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Argomento: Memorie - Recensione di Francesco d'Alessandro (11/06)

"Ogni volta che incomincio a scrivere su uno di questi esili quaderni che si possono così facilmente infilare in un tascapane, mi viene da pensare che, forse, non farò scorrere la matita sull'ultima pagina": a scrivere è il giovane tenente Ernst Jünger, nel 1918. Mentre la guerra celebra i suoi ultimi rituali, Jünger si trova ai margini del boschetto 125, un anonimo settore del fronte occidentale le cui trincee sono state perse e riconquistate più e più volte, "una parte della grande rete di posizioni per le quali si combattè durante la battaglia della Somme, le stesse che noi abbandonammo e che infine riconquistammo durante la Grande Offensiva di marzo". Sette anni più tardi gli appunti del 1918 divengono un libro, breve, di memorie. Più che una cronaca degli eventi, "Boschetto 125" è la celebrazione della vita di trincea e della sua routine di orrori ed eroismi: tema centrale, mai dichiarato ma costantemente presente, è la fratellanza guerriera, quel sentimento che, forgiato in anni di comuni sofferenze e temprato nei momenti tragici della battaglia, lega i combattenti e li separa dal resto della civiltà, fatalmente incapace di comprendere la realtà del fronte. "Il modo in cui i pensieri, che solo non molto tempo fa erano considerati monete sonanti, si svuotano e divengono indifferenti ha un che di inquietante" scrive Jünger: l'umanità del soldato di prima linea soccombe di fronte alle stragi quotidiane e all'onnipresenza della morte. Per comprendere e inquadrare storicamente questo testo consiglio la lettura di "Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti" di George Mosse.
Argomento: Autobiografia - Recensione di "Caposkaw" (06/06)

Blaise Cendrars (nome d'arte di Frederic Sauser) cittadino svizzero, viaggiatore cosmopolita, scrittore profondamente immerso nella scapigliata Parigi dell'inizio 900, si arruola nella Legione Straniera nel 1914 per odio ai "boches". Il libro narra in modo quasi dadaista l'anno di guerra vissuto da questo scrittore, prima che perdesse la mano destra in combattimento (la mano mozza del titolo). Mentre Ernst Junger è un soldato che scrive, Blaise Cendrars è un artista che fa la guerra e la differenza tra i due è abissale. Tanto Junger è tecnico e distaccato, quanto Cendrars motteggia in "argot", è umorista e sboccato, dolente e appassionato. Scrive degli uomini che gli erano vicini nella trincea e li si vede, esseri a tutto tondo con le proprie imperfezioni e umanità, con l'alito pregno di tabacco e di vino. Parla anche dei combattimenti (in un episodio dice di come, avendo messo le mani su un deposito di birra tedesco, i suoi soldati non si sarebbero mai ritirati..) dei momenti di calma, della guerra da pirati che riuscì a organizzare, delle colossali mangiate e bevute. Un libro "Francese" nel senso migliore della parola, pieno di vita.
Argomento: Battaglia di Verdun - Recensione di Mauro Tosi (08/05)

Il libro affronta la più grande battaglia della prima guerra mondiale: Verdun. Combattuta tra Febbraio e Dicembre 1916, vide la morte di quasi un milione di combattenti. L'autore parte dalle premesse di questa battaglia: dalle conclusioni ciniche dello stato maggiore tedesco che, attraverso una battaglia di dissanguamento si prefiggeva di eliminare gran parte dell'esercito francese. Si prosegue successivamente con l'analisi minuziosa della battaglia, con un occhio di riguardo alle condizioni inumane nelle quali si trovarono a combattere i fanti tedeschi e francesi. L'autore riporta chiaramente che la battaglia di Verdun rappresenta il giro di boa delle possibilità tedesche di vincere la guerra: con essa si esaurirono gran parte delle risorse umane che avrebbero potuto essere destinate su altri fronti, per esempio quello orientale, con probabilità di successo certe. Inoltre, da questo momento, sino all'ultima disperata offensiva della primavera-estate 1918, i tedeschi si posero sulla difensiva su tutto il fronte occidentale, subendo e respingendo a caro prezzo le diverse offensive dell'Intesa (Somme, Cambrai, ecc.). L'autore riesce a rappresentare in modo accurato questi 11 mesi di ferocia e ottusità da ambo le parti: dall'insensata decisione dei generali tedeschi di continuare la battaglia anche quando appare chiaro che lo scopo non è più raggiungibile, ai numerosi contrattacchi ordinati dai generali francesi, condotti con scarsità di uomini e artiglierie. La lettura di questo libro offre la possibilità di meditare cosa è stata la Grande Guerra e la follia di tutte le guerre.
Argomento: Fronte occidentale - Recensione di Mauro (08/05)

L'autrice, con questo libro, vinse il premio Pulitzer nel 1963. J. F. Kennedy disse che era il migliore libro della prima guerra mondiale ed insinuò che sarebbe stata una ottima ed indovinata strenna anche per Nikita Kruscev. L'autrice si sofferma abbastanza velocemente sull'affannoso lavoro diplomatico che precedette il conflitto per passare ad una narrazione ed analisi minuziosa di quanto accadde nel primo mese di guerra, dall'invasione del Belgio, la battaglie delle Frontiere, la battaglia di Tannenberg, l'invasione della Francia e, infine, l'insperata occasione per i francesi, rappresentata dall'errore compiuto dai tedeschi, ormai sicuri della vittoria. Il libro termina con la decisione di Joffre di combattere sulla Marna, nella seconda settimana di Settembre 14. Il libro è entusiasmante; l'autrice porta subito nel vivo delle battaglie che inaugurarono il tragico andirivieni di quei quattro terrbili anni. Ci mostra in azione Joffre, Moltke, i cadetti di Sant-Cyr, Ludendorff e gli ulani che portavano il terrore nelle città belghe; assistiamo al fallimento dei piani operativi dei due stati maggiori, quello tedesco che era certo di aggirare in poche settimane tutto il fronte nemico e di raggiungere Parigi e la Manica, e quello francese che puntava tutte le sue speranze sullo sfondamento della linea del Reno e sulla penetrazione nel cuore della Germania. Dopo le cannonate di Agosto, tutte le illusioni caddero per fare spazio alle mine, alla zappa e al fucile. Cominciava la guerra di trincea.
Argomento: Battaglia di Verdun - Recensione di Marco Marianetti (10/02)

Lodevole iniziativa editoriale della Rizzoli, che prosegue con questo testo la pubblicazione di libri dedicati alla storia militare. Di particolare importanza è questo Verdun dello storico inglese Ousby che colma una notevole lacuna del panorama editoriale italiano; infatti in attesa della traduzione del classico di Alistair Horne "The price of glory", mancava del tutto un testo su quella che fu di gran lunga la più terribile battaglia della Grande Guerra. Strutturato in tre lunghi capitoli, di cui il primo e il terzo trattano dello svolgimento dello scontro militare, mentre il secondo scava alle radici della conflittualità anglo-tedesca, il libro è senz'altro utile per comprendere la tragicità di Verdun ma risente di un taglio forse, a volte un po' troppo divulgativo. Per chi conosce già gli antefatti della guerra franco-prussiana il secondo capitolo può apparire forzosamente didascalico e in parte slegato dal resto della narrazione. Di notevole impatto è invece il primo capitolo, che introduce con un crescendo di pathos la tragedia imminente. Alla fine della lettura si ha senza dubbio un quadro abbastanza preciso della battaglia, ma, ripeto, qualche maggior dettaglio di carattere militare non avrebbe guastato.
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