La data ufficiale da cui parte la storia della moderna Aviazione Navale italiana è il 1º Agosto del 1956, allorquando viene costituito sull'eliporto di Augusta-Terrevecchie (nel comprensorio dell'attuale base navale) il 1º Gruppo elicotteri. Tutto però prende le mosse dalla fine dell'ultimo conflitto mondiale, dopo il quale grazie ai programmi MDAP (Mutual Defence Assistance Program) si cominciarono a ricevere il 16/09/1950 un primo lotto di 24 monomotori Grumman S2C-5 Helldiver da utilizzare nel contesto della lotta antisommergibili. Questi aerei vengono consegnati all'Aeronautica Militare italiana che li inquadra nell'86º Gruppo Antisom sull'aeroporto di Grottaglie, ma la medesima offerta viene fatta anche alla Marina Militare e lo stesso anno il Capo di Stato Maggiore dell'epoca si reca in quel degli Stati Uniti per valutare la possibilità di acquisire una portaerei leggera tratta dai surplus bellici statunitensi. Purtroppo i costi di gestione sono insostenibili e quindi viene deciso di rinunciare a tale opportunità, senza però dire di no alla disponibilità americana di fornire dei mezzi per ricostituire una propria componente aerea che, in attesa di tempi migliori, potrebbe benissimo operare da terra.
Nel 1950 viene di conseguenza inviato in maniera abbastanza discreta un primo nucleo di allievi piloti e specialisti presso le scuole della U.S. Navy, in particolare a Cabaniss Field (la futura NAS Corpus Christi), dove finalmente ottengono le sospirate ali durante l'Estate del 1952 compiendo anche una serie di missioni a bordo delle portaerei americane. Dagli Stati Uniti partono i primi due aerei con le ancore (codificati MMI-101 e 102) , tanto per restare in tema sempre due Helldiver, ma all'arrivo in Italia li aspetta l'amara sorpresa di venire incamerati tra quelli in dotazione all'Aeronautica Militare italiana, che in ottemperanza di una Regia legge del 1937 e l'unica che può impiegare dei velivoli militari. Per la cronaca i due velivoli decollarono dalla portaerei U.S.S. Midway in navigazione al largo delle coste francesi nel mese di Dicembre 1952, con destinazione Napoli. Al loro arrivo sulla città partenopea i piloti si presentarono all'atterraggio con i codici di chiamata "Italian Navy Gull one and two" (gabbiano 1 e 2 della Marina Italiana) e la torre di controllo non riconoscendo i nominativi radio li lasciò in volo per accertamenti. Ma il carburante residuo non permetteva di restare in aria ancora per molto ed i due velivoli sono costretti comunque all'atterraggio, venendo poi, al termine del rullaggio, circondati dai Carabinieri che avrebbero arrestato gli equipaggi per pirateria aerea se non fosse intervenuto il personale statunitense della NAS Capodichino, il quale internò i velivoli nella loro stazione in quanto ancora proprietà degli Stati Uniti e successivamente li girò all'Aeronautica Militare italiana che li codificò con le matricole 4698 e 4699 assegnandoli all'86º Gruppo di Grottaglie.
L'intera questione portò a non pochi attriti tra le tre Forze Armate italiane (anche l'esercito a quell'epoca aveva già iniziato a sperimentare l'impiego di velivoli da ricognizione come i Piper L-18), per risolvere la quale si arrivò alla famosa "legge dei 1.500 chili", che bloccava il monopolio dell'Aeronautica Militare ai soli mezzi ad ala fissa dal peso superiore a 1.500 chili appunto, liberalizzando di fatto l'impiego dell'ala rotante, sulla quale la Marina già da tempo aveva iniziato a compiere delle interessanti sperimentazioni. Per venir comunque incontro alle esigenze operative della marina si decide di costituire nel 1957 Marinavia, con l'inquadramento organico degli aerei nell'aeronautica, mentre alla marina viene attribuito il loro impiego operativo, con equipaggi formati in parti uguali da personale delle due forze armate. Da questa situazione non proprio esaltante lo Stato Maggiore Marina emanò le direttive che portarono alla realizzazione del secondo programma navale del dopoguerra. Secondo queste indicazioni, non potendo contare sulla possibilità di potenziare quantitativamente neppure sul medio termine la flotta per motivi di bilancio, si imboccò la strada dell'evoluzione di qualità che comprendeva la realizzazione di un numero tutto sommato limitato di piattaforme, ma equipaggiate con apparati all'avanguardia spesso anche innovativi rispetto allo standard navale europeo. Questo programma prevedeva la realizzazione di due incrociatori lanciamissili e portaelicotteri (Andrea Doria e Caio Duilio), due cacciatorpediniere lanciamissili (classe Impavido), quattro fregate portaelicotteri antisommergibile (classe Bergamini), quattro battelli subacquei (classe Toti) e la trasformazione dell'incrociatore Giuseppe Garibaldi in lanciamissili, oltre alla ricostruzione del sommergibile Pietro Calvi.
