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Monte Piana
di Norbert © (06/02)
Su questa montagna, al centro di una zona bellissima delle Dolomiti, è stato in parte riattato il campo di battaglia della I GM. Sono state ri-scavate alcune trincee, restaurati o - almeno - liberati dai detriti molti punti d'osservazione e alcune delle gallerie.A mio avviso, la possibilità di vedere le Tre Cime attraverso i reticolati è un'occasione da non perdere. Se vi capita, passateci una giornata. Ne vale la pena.
Il museo è relativamente poco frequentato, e io ho sempre avuto la possibilità di girare verso un sentiero meno battuto, di aspettare che una comitiva di turisti si allontanasse per rimaner solo, in silenzio, a sentire il frusciare del vento ed a guardare tante belle montagne: Cristallo, Cadini, Tre Cime, Croda Rossa di Cortina, e a pensare a chi li non andò in vacanza. La prima volta che vidi le montagne (il Cristallo?) attraverso una feritoia, mi venne da pensare a coloro i quali dovettero combattere in condizioni ambientali molto difficili, in queste stesse zone. A come i loro pensieri - di fronte alle stesse montagne - fossero probabilmente assai diversi dai miei. Di quanto, in sostanza, io fossi molto più fortunato di quanto molti di loro non fossero stati.
Il monte è un altipiano su cui si innalzano dalla sommità dell'altipiano (per non più di 100 m., a mio parere) la cima "austriaca" e quella italiana. L'intero monte era chiamato dagli austriaci "Monte Piano" e "Monte Piana" dagli italiani. Io userò "monte Piano" solo per la cima "austriaca". La pianta di M. Piana può essere schematizzata come un otto. Abbiamo la sommità conquistata dagli italiani, la "cima" tenuta dagli austriaci ed una selletta che le congiunge, la Forcella dei Castrati. Il mio parlar di cime non vi scoraggi. Una volta al rifugio si è sostanzialmente già in cima, come ho accennato più sopra. Se si vuole percorrere i sentieri più esposti è buona norma avere un classico kit da ferrata: imbrago, due cordini con moschettone ed un elmetto. Ma per ammirare il museo non è necessario seguire tali sentieri. In tal caso basta quindi avere delle scarpe comode e con robuste suole a carrarmato e prestare la normale attenzione dovuta a qualunque escursione in montagna.
Molto utile - ve lo consiglio caldamente - è un volumetto che contiene sia la storia "militare" di Monte Piana, sia la storia del muso - come e da chi è stato fatto, cosa è stato "riaperto" etc. Il volume è di Walther Schaumann, è edito da Ghedina & Tassotti ed ha per titolo "Monte Piana" e per sottotitolo "Storia, escursioni e paesaggio - Museo all'Aperto degli anni 1915/17". Io lo comprai a Roma, ma è reperibile anche al rifugio.
Dal lago di Misurina prendete la famosa e famigerata strada per le Tre Cime di Lavaredo. Dopo un centinaio di metri c'è un bivio a sinistra con l'indicazione "Rifugio Magg. Angelo Bosi al M.te Piana". Una strada conduce fin quasi in cima, al Rifugio Bosi. Fino al 1996 la strada (stretta! molto stretta) era aperta al traffico. Ora sembra vi sia un servizio di navetta per il rifugio. Per chi non vuol salire a piedi. Dal bivio al rifugio sono circa 5 km.
Il museo è relativamente poco frequentato, e io ho sempre avuto la possibilità di girare verso un sentiero meno battuto, di aspettare che una comitiva di turisti si allontanasse per rimaner solo, in silenzio, a sentire il frusciare del vento ed a guardare tante belle montagne: Cristallo, Cadini, Tre Cime, Croda Rossa di Cortina, e a pensare a chi li non andò in vacanza. La prima volta che vidi le montagne (il Cristallo?) attraverso una feritoia, mi venne da pensare a coloro i quali dovettero combattere in condizioni ambientali molto difficili, in queste stesse zone. A come i loro pensieri - di fronte alle stesse montagne - fossero probabilmente assai diversi dai miei. Di quanto, in sostanza, io fossi molto più fortunato di quanto molti di loro non fossero stati.
Il monte è un altipiano su cui si innalzano dalla sommità dell'altipiano (per non più di 100 m., a mio parere) la cima "austriaca" e quella italiana. L'intero monte era chiamato dagli austriaci "Monte Piano" e "Monte Piana" dagli italiani. Io userò "monte Piano" solo per la cima "austriaca". La pianta di M. Piana può essere schematizzata come un otto. Abbiamo la sommità conquistata dagli italiani, la "cima" tenuta dagli austriaci ed una selletta che le congiunge, la Forcella dei Castrati. Il mio parlar di cime non vi scoraggi. Una volta al rifugio si è sostanzialmente già in cima, come ho accennato più sopra. Se si vuole percorrere i sentieri più esposti è buona norma avere un classico kit da ferrata: imbrago, due cordini con moschettone ed un elmetto. Ma per ammirare il museo non è necessario seguire tali sentieri. In tal caso basta quindi avere delle scarpe comode e con robuste suole a carrarmato e prestare la normale attenzione dovuta a qualunque escursione in montagna.
Molto utile - ve lo consiglio caldamente - è un volumetto che contiene sia la storia "militare" di Monte Piana, sia la storia del muso - come e da chi è stato fatto, cosa è stato "riaperto" etc. Il volume è di Walther Schaumann, è edito da Ghedina & Tassotti ed ha per titolo "Monte Piana" e per sottotitolo "Storia, escursioni e paesaggio - Museo all'Aperto degli anni 1915/17". Io lo comprai a Roma, ma è reperibile anche al rifugio.
Come arrivare al museo
Dal lago di Misurina prendete la famosa e famigerata strada per le Tre Cime di Lavaredo. Dopo un centinaio di metri c'è un bivio a sinistra con l'indicazione "Rifugio Magg. Angelo Bosi al M.te Piana". Una strada conduce fin quasi in cima, al Rifugio Bosi. Fino al 1996 la strada (stretta! molto stretta) era aperta al traffico. Ora sembra vi sia un servizio di navetta per il rifugio. Per chi non vuol salire a piedi. Dal bivio al rifugio sono circa 5 km.
Ulteriori foto by Diego Brozzola
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