Tannenberg Grunwald, 1410 d.C.
di Aldo C. Marturano ©
Quali furono i piani d'attacco? Quelli di Jogaila e Vytautas si potevano indovinare e dovevano essere abbastanza impegnativi dati i traguardi che ognuno di loro voleva raggiungere.
Per Vytautas il fine ultimo era il mantenimento della Samogizia e della fascia di costa baltica fra Prussia e Livonia nelle sue proprie mani. In caso di vittoria, avrebbe preteso l'imposizione, di una pace obbligatoriamente stabile in modo da poter sviluppare le sue velleità di radicarsi quale sovrano unico nelle terre di famiglia, dato che nelle Terre Russe la legittimazione a Gran Principe l'aveva già. Per questo motivo Vytautas, prima di mettersi in guerra contro l'Ordine Teutonico, si era assicurato con un accordo serio che i Cavalieri Livonici dovessero dare un preavviso di tre mesi nel caso di una loro campagna nelle terre di competenza lituana e allo stesso modo si sarebbe comportato Vilnius! Naturalmente, nel caso specifico della campagna in atto insieme a Jogaila, Vytautas, non fidandosi al cento per cento dei Livonici, era stato ben attento a non sguarnire nessun avamposto nella Samogizia e così, pensate un po'!, l'armata di Vytautas risultò formata quasi esclusivamente..
da russi!!
Per Jogaila era fondamentale fermare i Teutonici nella politica d'allargamento del loro stato, sia che comprassero terre dai margravi tedeschi sia che le conquistassero ai russi, ma in fondo le rivendicazioni polacche più importanti rimanevano quelle sulle città costiere, come Danzica, allo scopo di avere una costa polacca con porti efficienti che finora non c'erano!
Colpire quindi i Teutonici al cuore, a Marienburg, era la meta ultima dei due cugini. Questo non fu subito compreso dai Teutonici, perché stimavano troppo grandioso un piano di guerra del genere da parte dei Polacchi e degli insignificanti Lituani. La loro fortezza era ben difesa e troppo all'interno dello stato teutonico per essere raggiunta e conquistata.. ed, infatti, ciò non avvenne, come vedremo!
I piani di Jogaila prevedevano prima alcune manovre diversive dei suoi Polacchi per disperdere i contingenti dei Cavalieri su un territorio allargato, poi il congiungimento con l'esercito lituano in un punto ben definito sulle rive della Vistola e di qui cominciare insieme l'avanzata, tutta in territorio teutonico, verso Marienburg, sperando di insinuarsi nel mezzo, dividendo i diversi contingenti teutonici!
Eppure, a Marienburg erano già arrivate molte informazioni su simili piani ed intenzioni. Si era notato bene come si stavano costruendo e mettendo in ordine ponti vecchi e nuovi lungo la Vistola, e come un grosso contingente di Lituani si stava raccogliendo vicino al fiume Narew (affluente della Vistola) dirette ad occidente e altre manovre ancora.
Tuttavia non si pensò che Jogaila e Vytautas potessero osare entrare in territorio teutonico per puntare a Marienburg. Si ritenne che fossero le solite incursioni di rappresaglia.
E' il 14 giugno del 1410.
Prima di proseguire preghiamo ora il lettore di seguire attentamente i movimenti su una carta della Polonia, per non perdere di vista la rotta fissata da Jogaila e Vytautas.
Se guardate ad ovest troverete la città polacca di Bydgoszcz, Bromberg nella nomenclatura tedesca, dove la manovra diversiva prevista fu solo un attacco da parte dei Polacchi alla guarnigione di confine non lungi da Schwez (Sviecie nad Osa)! Il 27 giugno da Königsberg venne confermato che c'era stato un attacco lituano al castello di Memel (Klaipeda) sulle coste del Baltico significando con ciò che la tregua firmata con la mediazione di Venceslao era stata violata, dato che scadeva il 24 giugno.