Se osserviamo bene dal punto di vista aeronautico le costruzioni che abbiamo elencato, non può che saltare all'occhio l'affermazione dell'elicottero imbarcato (tanto gli incrociatori che le fregate disponevano di un ponte di volo), una scelta dovuta soprattutto alla circostanza che la Marina Militare italiana non poteva disporre, come abbiamo visto, di velivoli ad ala fissa propri. Inoltre l'esito positivo del primo ciclo di valutazioni intensivo dell'uso dell'elicottero da bordo delle unità navali nel 1953, quando un elicottero AB-47 dell'Aeronautica Militare italiana realizzò diversi appontaggi e decolli su una piattaforma in legno eretta per l'occasione sulla poppa dell'incrociatore Giuseppe Garibaldi (quasi un segno del destino questo), convinse la MMI a seguire la strada delle unità navali polivalenti dotate di una componente elicotteristica fissa a bordo con le relative attrezzature (ponte di volo, aviorimessa, ecc.), dando inizio allo sviluppo di una nuova categoria di naviglio di cui l'Italia fu senza dubbio la pioniera. Teniamo anche in debito conto che la necessità di disporre di piattaforme in grado di condurre autonomamente operazioni antisom AS derivava anche dalla percezione della minaccia sempre più reale rappresentata dalla flotta subacquea dell'Unione Sovietica nel Mar Mediterraneo, dove alcuni battelli sovietici avevano iniziato proprio in quegli anni a fare la loro comparsa operando dalla base albanese di Valona. Abbiamo già accennato ai positivi risultati che furono raggiunti dalle prove di appontaggio a bordo dell'allora incrociatore Giuseppe Garibaldi, queste prove colpirono tanto profondamente l'immaginazione dello Stato Maggiore Marina che già l'anno dopo viene formalizzato all'Agusta un primo ordine per tre AB-47G , successivamente portati ad un totale di sette esemplari due dei quali sicuramente della versione più potente G-2.
Naturalmente si doveva formare il necessario personale e quindi nel 1955 (esattamente il 17/04/1955) un primo nucleo di piloti e di specialisti viene inviato presso il nascente Centro Elicotteri di Frosinone per conseguire le necessarie abilitazioni tanto al volo che alla manutenzione dei nuovi mezzi. Questo personale viene velocemente trasferito sulla base di Augusta dove sulle installazioni già utilizzate durante il Secondo conflitto Mondiale per la manutenzione dei MAS dislocati sulla base siciliana, viene impiantato il primo eliporto dell'Aviazione Navale. Fu un periodo a dir poco pionieristico, in cui i primi quattro piloti, l'ufficiale tecnico e lo sparuto gruppo di specialisti iniziarono a porre le basi per la componente aeronautica della marina , pur utilizzando una macchina che presentava decisamente dei notevoli limiti nell'impiego sul mare. I voli che venivano compiuti erano poco più che addestrativi e d'osservazione in favore delle unità navali e d'altronde più di così non si poteva fare anche perché l'unico sistema d'avvistamento che si poteva utilizzare sui piccoli elicotteri della Bell era.. il binocolo. Ciononostante questa attività fu di vitale importanza soprattutto in relazione all'ambizione della Marina Militare italiana di impiegare da bordo delle sue unità navali i nuovi mezzi, la quale intuisce per prima la potenzialità costituita dal binomio nave ed elicottero e decide che da quel momento tutte le sue principali unità saranno realizzate con un ponte di volo ed un hangar per uno o più aeromobili, una scelta in seguito imitata da tutte le marine del mondo.
