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Argomento: Libano 2 - Recensione di NS (05/10)
Copertina Un soldato italiano in Libano di Franco Angioni, Rizzoli
Il 26 settembre del 1982 lo sbarco del contingente italiano segna l'inizio di "Libano 2". L'operazione impegnerà fino agli inizi del 1984 qualche migliaio di militari fra bersaglieri, marò del San Marco, paracadutisti della Folgore, Carabinieri del Tuscania, incursori del 9° Rgt. e aliquote di altre unità, inviati in Libano per operare al fianco delle truppe francesi e statunitensi. Gli italiani saranno chiamati a controllare la zona più povera di Beirut: 24km di perimetro, 30km quadrati di superficie, 600.000 abitanti, due campi palestinesi, Chatila e Borj El Brojne, abitati in condizioni di estrema povertà rispettivamente da 10mila e 14mila profughi. A comandare il contingente italiano è il Generale Angioni, già Capo Ufficio Operazioni presso lo Stato maggiore dell'Esercito durante "Libano 1" (26 agosto - 12 settembre 1982). La Forza Multinazionale si costituisce come forza di interposizione fra le varie fazioni coinvolte nella guerra civile: il suo compito consiste nel garantire la sicurezza della popolazione, aiutando nel frattempo il legittimo governo libanese a ristabilire la propria sovranità. Durante il 1983 il progressivo deterioramento del quadro politico si accompagnerà purtroppo ad un costante aumento della minaccia rivolta contro la Forza Multinazionale: i due attentati alle basi del contingente americano e francese (rispettivamente 241 e 61 caduti) e il riesplodere della guerra civile determineranno il ritiro delle truppe internazionali nel febbraio del 1983. Il libro di Angioni ripercorre l'elvolversi della missione, dalla fase di pianificazione fino al rentro in Italia. Pur essendo rivolta al grande pubblico, l'opera non è avara di dettagli tecnici e permette di comprendere l'entità della sfida che le Forze Armate italiane furono chiamate ad affrontare. Le memorie del generale spaziano a tutto campo: all'interno del libro sono ricordati la diffidenza iniziale della popolazione, superata e in breve tempo mutata in aperto sostegno, i rapporti talvolta conflittuali con gli altri contringenti e le istituzioni libanesi, i contatti con la stampa, e, più in generale, le difficoltà sperimentate quotidianamente dalle truppe sul campo fino ai combattimenti che videro coinvolti i militari italiani: al termine della missione si conteranno 75 feriti e un caduto, il Marò Filippo Montesi. Non mancano temi più leggeri, quali i ricordi legati alla visita del Presidente Pertini e della Nazionale di calcio, fresca vincitrice dei Mondiali, e mille altri aneddoti curiosi. "Libano 2" rappresentò un punto di svolta per l'Italia: per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale i militari italiani si trovarono ad operare al di fuori dei confini nazionali. Grazie agli uomini di Italcon l'opinione pubblica e la classe politica riscoprirono l'esistenza delle Forze Armate e compresero la necessità di dotare il Paese di uno strumento in grado, oltre che di difendere i confini nazionali, anche di essere dispiegato all'estero a fianco degli altri Paesi occidentali. Questa nuova percezione si tradusse nell'adozione - graduale, dati i vincoli di bilancio - di nuovi equipaggiamenti individuali, mezzi e sistemi d'arma. Le LPD Classe San Giorgio andarono ad esempio a sostituire le due vecchie navi ex USA per il trasposto truppe (Caorle e Grado) all'epoca in forza alla Marina, mentre il Beretta 70/90 rimpiazzò il glorioso ma ormai antiquato "Fal" (Beretta BM 59) che ancora costituiva l'armamento base dell'Esercito. Il consenso politico che ha accompagnto gli impegni internazionali degli anni '90 e le nuove dotazioni fornite ai militari italiani sono insomma una conseguenza abbastanza diretta della consapevolezza imposta al Paese dalla missione in Libano. A dispetto di questo e nonostante l'Esercito sia di nuovo impegnato nel Paese dei Cedri, il libro del generale Angioni, edito nel 1984 e da tempo fuori catalogo, risulta essere una delle pochissime pubblicazioni dedicate a "Libano 2".
Argomento: Afghanistan - Recensione di NS (01/10)
Copertina Ross Kemp on Afghanistan di Ross Kemp, Penguin
Che cosa hanno in comune EastEnders, una delle più affermate soap inglesi, e Camp Bastion, la principale base militare inglese in Afghanistan? Risposta: Ross Kemp, attore televisivo, poi autore e giornalista. Alla fine degli anni '90 Kemp, interprete di successo in EastEnders, ha abbandonato la promettente carriera televisiva per riproporsi come giornalista. Debutta nel nuovo ruolo con Ross Kemp on Gangs, una serie di documentari realizzati nel mondo del crimine organizzato. Fra il marzo e l'agosto del 2007, dopo alcune settimane di addestramento, Kemp segue in Afghanistan il 1° Battaglione del Royal Anglian Regiment. Tornerà nel 2008 con gli Argyll and Sutherland Highlanders e nell'inverno del 2009 embedded nel 45 Commando Royal Marines. Da queste esperienze nascono due serie di documentari tv trasmessi da Sky One, Ross Kemp on Afghanistan e Ross Kemp: Return to Afghanistan. Il libro copre entrambe le serie, raccontando episodi inediti e accompagnando la narrazione con dettagli e riflessioni evidentemente non consentiti dai tempi televisivi. Da Camp Bastion alle FOB di Sangin e Lashkar Gah fino alla diga di Kajaki, di pattuglia nella provincia di Helmand, poi ancora sul campo durante la battaglia di Musa Qaleh, infine a Kabul: è impossibile dar conto in una recensione di tutte le esperienze vissute dall'autore. Per garantirne la credibilità, basterà ricordare che fin dalla prima uscita insieme ai Royal Anglians Kemp e la sua troupe si troveranno più volte sotto il fuoco dei taliban e che durante le riprese diversi militari resteranno uccisi o feriti in azione. A dispetto della drammaticità degli eventi che descrivono, nè il libro, nè il documentario propongono una spettacolarizzazione della guerra. Nell'opera si ritrova anzi un estremo realismo e non vengono taciuti gli aspetti meno "gloriosi" della vita militare, al punto che alcune situazioni di vita quotidiana - ad esempio la lotta condotta quotidianamente nelle FOB contro i topi - riportano alla mente scene già viste in Niente di nuovo sul fronte occidentale. L'intenzione, come dichiarato dallo stesso autore, è di narrare la vita quotidiana dei soldati inglesi impegnati in teatro: dove vivono, come operano, quali rischi affrontano quotidianamente. Vengono evitate sia un'analisi generale della guerra in Afghanistan, sia un giudizio etico sulla stessa. All'appassionato di storia militare la lettura permette di comprendere come le dottrine di Counterinsurgency e concetti astratti come l'ormai famosa battaglia "for Hearts and Minds" si traducano sul campo e influenzino la condotta delle operazioni. La distanza temporale che separa i vari reportage (le operazioni sono Herrick 6, 8 e 9) consente inoltre di tracciare un bilancio, seppur approssimativo, dell'andamento del conflitto. Completano il libro alcune interviste alle famiglie di militari caduti e un breve viaggio nelle strutture che seguono i soldati rimasti mutilati. Tanto i documentari tv che il libro di Kemp sono assolutamente consigliati.
