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Argomento: Guerra anti partigiana in Jugoslavia - Recensione di Maurizio 61 (03/10)

Durante la II G.M. nei territori della Jugoslavia si combatterono due conflitti, uno contro le forze occupanti dell'Asse, l'altro fu una spietata guerra civile fra le varie fazioni etnico/politico/religiose in cui era diviso il Paese. Una di queste fazioni era quella dei Cetnici, rappresentanti l'ala più numerosa dei nazionalisti Serbo Ortodossi. I Cetnici erano al tempo stesso forza di resistenza ma anche di collaborazione con gli occupanti (con gli Italiani in particolare) contro i partigiani comunisti , ed anche milizia di difesa delle popolazioni serbe contro gli odiati Ustascia Croati: fino al 1943 furono i grandi "protetti" dell'Inghilterra (sia in funzione anticomunista sia in previsione di un futuro sbarco Alleato nei Balcani). Il movimento Cetnico aveva comunque sempre come obiettivo finale, una volta ritirate le forze occupanti, la ricostruzione del Regno di Jugoslavia, con la Grande Serbia etnicamente "pulita" da cattolici Croati e Bosniaci musulmani, come fulcro. Nel volume viene analizzato in particolare il rapporto tra i Cetnici e i nostri reparti di stanza in quel settore: grazie all'accesso a documenti dell'archivio dello Stato Maggiore dell'Esercito, l'autore ha potuto analizzare a fondo i motivi di una così stretta collaborazione, collaborazione che sembra sia iniziata quando, dopo il crollo delle Forze Armate Jugoslave, nelle aree di competenza del Regio Esercito i nostri soldati protessero i civili serbi dagli attacchi degli Ustascia croati e delle milizie musulmane, fatto questo che, pur negli ondivaghi atteggiamenti dei Cetnici non fu mai dimenticato. Verso la fine giugno del 1942 nella zona di competenza della divisione Messina con la costituzione dei primi reparti della MVAC (Milizia Volontaria Anti Comunista) viene "regolarizzato" il rapporto di alleanza con il nostro Esercito in funzione antipartigiana: fino a quel momento tutto si era svolto a livello di collaborazioni locali con bande che rispondevano solo al loro capo e i risultati non sempre erano stati incoraggianti. Al contrario i reparti della MVAC in più di un'occasione combatterono con estrema veemenza e coraggio a fianco dei nostri soldati contro i partigiani di Tito. Dalle pagine del libro traspaiono tutte le difficoltà incontrate dai nostri Ufficiali Superiori, che dovevano districarsi con gli ordini di Roma che imponevano di non essere troppo filo-Serbi per non irritare i Croati di Ante Pavelic e il loro protettore tedesco che mal digeriva i rapporti del movimento Cetnico con gli Inglesi, ma al tempo stesso non volevano rinunciare al prezioso contributo che le unità Cetniche davano alla lotta contro le sempre più agguerrite formazioni Titine. In una situazione che vedeva gli Italiani alleati dei Cetnici Serbo-Ortodossi e i Tedeschi degli Ustascia Croato-Cattolici e dei Bosniaco-Musulmani, tutti assieme, teoricamente, contro i partigiani comunisti-multietnici di Tito si deve dar atto alle nostre truppe, pur nelle solite croniche mancanze materiali, di aver fatto tutto il possibile per far al meglio il loro dovere: basti pensare che in fase di pianificazione delle offensive congiunte contro i partigiani, si dovevano programmare i movimenti dei reparti in modo che unità Cetniche e Ustascia e Bosniache non venissero a contatto o per evitare che formazioni di una determinata etnia fossero impiegate in zone di una etnia diversa. Anche