It.Cultura.Storia.Militare On-Line
invia stampa testo grande testo standard
Bookmark and Share
[HOME] > [icsm ARTICOLI] > [Documenti Italiani: Storici]
Dottrina di guerra navale. Contrammiraglio Guido Po
[torna indietro]
da it.cultura.storia.militare: 15 Marzo 2003 by Diego Brozzola

A corollario dei post di Marco S. e di Michielazzo di qualche tempo fa sulla Regia Marina diatriba Cannone-Aereo e sulle scelte effettuate mi sono imbattuto in questo testo che posto integro nella due parti finali - "La dottrina attuale" e "Conclusione", redatto dal contrammiraglio Guido Po - per la SIPS (Società italiana per il progresso delle scienze) - pubblicato a febbraio del 1940.

"La dottrina attuale.

La nostra dottrina attuale è basata essenzialmente sul riconquistato valore e prestigio della corazzata e sull'impiego dei sommergibili, non isolatamente, ma per gruppi. Sulla corazzata, molto è stato scritto e discusso: nel caso nostro intendiamo riferirci a quella unità che applica in massimo grado il principio del concentramento su uno stesso scafo, di un elevato potere offensivo e difensivo. Si ritorna in sostanza al principio applicato in tutti i tempi della guerra sul mare, nell'epoca remica, velica, e del vapore. Ma durante la Grande guerra è accaduto che tutte le Marine si siano trovate a possedere corazzate sfasate rispetto ai progressi raggiunti dai sommergibili e dagli aerei; le corazzate infatti erano in quel momento vulnerabili e quindi non rispondevano al principio da noi enunciato e cioè del concentramento su uno stesso scafo di forte potenza offensiva e difensiva. Se quella offensiva era eccellente, quella difensiva risultava inadeguata a competere con le altre due minacce citate e cioè degli scoppi subacquei e delle bombe cadute dall'alto. Di qui la sfiducia allora giustificata, verso la corazzata il cui impiego durante la Grande guerra, fu circondato da molte cautele. Nacque cosi nel dopoguerra il contrasto fra i sostenitori ed i denigratori della grande nave da battaglia. Ma il dibattito è stato rapidamente troncato allorchè la tecnica costruttiva ha dimostrato di essere in grado di costruire scafi ad alto potere difensivo, cioè capaci di resistere agli effetti distruttivi delle offese subacquee e di quelle aeree.

Come è stato possibile ottenere ciò? Con un doppio ordine di provvedimenti: in primo luogo costruendo un secondo scafo interno al primo contenente gli organi più importanti della nave e capace di resistere alla invasione delle acque e secondariamente rinforzando la protezione orizzontale dei ponti. La cosa così enunciata appare assai semplice : ma in realtà è frutto di studi e prove geniali e pazienti sui quali la teoria e la tecnica sono state sfruttate al massimo grado. Abbiamo così potuto ottenere una unità che su 35 mila tonnellate di dislocamento, oltre 13 mila tonnellate sono dedicate alla corazzatura verticale ed orizzontale. Essa è dotata di un armamento principale di calibro elevato, di una compartimentazione stagna sicura, e di una forte velocità, qualità questa molto preziosa sia dal punto di vista tattico che strategico. L'Italia sta approntando un conveniente nucleo di naviglio corazzato il quale dovrà evidentemente difendersi dagli attacchi delle moderne e perfezionate armi: ma esso è perfettamente idoneo e preparato a ciò. Per cui è positivo che esso sarà impiegato con criteri offensivi, e col proposito di sfruttare a fondo le sue caratteristiche per il conseguimento degli scopi prefissi.

è in sostanza li concetto del rischio, enunciato dal DUCE al Senato il 30 marzo 1938 in questi termini: "A coloro che dissertando di strategia, avanzano l'ipotesi che anche nelle guerre future le navi da battaglia rimarranno vigilate nei porti, come durante la Grande guerra, io rispondo che in Italia ciò non avverrà; non è questione del costo delle navi; è questione della tempra degli uomini e degli ordini che riceveranno." Quando una Nazione ha la ventura di possedere un Capo che emana simili ordini, il successo non può mancare.