Argomento: Guerra del Vietnam - Recensione di NS (12/09)
Copertina Eravamo giovani in Vietnam di Harold G. Moore e Joseph L. Galloway, Piemme Pocket (5,90 Euro)
Nel novembre del 1965 per la prima volta unità a livello brigata delle forze armate statunitensi e dell'esercito regolare nord-vietnamita si fronteggiano sul campo di battaglia. Il mattino del 14 novembre il 1° battaglione del 7° Rgt. Cavalleria, 1ª Div. Cavalleria, comandato dal Ten. Col. Moore viene eliportato nella valle di Ia Drang con l'ordine di cercare e distruggere il nemico. Ad affrontarlo troverà il 32°, il 33° e il 66° reggimento dell'esercito regolare del Nord Vietnam oltre che il battaglione H15 Vietcong. Lo scontro fra il 1° btg., le cui compagnie vengono trasportate in più ondate sul campo di battaglia, e i nord-vietnamiti si svolge dal 14 al primo pomeriggio del 16 novembre intorno al perimetro difensivo della Landing Zone X-Ray: la LZ X-Ray è l'unica area della zona idonea all'atterraggio degli UH-1, gli elicotteri che garantiscono il movimento dell'unità americana e il suo rifornimento. Dopo tre giorni di combattimento durante i quali gli americani, sperimentando i principi del combattimento aeroterrestre e sfruttando intensivamente il supporto di aviazione ed artiglieria, causano notevoli perdite al nemico, il 7° Rgt. resta padrone del campo. Questa prima parte degli eventi è stata raccontata anche nell'omonimo film con Mel Gibson e risulterà quindi più familiare al lettore. Ben più drammatico il seguito della vicenda narrata nel libro. Al termine della battaglia il 1° btg. viene ritirato dalla zona tramite gli elicotteri mentre il 2° btg. riceve l'ordine di dirigersi a piedi, insieme al 2° btg. del 5° rgt. in un'altra zona di imbarco. La marcia risulterà però fatale a queste unità. Il comandante nord-vietnamita Nguyen Huu An, riordinate le forze superstiti, organizza un'imboscata: la trappola coglie le forze americane nella giungla, incolonnate in ordine di marcia. Ne nascono una serie di scontri feroci durante i quali le truppe Usa, disperse e impossibilitate a ricevere qualsiasi supporto da artiglieria e aviazione, subiranno fortissime perdite. Al termine degli scontri si conteranno fra gli americani ben 151 caduti, 121 feriti e 4 dispersi. Il libro, scritto dal Tenente Colonnello Hal G. Moore e da Joseph L. Galloway, un reporter al seguito del 1° rgt., oltre a ricostruire la battaglia minuto per minuto tramite una serie di interviste ai reduci, affronta aspetti non direttamente legati al combattimento: dal clima politico del periodo alla visione strategica dei comandi americani. L'edizione italiana sconta purtroppo una serie di difetti abbastanza seri: la mancanza di un numero sufficiente di mappe - poche e di scarso dettaglio quelle presenti - rende particolarmente difficoltoso seguire l'andamento della battaglia; inoltre, forse più grave, la traduzione risulta abbastanza piatta e spesso approssimativa; manca infine il capitolo dedicato alle biografie dei superstiti, presente invece nella versione inglese. Il giudizio finale resta positivo anche se si consiglia di acquistare, se possibile, l'edizione inglese.

Seconda recensione by "Caposkaw" (10/04)
Argomento: Mercenari italiani in Congo 1960 - Recensione di Giuseppe Gagliano (06/09)
Copertina Mercenari di Ippolito Edmondo Ferrario, Mursia 2009 (15 Euro)
La storia dei mercenari italiani - per lo più provenienti dalla Folgore, dai Lagunari e dal Battaglione San Marco - partiti alla volta del Congo nacque anche dalla esigenza di vendicare i militari italiani arruolati nell'ANC e trucidati nel villaggio di Kindu nel 1961. Partendo da questa premessa, l'autore - scrittore e giornalista del "Secolo d'Italia" - ricostruisce brevemente la storia della indipendenza del Congo - allo scopo di contestualizzare storicamente il teatro operativo nel quale si trovarono ad operare i mercenari italiani - senza nascondersi dietro una fittizia neutralità: la connotazione ideologica di Lumumba viene definita un sostanziale guazzabuglio di socialismo, nazionalismo unitario e progressismo di matrice cattolica che sfociò in una rivoluzione marxista sanguinaria mentre l'azione dell'Onu viene letta come il tentativo di imporre una precisa volontà razzista come d'altra parte si comprese quando venne ordinato a Ciombe di espellere tutti i bianchi dal Katanga. Ad ogni modo, gran parte dei capitoli del volume sono dedicati alle testimonianze di alcuni mercenari italiani - Elio, Flavio, Franco e Fabio - che, nonostante la diversità biografica delle loro testimonianze, presentano tuttavia elementi comuni: il carattere volontario della loro scelta, l'anticomunismo intransigente, la capacità tecnica di condurre una guerra non convenzionale, lo spirito irriverente e scanzonato nonostante l'indubbio spirito di corpo, la consapevolezza di appartenere ad una confraternita e la frequentazione di ambienti associativi simili (soprattutto l'Anpdi). E' certo innegabile che buona parte della filosofia di vita del mercenario sia stata incarnata in modo ancora più significativo in uomini come Katanga - mercenario inglese e responsabile del celebre Quinto Commando - o come Jean Schramme, mercenario belga. Naturalmente non poteva mancare da parte dell'autore un breve profilo di Denard "forse la figura più leggendaria dei soldati di ventura del ventesimo secolo" (p.104): sottufficiale in Indocina, arruolato nell'antiterrorismo in Marocco, uomo di punta per l'intelligence francese, consigliere militare nel 1967 del presidente Bongo, e sovrano incontrastato delle Comore - il luogo prediletto da Denard - dove aveva "regnato per dodici anni dal 1978 al 1989, assistendo il presidente Abdallah e diventando di fatto ambasciatore itinerante" (p.112). In conclusione, al di là del cinismo e della spietatezza in guerra- necessari per sopravvivere - i mercenari hanno saputo mostrare generosità e pietà verso le popolazioni civili.
