qualche tempesta. La loro unica speranza era quella di essere liberati da una nave da guerra alleata anche se ciò avrebbe comportato i rischi di una battaglia navale dagli esiti incerti per i prigionieri.

Nerger, a differenza di altri comandanti, preferiva non liberare i marinai catturati, per non correre il rischio di rivelare la sua presenza e scatenare una caccia nei suoi confronti. Il Wolf e il Matunga si diressero insieme verso l'isola di Waigeo a nord ovest della Nuova Guinea poche miglia a sud della linea dell'equatore. Dopo una settimana di navigazione verso occidente le due navi raggiunsero una splendida baia tropicale dell'isola e lì effettuarono il trasbordo delle 500 tonnellate di carbone. In quell'isola remota e selvaggia Nerger decise di fermarsi 12 giorni per i necessari lavori di manutenzione alle caldaie e ai motori, anche lo scafo dopo mesi di navigazione in quei mari tropicali andava ripulito dalle incrostazioni che si erano accumulate. Quest'ultimo lavoro venne effettuato da palombari specializzati che si immersero giornalmente in quelle acque cristalline.

L'isola era coperta da una rigogliosa vegetazione tropicale ed era abitata da alcuni indigeni lontani anni luce dalle vicende della guerra. La notte l'isola era infestata da zanzare malariche, che rendevano agli occidentali il sonno difficile. Lasciata l'isola, senza troppi rimpianti, il Matunga venne affondato al largo della costa della Nuova Guinea. Poi il Wolf fece rotta su Singapore. Davanti al porto malese, nella notte tra il 2 e il 3 settembre, vennero posate le ultime 100 mine rimaste alla nave. Dopo quest'ultima impresa Nerger decise che era ora di fare rotta verso casa, così si diresse verso l'oceano Indiano attraverso lo stretto di Lombok.

Il 23 settembre nei pressi delle Maldive l'idrovolante venne di nuovo rimontato e lanciato in un altro volo di pattuglia. Ancora una volta il Wolfchen ritornò alla nave con la notizia dell'avvistamento di un grande cargo a portata del Wolf. Si trattava del mercantile giapponese Hitachi Maru di 6557 tonnellate che faceva rotta sul Wolf: una volta raggiunto il contatto l'incrociatore corsaro ingiunse al cargo di fermarsi immediatamente ma quest'ordine venne ignorato dai giapponesi, anzi dalla plancia del Wolf si osservò che sul mercantile si stava apprestando un cannone. Nerger diede ordine d'aprire il fuoco immediatamente e quattro colpi caddero in rapida successione sul ponte della vicina nave uccidendo 14 marinai e ferendone altri 6. Lo Hitachi Maru trasportava un carico di seta e rifornimenti vari: a bordo vi erano anche dei passeggeri tra cui alcune donne. La nave giapponese non venne subito affondata ma seguì il Wolf fino al 6 di novembre quando il mercantile venne alla fine affondato, dopo aver asportato tutto ciò che poteva essere ancora utile ai tedeschi. Durante la navigazione il biplano venne spesso mandato in perlustrazione nell'immensità del mare circostante senza trovare altre prede per la nave corsara. Nelle prime settimane di novembre però l'usura dei continui voli danneggiò la struttura del Wolfchen: un tentativo di ripararlo con la seta presa dall'Hitachi Maru non riuscì, cosi venne ritirato nelle stive del Wolf.

Il 10 novembre venne fermata la carboniera spagnola Igotz Mendi diretta alle isole Cocos con 1000 tonnellate di carbone: si trattava di una nave appartenente ad una nazione neutrale, Nerger avrebbe dovuto lasciarla andare nonostante l'impellente necessità del suo carbone. La scoperta dai libri di bordo che il prezioso carico era diretto alla Royal Navy permise al comandante tedesco di sequestrare la nave e il suo carbone che venne presto trasferito al Wolf, mentre la carboniera venne affidata ad un equipaggio da preda. Lungo la sua rotta la nave corsara incontrò il tre alberi John Kirby di 1395 tonnellate che venne subito affondato e i suoi marinari andarono ad incrementare il numero già elevato di prigionieri. Prima di lasciare l'oceano Indiano i marinai del Wolf riuscirono, con un lavoro certosino, a ripristinare l'uso del biplano riparando la tela delle ali con della lacca. Prima di passare il Capo di Buona Speranza il Wolf e la Igotz Mendi vennero verniciate di grigio militare. Una volta in Atlantico le due navi si diressero verso l'isola Ilha da Trinade al largo delle coste brasiliane. Nel tragitto, un altro veliero, il Marechal Davout, venne spedito al Dio Nettuno.

Arrivati nei pressi dell'Ilha da Trindade, il Wolfchen fu di nuovo mandato in esplorazione per accertarsi che l'isola non fosse presidiata da qualche nave da guerra nemica. La ricognizione non individuò alcuna nave nelle vicinanze, permettendo ai tedeschi di raggiungere l'isola brasiliana. Nerger decise di fare rotta a sud per esplorare quelle acque. Il 4 gennaio 1918 un ennesimo veliero venne fermato, si trattava del Storebror che sebbene di nazionalità norvegese e senza carico venne affondato. Dopo quest'ultima vittima le due navi tedesche fecero rotta decisamente verso l'Atlantico settentrionale. Ormai solo il blocco navale li separava dalla madre patria dopo tanti mesi di navigazione ininterrotta. Meno felici erano i numerosi prigionieri dei tedeschi che sentivano il pericolo d'uno scontro avvicinarsi e, nella migliore delle ipotesi, avrebbero trascorso il resto della guerra in Germania. L'ultima settimana di gennaio il Wolf e la sua preda incrociarono un convoglio composto da numerose navi cariche di truppe americane che si dirigevano in Europa, scortate da alcune navi da guerra. Nerger invece di fuggire decise di aggregarsi al convoglio spacciandosi per navi trasporto; grazie anche alla livrea grigia delle due navi nessuno sospettò l'inganno e Nerger poté usufruire della scorta statunitense contro la minaccia degli U-Boat dei suoi compatrioti che all'oscuro delle vicende della nave corsara avrebbero potuto benissimo scambiarla per una nave nemica.