in questo fronte come in tutti gli altri, quando arrivò l'8 settembre, l'Italia e le sue Forze Armate cessarono di avere una qualsiasi influenza sugli eventi e i Cetnici, venuto a mancare il loro alleto di riferimento, dovettero giocoforza appoggiarsi ai tedeschi: persero così anche l'appoggio dell'Inghilterra che puntò su Tito come alleato nel settore Balcanico. Da quel momento la sorte dei Cetnici seguì quella dei tedeschi e, paradossalmente, quella degli odiati Ustascia, ossia una lenta ma costante ritirata verso nord, con nel 1945 tentativi da parte dei Serbi di arrendersi agli Anglo-Americani, tentativi in parte riusciti, anche se alcuni reparti e un numero imprecisato di civili furono restituiti ai partigiani Titini finendo direttamente davanti ai plotoni d'esecuzione. Il volume è completato da due pagine con cartine e da sedici pagine di foto, alcune delle quali ritraggono alcuni dei principali protagonisti come Dragoljub "Draza" Mihailovic ex colonello dell'esercito jugoslavo, divenuto dal 1941 al 1945 il principale punto di riferimento politico dei Cetnici; il pope Djujic, una sorta di capo militar/religioso alleato degli italiani; il leader dei partigiani, Tito ed Ante Pavelic, capo dello stato Croato e degli Ustascia. Con la fine della guerra e la sconfitta Italo-Tedesca e dei loro alleati Cetnici e Ustascia, sembrava che tali terminologie e simboli fossero stati relegate nel passato, ma in realtà gli orrori di quegli anni erano, e sono, così radicati nelle menti e nei cuori che alcuni dei simboli dell'epoca, berretti a bustina, lunghe barbe, bandiere nere con ossa e teschio per i Serbi, bandiera a scacchi e simboli Ustascia e Nazisti per i Croati hanno fatto la loro comparsa anche nella guerra civile negli anni '90 del secolo scorso. In conclusione, un volume che tratta l'argomento in modo accurato ma chiaro permettemdo una lettura scorrevole. Unico appunto: le cartine ad inizio volume sono un po' troppo essenziali e di dimensioni ridotte; un formato più grande e maggiori e particolari avrebbero aiutato a visualizzare meglio la situazione sul campo.
Argomento: Offensiva delle Ardenne - Recensione di Federico Colombo (07/08)

La cinematografia, soprattutto i due grandi film "Bastogne" e "La battaglia dei giganti" ci hanno restituito da sempre l'immagine di una offensiva delle Ardenne romanzata, eroica e per dirla tutta un bel po' retorica. Questo libro invece ricostruisce con esattezza i diversi eventi storici, spiegando per filo e per segno tutto ciò che c'è da sapere riguardo questa campagna militare. Ogni aspetto, dall'armamento al tipo di divisioni, allo schieramento tattico, agli obiettivi e alle strategie dei due contendenti viene ricostruito con estrema precisione e descritto con una facilità di linguaggio e un'ottima organizzazione in capitoli, che rendono questo libro una pietra fondamentale per la ricostruzione della storia militare dell'epoca. Facile da leggere e notevolmente snello, offre una panoramica completa e attenta, capace di informare subito sin dai primi passaggi il lettore. Corredato anche da qualche foto interessante e una ricca parte finale in cui si ricostruisce la storia delle divisioni più importanti e degli armamenti utilizzati. Le conclusioni cui giungono i due studiosi circa il perché del fallimento, i veri motivi che spinsero i tedeschi a scegliere questa alternativa, appaiono, grazie anche a una profonda conoscenza documentaria, arricchita da una profonda dimestichezza con l'argomento trattato, inappellabili.