Argomento: Guerra d'Algeria - Recensione di Giuseppe Gagliano (03/09)
Copertina Il sillogismo imperfetto di Gianfranco Peroncini, Mursia 2007 (26 Euro)
L'autore - inviato speciale e autore di numerosi saggi storici - illustra nel suo volume in modo ampio e dettagliato le dinamiche politiche-militari relative alla celebre "Battaglia di Algeri" e alle implicazioni politiche che essa ebbe fino al maggio del 1968. Come è noto, il segmento temporale sul quale si svolse la battaglia di Algeri, fu quello compreso tra il 1956 e il 1957 e fu la conseguenza delle decisioni politiche prese durante la Conferenza di Soumann tra Abane, Ben M'Hidi e Ben Bella, conferenza dalla quale nacque il Comitato di coordinamento e di esecuzione che sancirà da un lato l'isolamento politico di Bella - catturato successivamente dalla intelligence francese - e dall'altro lato la nascita del FNL che farà della scelta terroristica - per volontà di Abane e M'Hidi - l'unica via realisticamente perseguibile per conseguire l'indipendenza dalla Francia. A tale scopo, la collaborazione con il Pca - attraverso la mediazione del dott. Hadjeres - sarà puramente strumentale - finalizzata al sostegno logistico - e la nascita delle ZAA ad Algeri - e in particolare nella Casbah - consentirà a M'Hidi - attraverso Yacef - di controllare in modo capillare la popolazione musulmana e di liquidare l'MNA e la malavita grazie al contributo indispensabile di Ali la Pointe. Concretamente la scelta terroristica si attuava ora eliminando singoli bersagli - funzionari di polizia ad esempio - ora attraverso l'uso di bombe - collocate nei bar, negli autobus o negli stadi - che eliminavano in modo indiscriminato pied noir e militari. Coloro ai quali verrà affidato il compito di spezzare la resistenza algerina saranno i parà sotto il comando di Massu. Organizzati in reggimenti che complessivamente raggiunsero la ragguardevole cifra di 3200 uomini - particolarmente significativi quelli del primo, del secondo e del terzo -provenivano in gran parte dalla guerra di Indocina e/o dalla resistenza francese antinazista. I rappresentanti più significativi furono Trinquier - realizzatore del DPU sulla falsariga di quello napoleonico grazie al quale fu in grado di smantellare le ZAA -, Faulques - addetto all'Or con il compito di individuare i legami tra Fln e Pca-, Leger - proveniente dalle file dello Sdce e responsabile del Gre -, Ausserasses addetto agli interrogatori e alla tortura dei membri dell'Fnl - e infine Godard e Bigeard. L'uso sinergico della strumentazione di intelligence e di repressione consentirà lo sdradicamento dell'Fnl nella Casbah e il fallimento dello sciopero del gennaio del 1956, fallimento che sancirà la fine politica del Fnl alla quale seguirà quellla militare con l'eliminazione di M'Hidi e La Pointe. Ebbene, al di làM degli aspetti strettamente cronachistici della battaglia di Algeri, l'autore si sofferma ad evidenziare il cinismo politico di Mitterand - allora Ministro della giustizia - quello di De Gaulle - che non ebbe esitazione alcuna da un lato a servirsi di Massu e Salan per creare la V Reppublica e dall'altro per scongiurare la guerra civile nel maggio del 1968 attraverso l'accordo informale di Baden Baden proprio con Massu -, la piena legittimità politica e giuridica alla pratica della tortura e delle eliminazioni extragiudiziarie accordate dalla classe politica francese a Ausserasses -, la filosofia politica dei paràM che l'autore interpreta alla luce delle riflessioni di Junger partendo dal concetto di comunità di destino e infine particolare attenzione viene riservata da Peroncini alle caratteristiche della guerra rivoluzionaria - i cui teorici in Francia saranno Larechoy e Trinquier che attingeranno ampiamente sia dalla dottrina leninista e maoista sia dalla esperienza della guerra di Indocina - le più significative delle quali sono quelle relative alla nascita del soldato politico per il quale esiste una piena sincronia tra la dimensione politica e militare e non una separazione, alla necessità di mettere in campo una strategia globale che implicasse l'integrazione della esperienza guerrigliera con quella della guerra psicologica, e infine alla necessità attraverso la guerra psicologica di conquistare la mente e il cuore della popolazione avversaria formando ideologicamente il soldato controrivoluzionario.
