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Relazione sulla battaglia degli Chotts (5-6 Aprile 1943)
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COMANDO 1a ARMATA

     RELAZIONE SULLA BATTAGLIA DEGLI CHOTTS (5-6 APRILE 1943)

     1. - La battaglia di Mareth-el Hamma, del 17-31 marzo, pur costituendo un autentico innegabile successo delle nostre armi, per l'impegno stesso con cui le nostre truppe s'erano lanciate nella lotta senza mentali riserve di sacrificio, era costata perdite dolorose: 16 battaglioni, 31 batterie per due terzi italiane. è anche noto che a determinare tale cifra aveva concorso, in parte, la gravissima deficienza di automezzi per il trasporto delle truppe del settore di el Hamma, dove s'erano perdute anche le suddette batterie, mentre sulla linea di Mareth non era stato lasciato ne' un proietto ne' un cannone. Si aggiunga che nel corso della battaglia o immediatamente dopo il raggiungimento della linea degli Chotts il Comando Gruppo Armate, per parare agli sviluppi degli attacchi nemici sul fronte ovest ed in particolare alla sella di el Guettar, aveva sottratto, oltre la 21" divisione corazzata, 3 battaglioni ed 8 batterie.
     Così, al 31 marzo le forze organiche dell'Armata registravano una diminuzione di efficienza complessiva pari a 19 battaglioni e 39 batterie: vuoto grave in relazione ai nostri scarsi effettivi e ch'era impossibile colmare prima del nuovo attacco nemico che si andava delineando molto prossimo.
     Le posizioni della linea degli Chotts, per mancanza di materiali di rafforzamento, di mine, di mano d'opera, di attrezzature e di tempo, avevano raggiunto un grado di approntamento non tanto modesto quanto addirittura insufficiente; nel quadro dei lavori un paragone con la linea di Mareth non è neppure fattibile: alle 150.000 mine colà impiegate facevano riscontro le 8.000 della linea degli Chotts, dove, inoltre, solo qualche rada siepe di filo spinato proteggeva limitati tratti dei settori, incaricati di difendere i pochi tratti di fosso controcarri, affrettatamente scavati. Questo inadeguato sviluppo dei lavori, mentre da un lato si ripercuoteva negativamente su tutto il complesso della sistemazione difensiva, incideva, dall'altro, anche sullo schieramento delle truppe; tratti di linea che in base a lavori di rafforzamento completi, avrebbero potuto essere solamente sorvegliati, assorbivano, invece, truppe ed armi per una occupazione più consistente che desse almeno un minimo di tempo per lo sviluppo dei contrattacchi.
     Una lacuna delle più gravi, assolutamente incolmabile, si aveva nell'ambito dei collegamenti: l'Armata non solo non ha mezzi di collegamento idonei per la guerra di movimento, ma neppure quantitativamente e qualitativamente sufficienti per quella posizione. A Mareth questa deficienza s'era fatta sentire meno, in quanto era stato possibile ripristinare con pochi lavori l'estesa rete permanente francese; sugli Chotts scarsa era la rete preesistente e più scarsi erano i mezzi per i riattamenti che il bombardamento aereo e quello dell'artiglieria nemica avrebbero reso indispensabili; l'azione di comando fino ai minori reparti (dalle fronti necessariamente molto estese) ne risultava intralciata da mille difficoltà; particolarmente arduo risultata l'impiego manovrato dell'artiglieria che a Mareth era stato perfetto.
     Se a tutte queste manchevolezze di carattere organico-tattico si aggiungono quelle particolarmente gravi di carattere logistico (deficienza sempre più marcata di dotazioni, di munizioni, di autocarri che si consumano senza reintegri), se si aggiunge che la nostra aviazione sempre più raramente si mostra nei cieli dalla Tunisia, devesi ammettere che la 1a Armata s'andava avviando alla battaglia degli Chotts in una situazione materiale oltremodo pesante.
     Ma le truppe, cui tali deficienze non potevano sfuggire perché ogni deficienza è per esse un aumento di sofferenze, si apprestavano a battersi con fredda determinazione e con ostinata tenacia.