Argomento: Fortificazioni e II Guerra Mondiale - Recensione di Davide Bagnaschino (07/07)

Le fortificazioni francesi della Maginot Alpina Tra Mentone e Sospel. I combattimenti dal Giugno 1940 al 1945. Il primo testo sulla Linea Maginot Alpina; il primo libro che descrive in modo completo le fortificazioni francesi destinate al controllo del confine con l'Italia nella Seconda Guerra Mondiale. Un testo chiaro ed esauriente che spiega la concezione, la progettazione, la costruzione delle opere militari; dagli studi globali, per la difesa del territorio francese, sino a quelli più particolareggiati del confine Sud-Est, con indicazione delle truppe operanti, dei cambiamenti della sistemazione, dell'organizzazione del Settore Fortificato delle Alpi Marittime (S.F.A.M.) e dei Sottosettori Mentone e Sospel, sino alla completa descrizione di ogni singola opera, con planimetrie, equipaggi, particolari
tecnici ed eventi bellici. Oltre alla trattazione della parte architettonica, degli equipaggiamenti, delle truppe operanti e delle armi impiegate un'ampia parte del testo è dedicata ai fatti d'arme del Giugno 1940, che consente di capire alcuni avvenimenti poco noti, sino alle occupazioni italiana e tedesca e, nel 1945, all'arrivo delle truppe alleate e al ripristino delle strutture del dopoguerra. Una pubblicazione di 200 pagine con un'iconografia completa e inedita: con 250 Foto, carte topografiche, disegni e particolari tecnici, planimetrie di tutte le opere, oltre a tabelle esplicative di armamenti e organizzazione dei settori difensivi. Il testo si sviluppa in diverse parti: alcuni capitoli sono dedicati alla Linea Maginot in generale e alla sua genesi, alcuni capitoli trattano la parte tecnica, con lo sviluppo delle artiglierie, degli impianti, delle strutture, due terzi del libro parlano poi della Linea Maginot delle Alpi, con capitoli sulle Alpi Marittime e sulle opere del 1800, quindi l'ultima parte descrive nel dettaglio i sottosettori Corniche e Sospel, con una scheda per ogni opera composta da planimetrie, foto, descrizione, eventi bellici, equipaggiamenti, armi, ecc. Reperibile presso l'autore www.davidebagnaschino.it.
Argomento: Sbarco in Normandia - Recensione di Giacinto Lorusso (12/03)

Fra le varie opere relative allo sbarco in Normandia spicca questo lavoro di Ambrose, già autore di "Cittadini in uniforme" e di "Banda di fratelli": un'ottima opera, chiara e ricca di informazioni sulla preparazione e la condotta dell'operazione Overlord, che portò Inglesi, Canadesi e Americani ad aprire il fronte terrestre ad occidente, stringendo così, assieme ai Sovietici, il terzo Reich in una morsa tale da portarlo alla resa entro i successivi 11 mesi. Però, per quanto la Germania fosse arrivata quasi all'esaurimento delle proprie risorse morali e materiali, la potenza del suo dispositivo bellico era ancora notevole. Queste considerazioni e l'esperienza del fallito sbarco dei Canadesi a Dieppe nel 1941 portarono alla decisione di sbarcare su ben cinque spiagge con una forza d'assalto di sei divisioni. Esse sarebbero state precedute dall'aviolancio di ben tre divisioni di paracadutisti che avrebbero dovuto neutralizzare diversi obiettivi e assicurarsi il controllo dei corridoi per guadagnare rapidamente l'entroterra. Questo era il piano, ma data la situazione generale era necessario, per raggiungere gli obiettivi previsti, che le operazioni previste avvenissero in tempi strettissimi. Gli sbarchi non proseguirono in maniera così liscia sia per merito di alcune unità tedesche che per sbagli degli alleati ma, complici anche alcuni incredibili errori da parte tedesca, lo sbarco ebbe successo e contribuì alla caduta del terzo Reich. Tale descrizione era già presente in altre opere dedicate all'avvenimento. Ma allora, cosa distingue questa opera dalle altre? Innanzitutto l'elevato numero di interviste ai protagonisti, che, pur con i limiti legati al dissolversi dei ricordi, contribuiscono a chiarire molti episodi, la ricerca documentale (si cita a proposito il diagramma con lo schema di sbarco del 116 rgt della 29 divisione, con la composizione delle varie ondate a livello di singola compagnia e indicando la categoria di mezzi da sbarco impiegata), poi la suddivisione in capitoli, in ognuno dei quali è trattato l'andamento delle operazioni in ogni settore (scelta che rende il testo meno caotico de "Il giorno più lungo") e infine la tesi principale propugnata nell'opera. Sia gli sbarchi che gli aviolanci erano infatti operazioni ad alto rischio per i partecipanti, con la previsione di perdite gravissime e non dissimili da quelle degli assalti frontali della prima guerra mondiale. Ambrose sostiene sostanzialmente che anche le democrazie vaccinate contro la guerra dai massacri della prima guerra mondiale, e non solo le dittature, sono capaci di impegnare i propri giovani in azioni ad alto rischio e anzi, che proprio questa libera accettazione del rischi sia un vantaggio, poiché il soldato che affronta il pericolo per scelta e non per paura è maggiormente teso a conseguire il proprio obiettivo rispetto alle masse spinte avanti dalla coercizione e dalla paura delle esecuzioni sommarie. Per concludere si citano anche i difetti di questo libro: consistono soprattutto nell'eccessiva attenzione posta sulle azioni delle unità americane e, soprattutto, delle decisioni del generale Eisenhower; peralto questi difetti sono trascurabili tenendo conto della qualità dell'opera che è oggettivamente un must have per le persone interessate all'operazione Overlord.
