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Umberto di Savoia in Val di Susa
di Mauro Minola ©
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Il principe di Piemonte Umberto di Savoia legò più di ogni altro esponente della dinastia, il suo nome alla Valle di Susa, che era stata la culla dei suoi avi. Dal novembre del 1925 il Principe si era trasferito a Torino per prestare servizio nel 91º reggimento di fanteria; nel marzo dell'anno successivo passò al 92º reggimento, dove fece una rapida carriera, giungendo nel giro di soli quattro anni al grado di colonnello, nonché di comandante del 92º. Rimase a Torino fino al settembre del 1931 quando, promosso generale di brigata, ottenne un incarico a Napoli, al comando della XXV brigata di fanteria.

Fra i suoi primi doveri vi fu sicuramente quello di recarsi in visita alle cittadine della valle, testimoni delle antiche glorie sabaude. Il 5 settembre del 1926 andò ad Avigliana: "La vecchia Avigliana - titolò per l'occasione La Valsusa - ha domenica reso un omaggio vibrante d'entusiasmo ad Umberto di Savoia". Il Principe inaugurò il nuovo tiro a segno, il monumento ai caduti della Grande Guerra, allora sistemato in piazza Conte Rosso, e il quadro del Beato Umberto III di Savoia. Scoprì inoltre una lapide con un'epigrafe dedicata ad Umberto III posta sulla facciata dell'edificio medievale che, per antica tradizione, si riteneva essere la casa natale del famoso conte di Savoia.

Il 20 agosto 1930 il Principe visitò l'antico castello di Bruzolo, in cui fu firmato lo storico trattato del 1610, tra Carlo Emanuele I ed Enrico IV di Francia: "Una spontanea dimostrazione di popolo, schietta, fervida, ordinatissima - riportò La Valsusa - accolse il Principe al suo apparire. Schierati a lato della Porta Nobile, alcuni borghigiani reggevano e presentavano a Umberto di Savoia antiche alabarde. L'Augusto Ospite, ricevuto l'omaggio delle chiavi del Castello da parte dell'on. prof. Federico Marconcini... visitava le sale principali dell'antico maniero, trattenendosi per oltre un'ora nella Sala del Trattato, a privato e cordiale colloquio con l'on. Marconcini e la sua Signora, dimostrandosi conoscitore sicuro e profondo di storia e di arte, e interessandosi vivamente alle condizioni di questa popolazione, sobria ed operosa, tradizionalmente devota alla Dinastia Sabauda". Tuttavia l'avvenimento più importante fu la sua salita al Rocciamelone, compiuta tra il 1 e il 2 agosto 1928: la sera del 1º agosto il principe Umberto, seguendo il vecchio sentiero che partiva da Mompantero, si portò alle grange del Trucco, dove pernottò in attesa di affrontare la dura salita verso la vetta. Il mattino seguente completò a piedi l'ascensione del Rocciamelone, continuando la tradizione dei suoi avi. Il Principe, forte e snello, guadagnò facilmente la sommità e vi piantò il piccolo tricolore che aveva portato con sé.

Al ritorno Umberto fu ospitato a Susa, dove venne accolto da una folla entusiasta. Il giorno seguente si recò in visita ufficiale all'antica città sabauda: "Le associazioni patriottiche, i vari sodalizi con bandiera si diedero convegno in piazza IV Novembre la sera del 2 agosto. La piazza e le adiacenze erano letteralmente gremite e la marea di popolo si estendeva al di là del Ponte fino all'imbocco di via Umberto. Il Principe comparve verso le 22, reduce dal Rocciamelone. Immediatamente la piazza fu illuminata da fuochi di bengala multicolori, che davano a quella massa in delirio un aspetto fantastico. Salutato dalle note della Marcia Reale, il Principe passò sorridente in mezzo al suo popolo, tenace custode delle tradizioni sabaude e, ripetutamente richiamato, per ben quattro volte si affacciò dal balcone del suo appartamento per ringraziare.

