It.Cultura.Storia.Militare On-Line
invia stampa testo grande testo standard
Bookmark and Share
[HOME] > [icsm LIBRI] > [Post II GM: Iraq]
Argomento: Iraqi Freedom - Recensione di NS (05/10)
Copertina Generation Kill di Evan Wright, Corgi
Il 1st Reconnaissance Battalion è un'unità d'elite dell'USMC. Per farne parte i candidati devono seguire corsi di roccia, paracadutismo, sub, resistenza agli interrogatori ed evasione, etc, condividendo parte dell'addestramento con i Navy Seals. Più della metà degli aspiranti non termina il corso. Una tale selezione è giustificata dalla missione affidata all'unità: i Marines del 1st Recon sono infatti chiamati ad operare dietro le linee nemiche in team composti da 4-6 uomini, osservando senza essere visti ed evitando ogni contatto con il nemico. Questa, almeno, era stata la filosofia di impiego fino al gennaio del 2003 quando insieme al resto della 1st Marine Division il 1st Recon viene inviato in Kuwait in vista di Enduring Freedom. In virtù della dottrina Rumsfeld che privilegia la mobilità delle forze al numero e alla potenza di fuoco e per decisione diretta del comandante della 1st Marine Division, Gen. Mattis, attuale comandante del Corpo dei Marines, il 1st Recon, 380 uomini in tutto, verrà impiegato come un reparto di fanteria motorizzata andando a costituire la punta di lancia dell'invasione. Montati su Humvee, gli uomini si troveranno ad operare in massa all'interno di formazioni composte da decine di mezzi: una delle poche cose che non sono mai stati addestrati a fare (fino a due mesi prima dell'invasione il reparto non disponeva di Humvee e molti dei suoi membri non erano nemmeno abilitati alla guida del mezzo). Generation Kill, scritto da Evan Wright, giornalista del Rolling Stone embedded con il 1st Recon, ricostruisce giorno per giorno la cavalcata che porterà l'unità dai confini del Kuwait a Baghdad, passando da Nassirya e percorrendo tutta la Mezzaluna Fertile fino ad Al Kut. In questa campagna il 1st Recon verrà sistematicamente impiegato in compiti non adatti ad un'unità leggera e priva di supporti: sarà infatti chiamato a sventare imboscate, combattere in ambiente urbano e addirittura ad assaltare un campo di aviazione alla cui difesa sono attestate truppe corazzate (che fortunatamente fuggiranno prima dell'arrivo dei marines). Non è un caso se durante le operazioni l'unità verrà soprannominata 1st Suicide Battalion. Ad intralciare l'operatività del 1st Recon concorrono una lunga serie di inefficienze fra le quali la cronica carenza di batterie per i visori notturni e la presenza all'interno del battaglione di un unico traduttore, per altro di scarsa affidabilità. Non mancano gli attriti con gli ufficiali: si va da personaggi tutto sommato pittoreschi fino a figure inquietanti che rasentano la psicopatia. Alcuni vengono descritti come veri e propri incompetenti che, pur rivestendo posizioni di comando, sembrano ignorare le regole base del combattimento (un ufficiale risulterà incapace di chiamare una "missione di fuoco" dell'artiglieria) o, forse peggio, paiono avere una considerazione molto elastica del diritto di guerra. Nonostante il taglio anti-eroico e a tratti dissacrante, il libro di Wright non si propone come opera anti-militarista e non manca di riconoscere il valore degli uomini del 1st Recon. Generation Kill è un testo appassionante, sufficientemente dettagliato e credibile che ha meritato l'ottimo riscontro di pubblico ricevuto. Anche se manca una lettura d'insieme del conflitto, il testo risulta una lettura consigliata a quanti vogliano approfondire le operazioni legate a Enduring Freedom.