Argomento: Guerra d'Algeria - Recensione di Giuseppe Gagliano (02/09)
Copertina La battaglia di Algeri dei Servizi Speciali francesi di Paul Aussaresses, Leg 2007
L'autore, generale dell'esercito francese in congedo, membro durante la guerra di liberazione di "France Libre", dopo aver preso parte alla Guerra di Indocina,sarà tra i fondatori dello SDECE attraverso il quale darà un contributo di fondamentale rilevanza alla Guerra di Algeria tra il 1955 e il 1957. Dopo una breve parentesi biografica - dalla quale emerge la formazione culturale classica, il suo contributo alla guerra di liberazione e al sostegno della resistenza anarchica iberica - l'autore dimostra di avere il pregio della chiarezza e della schiettezza là dove apertemente -senza infingimenti o ipocrisie - ammette esplicitamente di essere divenuto - grazie all'esperienza sul campo - uno "specialista di azioni brutali e spietate". Le sue riflessioni autobiografiche costituiscono una testimonianza preziosa per ricostruire il contesto politico francese - dal quale emerge per esempio l'assoluta condivisione della classe politica sulla opportunità di introdurre una legislazione di emergenza in modo bipartisan e al di là degli steccati ideologici -, la dinamica della lotta antiinsurrezionale contro l'FNL e il PCA - e le numerose connivenze di intellettuali e giornalisti francesi nel sostenere i moti insurrezionali -,ma soprattutto il volume dell'autore prova al di sopra di ogni dubbio come la vittoria militare conseguita dai parà leopardati sia stata ottenuta grazie a quella formidabile sinergia politico-militare che si creò con l'entrata in scena del Gen. Massu nel 1957 e con la realizzazione dello stato maggiore parallelo al quale Trinquier, Godard, Bigeard e naturalmente l'autore diedero un contributo decisivo. Per quanto concerne l'aspetto più delicato del volume, vale a dire l'uso sistematico ed ampio della tortura, (ammissione questa che suscitò vivacissime polemiche in tutta la Francia quando apparve il volume) questa era stata già attuata dalla polizia francese e tacitamente ammessa dalle autorità prefettizie e politiche. D'altra parte, la giustificazione strategica risultava evidente anche per l'autore - che se ne servirà a Philippeville e ad Algeri - poiché il suo uso consentirà di salvare dagli attacchi terroristici indiscriminati numerose vite umane. Sotto il profilo psicologico e morale - afferma con nettezza l'autore - la morte di un detenuto non gli portava nessun rimpianto nè gli cagionava odio o pietà. D'altronde, la capillare presenza dei membri del FNL - e fra questi Saadi, M'Hidi e La Pointe, divenuti celebri loro malgrado grazie allo splendido film di Pontecorvo, dentro la Casbah, l'uso sistematico del terrorismo - che mieteva vittime civili quotidianamente -,l'uso del sabotaggio attraverso lo sciopero generale, imponeva una raccolta di informazioni, in collaborazione con la polizia, capillari, la suddivisione di Algeri in quattro zone ognuna delle quali affidate a quattro reggimenti di paracadutisti secondo l'approccio denominato DPU - approccio messo a punto da Trinquier -,rastrellamenti sistematici e l'uso del coprifuoco. Ebbene, all'interno di questa complessa strumentazione militare, la tortura rivestì un ruolo di rilievo poiché le informative estorte dai prigionieri consentiranno rapidamente di ricostruire la struttura a cellule del FLN arrivando fino al vertice della piramide organizzativa. Infine - a nostro avviso - di estremo interesse storico risultano altre due considerazioni dell'autore: la prima secondo la quale tutti i vertici politici locali e nazionali dal 1954 al 1957 non solo furono al corrente dell'uso della tortura ma ne approvarono l'uso e la seconda in base alla quale la eliminazione per impiccagione di Ben M'Hidi fu decisa da Massu e attuata dall'autore senza rimpianto alcuno.
Argomento: Conflitti post 11 settembre - Recensione di Alessandro Rivali (09/07)
Copertina La Quarta Guerra Mondiale di Alberto Leoni, Edizioni Ares
Sono passati sei anni dall'11 settembre 2001, dagli attentati di New York e di Washington. Da quel giorno, che bruciò le speranze di una lunga età di pace presagite a inizio millennio, numerose altre città in Europa e nel mondo hanno subito attacchi terroristici e località sconosciute - come Fallujah, Nassiriya, Gardez o Helmand - sono diventate teatro di sanguinose battaglie. Toponimi che, emersi a notorietà per qualche fatto di particolare ferocia, rapidamente svaniscono dalle prime pagine degli organi di informazione sommersi da una continua chiacchiera che oscurano la percezione degli avvenimenti. Con richiamo a diffuse correnti della storiografia anglosassone Alberto Leoni legge la lotta al terrorismo internazionale come quarta guerra mondiale (la terza definisce il semisecolare confronto a freddo tra Occidente e Urss, conclusosi con la caduta del muro di Berlino e la fine del Patto di Varsavia), di cui l'autore spiega le origini politico-ideologiche, delinea gli schieramenti in campo, fornisce la mappa delle organizzazioni terroristiche e dei suoi capi, individua le aree nevralgiche nei diversi continenti, descrive le operazioni militari illustrando tattiche e strategie, denuncia gli errori di Bush e la presunzione dei suoi consiglieri, come pure le ambiguità e la tiepidezza degli alleati europei. Ma lo sguardo di Leoni è volto soprattutto ai protagonisti veri di questo conflitto dalla incerta durata, alle persone che vivono nella propria carne la guerra combattendo sui vari fronti o ne soffrono gli effetti devastanti. Molti loro nomi e molte loro gesta sono ricordati in queste pagine - uomini e donne, cristiani e islamici, laici e religiosi - per aiutarci a fronteggiare le sfide mortali alle nostre libertà, reimparando l'etica del sacrificio disinvoltamente rimossa dalle narcisistiche società occidentali.
Argomento: Guerra dei Sei Giorni - Recensione di Napoleone (08/05)
Diario di Guerra di Yael Dayan, Garzanti 1970 collana "I Garzanti"
Semplice e lineare questo libro di appena 157 pagine. in formato tascabile ripercorre tutte le fasi del conflitto che nel 1967 contrappose Israele all'Egitto di Nasser, alla Giordania ed alla Siria, diventato famoso per la sua brevissima durata che ribattezzò il conflitto come la Guerra dei Sei Giorni. Il libro è narrato in prima persona attraverso gli occhi dell'autore, Yael Dayan, figlia del generale Moshe Dayan, ufficiale dell'esercito. Tutta la narrazione, giorno per giorno, segue i movimenti della divisione al comando del generale Sharon sul fronte del Sinai. Destinata al comando divisionale come cronista, Yael narra di tutte le fasi di preparazione e addestramento della divisione dal 27 maggio (in cui l'autore raggiunge le truppe) a sabato 10 giugno, quando gli scontri continuavano solo sul fronte siriano. Il libro è una visione soggettiva e personale della guerra che stupì il mondo, accurato sotto il profilo tattico-militare ma anche nell'attenta descrizione della realtà militare e nazionale israeliane, forte di un grande sentimento nazionale e di unità nonostante le più diverse provenienze dei soldati: ispezionando le trincee si potevano trovare drusi, qualcuno che cantava in italiano, chi scriveva ai parenti in francese. Dayan descrive l'ansia dell'attesa prima dell'invasione, il momento della prima avanzata, la conquista delle fortificazioni egiziane (di cui questa divisione fu la principale artefice) la vittoria e il ritorno ad una Gerusalemme liberata. Specchio dei sentimenti della nazione e dei suoi commilitoni Yael Dayan ci trasmette attraverso uno specchio vivido e sincero il vero volto di un conflitto moderno in tutti i suoi aspetti.
Argomento: Servizi segreti di Israele - Recensione di Diego Brozzola (06/05)
Copertina Mossad. Le guerra segrete di Israele di Benny Morris e Ian Black, BUR Rizzoli (10 Euro)
Il libro descrive il ruolo avuto dai servizi segreti israeliani nella gestione delle informazioni prima, durante e dopo la nascita dello stato di Israele. Il libro traccia una analisi sommaria delle operazioni militari soffermandosi nel dare più informazioni sulla presenza degli agenti in seno alle operazioni condotte dalle IDF nelle guerre e nelle spedizioni all'estero a difesa dello stato; vengono riportati alcuni episodi gustosti di tradimenti e doppiogiochi, purtroppo nella sua parte finale avvicianandosi ai fatti legati alla prima guerra del golfo perde molta obbiettività volgendosi più a perorare le relazioni politiche.
