Quando entrò in guerra la Regia Marina possedeva
la più grande flotta sottomarina del mondo, composta da più
di un centinaio di sommergibili, quindi circa il doppio di quelli che
aveva la Germania nel 1939.

Inoltre erano, per la maggior parte di buona e recente
costruzione; avevano però alcuni inconvenienti che, purtroppo,
vennero rilevati solo a guerra iniziata ed in condizioni operative,
dopo il confronto diretto con i sommergibili tedeschi.
 
Questo confronto avvenne a partire dal giugno 1940 quando
il primo sommergibile italiano, il Finzi, fu inviato in Atlantico
per organizzare, in concerto con la Germania, la base di Bordeaux; in
tale occasione si constatò che i sottomarini tedeschi erano nettamente
più adatti ad operare in Atlantico, soprattutto in quella forma
di attacco di massa ideata dall'Ammiraglio Donitz (il "branco di
lupi") che si iniziava a sperimentare.

A confronto con i sommergibili tedeschi, quelli italiani
avevano un eccessivo sviluppo delle sovrastrutture, bassa manovrabilità,
bassa velocità in immersione, insufficiente rapidità di
emersione e generalmente un dislocamento troppo grande.
 
Anche nell'attrezzatura tecnica presentavano diverse gravi
lacune: non avevano una centrale meccanizzata per il calcolo degli elementi
di lancio dei siluri, soprattutto per il lancio multiplo, inoltre l'espulsione
del siluro avveniva tramite aria compressa, che produceva una vistosa
bolla d'aria, che facilmente rivelava la posizione del sommergibile
al nemico.

Infine i sommergibili della Regia Marina erano sprovvisti
di ecogoniometro, il che vuol dire che in immersione, sotto quota periscopio,
erano praticamente ciechi.

Bisogna considerare che l'invio di dodici sommergibili
italiani in Atlantico era stato concordato nel 1939, a Friedrichshaven,
tra i comandi della Regia Marina e della Marina tedesca e quindi fu
una grave mancanza da parte italiana il non far prendere contatto comandanti
e tecnici delle unità subacquee con la Marina tedesca per sfruttare
la sua esperienza in tale settore. Le imperfezioni tecniche sarebbero
così state notate subito, anzichè oltre un anno più
tardi, consentendo di anticipare il doveroso adeguamento necessario
per operare in Atlantico, che invece iniziò tardi e non fu mai
del tutto portato a termine.
La regia Marina riuscì comunque, sulle unità
già in servizio ma soprattutto su quelle in costruzione, a migliorare
la rapidità di immersione e a ridurre le sovrastrutture; vennero
in seguito montate anche delle centraline di lancio, un po' improvvisate
ma funzionali ed in ultimo, ma piuttosto tardi, si installarono anche
gli ecogoniometri.

Considerando le difficili condizioni che si trovarono
ad affrontare i sommergibilisti italiani nel teatro dell'Atlantico,
per loro completamente nuovo e sconosciuto, per di più avendo
dei mezzi inadeguati, viene da pensare che i risultati ottenuti furono
veramente notevoli; tuttavia il rendimento di tali unità sarebbe
stato senza dubbio migliore senza quella impreparazione iniziale che
causò anche numerose perdite che, forse, si potevano evitare.
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