L'ultimo uomo del Bounty di Trevor Lummis, Piemme 2000
Nel settembre 1808 la nave americana "Topaz", mentre stava navigando verso il Pacifico, dopo aver doppiato Capo Horn", "scopre" un isola. E' l'isola di Pitcairn. Su quell'isola scopre una piccola comunità meticcia, che parla
perfettamente l'inglese, anzi che si considera inglese, pur non avendo mai visto l'Inghilterra.
Alla guida di questa comunità c'è John Adams, che risulterà essere l'ultimo sopravvissuto dell'HMS "Bounty", protagonista del noto ammutinamento, avvenuto nel fatale anno 1789, all'inizio del viaggio di ritorno da Tahiti e
per iniziativa del secondo di bordo, tenente Fletcher Christian, che abbandonò in mare su una lancia il capitano William Bligh con il personale rimastogli fedele.
Arruolato sul "Bounty" sotto il falso nome Alexander Smith (come prassi nella marina dell'epoca), Adams appariva ora come il saggio patriarca di una comunità pacifica e bucolica, che ben rappresentava il mito del "buon selvaggio", tanto caro alla letteratura romantica dell'epoca.
Questa serenità apparente era però stata preceduta da un periodo terribile, fatto di contrasti ed assassinii, che avevano eliminato, ad uno ad uno, gli ammutinati del "Bounty", molto più di quanto avessero fatto le varie malattie.
Pitcairn, che nei film sul "Bounty" si vuole addirittura presentare come il laboratorio di una nuova forma di convivenza tra gli uomini, sotto la guida illuminata del generoso e coraggioso tenente Christian, che tutto aveva sacrificato in nome di essa.
Pitcairn, che per i veri ammutinati doveva essere solo la speranza di sfuggire alle leggi britanniche, ritrovando un po' di serenità e sicurezza, vivendo con le donne che amavano e con l'aiuto di molti amici tahitiani.
Pitcairn sarebbe invece diventata un lungo incubo, il luogo di gente ammazzata malamente, il luogo di inganni in nome di una vecchia amicizia ormai morta, dove chi ci credeva ancora era il primo a morire. Il tutto senza neanche la speranza di una legge (inglese o tahitiana che fosse), pur remota, che potesse moderare la cieca follia di questa violenza incontrollata.
Con questo libro, l'autore cerca di ricostruire il filo di questa storia, dopo aver fatto una breve, ma valida e doverosa carrellata sulle vicende precedenti del viaggio e dell'ammutinamento. A sua disposizione ben poche fonti, tutte contradditorie.
In pratica le fonti che Lummis ha a sua disposizione per ricostruire le vicende di Pitcairn sono solo le testimonianze di John Adams e "Jenny" (donna tahitiana, già moglie di Isaac Martin, l'unica tornata a Tahiti e quindi sottratta all'influenza di Adams stesso e disposta a parlare liberamente, se non a dire la verita).
Unica fonte scritta è il diario dell'ex guardiamarina del "Bounty", Edward Young, molto sospetto per quello che diremo. Lummis ritiene che dovesse esserci anche un diario del tenente Christian, il capo degli ammutinati (doveva esserci, perche' la comunita' aveva tenuto il conto esatto dei giorni dell'anno, fino all'arrivo del "Topaz", malgrado il diario di Young inizi solo dopo la morte di Christian). Ma questo diario doveva essere stato distrutto, perchè non venne mai
trovato.
Con un'opera degna del tenente Colombo, Lummis cerca di tracciare un quadro compatibile delle vicende. Ne emerge innanzitutto il razzismo degli "uomini bianchi", coloro che in tutti i film sul "Bounty" si vogliono in lotta per ideali di giustizia e libertà. Una volta giunti sull'isola, però, la convivenza con gli uomini tahitiani viene gradatamente impostata in termini di soggezione, non solo nel lavoro, ma fino al punto che, quando ad un bianco premuore la moglie tahitiana, questi può sostituirla con quella di un uomo tahitiano a sua scelta.
Ne scaturisce una lotta che in superficie può considerarsi una "guerra servile", alimentata dal fatto che i "nuovi servi" non erano i "vecchi nemici", come era il caso degli schiavi dei romani, ma gente che si era unita agli inglesi sedotta dalla loro amicizia, forse anche per spirito di avventura, ma pure per aiutarli, integrando lo scarso equipaggio rimasto sulla nave.
La cosa che più colpisce è come in questa guerra le donne tahitiane si siano quasi tutte schierate dalla parte degli inglesi: certo in alcune l'amore per i loro mariti inglesi prevalse sulla solidarietà etnica, ma per altre si trattò forse della più semplice ed amara constatazione del fatto che la lotta dei loro connazionali contro i bianchi era senza speranza.
Dietro le quinte di questa "guerra servile", però, Lummis intravvede la mano di Young, che sembra recitare diverse parti in commedia, ora inducendo tahitiani ad ammazzare altri bianchi, ora assassinandoli con l'inganno. Young, che sarebbe quindi diventato il capo incontrastato della situazione, si sarebbe arreso solo alla malattia, mentre la sorte di Christian resta incerta, anche se è probabile che sia stato assassinato (da tahitiani, naturalmente ; ).
Un libro che forse non ha molto interesse, visto che tratta di una vicenda sostanzialmente squallida e truce.
Ma che completa la più generale vicenda del viaggio del "Bounty", del suo ammutinamento e della navigazione di Bligh per migliaia di miglia di oceano, su una lancia stracarica, facendo sì che tutta la vicenda assurga a gigantesco affresco sulla grandezza dell'ingegno e del coraggio dell'uomo, ma anche sui gravi limiti del suo animo, che ne fanno ancora un "animale pericoloso", una volta sottratto all'imperio della legge di uno stato.
Mi sento pertanto di consigliare l'acquisto di questo volume solo agli appassionati del genere, perchè per gli altri potrebbe risultare più noioso del previsto.