Argomento: Guerra del Vietnam - Recensione di Federico Colombo (09/04)
Copertina Storia della guerra del Vietnam di Stanley Karnow, Rizzoli (10 Euro)
Da molti considerato il reference book sulla guerra vietnamita. In effetti prendendo in esame gli eventi dalla sistemazione post bellica del 1945 alla caduta di Saigon nelle mani del regime di Hanoi questo libro offre una prospettiva di ampio respiro e di approfondimento dei tragici eventi che segnarono quei tre decenni. Come inviato giornalistico inserisce molte interviste e descrizioni accurate dei personaggi che conobbe personalmente dandone un quadro a tutto tondo che delinea in modo appropriato gli attori che si mossero sulla scena. Lungo tutta la narrazione vi è cosciente la necessità di cercare una spiegazione all'insuccesso americano e molte ragioni vengono addotte con chiarezza e moltitudine di esempi. Decisamente ben strutturato il libro richiama con dati precisi le forze in campo di ambo le parti, presenta i vari eventi bellici tenendo conto degli obiettivi e dei pensieri dei generali di ambo le parti. Inoltre si dimostra particolarmente attento alla direzione della politica estera americana impressa in quegli anni, che delinea l'inevitabile escalation del conflitto nelle menti degli uomini di stato prima che sul campo. Tralasciando romanticismo, valori, esaltazione di eroi, la guerra viene presentata nella cruda realtà del suo svolgimento chiaro e distinto, senza celebrazioni inutili. Di certo la sua personale conoscenza degli uomini politici e del paese protagonista in assoluto della vicenda gli permette di fornire un quadro sincero e autorevole nonché chiaro della vicenda, fornendo una testimonianza decisamente importante, quasi fondamentale per capire l'evento in sé. Non appare né come un'esaltazione della guerra, né come una condanna ma come una semplice presa di coscienza di una tragedia umana consumata dalla mancanza di un dialogo fattibile e di una collaborazione costruttiva. E' incredibile come la retorica abbia potuto essere esclusa da un argomento così vicino al cuore di un americano, che per di più visse tutti quei giorni in prima persona. Tutto ciò non può che render merito al buon senso, alla capacità critica e storica di un autore che sicuramente scrisse un libro degno di essere letto. La profonda serie di fonti a cui poi attinse lo rende preciso, minuzioso, nelle descrizioni e nei numeri, spesso distorti durante questa guerra, facendoci capire l'effettiva consistenza del fenomeno vietcong, l'effettiva violenza degli scontri, l'effettiva incapacità sudvietnamita. Quest'ultima rimane forse la più grande accusa mossa dal giornalista: difatti si vede come la democrazia in questo paese si tramuta in regime, insicurezza, incapacità di comprensione di quei contadini che avrebbero dovuto fornire la base di potere del regime, corruzione e assoluta impreparazione bellica. Al fondo però rimane certamente un'indagine storica approfondita e di facile lettura.
Argomento: Guerra dei Sei Giorni - Recensione di Federico Colombo (09/04)
Copertina La Guerra dei Sei Giorni di Michael B. Oren, Mondadori (22 Euro)
Sei giorni in 430 pagine: già solo questa proporzione può far intuire il livello di precisione nella narrazione dei fatti. Dopo una blanda partenza con veloci riferimenti alle crisi precedenti, l'autore si butta a capofitto nella descrizione della crisi sullo stretto di Tiran e nella descrizione di tutte le mosse diplomatiche tentate per scioglierlo; l'attenzione ai fatti prettamente militari che incontriamo nei capitoli successivi è meno ossessiva, forse per una maggiore difficoltà di comprensione dei fatti d'arme. L'autore delinea un palcoscenico sormontato da una mole enorme di figure e personaggi, positivi ma anche negativi che si aggirano alla ricerca di un obiettivo costante. Il lettore vede avvenire il miracolo con cui Israele riuscì a liberarsi dalla stretta mortale a cui era sottoposta, inoltre tesi particolarmente cara all'autore è il tentativo di separare gli Usa dal suo popolo negando un consistente contributo americano alla guerra. Il libro quindi si presenta animato e con una narrazione scorrevole aiutata dall'avventura degli scontri armati e dal botta e risposta diplomatico che viene descritto con aneddoti e ricchezza di particolari. In realtà la narrazione si presenta come totale: racconta per filo e per segno tutti gli incontri importanti tentando di farli rivivere sulla carta, con un risultato direi soddisfacente. Oren come politico ebbe esperienza diretta di questo tipo di incontri, difatti fu consulente della delegazione israeliana alle nazioni unite. Non possiamo non aspettarci una esaltazione del valore del popolo ebraico e la celebrazione del suo trionfo sul nemico; naturalmente però traspare anche la necessità della guerra, cercata da altri. In realtà però all'inizio troviamo un riferimento al proverbiale sbatter d'ali della proverbiale farfalla che ci fa pensare che l'autore intenda la guerra come la necessaria conseguenza di piccoli gesti sbagliati che hanno lo stesso effetto di un piccolo pezzo di neve che staccandosi diviene infine valanga. Difatti troviamo descritti molti momenti in cui si sarebbe potuti arrivare alla pace senza bisogno di combattere: tutti evitati per la certezza della vittoria, certezza che ottenebrava gli occhi di entrambi i contendenti. Vediamo quindi come la guerra possa anche essere considerata non solo come conseguenza necessaria ma anche come fatto conseguenza causale. Le fonti utilizzate per reperire le informazioni sono moltissime e spiccano tra tutti gli archivi privati e statali, non mancano certamente le testimonianze, utilizzate più per colore che per dimostrare una tesi. Certamente un buon libro, forse fin troppo particolareggiato, comunque interessante che getta un po' di luce su quel conflitto e sull'attuale e che aiuta a comprendere le radici di un odio che continua ancora nei nostri giorni.
Argomento: Guerra in Jugoslavia - Recensione di Emanuele Cattarossi (03/03)
Copertina La guerra dei dieci anni di Alessandro Marzio Magno e aavv., Il Saggiatore
Una ferita aperta nel cuore dell Europa: il conflitto jugoslavo. Dieci anni di guerra sanciscono la disgregazione della Jugoslavia e la nascita di nuovi stati (Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Macedonia). Il tutto in mezzo ad una spirale sempre più intensa di morte e distruzione. Diversi autori in questo libro hanno ricostruito gli avvenimenti che caratterizzarono il conflitto jugoslavo, analizzando una per una le singole situazioni. Ne deriva un quadro completo dei fatti, esauriente e chiaro. Questo libro merita una certa attenzione poiché risulta tra i primi a rileggere il dramma balcanico degli anni novanta nella sua globalità.