     2. - Alle truppe nemiche entrate in combattimento, la battaglia Mareth-el Hamma è - per loro stessa confessione - costata molto più che a noi. Ma poiché il rapporto di forze fra l'8a Armata e la nostra non è neppure fattibile (al 5 aprile contro 450 carri inglesi noi possiamo contrapporne appena 16) il nemico non ha ragione di indugi per ulteriori potenziamenti. Esso dispone di alcune divisioni (in particolare 1a e 7a corazzate) che hanno solo sfiorata la precedente battaglia: gli basterà il tempo appena necessario a riprendere le forze alla mano, a predisporre gli osservatori per l'impiego d'artiglieria, ad eseguire i necessari sondaggi alle nostre linee, per poter concentrare lo sforzo nel settore che riterrà più delicato: quello fra la testata dell'Akarit e la strada Gabès-Gafsa. Analoga valutazione, per parte nostra ha fatto personalmente il Comandante dell'Armata, il quale, non pago d'aver dosato in relazione a tale delicatezza lo schieramento delle divisioni, ancora alla vigilia della battaglia, accosta a tale settore tutte le magre riserve disponibili: 361º reggimento germanico (su 2 battaglioni) al limite di settore fra "Pistola" e "Spezia", 200º reggimento germanico (su 2 battaglioni) al limite di settore fra "Spezia" e "Trieste", mentre è già stato disposto lo spostamento della 15a divisione corazzata germanica (rimasta con 16 carri) verso la zona del Garaet Fatnassa a tergo ed in mezzo alle suddette riserve; nonché quello della 164a divisione germanica, da un settore di minore importanza verso quello della "Spezia" che si ritiene fondamentale.
     L'attacco nemico s'inizia circa le ore 23 del 5 corrente con una imponente preparazione d'artiglieria eseguita da oltre 500 bocche da fuoco molto mobili, per la maggior parte medi calibri da 114 e da 152, che il nemico, grazie alla loro mobilità, ha accostato al fronte all'ultimo momento mantenendone, però, lo schieramento fuori della offesa delle nostre artiglierie notoriamente fornite di gittata minore e scarsamente munizionate.
   Di colpo la R.A.F. estende l'azione di fuoco in profondità acquisendo e mantenendo l'assoluta padronanza del cielo per tutto il corso della battaglia.
     Appoggiate da questo apocalittico uragano di ferro e di fuoco le fanterie britanniche muovono all'attacco dell'intero settore superando di slancio con gli elementi avanzati il fosso controcarri fra la testata dell'Akarit ed il Gebel Roumana, infiltrandosi in direzione del Gebel el Meida e del Rass ez Zouai; genieri d'assalto nemici vengono subito autoportati fin presso i tratti di fosso controcarri che tentano rapidamente di colmare per dar passaggio alle brigate corazzate già avviate sulle direttrici prescelte. La reazione delle nostre truppe in posto è immediata mentre i Comandi più arretrati, rimasti assolutamente privi di collegamenti faticano (a mezzo ufficiali inviati nelle varie direzioni) a formarsi un quadro esatto della situazione contingente. Tuttavia man mano che l'azione nemica procede e s'intensifica, risulta chiaro che il nemico, a prezzo di perdite costose (ne fanno fede le sue comunicazioni r.t.) è riuscito a guadagnar terreno e ad occupare la q. 275 del Rass ez Zouai, a porre piede sul Gebel el Meida e a costituire una sacca pericolosa sul fronte della divisione "Trieste" fra Gebel Roumana e testata dell'Akarit.
     Viene disposto per l'impiego delle riserve d'Armata là dove il nemico ha fatto maggiori progressi: il 361º reggimento germanico, in unione ad aliquote della divisione "Pistoia", riconquista di slancio la q. 275 e rida' consistenza a tutta la nostra sistemazione difensiva fino al Meida; il 200º reggimento germanico con la 15a divisione corazzata rigetta oltre il fosso controcarri le fanterie nemiche tra Roumana e testata dell'Akarit distruggendo in pari tempo tutti i carri nemici che gli Inglesi sono riusciti a far passare a prezzo di sangue. è evidente che il nemico in questo momento attraversa una crisi: lo si rileva da una comunicazione del comandante la 51a divisione di fanteria inglese, che, portatesi sulle prime linee, chiede "una revisione di piani prima che tutto volga alla malora". Ma il comando d'Armata non ha più forze da lanciare nella battaglia quantunque abbia già audacemente ordinato lo sgombero di tutto un settore non impegnato per ricuperare i resti della 164a divisione germanica, ridotta alle proporzioni di 3 battaglioni con 3 (leggasi 3) pezzi di artiglieria.