Ci si rende subito conto che il piccolo AB-47G poco si adatta ad un impiego operativo in ambito navale e così già un paio di anni dopo (siamo nel 1958) arrivano sei esemplari di AB-47J , che oltre ad offrire un maggiore spazio a bordo, vennero destinati alle prime sperimentazioni di appontaggio (sia in movimento che da fermo) effettuate impiegando una bettolina ancorata nel porto di Augusta. Di lì a poco iniziarono le prime prove reali a bordo di un'unità navale della classe Bergamini (la Luigi Rizzo) in assoluto la prima unità navale ad essere dotata in pianta stabile di installazioni adatte ad ospitare un elicottero a bordo nella forma di un ponte di volo e di un hangar telescopico per il rimessaggio dell'elicottero . Siamo però sempre in presenza di un mezzo dalle caratteristiche molto limitate e soltanto nel Settembre del 1962 con l'arrivo del primo di venti esemplari di AB-47J-3 dotati di un motore più potente si poté pensare ad un impiego operativo dell'elicottero, anche perché questa particolare sottoversione dello Jota era caratterizzata da pattini molto più alti del normale standard, in grado di ospitare apparati di ricerca e armi per il contrasto subacqueo normalmente suddivisi tra due mezzi diversi, dove uno dei due AB-47J assumeva la funzione di "cacciatore", armato di siluro Mk.44 ad autoguida acustica , mentre un secondo mezzo dello stesso tipo fungeva da piattaforma di ricerca utilizzando un sistema abbastanza autarchico, composto da alcune rudimentali boe sonore e dal sistema di ascolto.
Questi primi anni di vita delle componente ad ala rotante erano pieni di entusiasmo , vuoi per la novità del mezzo ma soprattutto per la possibilità di poter nuovamente disporre di velivoli propri, da poter impiegare al di fuori delle rigide regole dettate dall'Aeronautica Militare italiana. E' un periodo in cui agli atterraggi fuori campo per avaria , magari in zone tormentate e poco accessibili , si trovano le soluzioni più disparate per il ricovero dei mezzi danneggiati, come il trasporto a dorso di.. mulo, effettivamente avvenuto in alcune occasioni. Già in quei primi anni però si faceva sentire forte l'esigenza di disporre di un elicottero in grado di unire in modo effettivo tanto al capacità di scoperta che quella di attacco, in quanto gli AB-47J non potevano essere considerati nulla più che un semplice metodo per fare pratica operativa, inoltre se prima i ridotti ponti di volo delle fregate classe Bergamini non potevano permettersi a bordo mezzi più prestanti di questi piccoli elicotteri, ora l'entrata in squadra degli incrociatori della classe Doria giustificava dei mezzi di maggiori dimensioni . Questi mezzi furono individuati (ma la scelta tutto sommato fu parecchio obbligata) nei Sikorsky SH-34 , un esemplare dei quali visitò la MariEliport Augusta nel 1958 durante un giro promozionale per i paesi della NATO e già alla fine dello stesso anno (Ottobre 1958) quattro piloti vengono inviati presso lo squadron HL-9 di base a Quonset Point per conseguire l'abilitazione al pilotaggio dell'HSS-1, acquisendo anche la Carrier Qualification dopo una settimana di imbarco a bordo della portaerei USS Tarawa. Di questi elicotteri ne arrivarono due esemplari il 10/03/1959, direttamente sbarcati nel porto di Brindisi, seguiti due anni dopo (25/02/1961) da un terzo mezzo proveniente dalle fila dell'U.S. Navy (come fotograficamente dimostrato dalla presenza della classica colorazione in grigio chiaro impiegata dalla Navy dell'epoca) anche questo della versione G utilizzabile soltanto nelle ore diurne e non ognitempo. Purtroppo però la piccola MariEliport di Augusta era dimensionata per fornire il supporto a mezzi non più grandi degli AB-47, soprattutto al riguardo delle infrastrutture tecniche e dei laboratori e quindi fu necessario il trasloco dell'intero reparto in un hangar messo a disposizione dall'Aeronautica Militare italiana sull'aeroporto di Catania-Fontanarossa e situato a fianco di quello impiegato dall'allora 87º Gruppo e dai suoi S-2 Tracker, da dove la disponibilità di un'area adeguata per gli elicotteri rendeva possibile le operazioni di volo anche ai grossi Seabat.