Ai primi di febbraio le due navi si trovavano già al largo delle coste norvegesi, abbastanza lontane dal pericolo delle navi inglesi, ma, mentre si dirigevano a sud, in una spessa nebbia, l'Igotz Mendi finì su un basso fondo al largo della Danimarca arenandosi: era il primo pomeriggio del 21 febbraio 1918. Una cannoniera danese sbarcò i prigionieri da bordo della nave spagnola, mentre l'equipaggio tedesco rimase sulla nave fino a che non vennero soccorsi dal Wolf. La sera dello stesso giorno la nave corsara giunse infine a Kiel dopo un viaggio durato 452 giorni, quando in Germania li reputavano già morti da un pezzo, considerando l'apparizione del Wolf un vero miracolo.

In 15 mesi di crociera e oltre 100000 miglia percorse senza interruzione il Wolf aveva affondato 13 navi per un totale di 38142 tonnellate, persino il Wolfchen era ancora in perfetta efficienza, pronto a spiccare il volo. Nerger fu decorato con il Pour le Merite dal Kaiser in persona ed ebbe l'onore di marciare in trionfo alla testa dei suoi uomini per le strade di Berlino. Successivamente Nerger continuò la sua carriera nella marina militare tedesca raggiungendo il grado di contrammiraglio negli anni trenta: con questo grado partecipò alla seconda Guerra Mondiale alla fine della quale venne catturato dai russi che lo internarono nel campo di concentramento di Sachsenhausen dove morì per cause ignote. Alla fine della guerra il Wolf venne consegnato ai francesi come riparazione di guerra dove servì come mercantile con il nome di Antinous fino al 1931 quando venne demolito in Italia.

Seeadler

Il nome di questa goletta divenne famoso per essere l'ultima nave corsara a vela della storia. Già da tempo alcuni velieri erano usati come navi civetta nella lotta ai sottomarini dagli inglesi e, spesso, furono protagonisti d'epici scontri tra la nave più antica e quella più moderna di quella guerra: il più delle volte era quest'ultima ad avere la peggio nella lotta. I comandi tedeschi valutarono l'ipotesi dell'uso di un veliero nella lotta ai traffici, confortati dai risultati ottenuti dagli inglesi e soprattutto dal fatto di affrancarsi, una volta per tutte, dalla schiavitù dei rifornimenti di carburante. Uno dei maggiori sostenitori nell'uso di una nave a vela fu il tenente di vascello Alfred Kling che alla fine riuscì a convincere i suoi superiori ad armare un vascello e tentare nella difficile impresa di una crociera corsara.

La scelta della nave cadde sul tre alberi Pass of Balmaha che già allora era stato protagonista di vicende avventurose. Varato nel 1888 negli Stati Uniti possedeva una stazza di 4500 tonnellate a pieno carico per una lunghezza fuori tutto di 83,5 metri e una larghezza di 11,81 metri. Le sue vicende ebbero inizio nel giugno 1915 quando, con un carico di cotone, fu fermato da una nave di pattuglia britannica al largo Wrath che affidò la nave ad un proprio equipaggio per dirigere il vascello sulle coste scozzesi per ulteriori controlli. Ma era destino che non dovesse mai raggiungere il suolo britannico: poco dopo, infatti, il Pass of Balmaha fu fermato dall'U 36 che, preso prigioniero l'equipaggio inglese, diresse il veliero verso il porto di Cuxhaven, dove rimase fino a quando fu deciso di equipaggiarlo per la guerra di corsa un anno dopo. Il veliero fu fornito di due cannoni da 105mm, nascosti nello scafo di legno e venne aggiunto un motore diesel che permetteva al vascello di raggiungere i 9 nodi. All'interno dello scafo vennero create stanze segrete dove poter nascondere i prigionieri e le armi: l'unica difesa della nave sarebbe stata, infatti, l'inganno. Infine il veliero venne ribattezzato Seeadler.

Al comando di questa speciale nave venne scelta una persona altrettanto speciale che sarebbe divenuta nota presso gli inglesi come "Diavolo del Mare", il capitano conte Felix von Luckner. Nato a Dresda nel 1881 Felix von Luckner, nonostante i suoi nobili natali prese all'età di 14 anni la via del mare, lavorando sul veliero russo Niobe, poi come mozzo a bordo dello Yacht della Krupp; fu impiegato poi su altri velieri tra cui il britannico Pinmore. Nel 1907, uscendo dal collegio navale, entrò volontario nella Marina Imperiale dove, nel 1912, ebbe il suo primo incarico sulla cannoniera Panther. La battaglia dello Jutland lo vide al comando di una torretta della corazzata Kronprinz. La scelta di von Luckner al comando del veliero fu motivata dalla sua precedente esperienza su velieri, considerata la scarsità di dimestichezza dei marinai dell'Hochseeflotte con la navigazione a vela. Anche la personale conoscenza di von Luckner con il Kaiser lo aiutò nell'ottenere quel comando a soli 34 anni, scavalcando ufficiali più anziani di lui. Per superare le eventuali ispezioni inglesi il nome della nave venne camuffato con quello di Maleta, un vascello norvegese, la cabina del comandante venne fornita dei ritratti dei regnanti norvegesi, addirittura con l'aggiunta di quello di Edoardo VII re d'Inghilterra. Un carico di legname venne caricato nelle stive, mentre, per ingannare meglio il nemico, un uomo dell'equipaggio si travestì da donna in modo da passare per la moglie del comandante, com'era in uso sui velieri la moglie del capitano accompagnava spesso il marito nelle lunghe traversate. Per evitare di tradirsi parlando al momento dell'ispezione le venne fasciata la bocca per far credere ad un forte mal di denti.