Argomento: Ricostruzione in Iraq e CPA - Recensione di NS (02/10)
Copertina Un'italiana in Iraq. Mesi di guerra e di ricostruzione di Anna Prouse, Touring Club Italiano
« La nonna ha ricominciato a raccontare di quando è atterrata a Baghdad, si lamenteranno i miei nipotini. Poveretti. Ma io ben ricordo con quanta gioia ascoltavo mio nonno raccontare di quella sua fuga rocambolesca assieme a tutta la famiglia attraverso le montagne. Racconti di guerra » Ed un racconto di guerra, sebbene molto particolare, è anche quello di Anna Prouse, volontaria della Croce Rossa Italiana. Sbarcata in Iraq in una torrida giornata del giugno 2003 con destinazione l'Italian Red Cross Field Hospital, l'ospedale campo allestito nella capitale irachena dalla Croce Rossa Italiana, l'autrice si scontra subito con la realtà del Paese: « Quanti posti di blocco, quanti soldati, quanti carri armati! Camionette incendiate ovunque. […] Ero arrivata. Carabinieri armati facevano la guardia sulle torrette. "Scappo. Non ce la farò mai" » Resterà invece per oltre un anno, per i primi tre mesi presso la struttura italiana, occupandosi di gestire i rapporti con le istituzioni locali, le forze della coalizione, i media e la Croce Rossa Internazionale. Poi, per quasi un anno, dall'autunno 2003 al luglio 2004, come consulente per l'autorità provvisoria della coalizione (CPA) lavorerà all'interno dell'health team per riorganizzare il sistema sanitario iracheno. Il libro, scritto con passione e competenza, offre una testimonianza sincera della vita di un funzionario civile alle prese con la ricostruzione dell'Iraq negli anni più difficili seguiti alla guerra del 2003. Al resoconto dell'impegno quotidiano, portato avanti con determinazione a dispetto della cronica mancanza di risorse, dei pericoli ricorrenti - la stessa autrice scamperà alla morte per ben due volte - e delle direttive emanate da autorità superiori spesso distratte o incapaci, si affianca il ritratto di un Paese sconvolto dal conflitto in corso e da anni di dittatura, un Paese che però, agli occhi dell'autrice, appare ancora fiero e impaziente di cominciare un nuovo cammino.
Argomento: Guerra del Golfo - Recensione di Francesco d'Alessandro (02/06)
Copertina Jarhead di Anthony Swofford, Rizzoli
L'appassionato di storia militare non troverà quest'opera di alcuna utilità. Partendo dai primi giorni dell'addestramento, fino all'esperienza in Iraq durante le operazioni Desert Shield e Desert Storm, e al successivo congedo, a dominare le memorie dell'autore sono infatti pagine e pagine di frustrazione, disagio e opprimente senso di vuoto. Swofford, caporale del plotone STA (Suirvellance and Target Acquisition), del 2° battaglione, 7° Marine, non sembra aver vissuto durante gli anni di servizio esperienze degne di essere ricordate in un libro: la narrazione vede infatti l'alternarsi di colossali quanto devastanti sbronze collettive, in realtà poco credibili dato il reparto di appartenenza, ad episodi grotteschi, narrati (o inventati?) al solo apparente scopo di scandalizzare il lettore. In definitiva l'opera risulta inconsistente: le poche pagine di qualche interesse - i tre giorni di operazioni terrestri in Kuwait - non valgono la fatica di affrontare una lettura che resta decisamente sconsigliata.
Argomento: Antica Babilonia - Recensione di Francesca Ponzetto (03/07)
Copertina Nassirya, la vera storia di Lao Petrilli e Vincenzo Sinapi, Lindau (19 Euro)
Nella provincia irachena del Dhi Qar, la provincia controllata dai militari italiani, si registrò, a un certo punto, un attentato al giorno. In particolare, ci furono "ottantaquattro attacchi di ogni tipo tra maggio e novembre" 2006, cioè a missione quasi conclusa e nonostante la "relativa tranquillità spacciata in Italia". E' una delle rivelazioni su Antica Babilonia contenute in Nassiriya. La vera storia (edizioni Lindau), il primo libro scritto a operazione conclusa. Il volume, che esce in questi giorni, scritto dai giornalisti Lao Petrilli e Vincenzo Sinapi, contiene anche interviste esclusive ad Arturo Parisi, il ministro della Difesa che ha riportato i soldati a casa, e ad Antonio Martino, in carica quando venne deciso di dare il via alla missione. "Il 19 luglio dello scorso anno esplosero tre bombe nell'arco di poche ore e in un raggio di appena venti chilometri, il 22 agosto 2 morti e 2 feriti in un convoglio saltato su un ordigno". E poi i razzi. "Tallil, una base piena zeppa di americani, fu presa particolarmente di mira […]. Questi i fatti. Tre missili da 107 millimetri vennero lanciati contro l'aeroporto e i suoi compound il 19 maggio. Poi si passò a due pezzi da 122 