L'attività di volo e soprattutto la necessità di fornire mezzi imbarcati alle unità navali, ora sempre più numerose, costrinse lo Stato Maggiore Marina a porre le basi per un secondo gruppo di volo, definito provvisoriamente Nucleo 2º Gruppo elicotteri, che si caricasse dell'onere di fornire assistenza, mezzi ed equipaggi alle unità navali dotate di ponte di volo. Non passano però che un paio d'anni dall'arrivo a Catania che la nascente Aviazione Navale italiana deve subire quella che probabilmente è stata la catastrofe più grande da lei sopportata. Uno sfortunato Sabato del 1964 e più esattamente il 31/10/1964 una violenta tromba d'aria si abbatte sugli hangar di Fontanarossa. Sono le 14.30 quando una spaventosa massa nera avanza da sud verso la zona operativa dell'aeroporto di Fontanarossa. Alle case INCIS della Marina (gli alloggi del personale poco fuori l'aeroporto, N.d.R.), alcuni bambini giocano, come sempre, nel cortile. Quando notano la minacciosa massa d'aria, cominciano ad urlare impauriti e mentre i genitori fanno per aprire le finestre, violente raffiche di vento le spalancano. Qualche vetro va in frantumi mentre la colonna vorticosa si sposta spazzando via tutto ciò che incontra. Alcuni Ufficiali e Sottufficiali corrono alle automobili e raggiungono rapidamente l'aeroporto. Cinque minuti dopo varcano il cancello della zona militare di Fontanarossa , ma il dramma è già stato consumato dalle inarrestabili forze della natura, tanto che soltanto pochi minuti sono stati sufficienti a trasformare la zona operativa dell'aeroporto militare in un apocalittico cimitero di macchine volanti di vario tipo . Tutti gli hangar, tranne quello dell'87º Gruppo Antisom, sono ormai un contorto mucchio di rottami .
Gli elicotteri e le attrezzature tecnico-logistiche del 1º Gruppo e del Nucleo 2º Gruppo sono completamente devastate. I magazzini materiali speciali aeronautici non esistono più ed il contenuto è stato spazzato via dalla tromba d'aria e disseminato per tutto l'aeroporto. Otto anni di duro lavoro vanificati dalla potenza devastatrice della natura, mentre i resti martoriati degli AB-47 sono soffocati dalle strutture contorte dell'hangar miseramente accasciato al suolo. Degli imponenti SH-34G/J rimangono solo degli anonimi scheletri di motori stellari sopra le ceneri delle leghe di magnesio cremate dall'incendio provocato da uno sfortunato corto circuito . Ironia della sorte, una sezione di S-2F Tracker della Reale Marina olandese rischierata a Catania per operare con l'87º Gruppo e sfruttare così le ottime condizioni climatiche dell'autunno siciliano, è completamente distrutta dentro l'hangar dell'Aeronautica Militare italiana situato a fianco di quello dato in uso alla Marina. Dopo l'angoscia e lo smarrimento iniziale, il personale al momento presente nella base e quello accorso tempestivamente dalle case INCIS, si prodiga incessantemente per domare le fiamme e salvare il salvabile. Per tutta la notte viene raccattato, con l'aiuto di una fotoelettrica, il materiale sparpagliato per centinaia di metri. L'operazione va avanti per diversi giorni e da buoni frutti, ma purtroppo mancano i locali idonei a rimetterlo in ordine e conservarlo.