Quando, dopo una serie di ritardi ,il Seeadler era pronto a partire si venne a sapere che il vero Maleta era partito dalla Danimarca, rendendo così pericoloso spacciarsi per quest'imbarcazione. Si decise di tentare con il nome Carmoe ma un recente giornale norvegese indicava come quest'ultima nave era stata da poco fermata dagli inglesi per un controllo. Alla fine von Luckner decise per Irma, ma altre fonti indicano nel nome Hero il nome di comodo scelto. In ogni caso i documenti di bordo vennero alterati simulando che vi era stato un allagamento della cabina del comandante. Dopo aver preso tutti questi accorgimenti, il 21 dicembre 1916, il Seeadler, tolse gli ormeggi per la sua avventurosa crociera dal fiume Weser dove era rimasto isolato, in totale segretezza, per alcuni giorni. Fece prima rotta verso le coste della Norvegia per poi, piegare ad ovest e tentare di forzare il blocco.

L'equipaggio era composto da 57 marinai e 7 ufficiali tra cui oltre a von Luckner vi era anche Alfred Kling come secondo in comando: su un equipaggio di 64 uomini ben 23 parlavano correttamente il norvegese. Due giorni dopo la partenza i tedeschi incapparono in una spaventosa tempesta che superarono a malapena; con il mare che andava a migliorare vennero fermati dagli inglesi ma riuscirono a passare il controllo grazie anche alla tempesta che fornì la scusa per i libri di bordo non troppo in ordine. Le ultime settimane di dicembre il Seeadler si trovava a veleggiare nei freddi e tempestosi mari a sud ovest della Groenlandia combattendo per tre giorni contro gli elementi e il vento contrario.

Il giorno di Natale l'incrociatore ausiliario Avenger fermò il vascello tedesco e subito venne fatta salire una squadra d'ispezione. Questa volta l'ispezione fu più lunga e accurata della precedente. Quando von Luckner si accorse che l'elica del veliero era ben in vista - all'epoca nessun veliero era dotato di motore - riuscì a distrarre l'attenzione degli inglesi a bordo del veliero, lanciando una corda verso l'Avenger con la scusa di far avvicinare le due navi. Quando gli inglesi infine se ne andarono, von Luckner scoprì che gli altri uomini dell'equipaggio che si trovavano nascosti nella stiva, ormai convinti d'essere stati scoperti, stavano preparando le cariche per autoaffondare il veliero. Pochi giorni dopo il Seeadler si trovava in nord Atlantico: convinti di aver passato il peggio i marinai tedeschi buttarono a mare il carico di tronchi svuotando la stiva. Ora potevano cominciare la caccia ai vascelli nemici. Von Luckner aveva avuto istruzioni di abbordare solo altri velieri, ma era comunque deciso di sfruttare ogni occasione. Il 9 gennaio il Seeadler incrociò un bastimento: von Luckner per avvicinarsi escogitò una trappola chiedendo al vapore un controllo cronometrico, cosa usuale per i velieri d'allora che serviva per controllare con esattezza la longitudine.

Il comandante della nave incuriosito dalla vista del bel veliero si avvicinò quanto basta per essere a tiro dei tedeschi che svelarono la loro identità. Si trattava della carboniera inglese Gladys Royle di 3268 tonnellate, che, dopo essersi ripresa dalla sorpresa, tentò la fuga a tutto vapore: se un colpo sparato davanti la prua non ebbe effetto, un colpo sul fumaiolo convinse il comandante della nave a fermarsi. Una squadra d'abbordaggio fu fatta salire sulla carboniera e, dopo averne trasferito l'equipaggio, fu affondata. Una volta tanto il carico di carbone non interessava i corsari tedeschi.

Il giorno dopo un altro bastimento, il Lundy Island di 3095 tonnellate, senza segni d'identificazione, venne a portata del veliero corsaro. La richiesta d'identificazione posta dai tedeschi venne ignorata, così von Luckner, contro ogni regola marinara, portò la sua nave a tagliare la rotta del mercantile, il quale ignorando il veliero proseguì nella sua strada. A questo punto il Seeadler issò la bandiera Imperiale e sparò un colpo davanti la prua della nave che ancora si ostinava a seminare in velocità il veliero: questa volta von Luckner fece fuoco sul cargo che venne colpito più volte finché si fermò. L'equipaggio del mercantile preso dal panico aveva già abbandonato la nave al primo colpo lasciando a bordo solo il comandante che al timone tentò di governare la nave fino a ché gli fu possibile. Il comandante inglese si chiamava Bannister e quando più tardi venne interrogato affermò che il carico di zucchero che trasportava era troppo prezioso per cadere in mani nemiche. Bannister non era alla sua prima esperienza con i corsari tedeschi, poiché poco tempo prima era stato fatto prigioniero dal Möwe: sul Seeadler si trovava lo stesso medico di bordo che aveva fatto parte di quel equipaggio. Il Lundy Island venne affondato e il veliero proseguì verso sud navigando nel mezzo dell'Atlantico tra la costa africana e quella americana.