Il giorno dopo si recò all'asilo, accompagnato da varie autorità. Una bambina recitò con grazia una poesia dedicata alla speranza più fulgida del sole d'Italia e un maschietto offrì un mazzo di fiori. Il Principe si portò in seguito al Ritiro, per visitare i lavori di sterro per lo scoprimento del Teatro romano. Visitò poi gli scavi con vero interesse e si compiacque del lavoro fin qui compiuto. Prima di lasciare il Ritiro si degnò di posare per un gruppo fotografico in mezzo alle orfanelle. Si portò quindi nella vicina chiesa di San Francesco, dovuta alla munificenza della pietà sabauda e visitò la chiesa duecentesca, la foresteria, ammirandovi il quadro di Beatrice di Susa, ed il Chiostro". Al di là degli impegni ufficiali, Umberto dimostrò di essere un assiduo frequentatore delle località dell'alta valle legate alla sua grande passione: lo sci. Nel gennaio 1926 raggiunse Bardonecchia, accompagnato da alcuni familiari, inaugurando una lunga tradizione di discese compiute sui declivi presso la Tour d'Amont o sul Campo Smith. Le piste preferite per le evoluzioni reali si trovavano tra le pendici del Colomion e le ampie spianate verso Les Arnauds e Melezet: la zona assunse ben presto, in onore di Umberto, il nome di Campo Principe. Anche Clavière e Sestriere ebbero il vanto di accogliere lo sciatore reale: nella prima località, autentica culla dello sci italiano sia per l'organizzazione delle gare che per essere stata sede dei primi corsi militari, Umberto soggiornò spesso, presenziando a parecchie competizioni sportive.

Non bisogna però dimenticare che Umberto si recò spesso in valle per adempiere al proprio dovere di ufficiale del 92º reggimento di fanteria: un ufficiale preciso, attento ad eseguire i propri compiti con zelo e puntualità, che disdegnava ogni privilegio legato all'ingombrante ruolo del principe ereditario. Seppe tuttavia essere anche un uomo comprensivo, benvoluto ed amato dai suoi colleghi e dai soldati, nonché dalla popolazione che accorreva festosa ed esultante al rientro dalle esercitazioni. Gli anni del soggiorno torinese, per la stessa ammissione del principe Umberto, furono i più belli della sua vita. Poi, dal 1931, dovette lasciare Torino per recarsi a Napoli, dove assunse il comando della XXV Brigata di Fanteria.

Tornò in Piemonte nel settembre del 1939, alla vigilia del secondo conflitto mondiale, quando venne nominato comandante del Gruppo Armate Ovest schierato sui confini occidentali dell'Italia. Per Umberto si trattò di ritornare nelle valli che aveva tanto amato in gioventù e di passare in rassegna i reparti e le numerose opere difensive dispiegate sulla lunga linea di confine. Fra tutte le fortificazioni che visitò in Valle di Susa, il Principe di Piemonte ebbe sempre un debole nei confronti della Batteria Chaberton, il più forte più alto d'Europa. Nel settembre del 1939, dopo aver assunto il comando da pochissimi giorni, volle salire al forte per una visita d'ispezione: il presidio, soggetto a ben altre visite di importanti ufficiali superiori, tutte ampiamente annunciate con grande clamore, rimase di stucco quando dal corpo di guardia le sentinelle avvisarono dell'arrivo di Umberto.

Gli eventi incalzavano, portando anche l'Italia al dramma della guerra. Il 10 giugno 1940, con lo sciagurato attacco alla Francia, iniziò per il nostro paese una lunga stagione di dolori e di profonde lacerazioni. Umberto, privato del compito di condurre le azioni, saldamente dirette da Mussolini, preferì recarsi in zona di operazione: "Per la preoccupazione di essere dappertutto e di vedere tutto dà nuovo impulso alla sua già eccezionale attività... Parte al mattino prestissimo e non fa ritorno, sovente, che a notte fatta per impartire gli ordini per l'indomani; mangia frugalmente, riduce al minimo le ore del riposo".

Pochi giorni dopo, terminata la breve ed inconcludente offensiva contro la Francia, il Gruppo Armate Ovest si sciolse e Umberto, perso il comando, dovette allontanarsi dal Piemonte. Il 20 luglio, prima di partire, volle comunque salire ancora una volta all'Assietta, per sancire in modo altamente simbolico, celebrando la vittoria sabauda nella battaglia del 19 luglio 1747, l'attaccamento che egli dimostrava per la Valle di Susa: "Ecco il Principe. Scattano le armi irte ed allineate, risuonano secchi i comandi per rendere gli onori.... Le fatidiche insegne vengono portate attorno al cippo e dalla massa solenne s'innalza nel cielo l'inno del fiero esercito sardo.. La cerimonia austera è al termine, il Principe innalza il saluto al Re, e vibra nel fragile cielo delle Alpi la risposta piena. Sempre accompagnato dal Duca di Pistoia, il principe Umberto ora discende per i sentieri del colle e, alto nella cerchia delle Alpi, vibra il palpito di devozione alla dinastia. Sono turisti, sono valligiani, sono Granatieri in congedo, che verso il Principe manifestano il loro cuore fedelissimo... Al campeggio dei Granatieri il Principe e le autorità consumano con gli anziani e i gloriosi combattenti un rancio frugale. Poi, sempre in un'atmosfera festosa, il Principe parte". (La Valsusa, 1940).
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