Seconda recensione by Francesco (07/04)
Terza recensione by Haydn (06/06)
Seconda recensione by Francesco (07/04)
Terza recensione by Haydn (06/06)
Argomento: Battaglia d'Inghilterra - Recensione di Bruno (05/05)

Traduzione italiana di un bel libro che tratta della Battaglia d'Inghilterra partendo dalle impostazioni teoriche sul dominio dell'aria e dallo sviluppo delle armi dei contendenti fino a una descrizione puntigliosa, a volte giorno per giorno, degli scontri aerei. In poco più di 250 pagine abbiamo un quadro abbastanza preciso dello scontro. Belle le descrizioni dei mezzi e i ritratti dei grandi protagonisti di questa battaglia, belle anche le poche foto; sufficienti le cartine. Un solo neo che però è sconvolgente: la maniera sbrigativa in cui viene liquidata l'eventualità che uno sbarco tedesco venisse tentato con possibilità di successo. L'autore accenna alle possibili contromisure britanniche, ma dopo aver interessato il lettore con dei vaghi indizi su cosa poteva succedere, abbandona bruscamente questo "what if" che è uno dei fondamentali motivi di interesse legati alla battaglia. Tuttavia il libro è valido e lo consiglio come trattazione divulgativa di buon livello sulla battaglia: capace di soddisfare la voglia di saperne qualcosa, e di stimolare la voglia di saperne di più.
Seconda recensione by Federico Colombo (09/05)
Seconda recensione by Federico Colombo (09/05)
Argomento: Bombardamenti sulla Germania - Recensione di Norbert (05/05)

Il libro inizia con una descrizione della storia della città, dalle origini all'avvento del nazismo. Spiega come le piccole industrie artigiane precise (ceramiche fini, orafi, etc) che lavoravano per la corte sassone si riconvertirono (dopo l'unificazione della Germania) in tante fabbriche di precisione che (prima della II GM) costruivano ceramiche, biciclette, macchine da scrivere, macchine fotografiche. Tutte queste piccole industrie furono riconvertite e lavorarono tutte per lo sforzo bellico, alcune ricorrendo all'uso di lavoratori coatti tedeschi di religione ebrea. Producevano componenti elettronici, elettrici, meccanici, mirini, etc. Il libro descrive anche la totale assenza di adeguati rifugi antiaerei. Spiega come, anche grazie al caso, il bombardamento di Dresda fu 'senza errori', portando ad una 'tempesta di fuoco' talmente perfetta già con la prima ondata, che la seconda ondata (due ore dopo) preferì colpire altre parti della città contigue a quelle bombardate ma ancora sostanzialmente intatte. E lo stesso fecero i bombardieri USA la mattina dopo, allargando ulteriormente l'area distrutta. Infine l'autore spiega come il numero delle vittime di Dresda fu moltiplicato per 10 prima dalla propaganda nazista di Goebbels (che portò il totale da circa 25000 a circa 250000) e poi di quella comunista della DDR. L'ipotesi che 'moltissimi profughi non censiti' perirono nell'immane rogo è improponibile, a detta dell'autore, perché le autorità cittadine facevano sì che i profughi transitassero per la città, senza sostarvi più di un giorno. Anche perché sarebbe stato impossibile alloggiare e sfamare i profughi lasciandoli soggiornare nella città. Si accenna anche all'importanza del bombardamento strategico non solo 'direttamente' contro le infrastrutture e la popolazione tedesche, ma anche come 'polarizzatore' di energie: la maggior parte degli aerei prodotti dai tedeschi erano caccia, anche per contrastare i bombardieri. Una gran parte dell'artiglieria prodotta era antiaerea (o doppio ruolo) ed impiegata nella difesa delle città. La maggior parte della produzione di radar era usata dalla difesa aerea, lasciandone pochissima per marina ed esercito. In definitiva lo valuto un ottimo libro che, a mio avviso, pecca solo in qualche sbavatura traduttiva (bombe con 'fusibili' che immagino siano 'fuse' - 'spolette').