Il 21 gennaio i tedeschi catturarono il tre alberi francese Charles Gounod di 2199 tonnellate, carico di grano. L'equipaggio fu trasferito sul Seeadler e la nave fu subito affondata. Il 24 fu la volta della goletta Perce di 364 tonnellate. Il 3 febbraio un veliero a quattro alberi, il francese Antonin di 3071 tonnellate, si aggiunse all'elenco delle vittime. Nonostante il suo tentativo di fuga il più veloce Seeadler lo raggiunse, senza l'ausilio dei motori diesel e le sue vele furono ridotte a brandelli dalle mitragliatrici tedesche. Il 9 febbraio la vittima della nave corsara fu un veliero italiano, il Buenos Ayres di 1811 tonnellate, affondato anch'esso con cariche esplosive applicate allo scafo. Dieci giorni dopo, un altro grande veliero, di quattro alberi, venne avvistato e inseguito, stavolta utilizzando il motore diesel. Una volta raggiunto, von Luckner, riconobbe subito il Pinmore, sul quale aveva navigato, in gioventù, nel lontano 1902: la nave di 2431 tonnellate trasportava un carico di grano. Secondo le memorie di von Luckner, egli con il vascello catturato raggiunse Rio de Janeiro per rifornirsi di vettovaglie. Dopo essersi ricongiunti al Seeadler il Pinmore venne infine affondato. Poco tempo dopo venne fermato il Viking, un veliero danese che, per la sua neutralità, venne rilasciato con la richiesta di non rivelare la posizione della nave tedesca.

Nella foschia del 26 febbraio venne avvistato un altro veliero inglese, il British Yeoman, che avvicinatosi per avere informazioni sulla guerra fu subito fermato. A bordo con il carico vennero trovati dei maiali e delle galline che furono subito trasbordate sul veliero tedesco dove andarono ad integrare la monotona dieta dei marinai tedeschi. Il pomeriggio dello stesso giorno un quattro alberi francese venne avvistato in lontananza: si trattava del Le Rochefoucauld, un veliero molto veloce. Von Luckner per fermarlo ricorse ad un trucco, segnalando di fermarsi per comunicare importanti notizie al vascello francese. Il Le Rochefoucauld ignaro del pericolo ubbidì, curioso di conoscere le importanti notizie. Troppo tardi il comandante francese si avvide di essere caduto in trappola. Il giorno dopo il veliero venne anch'esso mandato a picco. L'alto numero di velieri fermati si spiega con il fatto che all'inizio del XX secolo il traffico mercantile era ancora dominato da questo tipo di nave. La guerra fece strage di questi velieri, soprattutto a causa dei sottomarini, cambiando completamente il panorama delle navi mercantili alla fine del 1918. La sera del 5 marzo un vascello di quattro alberi venne avvistato in lontananza nella luce della luna e ancora una volta von Luckner ricorse all'astuzia: utilizzando i segnali luminosi disse "Fermatevi immediatamente, incrociatore tedesco". Il comandante del veliero francese Dupleix da 2206 tonnellate, pensando ad uno scherzo di un suo compatriota, si avvicinò all'incrociatore corsaro tanto da salirvi a bordo. La sorpresa dovette essere davvero tanta quando si avvide di essere caduto in un tranello. La mattina dopo la nave francese venne affondata. Il 10 marzo un'altra vittima era all'orizzonte e ancora si giocò d'astuzia. La richiesta del segnale cronometrico venne ignorata dal bastimento preso di mira, allora von Luckner ordinò di simulare un incendio sulla nave e di issare il segnale d'aiuto. L'Horngarth di 3609 tonnellate fece prua verso il veliero che pareva in difficoltà. Von Luckner per evitare che il mercantile potesse usare la radio fece far fuoco al cannone da 105mm distruggendo le antenne della nave. Successivamente l'Horngarth venne fatto esplodere con alcune cariche.

Dopo altri dieci giorni di navigazione venne catturato il veliero francese Cambronne di 1863 tonnellate. Ma, in quel momento il numero di prigionieri era arrivato a più di 200, troppi per il veliero. Von Luckner non ebbe scelta: dovette liberarli e trasferirli sul veliero francese appena catturato ma, per essere sicuro che non giungessero in porto troppo presto e scatenassero così la caccia al lento veliero tedesco, fece tagliare la parte superiore degli alberi così da ridurne la velocità. Prima di lasciarli andare von Luckner offrì un pranzo per salutare i prigionieri un'ultima volta.

Il Cambronne una volta giunto a Rio de Janeiro avvisò della presenza del corsaro in Atlantico e subito la marina inglese con l'incrociatore ausiliario Otranto e gli incrociatori Lancaster e Orbita fecero rotta a sud per intrappolare il veliero tedesco nel caso tentasse di passare nel Pacifico. Von Luckner aveva proprio questa intenzione: raggiunte le Falkland l'equipaggio del Seeadler gettò in mare una grande croce di ferro nel punto dove si era svolta la battaglia che era costata la vita a von Spee, poi il vascello si diresse verso capo Horn. Il famigerato passaggio nel Pacifico mantenne alta la sua fama nefasta e accolse i tedeschi con una furiosa tempesta che costrinse il tre alberi a fare rotta molto a sud. Questo rappresentò una fortuna perché le navi inglesi, situate più a nord, non riuscirono ad intercettare l'incrociatore ausiliario. Von Luckner, ispirato dalla tempesta, pensò bene di gettare in mare oggetti appartenenti alla nave con la scritta Seeadler insieme agli effetti personali lasciati dai prigionieri, in modo da far credere agli inglesi che il vascello corsaro era affondato. Nello stesso tempo gli inglesi, per tranquillizzare gli equipaggi mercantili, diramarono l'annuncio che la nave tedesca era stata affondata. Inoltratosi nell'oceano Pacifico il Seeadler non ebbe la stessa fortuna che in Atlantico, trovando un mare vuoto di navi. Per lunghe settimane l'equipaggio navigò nel silenzio di un oceano senza nulla all'orizzonte. In rotta verso l'isola Christmas le malattie, come il beriberi, cominciavano a colpire l'equipaggio e il morale dopo mesi di navigazione ininterrotta iniziava a risentirne.