Argomento: Interventi militari di soccorso - Recensione di Elena (12/01)
L'esercito per il Paese SME Ufficio Storico Rm 1977
Nel corso delle ca 520 pp. vengono enucleati gli interventi condotti dall'Esercito Italiano in aiuto alla popolazione colpita da calamità naturali, crolli, epidemie, ecc., dalla nascita dell'E.I. fino al terremoto del Friuli escluso (le operazioni all'epoca di pubblicazione del volume erano in corso). Sono anche documentati alcuni importanti eventi sportivi (fra questi l'Olimpiade di Roma) che hanno visto impegnati i nostri militari.
Argomento: La missione italiana in Mozambico - Recensione di Elena (10/01)
Il volo di Albatros di Gianni Marizza, Gianni Marizza Editore
L'autore definisce il volume una raccolta di appunti sparsi, annotazioni, etc. riportate sui blocchi per appunti nel periodo 1993/94 e successivamente riordinati; gli appunti sono relativi alla missione del contingente italiano in Africa, Mozambico. Curioso, ma in linea con le direttive dell'Esercito italiano, il vocabolario e grammatica della lingua sena. Pagg. 270; edito anno 2000
Libri in Lingua Straniera
Argomento: Guerra d'Algeria - Recensione di Giuseppe Gagliano (09/09)
Copertina Militaires et guerilla dans la guerre d'Algerie di Jean-Charles Jauffret e Maurice Vaisse, Editions Complexe 2001
Nonostante non sia possibile dare conto analiticamente di tutti i contributi degli autorevoli relatori, è tuttavia possibile - seppure sinteticamente - formulare alcune considerazioni di indubbia rilevanza in relazione alla guerra di Algeria. In primo luogo, l'iniziale assenza da parte francese di una spirito interarma fu superata a partire dal 1959 grazie alla leadership di Bigeard - che fu in grado di amalgamare le unità francesi- e grazie al Col. Ruyssen con la realizzazione del CROGG, la prima struttura integrata di intelligence che permise al potere militare francese di superare la rivalità tra la DST diretta da Pontal e SDCE, coordinata da Germain, struttura interarma i cui benefci furono tuttavia ben presto vanificati con la proliferazione di strumenti di intelligence quali la SAS del Gen. Parlange, il BEL e il COBR. In secondo luogo, benché inizialmente la reazione francese alle nuove modalità di guerra sovversiva si fosse rivelata lenta e tardiva - come sottolineato nel 1955 dal console brittanico Irving - ben presto il potere militare fu in grado di reagire - come indicato dall'ambasciatore brittanico Jebb - attraverso il Centro di istruzione di controguerriglia e di sovversione di Arzew nel 1957, il "quadrillage" di Trinquier e la collaborazione tra la gendarmeria e l'esercito e tra il SDCE e la Marina. Indubbiamente uno degli strumenti per eccellenza di contrasto attuato dalla Francia fu la guerra psicologica il cui artefice fu certo Larechoy ma che ebbe modo di prendere forma nel contesto delle forze armate francesi grazie a Bigeard, Godard attraverso il CHTP del Gen. Ely, attraverso il CIGP e naturalmente grazie al 5° Bureau. Se indubbiamente - da parte dell'ALN - fu compiuto un tentativo analogo di guerra psicologica e di disinformazione presso i soldati francesi - i sottoufficiali in particolare - ai quali la Francia fu presentata come la principale responsabile del terrorismo, è tuttavia altrettanto indubbio che in Francia l'opposizine alla guerra si manifestò attraverso la disubbidienza alla leva che fu certo di notevole rilevanza ed ebbe modo di prendere forma attraverso Alban Liecthi - la cui azione fu ampiamente pubblicizzata dalla CGT - , Noel Favreliere, Jean Le Meur e soprattutto Jeanson ma soprattutto attraverso periodici - quali L'Humanité, Le temps des rappeles e Esprit - che esercitarono un impatto ampio e duraturo presso gli intellettuali francesi laici e cattolici. Infine, fra le molte conclusioni alle quali il saggio perviene, due ci sembrano quelle di particolare rilievo: in primo luogo la battaglia di Algeri rappresenterà un punto di riferimento fondamentale per la guerra rivoluzionaria e la guerra psicologica e in secondo luogo la delega politica al potere militare - ed in particolare a Massu e Salan - porterà ad un ribaltamento dei ruoli tra magistratura e potere militare attribuendo a quest'ultimo un ruolo determinante in tutte le scelte politiche di rilievo.
Argomento: Guerra d'Algeria - Recensione di Giuseppe Gagliano (09/09)
Copertina Crier ma vérité di General Bigeard, Editions du Rocher, 2002 (19,50 Euro)
Nella prima parte del volume autobiografico Bigeard ripercorre le principali tappe della battaglia di Algeri che lo vide protagonista al pari di Massu, Godard e Salan. Se il taglio interpretativo è certamente realistico e nazionalistico insieme, l'autore non può fare a meno di ricordare come la lotta contro l'FNL fosse letta come una lotta per l'integrità nazionale francese e nel contempo come una lotta per il conseguimento della libertà di fronte alla avanzata minacciosa del comunismo. Proprio partendo da questi assunti politici, fu svolta una accurata formazione ideologica dei militari del 3° RPC trasformadoli in breve tempo in una formazione di elite. Sotto il profilo strategico certamente preziose risultano le riflessioni dell'Autore sia in relazione all'uso innovativo dell'elicottero - trasformato da Bigeard da semplice strumento logistico a strumento formidabile di ricognizione e repressione - sia in relazione alle profonde trasformazioni strategiche che la guerra sovversiva implica, a cominciare dalla necessità di attuare un approccio anche politico e psicologico oltre che strettamente militare. L'analisi della struttura bicefala dell'FNL - politica e militare - consentirà a Bigeard di comprendere lucidamente come la struttura verticale e orizzontale dell'FNL avesse permesso una capillare infiltrazione dei sovversivi all'interno della società algerina garantendo ad essa ampio sostegno finanziario. Un altro aspetto di rilievo indicato dall'autore è certamente il ruolo decisivo di Saadi - sul piano militare -con l'introduzione delle bombe artigianali che contribuirono ad aumentare la pressione psicologica presso i pied noir e quello altrettanto decisivo di Ben M'Hidi sul piano politico nei cui confronti Bigeard non nascose mai il suo rispetto, d'altronde esplicitamente contraccambiato. Nella seconda parte - non senza una punta di autocompiacimento - l'autore dopo aver fatto cenno ai suoi successi militari (che lo porteranno a diventare nel 1971 Generale di Divisione delle Forze francesi nell'Oceano indiano e presidente della Commissione difesa sotto Giscard d'Estaing di cui divenne amico) lamenta la progressiva caduta del prestigio internazionale della Francia determinato da una politica incerta e incoerente, da stanziamenti risibili rispetto al passato, da forze professionali che non comprendono che la scelta di indossare la divisa costituisce una vocazione e non dunque una ordinaria professione. Certo la progressiva politicizzazione delle forze di polizia rischia di intaccare l'integrità delle forze armate francesi che -nonostante siano prive di missili da crociera e non ricevano la dovuta attenzione da parte della classe politica - contribuiscono - grazie alla intelligence della DST e del DRM - a dare un contributo di rilievo nella lotta al terrorismo sia in Medioeriente che in Africa.