Argomento: Bombardamenti sulla Germania - Recensione di Norbert (02/05)

Interessante libro, molto documentato, sui bombardamenti Alleati sulle città tedesche nella II GM. Nei primi capitoli viene delineato cosa potesse fare un bombardiere, che precisone avesse, quali tecniche (oboe, per esempio) o strategie (l'uso dei pathfinder) fossero applicate per aumentare la precisione. Vi vengono descritte le strategie, le convizioni (spesso errate), le tattiche, dall'una e dall'altra parte, la scelta di utilizzare un mix apposito di bombe incendiarie e dirompenti per massimizzare i danni sviluppando grandi incendi e la nascita della strategia del "moral bombing". Nel terzo capitolo, il più lungo (170 pagine) vengono descritti i bombardamenti delle città tedesche; viene spiegato come fosse quasi sempre il centro storico il bersaglio, perché era quello in cui un incendio avrebbe avuto la maggior chance di svilupparsi e fare i maggiori danni. Nel quarto capitolo vengono descritte le tecniche di difesa (rifugi antiaerei in primis) ed i limiti di tali costruzioni, particolarmente contro i fumi e le alte temperature prodotti dagli incendi. Nei sucessivi tre capitoli si delineano eperienze, racconti di sopravvissuti, si mostra cosa provassero i cittadini tedeschi, cosa i loro capi. Un libro che mi è sembrato molto interessante e molto ben documentato. L'unica piccola critica che gli muovo è di valutare 'a posteriori' inutili e, pertanto, particolarmente crudeli i bombardamenti negli ultimi tre mesi di guerra. Noi ora sappiamo che erano gli ultimi mesi: allora gli alleati erano dall'ottobre '44 che sapevano che "la guerra stava per finire". Solo che andava conclusa prima che aerei a reazione, V-2 ed altre (ipotetiche) nuove armi entrassero massicciamente in produzione ed ne allungassero la durata ed il costo.
Argomento: Sbarco in Normandia - Recensione di Emanuele Cattarossi (07/03)

Il 6 giugno 1944 la più grande armata alleata della storia attraversava la Manica per sbarcare in Normandia. Ad attenderli sulle spiagge c'erano i tedeschi abbarbicati nelle difese del Vallo atlantico. Stava per iniziare la battaglia decisiva per le sorti del secondo conflitto mondiale. Cornelius Ryan ricostruisce la storia di quel giorno che da Rommel fu definito il "giorno più lungo". Attraverso le innumerevoli testimonianze di chi a quel giorno prese parte, si ricostruiscono i preparativi a Overlord, le incursioni dei paracadutisti nella notte del 6, gli sbarchi all'alba e i furiosi scontri che insanguinarono la spiaggia di Omaha. Non mancano testimonianze di parte tedesca che descrivono gli sforzi fatti per contenere gli alleati ma anche la grande confusione in cui si trovarono gli alti comandi al momento decisivo. Cornelius Ryan mette tutto assieme dando al lettore un quadro d'insieme degli avvenimenti molto efficace. Un classico della storiografia di guerra.
