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Argomento: Fregate classe River - Recensione di Marco S. (09/07)

Quando ho visto questo libro, mi è sembrato una sorta di complemento, di classici libri del tipo "tutto sugli U-boot", come quello scritto da David Miller per la Conway o da Robert Stern per la Arms and Armour Press. L'autore è noto soprattutto per i suoi scritti sulla marina nelsoniana e sull'architettura delle navi di quel periodo, ma è pur sempre curatore emerito del National Maritime Museum e mi pare che abbia fatto comunque un ottimo e competente lavoro. Con questo libro, dunque, Lavery si pone "dall'altra parte della barricata" facendoci salire sulle navi di scorta ai convogli atlantici, cioè i naturali avversari degli U-boot.
Il volume parte dalle origini della classe "River", cioè dall'esigenza di superare le corvette della classe "Flower", che erano unità economiche, ma concepite più per il Mare del Nord che per l'Atlantico. Le "Flower", infatti, erano troppo lente (16 nodi) per controbattere le manovre dei sommergibili tedeschi in emersione, caratteristici delle nuove tattiche di Doenitz; avevano troppa poca autonomia per scortare i convogli fino ai 35 gradi ovest, limite richiesto dalle esigenze della guerra. Ma quel che è peggio, le "Flower" rollavano tremendamente sull'onda lunga dell'Atlantico: con un mare mosso, infatti, arrivavano tranquillamente a rollare di 40°-50°, con un rateo di rollio molto secco di 10° al secondo. Era una seria limitazione operativa, non solo perché, in queste condizioni, non era possibile usare alcun sensore di bordo, ma anche perché molti esperti marinai inglesi, pur provenienti da anni di servizio su altre unità della Royal Navy o dalla Merchant Marine, sperimentarono per la prima volta sulle "Flower" il tremendo logorio di intere settimane in Atlantico dedicate in gran parte allo sforzo di reggersi in piedi, spesso con larghe parti dell'equipaggio messe KO dal mal di mare. Problemi a cui solo in parte si sarebbe posto rimedio e quindi ci rendiamo conto con quali sforzi gli equipaggi alleati abbiano tenuto in mare queste famose corvette, che avrebbero comunque sopportato il maggior peso della difesa dei convogli atlantici (tenendo conto che, a differenza dei colleghi/nemici sugli U-boot, essi non avevano neanche il conforto dato dalle periodiche immersioni) Sono anche note le generiche controindicazioni dell'usare i cacciatorpediniere per compiti di scorta ai convogli (anche la Regia Marina italiana ebbe modo di constatarle): si trattava di navi di squadra troppo costose e specializzate per usurarle nella difesa di convogli da 10-15 nodi; navi con troppa potenza installata e con significativo armamento di cannoni e siluri, tutte cose eccessive, se non del tutto inutili, per questo compito (vedi i siluri). Inoltre la necessità dei caccia di avere i tubi lanciasiluri, obbligava i loro progettisti a realizzare corti castelli, per abbassare il bordo libero a centronave, dove c'erano i tubi di lancio: il che rendeva la coperta impraticabile in condizioni di mare impegnativo, come spesso capitava nelle lunghe navigazioni in Nord Atlantico.
Era necessario un tipo di nave economica, costruita rapidamente secondo standard mercantili, ma in grado di sostituire i cacciatorpediniere in tutti i compiti di scorta ai convogli mercantili; un'unità dotata di due linee d'assi, anzichè una, capace di arrivare a 21-22 nodi, anche in condizioni oceaniche, e di essere in queste condizioni stabile e manovriera. Le varie classi di sloop già in servizio nella Royal Navy, che pure avevano alcuni di questi requisiti, erano troppo costose per essere riprodotte in serie. Per evitare di ripetere l'errore commesso con le "Flower" (largamente ispirate alle baleniere tipo "Southern Pride") si progettò l'unità ex-novo, sulla base dei citati requisiti, cercando un compromesso tra le esigenze militari e gli standard civili dei cantieri che avrebbero dovuto costruirle. Ne verrà fuori la classe "River", costruita in oltre 133 esemplari, che sarà il primo tipo di nave moderna a ricevere l'antico nome di "fregata". La lunghezza sarà di 92 metri (anzichè 63 metri delle "Flower"), il dislocamento sarà sulle 1400 tonnellate (anzichè 980), imbarcheranno due cannoni singoli da 102 mm (anzichè uno) ed un complesso antiaereo (nel caso 4 Oerlikon da 20 mm, variamente disposte), 150 cariche di profondità (anzichè 70), con 4 lanciabombe laterali e tre tramoggie e, infine, un "hedgehog". Tra i sensori, l'ASDIC tipo 144 ed il radar tipo 271 e sistema HF/DF tipo FHB.