I primi di giugno von Luckner apprese che gli Stati uniti erano entrati in guerra con la Germania. Poco dopo venne catturata la prima vittima americana, la goletta Johnson di 529 tonnellate che fu data, subito, alle fiamme. Il 14 giugno un'altra goletta di quattro alberi, il Manila di 673 tonnellate venne catturata e l'8 luglio affondata. Dopo altre settimane di navigazione infruttuosa, le necessità di cibo e acqua fresca fecero decidere a von Luckner di concedere un periodo di riposo ai suoi uomini. Per questo venne scelta una piccola isola deserta delle isole della Società, Mopelia ad occidente di Thaiti, un luogo così remoto in cui nessuno sarebbe venuto a cercarli. L'isola venne raggiunta il 29 luglio 1917. Con un diametro di soli 10 chilometri Mopelia era protetta da una barriera corallina che impediva alle navi di entrare all'interno della laguna. Von Luckner decise d'ancorare il Seeadler lungo la barriera corallina e di prendere possesso della magnifica isola tropicale. Il veliero era ancorato alla scogliera con un cavo d'acciaio mentre una forte corrente lo trascinava al largo, lontano dagli scogli.

Sull'isola i marinai trovarono ogni varietà di cibo, dagli uccelli ai cocchi e soprattutto numerosi pesci; oltre a ciò vennero scoperti tre indigeni impiegati dai francesi per la raccolta delle tartarughe. Il 2 agosto avvenne l'imprevedibile: un onda anomala raggiunse il vascello e lo scaraventò sulla barriera corallina incagliandolo. Questo accadde mentre la maggior parte dell'equipaggio e dei prigionieri stava mangiando sull'isola. Altre fonti parlano di un colpo di vento che insieme ad un ancoraggio precario causò il disastro. Il Seeadler, dopo una crociera di oltre 35000 miglia e l'affondamento di 14 navi di vario tipo per un totale di 30099 tonnellate, era ormai ridotto ad un relitto destinato a venire distrutto sulla scogliera dall'azione del mare. Ora sia i tedeschi che gli americani erano prigionieri della piccola isola.

Von Luckner, però, non si poteva rassegnare, decise quindi d'utilizzare una delle due lance di salvataggio, che non erano state danneggiate dal disastro del Seeadler, per tentare una traversata. La scialuppa di 6 metri venne equipaggiata con una vela, una mitragliatrice e provvista di viveri e acqua. Battezzata Kronprinzessin Cecilie, von Luckner e altri cinque volontari salparono il 23 agosto con l'intento di catturare un altro veliero e tornare a recuperare il resto dell'equipaggio. Il 26 agosto il piccolo gruppo d'ardimentosi raggiunse l'isola di Aitu nelle Cook, dove al governatore inglese raccontarono di essere degli americani di origine olandese impegnati in un impresa sportiva giunti lì per fare rifornimento di viveri e acqua. In quell'occasione nessuno s'insospettì, così i tedeschi poterono lasciare l'isola alla ricerca di un vascello da catturare.

Il 30 agosto, raggiunsero Aitutaki, sempre nell'arcipelago delle Cook. Qui il Residente neozelandese fu più sospettoso ma i sei navigatori lasciarono l'isola prima di suscitare un maggior interessamento da parte delle autorità dell'isola. La prossima tappa fu Rarotonga. Von Luckner raggiunse la baia dell'isola di notte, nella speranza di trovarvi una preda, ma, al posto della sospirata nave, von Luckner trovò quello che a lui sembrò nell'oscurità un incrociatore ausiliario: subito volse la prua della sua piccola imbarcazione verso il mare aperto. Infatti si trattava del Maitai che, finito in secca, non poteva certo nuocere ai tedeschi.

La piccola imbarcazione fece vela verso le isole Fiji. Il piccolo gruppo diede prova di ottime qualità marinare riuscendo nella difficile impresa di effettuare una traversata di 3700 chilometri in mare aperto, malgrado lo scorbuto che incominciava a colpire i sei marinai. Solo scalo fu l'isola di Niue dove giunsero con la bandiera Imperiale spiegata: lì ricevettero dagli indigeni provviste ed acqua fresca. Dopo 22 giorni di navigazione giunsero all'isola di Katafanga, nelle Figi orientali, dove poterono riposare per breve tempo. Ripresa la navigazione raggiunsero Wakaya esausti: qui si fecero passare per marinai norvegesi. A un ispettore di polizia di nome Hills, della vicina Levuka, giunsero voci di questi ardimentosi, si insospettì e quindi requisì il vapore Amra per raggiungere i marinai tedeschi a Wakaya. Raggiunti i marinai tedeschi, che erano nel frattempo ripartiti, ordinò loro di arrendersi bleffando di avere a bordo dei cannoni con cui aprire il fuoco. Von Luckner e i suoi compagni stanchi dopo tante vicissitudini caddero nel tranello rinunciando a difendersi con la mitragliatrice e si arresero. I tedeschi furono fatti prigionieri e, con modi bruschi, furono portati nel campo di concentramento dell'isola di Motuihe presso Auckland in Nuova Zelanda.

Nel frattempo a Mopelia i superstiti tedeschi al comando di Kling vennero a conoscenza tramite la radio che ancora funzionava della cattura del loro comandante. La fortuna venne loro incontro nella forma della goletta francese Lutee che passando nei paraggi aveva visto il relitto del Seeadler arenato sulle rocce; preoccupato, il comandante del veliero, si avvicinò all'isola per portare soccorso ad eventuali naufraghi. Kling non perse tempo e si impadronì del vascello francese, mandando il suo equipaggio a far compagnia ai prigionieri americani. Il comandante della nave Johnson prese l'ultima scialuppa rimasta del Seeadler e con altri tre marinai raggiunse Pago Pago dopo 1600 chilometri di navigazione avvisando il mondo del destino della nave corsara tedesca e dei suoi marinai superstiti. Kling ribattezzò il vascello francese in Fortuna e tentò di ritornare in patria passando per Capo Horn. La fortuna però abbandonò i marinai tedeschi il 4 ottobre quando, raggiunta l'isola di Pasqua, finirono su alcuni scogli affioranti a pelo d'acqua che mandarono la nave a picco. Soccorsi dai cileni, i valorosi marinai, vennero internati per il resto della guerra.