Argomento: Operazione Market-Garden - Recensione di Emanuele Cattarossi (07/02)

Il più grande attacco aerotrasportato della storia. Tre divisioni avioatrasportate, due americane e una inglese, più una brigata polacca. La più grande flotta aerea mai messa in campo. Un compito ambizioso: la conquista dell'Olanda come trampolino di lancio per l'invasione della Germania. Una serie di ponti da conquistare: uno di questi forse troppo lontano. Questa è la storia dell'operazione Market-Garden (17-27 settembre 1944). In maniera avvincente, Cornelius Ryan ricostruisce questa pagina di storia, tragica e al tempo stesso gloriosa. La pianificazione dell'attacco e la sua esecuzione, gli scontri ad Eindhoven, Nimega ed Arnhem, la resistenza tedesca e i tentativi alleati di salvare invano una situazione disperata e, infine, il definitivo scacco alle ambizione di Montgomery. Rifulgono tra queste pagine il valore dei paracadutisti americani ed inglesi. In particolare merita menzione il comportamento della 1ª divisione aviotrasportata inglese che scrisse pagine eroiche tra le vie di Arnhem: di diecimila uomini che componevano la divisione se ne scamparono appena 2.400.
Argomento: Dallo sbarco in Normandia al Reno - Recensione di Roberto Roggero (03/02)
L'Ultimo Fronte Occidentale; dalla Normandia al Reno di Roberto Roggero, Greco & Greco Editori, Milano (16,53 Euro)
Grossa e ponderosa opera di un giovane autore, dedicata agli ultimi 10 mesi di guerra sul Fronte Occidentale, frutto si sette anni di ricerche. Ricco di informazioni e dati anche poco conosciuti e non reperibili in modo unitario in altri testi, al momento si può definire in assoluto, la migliore opera disponibile in lingua italiana sull'argomento. La normandia, lo sbarco in Provenza, le battaglie di Francia, Olanda, le Ardenne, tutte analizzate in modo molto ampio e anche da dietro le quinte. Il libro è parte di una più ampia serie di saggi dedicati ai vari fronti di guerra, italiano, africano, russo, in attesa di pubblicazione. Un notevole lavoro sulla politica, la geopolitica, la diplomazia, lo spionaggio, la tecnica e le ideologie che si sono contrapposte: democrazia, totalitarismo comunista e totalitarismo nazista, che inoltre dimostra la convinzione che sull'ultima guerra mondiale, nonostante la grande bibliografia, non è ancora stato scritto tutto. Un libro che pone molte domande, diverse delle quali ancora senza risposta: era davvero necessario lo sbarco in Francia meridionale? Come mai si lasciò all'Armata Rossa il privilegio, ricco di conseguenze politiche, di entrare per prima a Berlino? Un'analisi dei fatti non solo dal punto di vista, ormai noto, dei vincitori, ma soprattuto dal punto di vista dei perdenti. Insomma, 500 pagine di storiografia, leggibili non solo dallo storico e dall'appassionato, ma anche da chi si accosta alla materia in questione non conoscendo tutti gli aspetti delle vicende, grazie ad uno stile di cronaca giornalistica scorrevole e scevro da inutili tecnicismi.
Argomento: Sbarco in Normandia - Recensione di Alessandro (11/99)

Il libro tratta dello sbarco in Normandia, questa volta osservato dall'altra parte della barricata, dalla parte dei tedeschi. Il libro è una lettura molto agile e risulta inoltre avvicente come pochi: a volte sembra di rivivere i bombardamenti alleati, o l'azione degli equipaggi dei carri armati che dovevano fermare le colonne corazzate alleate. Per la prima volta si vedono le cose con gli occhi degli sconfitti: ad esempio, tutti noi sappiamo che la grande opera di disinformazione tessuta dagli alleati portò i tedeschi a credere che lo sbarco sarebbe avvenuto a Calais e siamo abituati a giudicare positivamente questo successo mentre quando leggerete il libro di Carell non potrete fare a meno di considerarla, per usare le sue parole, "un tenebroso affare". Se dovete decidere quale sarà il prossimo libro sulla IIGM che leggerete vi consiglio caldamente quest'opera, non credo ve ne pentirete.