L'autore esamina sotto tutti gli aspetti la vita di queste navi, con una serie di paragrafi di agile lettura, massimo di due pagine, ulteriormente ridotte dal piccolo formato del volumetto, tipo "Rivista Marittima" per intenderci. Ciò non impedisce all'autore di toccare interessantissimi aspetti tecnici, architettonici, operativi ed organizzativi, relativi alla costruzione di queste navi, alle caratteristiche ed all'impiego delle caldaie, delle macchine e dei condensatori, alle caratteristiche ed all'impiego delle armi e dei sensori, nonché alla vita di bordo, vista anche sotto aspetti pratici, come la disposizione dei locali e gli spazi per le varie attività, nonché i loro effetti sul benessere e sulla routine operativa in Atlantico. Vengono poi esaminate le dottrine tattiche relative alla scorta ai convogli, in vigore nella Royal Navy nel periodo di entrata in servizio delle "River", nonché la loro applicazione pratica, nelle battaglie in cui le "River" intervennero in numero significativo (convogli HX231, ONS5, SC130 e Offensiva nel Golfo di Biscaglia). Vengono poi illustrate le caratteristiche idrografiche e strategiche dei principali porti da cui queste navi operarono durante la II Guerra Mondiale (Liverpool, il Clyde e Londonderry, in primis).
Intendiamoci, questo libro non è uno zibaldone di curiosità alla rinfusa, bensì una trattazione sistematica, fatta però con felice sintesi tra l'esigenza del dettaglio tecnico-operativo e quella della lettura scorrevole. I capitoli, infatti, seguono rigorosamente l'impostazione di un vero e proprio trattato tecnico-operativo: Cap.1. Le origini - L'evoluzione della scorta antisommergibile, Il progetto delle classe "River", L'evoluzione dell'armamento, La costruzione delle navi; Cap.2. La nave - Lo scafo, L'allestimento, Le macchine, L'entrata in servizio, La plancia; Cap.3.Le armi - I cannoni, Le cariche di profondità, L'hedgehog, Gli apparati di dragaggio; Cap.4.I sensori - L'Asdic, Il Radar, Le comunicazioni; Cap.5.Ufficiali ed equipaggio - Ufficiali, Sottufficiali e graduati, Marinai, Personale di macchina; Cap.6. Sistemazioni di bordo - Sistemazione degli ufficiali, Mense, Altre aree; Cap.7. Le fregate in servizio - La Battaglia dell'Atlantico, Addestramento, Escort and Support Group, Basi, Organizzazione e procedure della scorta ai convogli; Difesa ed attacco antisommergibile; La routine giornaliera; Le prime azioni; Cap.8.Conclusioni - Una valutazione, Dopo la guerra, L'evoluzione del concetto di "Fregata" e delle armi antisommergibile; Appendice; Note; Indice analitico. Ciascuno dei citati capoversi e suddiviso in numerosi paragrafi, che ovviamente non cito. Ma quello che colpisce di più di questo libro è il quasi totale affidamento su fonti iconografiche originali, ciascuna regolarmente dotata di riferimenti d'archivio e ben stampata, malgrado il formato ridotto dell'edizione. Si tratta in larga parte di cianografie originali del progetto complessivo della nave e dei particolari impianti ed armi, oppure di pagine dei manuali originali relativi ai sensori od alle formazioni tattiche. Laddove il disegno o la foto occupa le due facciate, si ha avuto l'accortezza di suddividerli prima che venissero "mangiati" della rilegatura, così che non vada perduto alcun particolare.