Al Gran Maestro Ulrico di Jüngingen, da poco succeduto al suo defunto fratello Corrado (persona più moderata), a questo punto non restò che stare in allarme, attento ai movimenti del nemico, per capire dove avrebbe fatto cadere il prossimo colpo. Mentre a Schwez fu ordinato di respingere ogni attacco, a Soldau (Dzialdowo) fu disposto di continuare a seguire i movimenti degli armati lituani e riferire ulteriori movimenti e nuove direzioni.
Pareva strano per combattenti di grand'esperienza come i Teutonici non riuscire a capire dove si dirigessero esattamente i due cugini, ma era proprio così. Dove puntavano i dannati Polacchi e i Lituani? Ancora non era chiaro se le due armate prevedessero azioni congiunte! Il 25 giugno Jogaila doveva trovarsi ancora a Cracovia e ciò era confermato sicuramente dalle spie.. Evidentemente prima di muovere verso nord Jogaila aveva voluto sincerarsi che gli Ungheresi non lo minacciassero da sud e non appena ebbe conferma scritta di ciò si mosse anche lui.
All'alba del 25 giugno, dunque, Jogaila si mette in lentissima marcia con una parte dei suoi ed addirittura si arresta pressappoco all'altezza del villaggio di Kozlów Biskupi, apparentemente per riposare, ma in realtà per attendere notizie dei movimenti di Vytautas e dall'Ungheria. Qui lo raggiunge, infatti, un
gonez (agente di posta a cavallo russo) che lo avverte che Vytautas sta per guadare il Narew e perciò lo prega di proteggere il suo passaggio.
Intorno al 2 luglio Polacchi e Lituani s'incontrano proprio in questa zona lungo il Narew.
Proseguiranno poi, uniti, fino a Jerzow e vicino a Bondzin il 7 luglio Jogaila passa in rassegna tutta l'armata schierata. Anzi, mette in atto un'esercitazione con falsi allarmi. Convinto, finalmente, della buona preparazione degli uomini, decide di ordinare il riposo, a poche miglia dal confine con l'Ordine.
Si racconta che prima di ordinare di passare il confine, Jogaila fece celebrare una messa chiedendo perdono a Dio per quel che stava compiendo con i suoi figli e servi armati, addirittura piangendo perché tutti sapessero che non era sua colpa se doveva attaccare altri cristiani come lui.
Viene issato lo stendardo di Cracovia e con gli uomini che cantavano il
Salve Regina si oltrepassa il confine. Il Comandante Zyndram e Vytautas si preparano allo scontro col nemico, che ormai non dovrebbe essere lontano.
Lautenburg (Lidzbark) è la prima postazione teutonica che viene presa con grande entusiasmo di tutti gli armati, polacchi e lituano-russi. Altri battaglioni intanto l'otto luglio catturano Soldau (Dzialdowo) e Neidenburg, ossia Nidzica, la più antica città prussiana. Giunti così al fiume Drwenza si decide di fare consiglio di guerra poiché sono stati avvistati i contingenti dei Cavalieri arroccati dietro delle difese di legno, proprio lì vicino, con pezzi da fuoco pronti ed appoggiati dalla guarnigione di un castello imponente e ben armato.
Anche i Cavalieri hanno avvistato l'esercito polacco-lituano-russo.
I Cavalieri, infatti, avevano previsto che i Polacchi dovessero guadare proprio qui, a Kauernick (Kurzetnik), dove, sul fiume, avrebbero potuto essere colpiti senza che potessero reagire adeguatamente, impacciati nell'acqua. Il Gran Maestro, dunque, decide di distribuire i suoi armati (ne sono giunti al galoppo anche da Schwez) lungo una lunga fascia di terreno della riva del fiume. Secondo lo storico russo Razin, questo fu il primo errore poiché in questo modo s'indebolì tutta la loro difesa, pensando, stupidamente, che i Polacchi avrebbero attaccato proprio dove c'era un castello ben guarnito! Invece Jogaila non guadò e decise, dopo il consiglio con i suoi generali, di continuare la marcia fin nei pressi delle sorgenti del fiume dove il guado sarebbe stato molto più agevole sia a piedi sia a cavallo, e ben lontani dall'occhio teutonico. Certo! C'era il rischio di farsi vedere, a causa della vicinanza del castello d'Osterode (Ostroda), ma andava corso.