Nella sua prigionia von Luckner non si era ancora rassegnato a trascorrere il resto della guerra ospite degli inglesi. Il 13 dicembre del 1917, il capitano tedesco, con alcuni compagni, riuscì ad impadronirsi di una motobarca di nome Pearl, utilizzata dal comandante del campo di concentramento per i collegamenti. A tutta velocità i fuggitivi seguirono la costa fino a trovare la piccola goletta Moa da 90 tonnellate, subito fermata grazie alla mitragliatrice di cui era dotata la motobarca. Salendo a bordo del Moa, von Luckner disse all'equipaggio della goletta: "Siete prigionieri di guerra della Germania". Subito la piccola nave fece rotta verso le isole Kermadec a nord est della Nuova Zelanda dove giunse dopo cinque giorni di navigazione durante la quale la motobarca finì affondata a causa del mare grosso, con essa venne persa anche la preziosa radio che era a bordo.

Nei pressi di quelle isole il Moa venne avvistato da una chiatta che riferì alle autorità portuali dell'isola. Subito mandarono il posa cavi Iris armato di due cannoni da 152mm, ad investigare. Il 21 dicembre il Moa si trovava sull'isola Curtis del gruppo delle Kermadec dove von Luckner stava cercando d'approvvigionarsi dai depositi lì presenti, quando in lontananza si vide arrivare il vapore Iris. Il tentativo di fuga con il Moa fallì quando un colpo da 152mm esplose davanti la prua della nave, costringendo di nuovo von Luckner alla resa. Salendo a bordo dell'Iris von Luckner disse: "Avete lasciato la porta aperta, non potete incolparmi se sono uscito". Alla fine della guerra von Luckner tornò in Germania, dove incominciò a scrivere diversi libri sulla sua avventura, lasciando la marina militare per la letteratura. Nel 1925 con la sua goletta a quattro alberi Fatherland ripercorse il tragitto fatto durante la guerra accolto ovunque come un eroe, diventando cittadino onorario di San Francisco. Von Luckner durante la seconda Guerra Mondiale visse in Germania. Morirà in Svezia nel 1966.

Conclusioni

Il bilancio della guerra di corsa condotta dalle navi di superficie durante la prima Guerra Mondiale fu in larga parte negativo. Il contributo allo sforzo bellico di queste unità risultò trascurabile soprattutto se confrontato a quello apportato dall'arma sottomarina durante tutto il periodo della guerra. La guerra contro l'Inghilterra sorprese i tedeschi che si trovavano nei possedimenti coloniali impreparati, la loro unica speranza era nel successo dell'esercito impegnato in Francia che, secondo il piano Schlieffen, avrebbe dovuto portare la Germania alla vittoria in soli 42 giorni. Così non fu e sia le colonie sia le navi da guerra sugli oceani si trovarono isolati, tagliati fuori da ogni collegamento, circondati da nemici.

Il problema maggiore per le navi dell'epoca era la mancanza di basi d'appoggio necessarie per la manutenzione e soprattutto il rifornimento di carbone. Tutti i principali porti coloniali tedeschi vennero, infatti, subito bloccati, impedendone l'utilizzo ad ogni nave degli Imperi Centrali. Così, le unità da guerra dislocate in mari lontani dalla patria nell'agosto 1914 furono tutte condizionate dalle difficoltà d'approvvigionamento del combustibile necessario per mantenerle in mare. Gli incrociatori leggeri che operarono singolarmente dovevano disperatamente catturare delle carboniere per potersi rifornire, entrare in un porto neutrale per acquistare del carbone equivaleva a segnalare la propria posizione al nemico. Solo la squadra di crociera di von Spee dovette, per forza di cose, appoggiarsi al porto cileno di Valparaiso, ma egli disponeva di una potente flotta e si trovava lontano da importanti basi inglesi; inoltre il Cile, sebbene neutrale, simpatizzava per la Germania. Ben diversa la situazione in Atlantico. Anche se la flotta tedesca fosse riuscita a sfuggire alla mattanza delle Falkland, avrebbe avuto gravi problemi di approvvigionamento in un oceano completamente controllato dagli inglesi. Se una sola nave poteva sperare di poter sfuggire alla caccia nemica, ben diversamente un'intera flotta, composta da cinque navi da guerra, tra incrociatori leggeri e corazzati, accompagnati da altrettante navi appoggio, avrebbe potuto sottrarsi allo scontro con gli incrociatori inglesi. Probabilmente von Spee sarebbe incappato nella stessa sorte che incontrò alle Falkland nello stretto di Danimarca o a nord dell'Inghilterra. Sempre ammesso che fosse riuscito ad attraversare indenne tutto l'Atlantico.

Miglior sorte ebbe von Müller che con il suo Emden riuscì a catturare alcune carboniere, nel trafficato oceano Indiano, che gli permisero una fruttuosa guerra di corsa. Diversamente per il Königsberg e il Dresden la mancanza di carbone rappresentò, ancora prima delle armi inglesi, la fine operativa delle due navi. L'impiego successivo di mercantili armati risolse in parte il problema del rifornimento di carbone ma si dovette ricorrere ad un veliero per affrancarsi del tutto dalla necessità di cercare i rifornimenti di combustibile.