     Nel tardo pomeriggio il nemico rinnova i suoi attacchi concentrando lo sforzo nel settore della "Spezia" fra Gebel Roumana e Gebel el Meida; i nostri reparti lottano disperatamente contro le brigate motorizzate nemiche che ricevono l'appoggio dei primi nuclei di carri e quello di tutte le artiglierie, mentre i nostri pezzi stanno esaurendo paurosamente le ultime munizioni.
     A sera, dopo che son giunti all'Armata una quarantina di carri della 21a divisione corazzata, messi a disposizione dal Comando Gruppo Armate, la situazione sulla fronte è la seguente. Il XXI Corpo d'armata è in saldo possesso di tutte le sue posizioni. Il XX Corpo d'armata mantiene intatte le posizioni delle divisioni 90a tedesca e "Giovani Fascisti" (alla quale sono stati però sottratti due battaglioni); ha ripristinato per intero le posizioni della divisione "Trieste", dove la lotta è stata durissima ed è costata d'ambo le parti perdite gravi; non ha potuto ripristinare il fronte della "Spezia" fra q. 6l a nord ovest del Gebel Roumana e la q. 152 a nord del Gebel el Meida dove un tentativo di contrattacco, effettuato con i carri della 21a divisione sopra menzionata, per mancanza di fanteria che ne consolidassero il successo, non ha raggiunto lo scopo. La "Spezia" dopo ore ed ore di lotta è praticamente annientata: suoi nuclei tengono ancora qua e là con disperata tenacia.
     Il nemico in una giornata campale, che ha messo a dura prova le sue truppe migliori, ha registrato un limitato successo tattico che visto nelle sue proporzioni reali consta di una penetrazione di circa 2 km. sopra un fronte di 3. Ma, per le precarie condizioni dell'Armata in ogni campo, per il gravare come una cappa di piombo della situazione strategica complessiva (il nemico rinnova attacchi in ogni settore della Tunisia), per la mancanza di riserve di qualche consistenza, per l'esaurimento quasi completo delle munizioni, massime presso le artiglierie tedesche, il Comando Gruppo Armate decide il ripiegamento dalle posizioni degli Chotts alla linea della Skirra-Sebka di en Noual-Gebel. Tale decisione, che risulta essere stata presa dal Comando Gruppo Armate fino dal mattino, viene comunicata al Comando di Armata soltanto alle ore 20 ingenerando gravi difficoltà per la comunicazione degli ordini relativi ai reparti impegnati e per il tempestivo avviamento degli automezzi specialmente al settore occidentale più lontano dalle vie di comunicazione.
     Questo è il bilancio della battaglia nella quale le nostre truppe hanno profuso tesori di energie e di valore lanciandosi nella lotta senza tentennamenti e senza riserve mentali così come era stato ordinato; ne fanno fede le comunicazioni radio nemiche intercettate, dalle quali si apprende che nuclei di forze italiane e tedesche tagliate fuori, rimaste prive dell'ordine di ripiegamento, si battevano con accanimento ancora alla sera del 7 corrente su quelle posizioni ch'erano state affidate alla loro difesa.

     3. - Gli ulteriori sviluppi delle operazioni, ed in particolare il ripiegamento che l'Armata sta compiendo, sono forzatamente legati a quelli di altre truppe ed alla situazione complessiva in Tunisia: è giusto che meccanismi e modalità d'azione siano di competenza e quindi regolati dal Comando Gruppo Armate. Ciò non toglie che il Comando di Armata non abbia individuato ed esposto in termini inequivocabili, prima e durante l'azione, determinati gravi pericoli cui ritiene si vada incontro con una tecnica di ripiegamento quale è stata ed è quella finora adottata.