Argomento: Fortificazioni Tedesche - Recensione di Massimo (09/99)
Festung Europa. 6 Giugno 1944 di F. Russo, R. di Ros
Come appassionato di fortificazioni moderne potrei forse consigliare un discreto libro (oltreché uno dei pochi, purtroppo) sull'argomento che tratta le fortificazioni costruite dall' Organizzazione Todt in Normandia, inserendole proprio nel contesto dell'operazione Overlord. 200 pagine circa, con numerose foto, reperibile presso librerie specializzate in storia militare. Non sono un esperto della seconda guerra mondiale, quindi non mi sento di dare giudizi critici sulla parte puramente storica d'inquadramento delle operazioni di sbarco, mentre la parte più tecnica di descrizione delle opere fortificatorie è abbastanza buona.
Argomento: Raid di Dieppe - Recensione di Giuseppe Finizio (04/06)

Questa è la storia di una delle peggiori catastrofi militari della seconda guerra mondiale,di un'operazione militare mal concepita e senza obiettivi chiari, i cui responsabili, civili e militari, sono rimasti ignoti per più di 60 anni. All'alba del 19 agosto 1942 una task force di 6.000 tra inglesi e canadesi subì la perdita di 4.131 uomini tra morti, feriti e prigionieri nel tentativo di impossessarsi del porto di Dieppe, sul versante francese del canale della Manica. L'autore, uno specialista nell'analisi e nel disvelamento dei miti della storia militare, applica la sua non comune abilità di ricercatore a questo episodio poco studiato e ancora in gran parte avvolto nel mistero. Chi autorizzò l'operazione Rutter/Jubilee? Quali erano i suoi reali obiettivi tattici e strategici? Servì davvero questa tragica esperienza alla realizzazione dello sbarco in Normandia del 6 giugno 1944? Sono tutte domande a cui Neillands tenta di rispondere. Lo sbarco a Dieppe faceva parte di una serie di piccole operazioni di disturbo effettuate sulle coste dei paesi occupati e destinate a mitigare quel senso di impotenza che si impadronì dei vertici militari britannici dopo Dunkerque. Non dimentichiamo che Churchill veniva costantemente sollecitato ad aprire un secondo fronte in Europa sia da Stalin, che paradossalmente era stato fedele alleato di Hitler tra il 1939 e il 1941, che da Roosevelt strenuo sostenitore della strategia del "Germany first". La campagna di bombardamenti aerei contro il sistema industriale tedesco non dava risultati concreti, mentre le operazioni terrestri in Africa Settentrionale, dopo l'arrivo di Rommel e del suo Africa Korps all'inizio del 1941, volgevano al peggio. Il leader inglese appoggiò quindi la costituzione del corpo dei Commandos che avrebbero dovuto costituire la punta di lancia di una serie di una serie di raid nei paesi occupati. I primi tra questi tentativi ebbero luogo nelle isole Lofoten, sulle coste norvegesi a Vaagso il 27 dicembre 1941 e contro il porto di St Nazaire (Operazione Chariot), in Francia, nel marzo 1942. Complessivamente i risultati furono incoraggianti tanto da spingere Hitler ad emanare nell'ottobre del 1942 un ordine, sovente disatteso dai comandanti sul campo, per cui tutti i soldati catturati durante questo tipo di operazioni dovevano essere immediatamente passati per le armi. In gran Bretagna era radunata la 2ª Divisione di fanteria canadese al comando del gen. Roberts, che sollecitava un impiego operativo per i suoi uomini ansiosi di mostrare il loro valore. Quando nel marzo del 1942 Dickie Mountbatten, brillante rampollo della nobiltà inglese, peraltro digiuno di ogni esperienza nel campo delle operazioni anfibie, venne nominato da Churchill Direttore delle Operazioni Combinate all'interno dello Stato Maggiore, il perverso mosaico che avrebbe condotto a Dieppe si compì. Dopo numerosi rinvii e cambiamenti (tra cui il nome) l'operazione Jubilee venne autorizzata da Mountbatten senza consultarsi con Churchill, che peraltro era lontano da Londra e aveva dato il suo consenso di massima. L'obiettivo scelto, il porto di Dieppe, non si prestava per la sua collocazione geografica ad un attacco anfibio, men che meno ad un attacco frontale. La sottovalutazione del valore dei difensori si rivelò disastrosa, la mancanza di appoggio aereo e