Un altro problema che afflisse le navi corsare nel 1914 fu la scarsità d'armamento a bordo degli incrociatori leggeri. I cannoni da 105mm a bordo di queste unità erano più che adatti a fermare i mercantili nemici ma spesso si rivelarono inadatti contro gli incrociatori leggeri inglesi il cui armamento principale era costituito da pochi pezzi da 152mm che si dimostrarono molto più efficaci dei cannoni tedeschi. Anche se di solito si trattava di soli due pezzi a bordo degli incrociatori inglesi, questi, con una gittata maggiore, riuscivano a colpire le navi tedesche fuori dalla portata dei pezzi da 105, provocando notevoli danni a bordo degli incrociatori tedeschi. A questi ultimi non rimaneva che cercare di evitare per quanto possibile lo scontro con navi nemiche diminuendone così la capacità operativa che divenne molto simile a quella degli incrociatori ausiliari il cui unico compito era la lotta ai traffici mercantili. Solo con il proseguo della guerra vennero impostati e varati incrociatori leggeri come l'Emden II e il Königsberg II, tutti armati con pezzi da 150mm portando la capacità offensiva al livello degli incrociatori leggeri inglesi. Ma queste unità, pur largamente impiegate nella lotta ai convogli nel mare del nord, non operarono mai singolarmente come navi corsare al di là del blocco navale inglese.

All'epoca dell'entrata in servizio di queste moderne navi da guerra il compito di portare la guerra sulle lontane rotte mercantili sugli oceani era egregiamente svolto dagli incrociatori ausiliari ricavati da alcuni mercantili. Rispetto alle risorse impegnate queste piccole unità navali ebbero certo un gran successo. Le poche unità navali di questo tipo riuscirono ad insidiare rotte lontane senza venire scoperte affondando un gran numero di mercantili che, navigando su rotte non minacciate dagli U-Boat, si sentivano al sicuro. Il loro numero però era troppo limitato e spesso si contava una sola nave in azione su tutti i mari in un certo periodo mentre a volte non vi era nessun incrociatore ausiliario in missione. Dopo il 1915 i mercantili armati con una certa fortuna furono solo tre, compreso il Seeadler. Probabilmente un numero maggiore di questo tipo di nave avrebbe permesso un maggior numero di successi, considerando anche la difficoltà per gli inglesi d'individuare questi mercantili armati che avrebbero potuto usare l'astuzia del Seeadler per passare le ispezioni nemiche piuttosto che ricorrere alla forza come tentò malauguratamente di fare il Greif. Le decrittazioni inglesi della Stanza 40 non ebbero la stessa importanza per gli incrociatori ausiliari come fu invece per gli incrociatori all'inizio della guerra. Queste piccole navi difficilmente ricorrevano alle trasmissioni radio per comunicare informazioni vitali ma, il più delle volte, si limitavano ad ascoltare solamente. Questo rendeva le piccole navi corsare ancora più imprendibili.

In ogni caso l'azione degli incrociatori ausiliari, malgrado i successi ottenuti, non venne mai percepita come un reale pericolo da parte degli inglesi, questo a differenza di ciò che accadeva per gli incrociatori leggeri, più per motivi psicologici che per una reale minaccia. Gli inglesi si limitarono a dare la caccia a questi mercantili armati con poche unità da guerra, questo anche perché venivano insidiate rotte tutto sommato secondarie allo sforzo bellico alleato. Se la minaccia fosse stata percepita come reale, agli inglesi sarebbe comunque bastato utilizzare la dispendiosa tecnica dei convogli sui tratti di mare più esposti, come accadde nel 1914 per causa dell'Emden o più tardi in nord Atlantico e in Mediterraneo a causa del pericolo rappresentato dai sottomarini. Sarebbe bastata la scorta di un solo incrociatore leggero a neutralizzare qualunque tentativo d'attacco di questi deboli e mal armati incrociatori ausiliari.

L'esperienza di questo tipo di nave non venne però dimenticata: ne fu fatto tesoro tanto che questo tipo di guerra venne pienamente sfruttata con successo durante la seconda Guerra Mondiale, moltiplicando i successi ottenuti nella guerra precedente. L'uso degli incrociatori ausiliari nella lotta al traffico mercantile, come si è detto, non andava ad intaccare le più importanti rotte nel nord Atlantico dove l'unica minaccia era costituita dai sommergibili, contrastati in modo sempre più efficace, dalla tattica dei convogli ben scortati da un certo numero di cacciatorpediniere.

All'interno dell'Hochseeflotte si era acceso un dibattito circa l'utilizzo degli incrociatori da battaglia nella lotta ai convogli in Atlantico. Queste potenti unità da guerra erano state realizzate per operare nel Mare del Nord a poca distanza dalle proprie basi in crociere di breve durata. Lo spazio per l'equipaggio era limitato e poco confortevole per una lunga navigazione ed anche l'autonomia era quella tipica di tutti gli incrociatori dell'epoca. L'impiego di un incrociatore da battaglia come il Derfflinger o il Von der Tann in nord Atlantico, una volta superato il blocco navale, avrebbe sicuramente bloccato i convogli per qualche settimana ma avrebbe scatenato una caccia spietata da parte della Home Fleet inglese che, alla fine, sarebbe uscita vincitrice dallo scontro, così come avvenne con la Bismarck qualche decennio dopo. Non valeva la pena rischiare un incrociatore da battaglia per un solo scopo propagandistico, considerati anche i numerosi pericoli provenienti da una missione di questo tipo, dalle mine ai sottomarini e naturalmente dalla intera flotta nemica. Questo sconsigliò l'uso di grandi navi per la guerra ai mercantili, impiegando queste unità con maggior successo nelle grandi battaglie nel Mare del Nord, compito per cui erano state costruite.