L'AMI offre generosamente l'uso di metà dell'hangar dell'87º Gruppo e così con una squadra di improvvisati carpentieri si riesce a costruire con materiale di fortuna circa 60 metri di box all'interno dell'unico hangar rimasto intatto. Il morale del personale è a terra, ma di li a pochi giorni Stato Maggiore Marina decide di costruire con procedura d'urgenza una nuova zona operativa, due hangar e infrastrutture logistiche, nel nuovo sedime aeroportuale assegnato alla Stazione Elicotteri, a sud della pista di Fontanarossa. Il periodo pionieristico della componente aerea della Marina si conclude definitivamente con il disastro causato dalla tromba d'aria. L'era moderna, in perfetta sintonia con il progresso tecnologico, comincia proprio da quello sfortunato sabato di Ottobre del 1964.
Nota. Per molto tempo sono stati contradditori i dati relativi agli elicotteri distrutti a Catania dalla tromba d'aria e mentre per la linea AB-47G e J le effettive perdite sono note da tempo, per i grossi Seabat si è sempre fatta un po' di confusione. Alcune fonti dicono 6, altri 8, parecchie citano un esemplare recuperato ed altre uno salvato perché in revisione in Belgio, ma quali furono le perdite reali? Vediamo di fare un po' di ordine. Come abbiamo potuto leggere tra le righe del servizio, i primi due elicotteri della serie "G" arrivarono nel 1959 (serial 80163 e 80164), un terzo mezzo, anch'esso un SH-34G, arrivò nel 1961 ed aveva il serial 80237. Tutti e tre provenivano direttamente dalle fila dell'U.S. Navy o perlomeno erano stati ordinati per tale aviazione e poi (i primi due) dirottati direttamente agli italiani. Questi elicotteri vennero codificati inizialmente 21 , 22 e 23 . Seguirono poi sei esemplari di HSS-1N (SH-34J, ovvero la versione ognitempo) con serial da 149082 a 149087 e costruiti in conto MDAP direttamente per la Marina Militare italiana. Questi vennero codificati dal 24 al 29 e successivamente, con l'introduzione della nuova codifica, furono immatricolati da 4-04 a 4-09. Vennero poi consegnati altri due elicotteri sempre via MDAP (portando il totale ad undici) e con serial 150821 e 150822, codificati in sequenza 4-10 e 4-11, come evidenziato da alcuni documenti fotografici ripresi pochi mesi prima della Tromba d'Aria. A questo punto al momento della catastrofe erano in servizio dieci Seabat su un totale di undici consegnati (l'esemplare 4-03 serial 80237 era andato perso in un incidente di volo), dei quali rimasero integri gli esemplari 4-04 (MM149082) e 4-05 (MM149083) perché imbarcati, mentre il 4-10 (MM150821) rimase danneggiato sotto il secondo hangar in maniera talmente estesa da costringere ad un lavoro esteso ricostruzione da parte della SABCA belga e venendo poi ricodificato 4-03 dopo il ritorno in linea, per non lasciare buchi di numerazione tra questo mezzo ed i rimpiazzi arrivati frettolosamente dagli Stati Uniti. Risultarono quindi completamente distrutti sette SH-34 (serial 80163, 80164, 149084, 149085, 149086, 149087 e 150822) ed uno parzialmente e comunque in grado di essere ripristinato in condizioni di volo. Subito dopo la catastrofe furono consegnati dagli Stati Uniti i tre "Calimeri", ovvero esemplari di SH-34G strippati delle apparecchiature antisom e destinati come HeloSAR sulle portaerei dell'U.S. Navy. Questi mezzi (serial 143899, 143940 e 143949) presero la codifica da 4-06 a 4-08 e rimasero in servizio per poco tempo in quanto non considerati allo stesso standard degli altri esemplari e perché provati da un'attività molto intensa (con l'U.S. Navy). Essi vennero affiancati ed in seguito sostituiti da altri sei elicotteri SH-34J nuovi di fabbrica (dal serial 153617 a 153622) codificati da 4-09 a 4-14.
Nota: tutte le
immagini relative a questo articolo sono ospitate su
icsm FOTO.
RIPRODUZIONE RISERVATA ©