Il Gran Maestro, a questo punto, intuite le manovre di Jogaila, si diresse, arretrando, verso Bratenau (Bratian), più vicino a Tannenberg, per chiudere la strada per Marienburg all'armata nemica.
E' il 12 luglio!
Jogaila e Vytautas decidono di riposare e solo il giorno dopo si scontrano con un battaglione di Cavalieri che viene sbaragliato, presso il piccolo castello di Gilgenburg (Dabrówno). Il castello è preso e la cittadina annessa saccheggiata e messa a ferro e fuoco.
Si tramanda che questa fu un'impresa militare tutta tatara. Questi formidabili guerrieri, a quanto sembra insultati dai Cavalieri per il loro aspetto, attaccarono con grandissima foga, distrussero, uccisero e tagliarono le mammelle alle giovani vergini, torturando e prendendo prigionieri da vendere come schiavi. Profanarono persino sacre immagini e templi. Tutto questo sarà registrato dai Cavalieri con molta puntigliosità perché era una prova, davanti al Papa, della paganità dell'esercito di Jogaila!
Al 14 c'è ancora un'altra fermata di riposo.
Durante la notte del 15 scoppiò una delle solite e improvvise burrasche estive. Tuoni, lampi, fulmini e pioggia a catinelle, ma al mattino tutto si calmò sebbene una pioggia fitta e leggera continuasse a cadere. Naturalmente proprio a causa del terreno diventato ora pesante non si riuscì a proseguire con la speditezza desiderata e alla sera si fece bivacco nel bosco vicino alle rive del laghetto di Lauben (Lubien). Zyndram mandò degli esploratori in ricognizione e costoro al ritorno riferirono che l'esercito teutonico era attestato sulle colline di fronte a Tannenberg. Anche i Cavalieri avevano avvistato i Polacchi, ma siccome Jogaila non aveva ordinato di muovere, il Gran Maestro pensò di aver tempo per radunare il Consiglio di Guerra. Qui, per affrettare le mosse del nemico, si decise di mandare in campo polacco due spade al re Jogaila per dire che l'ora dello scontro era giunta, usando il simbolismo di quei tempi.
Quando gli inviati dei Teutonici infissero le due spade nel suolo davanti alla tenda del re, Jogaila raccolse la sfida e la considerò fatta a lui personalmente. Ribadì che aveva voluto questo scontro solo perché era stato provocato e, rimandati gli ambasciatori, ordinò ai suoi di prepararsi con tutte le loro forze.
C'era anche una cerimonia importante, preparata da qualche tempo, che doveva essere celebrata. Alcuni membri, qualche centinaio, della
Schlachta avevano chiesto al re di essere nominati cavalieri dei re sul campo ed ora aspettavano che egli li consacrasse. La pioggia era ormai cessata e così la cerimonia fu celebrata con grande solennità. Subito dopo, era il primo pomeriggio, fu dato fiato alle trombe e i tamburi cominciarono a rullare chiamando i soldati e i cavalleggeri nelle proprie linee.
Il più impaziente di tutti era Vytautas coi suoi Tatari e Russi. Espresse quasi disprezzo per suo cugino che fra messe e cerimonie perdeva solo tempo e disse che non aveva visto mai tanta lentezza in un comandante supremo nel dare l'ordine d'attacco.
Finalmente i due eserciti sono schierati l'uno di fronte all'altro. Il Gran Maestro si trova sul fianco sinistro vicino a Tannenberg e Jogaila sulla collina di Grunwald dietro il proprio fianco destro, circondato dai fidati mercenari cechi di Jan ika e dalle guardie del corpo, al comando di Jan Sokol.
