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Argomento: Battaglia di Helgoland - Recensione di Giuseppe Finizio (07/08)
Copertina The Battle of Heligoland Bight di Eric W. Osborne, Indiana University Press, 2006, Pagg. 141 $27,95. Recensito da Giuseppe Finizio
Heligoland (Helgoland in tedesco) è un'isoletta nel Mare del Nord di 150 acri di superficie posta a circa 40 miglia dai maggiori porti tedeschi (Cuxhaven e Whilhelmshaven). Possedimento britannico fin dal 1807, le sue acque furono teatro nel 1864 di una grande battaglia navale tra la flotta danese e quella austro-prussiana dell'ammiraglio Tegetthoff. A margine della Convenzione Africana siglata il 1° luglio 1890 Heligoland fu ceduta alla Germania, che intendeva farne il cardine di un sistema difensivo in grado di assicurare alla flotta libero transito tra il Mare del Nord e la grande base navale di Kiel nel Mar Baltico. Nei piani inglesi per l'eventualità di una guerra con il Kaiser stilati nel 1908 si evidenziava la necessità di neutralizzare questo grumo di roccia, che i tedeschi avevano nel frattempo fortificato, per spingere la Kaiserliche Marine a lasciare i suoi approdi sicuri ed accettare battaglia in condizioni di inferiorità. Guglielmo II, tuttavia, non desiderava rischiare la flotta più del necessario, in quanto riteneva che avrebbe potuto rappresentare un fattore determinante nelle trattative di pace. Questa politica, appoggiata dal cancelliere Bethmann-Hollweg, trovava sostenitori anche tra i vertici militari, come il Capo di Stato Maggiore della Marina von Pohl e il Capo del Gabinetto Navale von Mueller; unica ma autorevolissima voce contraria quella del creatore della flotta stessa, il Segretario di Stato per la Marina Alfred von Tirpitz. All'apertura delle ostilità la Royal Navy dell'ammiraglio Jellicoe era schierata all'imbocco settentrionale del Mare del Nord in posizione di prudente attesa. Nella base navale di Harwich, 300 miglia ad ovest di Heligoland, i commodori Keyes e Tyrwhitt non si rassegnavano però a lasciare l'iniziativa in mano ai tedeschi e, grazie all'amicizia personale che li legava e ad una certa libertà di manovra loro concessa dall'alto, concertarono un raid nelle acque di Heligoland che ebbe l'approvazione del Primo Lord del Mare, il giovane e irruente Winston Churchill. E' in questo scenario che il 28 agosto 1914 si svolse la prima battaglia navale della Grande Guerra, le cui conseguenze eccedettero l'effettiva portata dello scontro. La Royal Navy vi impiegò alcune tra le sue migliori unità, come il nuovo incrociatore leggero Arethusa che rappresentava il top della tecnologia navale dell'epoca con i suoi 28 nodi di velocità. Da parte loro i tedeschi basavano la loro strategia su un duplice anello difensivo che faceva perno su Heligoland ma che doveva rivelarsi troppo fragile. Lo stato relativamente primitivo delle telecomunicazioni, l'efficacia con cui gli inglesi disturbarono quelle dell'avversario, alcuni fatali errori nella trascrizione dei messaggi radio, la scarsa precisione delle artiglierie, l'inferiore calibro di quelle germaniche rispetto a quelle britanniche, l'alta percentuale di proiettili difettosi impiegati dalla Royal Navy e la nebbia fittissima contribuirono a spezzettare la battaglia in una miriade di piccoli scontri a tratti assai confusi. Dopo alcuni iniziali successi dei difensori che portarono, tra l'altro, l'Arethusa vicino all'affondamento, gli inglesi gettarono nella mischia gli incrociatori da battaglia del viceammiraglio Beatty che affondarono rapidamente gli incrociatori leggeri Koeln, Mainz e Ariadne (il 25% di tutti quelli in dotazione alla Kaiserliche Marine nel 1914) e la torpediniera V-187, causando alla marina tedesca la perdita di 1251 uomini tra morti, feriti e prigionieri. Cadde anche il contrammiraglio Leberecht Maas, uno dei più brillanti ufficiali tedeschi. Quando, con molto ritardo, la flotta d'alto mare germanica raggiunse il golfo di Heligoland, la squadra inglese era già sulla via del ritorno con la vittoria in pugno. Nonostante le critiche che l'ammiragliato britannico in seguito rivolse al coordinamento delle operazioni, la battaglia ebbe significative e durature ricadute sulla condotta politica e strategica della guerra sul mare. Da questo momento infatti i tedeschi divennero ancora più riluttanti ad impegnare la flotta d'altomare e ogni piano d'operazioni offensivo doveva ricevere la preventiva autorizzazione del Kaiser. Ciò di riflesso agevolò il blocco commerciale esercitato dalla Gran Bretagna che, incontrastata padrona dei mari, causò all'economia della Germania danni molto più consistenti e duraturi di quanto non ne subisse a causa della "Handelskrieg" degli U-Boot. Va dato merito all'autore, professore associato di storia al prestigioso Virginia Military Institute, di avere trattato la materia con rigore scientifico ed equilibrio non comuni e di avere, per la prima volta, collocato nel suo corretto contesto storiografico questa battaglia, indicandone con lucidità le conseguenze economiche e politiche a lungo termine. Copertina
Argomento: Battaglia dello Jutland - Recensione di "Caposkaw" (05/06)
Copertina Jutland di Sergio Valzania, Mondadori
In questo libro l'autore, un giornalista non storico professionista, descrive questa battaglia navale - l'ultima in cui lo scontro fu solo tra navi dotate di cannoni puntati a vista, senza l'ausilio di sistemi di radiolocalizzazione, e nella quale aereoplani e sommergibili non riuscirono a intervenire in nessun modo - come un concentrarsi epocale di fattori tecnici, politici, militari e psicologici, in pratica la trasposizione marina del demenziale massacro industriale delle trincee, il quale era scatenato dalle medesime cause. Sono descritti sia gli antecedenti sia i risultati, come l'autoaffondamento della flotta tedesca a Scapa Flow e la speculare demolizione postbellica della flotta britannica (paradossalmente la Prima Guerra Mondiale, dal punto di vista inglese e tedesco, è un'equazione, che ovviamente ha valore zero). A mio modo di vedere, un libro interessante.
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