" "Conclusione. La dottrina operativa della Marina fascista deriva anzitutto dal teatro di operazioni in cui l'Italia dovrà agire, teatro che nei riguardi dei possibili avversari si presenta indubbiamente a noi favorevole. La nostra posizione centrale in determinate circostanze ci consentirà di operare per mari interni contro avversari situati ai due estremi del Mediterraneo : di qui scaturisce il tipo di flotta a noi più conveniente, le caratteristiche e la dosatura dei vari tipi di navi. L'Italia ha avuto cura di allestire una flotta armonica, equilibrata: non poteva essere costituita soltanto di forze leggere e subacquee secondo la concezione di una scuola ormai superata; il grosso deve essere costituito dalle corazzate che con il peso della loro massa "ci assicurano un predominio di forza sulle zone di mare che più ci interessano e in periodi di tempo di cui sarà necessario usufruire della libertà di movimento di esse". Ma è ovvio che le sole corazzate noli bastano per tutti i compiti della guerra marittima. Anzitutto bisogna pensare alla necessaria integrazione dei mezzi e degli apprestamenti di difesa attiva e passiva di cui dispongono le moderne corazzate; ai servizi di esplorazione e di riconoscimento (ad integrazione di quelli già preziosi dell'arma aerea) alla vigilanza sugli speciali settori, alla protezione del traffico marittimo, alla caccia contro i sommergibili, all'attacco delle linee di comunicazione nemiche : per la esplicazione di tutti questi compiti occorrono navi adatte. Così gli incrociatori saranno specialmente adibiti alle azioni contro le linee di comunicazione degli avversari, alla difesa del nostro più importante traffico marittimo, al riconoscimento ed all'azione controffensiva. I cacciatorpediniere, quelli più moderni, si prestano egregiamente per la scorta delle forze navali principali ed alla cooperazione offensiva delle stesse. I cacciatorpediniere antiquati invece saranno adibiti alla scorta dei convogli. Infine le torpediniere ed i Mas esercitano la vigilanza su particolari zone di mare ristretto, mentre per la caccia ai sommergibili esistono navi appositamente attrezzate. Quanto ai sommergibili, di cui l'Italia può oggi vantare il primato qualitativo e quantitativo, il loro impiego sarà effettuato per gruppi organicamente costituiti ed impiegati.

In sostanza si tratta di abbandonare il vecchio concetto dell'impiego isolato e sporadico del sommergibile ed adottare invece "l'impiego di sbarramenti mobili di numerose unità operanti in stretto collegamento fra di loro e manovrati in relazione alla flotta di superficie". Questa nuova forma di impiego se promette specialmente nelle zone ristrette e di passaggio obbligato un buon rendimento, richiede però: grande abilità negli equipaggi e perfezione dei congegni atti a potenziare la capacità percettiva dei sommergibili ed assicurarne le indispensabili comunicazioni fra le unità immerse e quelle naviganti alla superficie; consentire la esecuzione del lancio del siluro a forti profondità ed anche senza la visione del bersaglio. Da ciò deriva la necessità di eccellenti qualità manovriere, elevata velocità alla superficie, armamento di siluri veloci e di lunga gittata, ma più che tutto eccellenti doti nei Comandanti ed equipaggi. Quindi al sommergibile italiano è riservata una funzione di collaborazione stretta con le forze di superficie in misura così elevata e nuova, da costituire una prerogativa destinata probabilmente a designare un'epoca storica nella dottrina della guerra marittima. Questo impiego collettivo di sommergibili non può ne deve peraltro escludere la classica funzione del sommergibile nella guerra contro il commercio in mare aperto, guerra che potendo essere esercitata a grandi distanze, rappresenta il mezzo ideale per attirare aliquote notevoli di forze avversarie, ad operare una desiderata diversione: quindi dispersione di forza avversaria.

Ma poca cosa sono le armi e gli apprestamenti bellici senza che siano sorrette dalla capacità, dal sentimento, dal carattere e sopratutto dallo spirito degli uomini destinati ad impiegarle. La preparazione dei Comandanti e degli equipaggi designati alle unità complesse e singole, frutto di una dura tenace scuola, felice connubio fra la coltura e la pratica, è severamente curata dalla nostra Marina. Questo affinamento, attraverso l'esercizio sul mare, delle doti di coloro che hanno l'onore e l'onere del comando, porta di conseguenza ad un perfezionamento degli equipaggi ed alla indispensabile comprensione, coesione e fiducia fra il Comandante e gli esecutori; scaturisce così quell'organismo potente, capace di un rendimento eccezionale per il quale la valutazione quantitativa delle forze in contrasto ha un peso relativo.

Questa è nella sintesi la dottrina operativa della Marina fascista, che non è fine a se stessa, ma si integra e si completa nel quadro del- l'impiego delle altre forze armate della Nazione, oggi per fortuna d'Italia congiunte in un unico fascio, ed affidate nelle sicure mani di un Capo."
[HOME] > [icsm ARTICOLI] > [Documenti Italiani: Storici]