millimetri, sparati il 15 luglio. Quattro giorni dopo, una pioggia di fuoco esplicitò a tutti che qualcosa stava cambiando, se non era già cambiato nell'intensità dell'offensiva della guerriglia: furono addirittura 12 i razzi di grosso calibro sparati contro Tallil, bersagliata successivamente il 9 agosto, il 29 agosto, il 2 settembre (con 5 razzi), il 12 e il 19 di ottobre. Colpi di mortaio caddero poi su Camp Cedar II, una base vicino allo scalo. Accadde in almeno due occasioni, il 12 luglio e il 4 di ottobre". Nel libro si ripercorrono i tre anni e mezzo di Antica Babilonia, dall'arrivo dei soldati a Nassiriya all'attentato del 12 novembre del 2003, dalle odissee dei bimbi malati portati in Italia alle battaglie dei ponti. Gli autori, documenti inediti alla mano, ne contano tre. L'ultima tra il 5 e il 6 agosto del 2004. Scrivono: "queste carte provano senza ombra di dubbio" che "è stata combattuta una vera battaglia per impedire ai "ribelli" di riconquistare i ponti di Nassiriya. La terza battaglia dei ponti c'è stata, eccome. Basta considerare il numero dei colpi sparati dalla task force Serenissima - 42.601, un diluvio di fuoco - e le diagnosi degli unici sei militari feriti - trauma acustico - per avere un'idea di cosa è successo". Fra le altre notizie rese note da Nassiriya, la vera storia c'è anche la vicenda del "primo iracheno ucciso per mano italiana. Si chiamava Anaya Ruscid e aveva 42 anni". Fu ammazzato il 7 settembre 2003, pochi mesi dopo l'arrivo del contingente italiano, durante degli incidenti avvenuti nello stadio di Nassiriya dove era in corso il pagamento degli stipendi ai militari del disciolto esercito iracheno: un giovane caporalmaggiore siciliano, sentitosi in pericolo, lo allontanò con la canna del fucile. Che però era carico e senza sicura. Un colpo centrò al collo Ruscid che morì poco dopo. In primo grado il Gip militare condannò il soldato ad otto mesi di reclusione per omicidio colposo, ma in appello è stato assolto per aver agito "legittimamente" a difesa del proprio mezzo. Nel libro viene anche raccontata la crisi di Al Bathà, che rischiò di mettere a repentaglio il timing del rientro del contingente italiano, attivissimo in quelle ore dell'agosto del 2006, se, come affermano Petrilli e Sinapi, la cittadina irachena "è ripetutamente sorvolata a bassa quota da due Mangusta. Una quick reaction force blindocorazzata italiana con due schieramenti di Dardo è visibilmente pronta a entrare in azione". Era un'operazione contro la rivolta di alcuni irriducibili sadristi che, dopo giorni di tensione altissima, trascorsi a mitra spianati, si concluse con alcune vittime tra gli iracheni e l'accordo con uno sceicco, raggiunto dopo una trattativa condotta dal SISMI.
Copertina; Estratto: Cap. 5: Le battaglie dei ponti.
Argomento: Guerra del Golfo - Recensione di Francesco d'Alessandro (02/06)
Copertina Pattuglia Bravo Two Zero di Andy McNab, Tea
Nel gennaio del 1991 ha inizio l'offensiva alleata per liberare il Kuwait dalle forze irachene. Saddam Hussein reagisce lanciando decine di missili Scud contro Tel Aviv con l'intento di provocare la reazione di Israele e il conseguente sfaldamento della coalizione (di cui fanno parte anche Siria e Giordania) guidata dagli Stati Uniti. Mentre a difesa del territorio israeliano sono rischierate numerose batterie di missili Patriot, reparti della Delta Force americana e del SAS britannico vengono infiltrati nella regione occidentale dell'Iraq con l'obiettivo di individuare e distruggere le batterie mobili di lancio degli Scud. L'autore, membro del SAS britannico, si trova al comando di una delle formazioni inviate in Iraq, la pattuglia Bravo Two Zero. Il libro risulta diviso in due parti: la prima, strettamente "militare", descrive fedelmente l'arrivo in teatro, la pianificazione della prima missione e l'avvio dell'operazione fino al suo tragico epilogo: la missione si risolve in un fallimento, gli otto uomini della squadra vengono catturati dopo una fuga disperata. Alcuni non torneranno. Segue nella seconda parte il resoconto fedele della prigionia: la detenzione nelle carceri irachene, le umiliazioni e le torture subite sono descritte in tutto il loro brutale orrore anche se la narrazione, a tratti un po' lenta, risulta mitigata dal tono autoironico dell'autore. Come il precedente "Azione immediata", il testo è ricco di informazioni tecniche e offre una visione realistica e tutt'altro che celebrativa degli eventi. Si tratta sicuramente di un'opera non molto impegnativa ma comunque capace di regalare qualche ora di svago e un ritratto decisamente vivido di uno dei reparti più conosciuti e ammirati nel mondo.