E' Vytautas a dare il primo segnale d'attacco e a lanciare i suoi Tatari a cavallo in un carosello sfrenato contro la prima linea dei Cavalieri che prudentemente si tengono serrati dietro gli scudi al sicuro della resistenza delle loro corazze di ferro. Infatti, le frecce scoccate dai Tatari rimbalzano sul metallo costringendo questi ultimi a ritirarsi al galoppo dietro le linee polacco-lituane. Dietro i Tatari, però, si sono già messe in movimento la prima e la seconda linea dell'esercito polacco, mentre i Cavalieri stanno respingendo ora i Lituani che seguivano i Tatari.
I battaglioni di Trakai e Vilnius riescono a resistere più a lungo. Ben nove gonfaloni al comando del Cavaliere di Wallenrode vengono lanciati contro di loro e, alla fine, devono indietreggiare. Sei dei gonfaloni teutonici sono però tenuti impegnati a lungo da Giorgio figlio di Mstislav, principe di Smolensk, che con i suoi tiene loro testa anche sacrificando la vita di molti uomini.
Questo dà il tempo a Zyndram di scatenare la sua prima linea e mandarla avanti. Il Gran Maestro allora manda in campo il Cavaliere di Lichtenstein e lo scontro è sanguinosissimo. I Polacchi riescono però a sfondare e ad inseguire i Cavalieri, ma altri intervengono e il fianco destro lituano viene colpito pesantemente. Anche questo colpo viene parato dai Russi di Smolensk e questa parte dell'armata, alla fine, è salva!
Per un caso sfavorevole cade lo stendardo di Jogailo e ciò mette in confusione i Polacchi, ma il re si porta subito personalmente in seconda linea per farsi vedere vivo e vegeto da tutti. Con l'aiuto dei Russi si riesce a strappare a Wallenrode lo stendardo, cominciando a respingere gli uomini di questo. I Cavalieri hanno in realtà cominciato ad indietreggiare. Che succede? Non sono ancora in rotta, ma il momento sembra cruciale.
Il Gran Maestro, infatti, ha chiamato le riserve all'attacco in modo da impegnare i Polacchi dal fianco destro e mentre queste si muovono, la terza linea polacca parte all'assalto. Per un momento le riserve teutoniche si arrestano, ma è fatale perché i polacchi sfruttano quell'esitazione.
I Lituani, che in apparenza erano stati battuti, lasciando i Russi in campo con a capo Giovanni Niemira di Polozk, in realtà avevano adottato la loro solita tattica di ritirarsi per poi ritornare di gran carriera quando il nemico li aveva dimenticati. Così si sente il grido:
Arrivano i Lituani! E a questo punto l'armata teutonica assalita da due lati non può resistere oltre.
Quelli che erano più vicini al Gran Maestro gli gridano di ritirarsi prima di esser colpito direttamente, ma si dice che Ulrico rispondesse: "
Non voglia Dio che io abbandoni mai questo campo dove sono morti tanti miei uomini." e rimanesse nel pieno della battaglia. A questo punto ad Ulrico di Jüngingen capita quel che doveva: viene colpito a morte da un lituano. Ucciso il Gran Maestro, caduto il suo stendardo e sparsasi subito la voce della sua morte, tutti i Teutonici al grido:
Madonna, abbi pietà di noi! si sbandano e fuggono da tutte le parti specie lungo due correnti di fuga. Una che va verso nord (Frygnowo) e un'altra verso est oltre Samin. Ambedue sono inseguite dai Polacchi, dai Lituani e dai Russi vittoriosi che li incalzano.
Dice Jan Dlugosz che "i nostri" inseguirono i Teutonici fino all'imbrunire per oltre 15 miglia, prima di desistere.