Mi pare quindi un libro consigliabile, sia per l'alto livello tecnico, sia per l'agevole lettura, sia per la trattazione di una classe di navi poco conosciuta, sia per la pubblicazione di materiale d'archivio inedito. Direi che sia altamente raccomandabile soprattutto ai cultori della Battaglia dell'Atlantico.
Il volume parte dalle origini della classe "River", cioè dall'esigenza di superare le corvette della classe "Flower", che erano unità economiche, ma concepite più per il Mare del Nord che per l'Atlantico. Le "Flower", infatti, erano troppo lente (16 nodi) per controbattere le manovre dei sommergibili tedeschi in emersione, caratteristici delle nuove tattiche di Doenitz; avevano troppa poca autonomia per scortare i convogli fino ai 35 gradi ovest, limite richiesto dalle esigenze della guerra. Ma quel che è peggio, le "Flower" rollavano tremendamente sull'onda lunga dell'Atlantico: con un mare mosso, infatti, arrivavano tranquillamente a rollare di 40°-50°, con un rateo di rollio molto secco di 10° al secondo. Era una seria limitazione operativa, non solo perché, in queste condizioni, non era possibile usare alcun sensore di bordo, ma anche perché molti esperti marinai inglesi, pur provenienti da anni di servizio su altre unità della Royal Navy o dalla Merchant Marine, sperimentarono per la prima volta sulle "Flower" il tremendo logorio di intere settimane in Atlantico dedicate in gran parte allo sforzo di reggersi in piedi, spesso con larghe parti dell'equipaggio messe KO dal mal di mare. Problemi a cui solo in parte si sarebbe posto rimedio e quindi ci rendiamo conto con quali sforzi gli equipaggi alleati abbiano tenuto in mare queste famose corvette, che avrebbero comunque sopportato il maggior peso della difesa dei convogli atlantici (tenendo conto che, a differenza dei colleghi/nemici sugli U-boot, essi non avevano neanche il conforto dato dalle periodiche immersioni) Sono anche note le generiche controindicazioni dell'usare i cacciatorpediniere per compiti di scorta ai convogli (anche la Regia Marina italiana ebbe modo di constatarle): si trattava di navi di squadra troppo costose e specializzate per usurarle nella difesa di convogli da 10-15 nodi; navi con troppa potenza installata e con significativo armamento di cannoni e siluri, tutte cose eccessive, se non del tutto inutili, per questo compito (vedi i siluri). Inoltre la necessità dei caccia di avere i tubi lanciasiluri, obbligava i loro progettisti a realizzare corti castelli, per abbassare il bordo libero a centronave, dove c'erano i tubi di lancio: il che rendeva la coperta impraticabile in condizioni di mare impegnativo, come spesso capitava nelle lunghe navigazioni in Nord Atlantico.
Era necessario un tipo di nave economica, costruita rapidamente secondo standard mercantili, ma in grado di sostituire i cacciatorpediniere in tutti i compiti di scorta ai convogli mercantili; un'unità dotata di due linee d'assi, anzichè una, capace di arrivare a 21-22 nodi, anche in condizioni oceaniche, e di essere in queste condizioni stabile e manovriera. Le varie classi di sloop già in servizio nella Royal Navy, che pure avevano alcuni di questi requisiti, erano troppo costose per essere riprodotte in serie. Per evitare di ripetere l'errore commesso con le "Flower" (largamente ispirate alle baleniere tipo "Southern Pride") si progettò l'unità ex-novo, sulla base dei citati requisiti, cercando un compromesso tra le esigenze militari e gli standard civili dei cantieri che avrebbero dovuto costruirle. Ne verrà fuori la classe "River", costruita in oltre 133 esemplari, che sarà il primo tipo di nave moderna a ricevere l'antico nome di "fregata". La lunghezza sarà di 92 metri (anzichè 63 metri delle "Flower"), il dislocamento sarà sulle 1400 tonnellate (anzichè 980), imbarcheranno due cannoni singoli da 102 mm (anzichè uno) ed un complesso antiaereo (nel caso 4 Oerlikon da 20 mm, variamente disposte), 150 cariche di profondità (anzichè 70), con 4 lanciabombe laterali e tre tramoggie e, infine, un "hedgehog". Tra i sensori, l'ASDIC tipo 144 ed il radar tipo 271 e sistema HF/DF tipo FHB.