Argomento: Guerra del Golfo - Recensione di Paolo Soprani (04/03)
Saddam Hussein. L'altro Muro: l'Occidente e il mondo arabo di Saad Kiwan e Riccardo Cristiano, Edizioni Associate (16.000 Lire)
Questo libro si inserisce in quel filone di scritti cronistici che seguono ad ogni guerra. Leggendolo mi è venuto da fare un paragone con il libro "L'Apocalisse Saddam" letto di recente, poiché sempre di Iraq e di Saddam Hussein si parlava; ebbene, rispetto al libro di Mimmo Càndito, questo di Kiwan e Cristiano ha un taglio decisamente più geopolitico, dal momento che oltre a raccontare l'ascesa al potere di Saddam, illustra anche i retroscena politici di questo avvenimento, ed i retroscena politici di tutta la sua vita, altalenante tra diverse posizioni. E' in questo racconto che si spiega il titolo del libro, "L'altro Muro: l'Occidente ed il mondo arabo"; viene infatti descritta l'origine dei confini dei moderni stati arabi, e le implicazioni che l'Occidente moderno, sostanzialmente nel ventesimo secolo, ha avuto con lo sviluppo di questi, tutti governati da dittature più o meno radicali. Il mondo arabo appare quindi come un assembramento più o meno organizzato di interessi contrastanti, colpito da continui voltafaccia interni e rivalità personali. E' quindi un libro interessante anche per l'attualità del dopo conflitto nostro contemporaneo, per capire la complessità dell'ambiente in cui la guerra occidentale è andata ad inserirsi e per capire quali siano gli interessi occidentali a portare una stabilizzazione nell'area.
Argomento: Guerra del Golfo - Recensione di Paolo Soprani (03/03)
Copertina L'apocalisse Saddam di Mimmo Candito, Baldini & Castoldi (13 Euro)
Questo libro traccia una storia recente dell'Iraq attraverso quattro parti principali; la prima introduce la figura di Saddam Hussein ricostruendo i suoi primi passi in politica, le sue convinzioni, i suoi metodi di governo ed i suoi modelli di ispirazione. Dopo questa parte di riferimento generale la seconda tratta la guerra in cui Hussein trascinò il suo paese per otto anni contro l'Iran (quella che Candito definisce la "prima guerra del golfo") spiegandone i motivi ideal-politici, l'appoggio degli stati occidentali che vedevano quel conflitto come una guerra strategica per i loro interessi sia politici sia economici. La terza parte tratta la "seconda guerra del golfo", quella del 1991. I legami con la prima guerra sono molto forti e Candito illustra da cosa potrebbe essere nata l'invasione del Kuwait, e cioè oltre a ragioni politiche anche necessità economiche da dopo conflitto. L'ultima parte è quella dell'attualità; la situazione economica regionale, le alternative del dopo Saddam, gli scenari di guerra degli Americani. E' un bel libro, scritto non da un esperto tecnico di questioni militari, ma da un giornalista che tratta la questione irachena da più punti di vista, sopratutto ricostruendo quello che è il passato recente di questo regime. Nonostante il titolo "la vera storia della guerra di Bush" possa insospettire sulla bontà del testo, posso affermare che non cerca di criticare nessuna posizione, ma ricostruisce semplicemente un percorso storico. Al massimo la parte più opinabile è l'ultima, che infatti non è storia ma attualità. Mimmo Candito è giornalista e scrittore, inviato speciale di politica internazionale, commentatore politico e corrispondente di guerra. Insegna Teoria e Tecniche del linguaggio giornalistico all'Università di Torino.
Argomento: Desert Storm - Recensione di Bondir (01/02)
Copertina Dentro la tempesta di Tom Clancy, Rizzoli
Tom Clancy, famoso autore di techno-thriller, collabora con il generale in pensione Fred Franks Jr., alla stesura di un resoconto sulla Guerra del Golfo. Partendo dalle sue esperienze di guerra in Vietnam, dove perse una gamba all'altezza del ginocchio, e dal lavoro svolto dall'esercito USA per riprendere fiducia e capacità dopo la sconfitta del Vietnam, il generale Franks narra i movimenti effettuati dal VII Corpo americano, ai suoi ordini, durante Desert storm. La storia raccontata in prima persona da chi comandò quella che lui stesso definisce la più grande concentrazione di mezzi corazati mai messa in campo dagli americani e che in pochi giorni distrusse l'esercito iracheno, fino a quel momento considerato tra i più potenti eserciti del mondo. Interessante per approfondire la conoscenza su Desert Storm ed in particolare per conoscere le dottrine militari americane sull'utilizzo dei mezzi corazzati di quegli anni.
RIPRODUZIONE RISERVATA ©
[HOME] > [icsm LIBRI] > [Post II GM: Iraq]