Argomento: Guerra di Algeria - Recensione di Giuseppe Gagliano (04/09)
Copertina La guerre révolutionnaire de l'armée française en Algérie (1954-1961) di Pierre-Cyril Pahlavi, Editions L'Harmattan (16 Euro)
L'autore - ricercatore associato al REGIS - ricostruisce a grandi linee le principali tappe che hanno condotto il pensiero militare francese - tra il 1954 e il 1957 - alla formulazione e alla realizzazione della guerra psicologica. Sviluppatasi a livello dottrinario prevalentemente sulle riviste militari - quali la "Reveu Militaire d'Information" e la "Reveu de Defense Nationale" - venne considerata parte integrante e decisiva della guerra rivoluzionaria a partire dalle riflessioni di Lacheroy che su "Le Monde" nel 1954 ne riconobbe l'utilità decisiva nel contesto della strategia moderna ed, in particolare nella guerra di Indocina, nella quale - l'averla ignorata - avrebbe determinato la sconfitta francese. Lo studio sistematico e a mente fredda della esperienza indocinese, costituirà infatti il punto di partenza - per Lacheroy come per Chassin - della dottrina francese della guerra rivoluzionaria la cui attuazione determinerà il conseguimento di una forte connotazione politica dell'esercito. Il precipitare della situazione in Algeria indurrà nel mese di marzo il Gen. Blanc a creare un organismo di influenza psicologica denominato Ufficio Azione Psicologica le cui finalità saranno analiticamente esposte nel giugno del 1955 dal Gen. Lorillot. Sotto il profilo burocratico,la Direttiva del Gen. Koenig costituirà l'atto di nascita ufficiale della guerra psicologica, direttiva nella quale verrà distinta l'azione psicologica dalla guerra psicologica. L'addestramento degli ufficiali sarà svolto dal Centro di Istruzione Psicologica posto sotto l'autorità del CSM al quale sarà affiancata l'EMFA struttura analoga per finalità al Centro. Grazie al ruolo politico militare decisivo del Gen. Lorillot, la guerra psicologica rivestirà una funzione decisiva nel programmare le linee portanti della azione militare in Algeria come si evince chiaramente dall'editoriale del numero di dicembre del 1955 della pubblicazione periodica "Messaggio delle Forze Armate". La nomica di Lacoste e i poteri speciali accordati all'esercito, consentiranno alla guerra psicologica di diventare - sotto il profilo operativo - il cardine della attività controinsurrezionale portando alla realizzazione delle SAS e delle SAU. Con la nascita ufficiale nel 1956 dell'Ufficio Psicologico della X Regione Militare, gli obiettivi di contrasto verranno definiti in modo più puntuale e si concretizzeranno nella realizzazione di azioni choc ai danni dell'FLN, azioni che saranno affidate alle CHPT. Ebbene, l'insieme dei dispositivi strategico-militari messi in opera, daranno i loro frutti dal '57 al '58, periodo nel quale la guerra rivoluzionaria conseguirà i suoi obiettivi fra i quali il controllo della Casbah. Con la Direttiva del Col. Goussault l'azione psicologica diverrà sempre più il perno delle contromisure della guerra rivoluzionaria come si evince chiaramente dalle riflessioni di Trinquier, Godard, Argoud e Zeller. L'esito estremo e pienamente coerente della guerra rivoluzionaria, condurrà ai noti avvenimenti del 13 maggio vale a dire alla nascita - e alla repentina fine - del Comitato di Salute Pubblica le cui ambizioni politiche saranno ben presto vanificate dall'azione politica incisiva del Gen. De Gaulle a partire dall'ottobre del 1958, azione politica che avrà il suo culmine nella decapitazione politica dei vertici militari a cominciare da Massu.
Argomento: Guerra d'Algeria - Recensione di Giuseppe Gagliano (04/09)
Copertina Le Renseignement dans la guerre d'Algérie di Maurice Faivre, Editions Lavauzelle 2006
L'autore - in qualità di ufficiale del II Bureau del Comando generale durante la guerra di Algeria - illustra al lettore in modo ampio e dettagliato i principali organigrammi della intelligence francese durante la guerra di Algeria. A partire dal febbraio del 1955, il Col.Constans realizzerà uno Stato maggiore misto ed un centro di intelligence caratterizzato da un ampio coordinamento che denominerà CROGG. L'anno successivo - durante l'amministrazione Lacoste -l'attività militare sarà limitata al solo procedimento di requisizione mentre l'SDCE collaborerà con l'intelligence israeliana. Proprio l'attività dello SDCE sarà di particolare rilievo poiché consentirà l'arresto di Ben Bella, arresto attentamente pianificato dal Gen. Tabouis e dal Col. Ducournau. Nonostante questo successo, le azioni terroristiche dell'FLN non si arresteranno e a partire dal 1957 Lacoste centralizzerà l'attività di repressione nelle mani di Massu che affiderà a Godard la direzione della sicurezza. A partire dal 1959 la centralizzazione della attività di intelligence sarà svolta dalla RG che - attraverso la sottosezione informativa - si occuperà anche di classificare le organizzazioni pacifiste, antagoniste presenti a Parigi (ne individuerà diciasette) e sindacali (fra le quali l'USTA, l'UGTA e la CISL). Particolare attenzione sarà rivolta alla penetrazione del Pcf nelle forze armate attraverso le organizzazioni di sottoufficiali quali la FORR e la CNRAR senza omettere di menzionare le iniziative della UJCF - dietro indicazione del leader politico Thorez - volte a minare la coesione psicologica all'interno dell'esercito. Sia la CROGG sia la SLINA - creata dal Col. Schoen già a partire dal 1947 - daranno un giudizio univoco sulla particolare abiltà dell'FLN nel condurre la guerra psicologica. In particolare, la CROGG - sotto la direzione del Col. Ruyssen - diffonderà un bollettino sulla situazione militare e politica destinato alle più alte cariche politiche francesi soffermandosi in modo particolare sui legami politico-finanziari dell'FLN con i paesi arabi e dell'est (a tale proposito l'SDCE svolgerà un ruolo determinante nell'individuare i complessi intrecci internazionali dell'FLN). Dopo aver descritto gli aspetti salienti della guerra elettronica ai danni dell'FLN, l'autore esamina la struttura organizzativa del fronte e la sua connotazione ideologica - notoriamnete nazionalista e filoaraba - individuandone i principali aspetti e protagonisti a cominciare da Boussouf - responsabile della intelligence dell'FNL - di Saadi capo della ZAA tra il 1956 e il 1957 -, senza trascurare di sottolineare il modus operandi leninista dell'FLN e la logica delle gerarchie parallelle-studiata da Larechoy - analoga a quella dei Vietminh.