L'autore esamina sotto tutti gli aspetti la vita di queste navi, con una serie di paragrafi di agile lettura, massimo di due pagine, ulteriormente ridotte dal piccolo formato del volumetto, tipo "Rivista Marittima" per intenderci. Ciò non impedisce all'autore di toccare interessantissimi aspetti tecnici, architettonici, operativi ed organizzativi, relativi alla costruzione di queste navi, alle caratteristiche ed all'impiego delle caldaie, delle macchine e dei condensatori, alle caratteristiche ed all'impiego delle armi e dei sensori, nonché alla vita di bordo, vista anche sotto aspetti pratici, come la disposizione dei locali e gli spazi per le varie attività, nonché i loro effetti sul benessere e sulla routine operativa in Atlantico. Vengono poi esaminate le dottrine tattiche relative alla scorta ai convogli, in vigore nella Royal Navy nel periodo di entrata in servizio delle "River", nonché la loro applicazione pratica, nelle battaglie in cui le "River" intervennero in numero significativo (convogli HX231, ONS5, SC130 e Offensiva nel Golfo di Biscaglia). Vengono poi illustrate le caratteristiche idrografiche e strategiche dei principali porti da cui queste navi operarono durante la II Guerra Mondiale (Liverpool, il Clyde e Londonderry, in primis).
Intendiamoci, questo libro non è uno zibaldone di curiosità alla rinfusa, bensì una trattazione sistematica, fatta però con felice sintesi tra l'esigenza del dettaglio tecnico-operativo e quella della lettura scorrevole. I capitoli, infatti, seguono rigorosamente l'impostazione di un vero e proprio trattato tecnico-operativo: Cap.1. Le origini - L'evoluzione della scorta antisommergibile, Il progetto delle classe "River", L'evoluzione dell'armamento, La costruzione delle navi; Cap.2. La nave - Lo scafo, L'allestimento, Le macchine, L'entrata in servizio, La plancia; Cap.3.Le armi - I cannoni, Le cariche di profondità, L'hedgehog, Gli apparati di dragaggio; Cap.4.I sensori - L'Asdic, Il Radar, Le comunicazioni; Cap.5.Ufficiali ed equipaggio - Ufficiali, Sottufficiali e graduati, Marinai, Personale di macchina; Cap.6. Sistemazioni di bordo - Sistemazione degli ufficiali, Mense, Altre aree; Cap.7. Le fregate in servizio - La Battaglia dell'Atlantico, Addestramento, Escort and Support Group, Basi, Organizzazione e procedure della scorta ai convogli; Difesa ed attacco antisommergibile; La routine giornaliera; Le prime azioni; Cap.8.Conclusioni - Una valutazione, Dopo la guerra, L'evoluzione del concetto di "Fregata" e delle armi antisommergibile; Appendice; Note; Indice analitico. Ciascuno dei citati capoversi e suddiviso in numerosi paragrafi, che ovviamente non cito. Ma quello che colpisce di più di questo libro è il quasi totale affidamento su fonti iconografiche originali, ciascuna regolarmente dotata di riferimenti d'archivio e ben stampata, malgrado il formato ridotto dell'edizione. Si tratta in larga parte di cianografie originali del progetto complessivo della nave e dei particolari impianti ed armi, oppure di pagine dei manuali originali relativi ai sensori od alle formazioni tattiche. Laddove il disegno o la foto occupa le due facciate, si ha avuto l'accortezza di suddividerli prima che venissero "mangiati" della rilegatura, così che non vada perduto alcun particolare.
Mi pare quindi un libro consigliabile, sia per l'alto livello tecnico, sia per l'agevole lettura, sia per la trattazione di una classe di navi poco conosciuta, sia per la pubblicazione di materiale d'archivio inedito. Direi che sia altamente raccomandabile soprattutto ai cultori della Battaglia dell'Atlantico.
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