A contrastare i convogli vennero lasciati i sottomarini, compito che svolsero egregiamente, pur tra mille difficoltà e rischi di ogni genere. Il contributo alla guerra che diedero questi battelli è confermato dall'alto numero di decorazioni Pour le Mérit assegnate ai comandanti di tali unità, ben 29 contro le tre assegnate a: von Müller, Dohna-Schlodien e Nerger, comandanti di incrociatori. L'uso dei sottomarini cambiò radicalmente il modo di fare la guerra ai traffici mercantili. Meno di un anno separa la cavalleresca crociera dell'Emden in oceano Indiano dall'affondamento del Lusitania nel maggio del 1915 da parte dell'U 20. Se all'inizio della guerra gli U-Boat cercavano ancora di salvaguardare l'incolumità dell'equipaggio dei mercantili affondati con il proseguire della guerra ciò divenne sempre più difficile, causando enormi perdite di vite umane che resero questo tipo di guerra in larga parte disumana. Gli inglesi biasimarono molto questo nuovo tipo di fare la guerra ma, poi, vi si adattarono prendendo le contromisure necessarie e i sommergibilisti catturati non subirono trattamenti peggiori degli altri prigionieri.

Diversamente la guerra di corsa di superficie mantenne il suo carattere tradizionale, con una squadra d'abbordaggio che saliva sulla nave catturata a controllare il carico e i registri di bordo e con i prigionieri che venivano trasbordati sulla nave corsara prima che la loro nave venisse affondata. Questa procedura si mantenne inalterata anche con la seconda Guerra Mondiale malgrado i maggiori rischi di un epoca più tecnologica, tanto che veniva considerato un criminale il comandante d'incrociatore corsaro che non si atteneva a questi comportamenti a differenza dei comandanti degli U-Boat che non erano tenuti a rispettare una simile procedura, che per loro sarebbe stata il più delle volte suicida. A conferma di ciò vi è la storia di Helmuth von Ruckteschell, comandante di U-Boat che durante la Grande Guerra mantenne lo stesso modo di operare che durante la seconda Guerra Mondiale. Al comando dell'incrociatore ausiliario Michel, fu considerato dai suoi nemici più un pirata che un corsaro e quando alla fine venne catturato dagli inglesi fu lasciato morire in carcere nel 1947.

All'inizio della seconda Guerra Mondiale la situazione per le navi di superficie tedesche era cambiata sicuramente in peggio. I tedeschi ora non potevano più fare affidamento su nessun possedimento d'oltremare da essere, eventualmente, usato come base d'appoggio, inoltre l'arma aerea si era notevolmente sviluppata, così come le telecomunicazioni; inoltre il radar aveva fatto la sua comparsa sulle navi.

Malgrado ciò le navi di superficie tedesche conseguirono alcuni brillanti successi sugli oceani. Per la guerra di corsa vennero stavolta impiegate le corazzate tascabili giudicando non adatti gli incrociatori leggeri: questo fu un indubbio vantaggio dal punto di vista dell'armamento. Anche il problema dei rifornimenti venne affrontato in maniera più razionale, secondo un progetto elaborato durante gli anni trenta. Inoltre il blocco navale inglese si dimostrò permeabile soprattutto in prossimità dello Stretto di Danimarca. La conquista dei porti francesi portò un ulteriore minaccia ai convogli inglesi. Ma anche le corazzate tascabili soffrirono gli stessi limiti degli incrociatori del 1914. La mancanza di basi d'appoggio impediva di condurre le azioni fino in fondo: principale vittima di questa situazione fu l'Admiral Graf Spee che dopo lo scontro con ben tre incrociatori inglesi nel Rio della Plata venne costretta a rifugiarsi a Montevideo dove, intrappolata dalle navi inglesi, fu costretta all'autoaffondamento.

Rispetto i costi e l'impegno profuso su queste navi i successi si rivelarono inferiori alle aspettative. Ancora una volta il fattore psicologico era più importante della reale minaccia di queste navi e dopo la fine della Bismarck le grandi navi da guerra non vennero più impiegate in Atlantico. Il predominio aereo inglese, oltre che quello navale, in nord Atlantico dopo il 1941 rendeva troppo pericolose eventuali raid da parte delle navi da guerra tedesche che limitarono la loro azione nel Mare di Barents dove conseguirono ancora diversi successi nella lotta ai convogli diretti in Russia.

Molto più successo, in rapporto a costi e benefici, lo ebbero gli incrociatori ausiliari, ricavati da navi mercantili e affidati ad equipaggi poco numerosi conseguendo successi ben maggiori delle belle e importanti corazzate. Il loro impiego scaturì dall'esperienza della prima Guerra Mondiale, in particolare si puntò sull'inganno e sul camuffamento per passare i controlli Alleati; inoltre, rispetto alla guerra precedente il numero di queste unità era molto superiore. Dodici navi in tutto imperversarono sui sette mari. Ben otto dei comandanti a bordo di queste navi ricevette la Ritterkreuz o Croce di Cavaliere, l'equivalente del Pour le Mérit, ciò ad indicare il loro contributo nel corso della guerra.

Il 1943 vide il tramonto anche di questo tipo di unità. Con l'apparizione delle portaerei di scorta insieme con l'utilizzo d'aerei di ricognizione sempre più numerosi equipaggiati con radar sempre più sofisticati e, soprattutto, con la Germania sempre più circondata da nemici, le condizioni erano diventate insostenibili per ogni tipo di nave di superficie. Solo i sottomarini potevano sperare di ottenere ancora dei successi. Questo portò alla fine definitiva della guerra corsara di superficie e di un modo d'intendere la guerra sui mari che non potrà più esistere.

Oggi nell'era satellitare solo i sottomarini possono pensare di condurre la guerra ai traffici navali in acque nemiche, colpendo da grandi distanze con il missile o il siluro rimanendo ben nascosti negli abissi marini.

Bibliografia essenziale

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Edwin P. Hoyt Jr, Count von Luckner, McKay
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Peter Abbott, Armies in East Africa 1914 - 1918, Osprey publisching
Lowell Thomas, I corsari degli abissi, BUR
Alberto Santoni, Il primo "ULTRA Secret": le decrittazioni inglesi nelle operazioni navali della I guerra monidale, Mursia

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