Argomento: Guerra del Vietnam - Recensione di Marco S. (07/07)
Copertina Triumph Forsaken - The Vietnam War 1954-1965 di Mark Moyar, Cambridge University Press - New York 2006, pagg.512
Si tratta di un libro che ha fatto un certo scalpore in USA per le sue tesi innovative sulla guerra del Vietnam, come del resto dimostra il titolo: "Trionfo abbandonato". Questo primo volume tratta del periodo di guerra dal 1954 al 28 luglio 1965, data dell'annuncio del presidente Johnson del primo massiccio impegno militare degli USA. E' destinato ad essere seguito da un secondo volume, per il rimanente periodo fino al 1975. Per una sintesi del contenuto non trovo di meglio che quotare la recensione di Max Boot, riportata in sovracoperta: "E' comunemente ritenuto che Ho Chi Minh fosse soprattutto un nazionalista vietnamita, non un vero comunista; e che la sua vittoria fosse inevitabile. Che Ngo Dinh Diem fosse un reazionario impopolare e repressivo. Che gli Stati Uniti non avessero vitali interessi da difendere in Sud Vietnam. Che la "teoria del domino" fosse un mito. Che gli Stati Uniti avessero avuto ragione a non invadere il Laos ed il Nord Vietnam per timore di provocare l'intervento cinese. Mark Moyar, un storico giovane, coraggioso ed iconoclasta dà un colpo di maglio a tutte queste viete certezze". Naturalmente la citata recensione è anche viziata da un certo entusiasmo e va subito detto che il libro di Moyar è prima di tutto un trattato scientifico nello stretto significato del termine, come dimostrano le oltre 80 pagine di note, non un libro revisionista d'accatto; quindi le affermazioni di Boot, pur esatte nella loro sintesi, meriterebbero ben altri sviluppi e puntualizzazioni alla luce della lettura di questo volume.

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Argomento: Guerra d'Indocina - Recensione di Bruno (05/06)
Copertina Street without joy di Bernard Fall, Stackpole Books (USD 19,95)
Recensisco la versione inglese di questo libro ma so che fu tradotto in italiano, lo lessi per la prima volta in un'edizione oggi certamente introvabile, scovata in una famosa biblioteca pubblica milanese: ma sono passati parecchi anni. L'autore è un eccezionale giornalista, Bernard Fall, che sarebbe senza dubbio diventato il cantore della guerra del Vietnam, se non fosse stato prematuramente ucciso da una mina in una delle sue visite "sul campo". Visse la seconda guerra mondiale in prima persona (con il risorto esercito francese degli ultimi mesi), si naturalizzò americano e divenne corrispondente per l'Asia Sudorientale. Bernard Fall ha una innegabile statura come storico militare e anche una certa dimensione letteraria; nel suo raccontare si intrecciano le storie personali con le considerazioni filosofiche sul tipo di guerra che allora si stava delineando, e sulla inadeguatezza dei Francesi a farvi fronte. Fall coglie ambienti, paesaggi e atmosfere. Spesso con pochi tratti, dipinge i ritratti di famosi comandanti militari francesi dell'epoca (per scarsità di fonti purtroppo non può fare altrettanto riguardo al nemico); quegli stessi uomini che hanno poi vissuto l'epopea terribile di Dien Bien Phu (che Bernard Fall tratta in un altro libro) e che spesso hanno incontrato la fine della loro carriera nella spaventosa tragedia dell'Algeria. Una guerra più "povera" rispetto al Vietnam, con molti aerei ad elica e senza gli onnipresenti elicotteri; scenario ancora più difficile per le forze francesi che devono spostarsi su veicoli nelle poche strade, quando c'è da soccorrere un settore minacciato. Inevitabilmente comincia la guerra delle imboscate, e le colonne di rinforzo diventano esse stesse l'obiettivo. Il libro è ricco di episodi minuziosi e di dettagli che sicuramente appassioneranno i curiosi di fatti militari: gli scontri anche su piccola scala sono seguiti con precisione e con l'aiuto di piccole mappe, scarne ma sufficienti, e soprattutto numerose. La morte dell'Indocina Francese appare come una mesta tragedia in cui i mezzi non bastano mai, il nemico ha tutto dalla sua parte, la politica gioca contro e a nulla varrà il valore delle durissime truppe scelte (parà, legione straniera) e degli alleati locali (tribù degli altopiani, minoranze etniche ma anche vietnamiti) che non si potrà proteggere. La storia giunge fino a coprire il primo periodo di impegno americano in Vietnam. Non manca la sensazone profetica che la stessa storia stia per ripetersi anche per gli USA (e così sarà!). La "guerra rivoluzionaria" che Bernard Fall sente come una minaccia difficilissima da respingere, appare oggi come un'arma un po' spuntata in un'epoca dove l'ideologia ha perso mordente, ma l'estremismo religioso ne ha già preso il posto: le sporche guerre si susseguono e, sia pure ciascuna con le proprie caratteristiche, si somigliano. L'autore nota come il Viet-Minh (i comunisti Vietnamiti) "rifiuta di confrontarsi nei termini della guerra meccanizzata occidentale": oggi si chiama "guerra asimmetrica" ma il principio è quello. Gli stessi dilemmi che si poneva questo eccezionale scrittore rimangono monito anche per le imprese lanciate con tanta sicurezza nei nostri giorni, e che rischiano di finire negli stessi sanguinosi pantani.
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