     Di fronte ad una Armata ultra motorizzata, potentemente corazzata, estremamente mobile, come è quella inglese, accettare combattimenti a fondo su linee successive che distano in media l'una dall'altra dai 40 ai 60 km. sembra a nostro giudizio un esporre le nostre truppe a successivi sfaldamenti fino all'esaurimento totale.
     Ed invero vi è fra il pensiero del Comando Gruppo Armate ed il nostro, una diversità di vedute che è stata più volte nettamente rappresentata, pur rimanendo per nostra parte profondamente e disciplinatamente ligi alla lettera ed allo spirito degli ordini impartiti da detto Comando. Tale diversità di vedute non è solo contingente, ma investe tutta la condotta della guerra almeno nei confronti dell'8a Armata nemica.
     Questa, per le ragioni sopra dette per i rapporti qualitativi (tecnici) e quantitativi nei confronti delle nostre truppe, non è affrontabile, con probabilità di vittoria, se non su linee potentemente organizzate che ne fiacchino le più spiccate possibilità di manovra per contrattaccarla con le nostre forze più mobili nel momento di crisi. In ordine a questi criteri si era proposto di accettare battaglia a fondo ad el Hamma quando 1'8' Armata, battuta sulla linea di Mareth, stava attraversando un periodo di autentica crisi logistica, diluita com'era nel deserto ad ovest del Gebel Ksour: in tale circostanza, anche nel caso di un parziale successo, avremmo guadagnato tempo per ulteriori rinforzi dalla Madre Patria. Invece fu deciso il ripiegamento alla linea degli Chotts, per accettarvi battaglia, quando era possibile, senza eccessivi dispendi, utilizzando il tempo che il nemico ci ha pur concesso fra le due battaglie, ripiegare direttamente alla linea di Enfidaville sulla quale far massa unitamente alle truppe sottratte agli altri settori centro meridionali tunisini.
     La linea degli Chotts, non organizzata, era evidentemente più debole di quella di Mareth; tale dato di fatto, in una con la nostra minorata efficienza, dava a tale linea carattere di compromesso fra desideri e possibilità di resistenza. Ma poiché su di essa, il nemico, alla sera del 6 corrente, non aveva conseguito che un successo tattico,il criterio d'un balzo ad Enfidaville, protetto da robuste retroguardie motocorazzate col compito di compiere una manovra elastica, e quindi senza l'impegno di combattimenti a fondo, poteva essere vantaggiosamente adottato.
     Invece il ripiegamento che è stato attuato finora da linea a linea ravvicinata, senza possibilità pratiche di sganciamento, perché il nemico, oltre che più forte ed anche più mobile di noi, ha già consumato parecchi reparti nostri in combattimenti parziali senza apprezzabile contropartita: infatti una simile condotta poteva essere accettata solo se si fosse trattato di guadagnare tempo a vantaggio di altre truppe, all'infuori dell'Armata, cui fosse commesso il compito di presidiare la linea di Enfidaville ed ivi sistemarsi a difesa. Ma poiché tale fortunata circostanza non si poteva ravvisare nel nostro caso, e pur tenendo conto della necessità di regolare il movimento della 1a Armata con i successivi atti della manovra di ripiegamento dei singoli elementi del lungo fronte occidentale, riesce ugualmente difficile comprendere una simile tecnica di ripiegamento.
     Si può anzi aggiungere che la stessa situazione della 5a Armata al centro ed al nord avrebbe dovuto rafforzare il concetto di un ripiegamento più deciso e più rapido di almeno tutte le truppe meno mobili, con le quali assicurare la prima imbastitura della linea estrema dove l'Armata avrebbe potuto affrontare il nemico in condizioni migliori, nemico che essa affronterà, comunque ridotta, con quella decisione e con quella fede che ha già dimostrata, consacrandola alla storia, nelle giornate di Mareth, di el Hamma e degli Chotts.

Z.O., lì 10 aprile 1943-XXI.
Il Generale d'Armata Comandante
             G. MESSE


Fonte: M. Montanari, Le operazioni in Africa Settentrionale, vol. IV
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