dell'artiglieria navale suggellò il tragico esito di Jubilee. Gli anglo-canadesi sbarcati in ritardo sulla spiaggia di Dieppe trovarono ad attenderli il micidiale fuoco degli uomini della 302ª divisione di Fanteria del generale Haase, che pur privi di armi anticarro, misero presto fuori uso tutti i carri Churchill canadesi. Nella prima mezz'ora si compì il destino di migliaia di uomini, molti dei quali non giunsero nemmeno a mettere piede a terra. Le comunicazioni tra le truppe e il comando sulle navi si interruppero quasi del tutto e il contrattacco tedesco fece il resto. In sei ore tutto era finito. Chi pagò per tanta incompetenza e dabbenaggine, si chiede l'autore? Solo il comandante della 2ª Divisione canadese Roberts che venne rimosso e vide la sua carriera irrimediabilmente compromessa. Dieppe rimane ancor'oggi un esempio di come non si devono concepire ed attuare le operazioni anfibie, una lezione sanguinosa che peraltro non tutti al tempo compresero. Due anni dopo sulla spiaggia Omaha gli americani ripeterono molti di quegli errori perdendo in poche ore 4.000 uomini. La storia dunque si ripete se non le si dà ascolto. Copertina
Argomento: Campagna di Normandia - Recensione di Giuseppe Finizio (12/04)

Il volume che qui recensiamo rappresenta uno dei migliori contributi di storia militare apparsi negli ultimi anni. Dall'analisi delle performance degli eserciti che si scontrarono in Normandia nella campagna decisiva della seconda guerra mondiale, l'autore estrapola gli ingredienti fondamentali che rendono un'organizzazione militare efficiente ed efficace: una dottrina di impiego solida e realistica che ponga l'accento sulla flessibilità, l'adattabilità e l'analisi critica a cui una rigorosa preparazione prebellica (si vis pacem para bellum, insomma) dia la possibilità di esplicarsi compiutamente. Il libro è diviso in due parti: nella prima si esaminano gli anni tra le due guerre e le campagne militari fino al 1944 degli eserciti americano, inglese, canadese e tedesco evidenziando i pregi e i difetti delle rispettive istituzioni militari alla luce della realtà politica ed economica dell'epoca. Nella seconda Mr Hart si occupa della campagna di Normandia e di come i protagonisti abbiano saputo adattarsi alle esigenze belliche che via via andavano emergendo alla luce dei contrapposti obiettivi. Emerge così una rivalutazione dell'esercito USA la cui superiorità materiale ha troppe volte oscurato una corretta valutazione della sua notevole flessibilità operativa, acquisita sul campo a prezzo di molte vite. L'esercito britannico ci appare invece come prigioniero di schemi mentali vetusti e stantii cristallizzatisi nel suo corpo ufficiali fin dal primo dopoguerra. In quest'ottica di mediocrità diffusa Montgomery appare come il condottiero giusto. Egli conosceva bene i limiti tattici e operativi della sua macchina bellica a cui non chiederà mai più di quanto potesse realisticamente dare. Le accuse di eccessiva prudenza più volte mossegli dagli storici appaiono quanto mai immeritate. L'esercito canadese è solo una brutta copia di quello britannico a cui resta indissolubilmente legato fin dal suo frettoloso concepimento nel 1939. La Wehrmacht, temprata (ma anche indebolita nelle sue strutture logistiche) da anni di aspra lotta, resta un esempio a livello tattico grazie soprattutto ai suoi sottufficiali che mostrarono capacità altrove sconosciute. Nonostante che il compito a lei affidato dal potere politico (Hitler) fosse al di là delle sue possibilità la sua capacità di adattamento prolungò la guerra e rese la vittoria degli Alleati alquanto onerosa. Il volume è interessante anche perché rappresenta una sorta di ponte tra le esigenze degli storici di comprendere il passato e quelle dei militari che cercano nella storia lezioni da applicare agli scenari bellici futuri. Un nuovo modo di concepire la storia militare, quindi, che va oltre la narrazione delle campagne pura e semplice e si estende a comprendere lo studio dei fattori poltici, economici e sociali che hanno dato origine ad un organismo militare con i suoi vizi e le sue virtù. Copertina
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