E' la disfatta! Una cosa è strana: come mai i Cavalieri non impiegarono le bombarde che avevano costruito all'uopo? Il motivo, forse, è semplice: la polvere, a causa del tempo burrascoso si era bagnata, il terreno, fattosi troppo fangoso, non permetteva di muovere questi enormi pesi e di conseguenza non furono neanche puntati! Certo, la battaglia presenta molti aspetti su cui gli storici, di tutte le parti, si sono affannati per ricostruirla esattamente e capire il perché della vittoria di Jogaila e Vytautas. Essa è descritta, con tutti gli episodi salienti, nelle varie Cronache cui abbiamo accennato prima, ma noi ci siamo attenuti alle descrizioni, facendone un compendio, dello storico russo Razin e del polacco Nadolski principalmente. Seguendo la ricostruzione dello storico inglese S. Turnbull, al quale ultimo il lettore più curioso si può rifare, si ha anche la possibilità di riviverla come davanti ad un diorama.
Possiamo dare delle cifre sul numero d'uomini che si scontrarono? Forse sono reali quelle riportate da A. Samsonowicz, da parte dell'Ordine: 700 fratelli Cavalieri, 11 mila uomini mobilitati, 8000 invitati ed altri mercenari, più, naturalmente, servi e aiutanti, etc.
Lo storico P.G. Cigrinov dà le seguenti cifre per Vytautas: 5 mila Tatari, ca. 15 mila dalla Podolia ucraina, e dai gonfaloni delle città bielorusse di Mogiljov, Vitebsk, Polozk, Mstislavl, Orscia, Sluzk, Minsk, Pinsk, Lida, Novogrudok, Volkovysk, Grodno, Kricev, Byhov, Druzk più qualche altra. Soltanto una minoranza (!) era costituita da Lituani veri e propri.
L'importanza di questa battaglia, se si pensa a quello che ne seguì, è nella coscienza che il re Jogaila e suo cugino Vytautas acquisirono del fatto che i Cavalieri non erano così terribili e potevano essere battuti. Se Jogaila attribuì questa vittoria alle sue preghiere e alla protezione divina della giusta causa, Vytautas, più pratico, dovette invece riconoscere l'alta preparazione dei suoi russi. La vittoria, tuttavia, era parziale perché il nemico non era stato annientato del tutto. Di sicuro stava già studiando dei piani di rivincita nel suo Quartier Generale di Marienburg. Malgrado ciò, la vittoria richiedeva un festeggiamento, oltre che l'ispezione delle spoglie che giacevano sul campo, del numero dei nemici uccisi, dei prigionieri e dei propri morti, la celebrazione di una messa solenne e i funerali di tutti i caduti. E, infatti, tutto ciò si fece nei tre giorni in cui Polacchi, Lituani, Russi ed alleati rimasero a Tanneberg per riposare. Risultò, dunque, che lì sul campo giacevano centinaia di morti da parte dei Teutonici con le armi ancora addosso e i loro colorati stendardi imbrattati di sangue e fango.
Questi stendardi furono messi insieme, lavati e ben allineati davanti al re per il calcolo degli uomini che avevano partecipato allo scontro e per il trionfo delle armate (oggi sono conservati in un museo locale). Il giorno dopo furono radunate decine di migliaia di prigionieri e fu fatto il loro censimento. Fu annotato nome, luogo d'origine e residenza e poi furono rilasciati, sull'avviso che sarebbero stati richiamati.
Il re comandò, inoltre, che i corpi del Gran Maestro e degli altri notabili, propri e dei Cavalieri, venissero ripuliti e rivestiti per la cerimonia funebre, mentre un carro con i cadaveri dei notabili teutonici fu immediatamente allestito ed inviato a Marienburg. Fu dato ordine a chi se la sentiva di andare a caccia nei boschi per preparare un gran banchetto, anche se il re stette attento che non ci fossero inutili ubriacature. Si dice che tutte le botti di vino catturate ai Teutonici furono spaccate una per una e il vino versato nei campi. Si fece l'ispezione dei carriaggi catturati o abbandonati dal nemico in fuga e si notò che i Teutonici avevano con sè un numero di carri carichi di ferri per prigionieri, dalle manette per i polsi agli anelli per le caviglie, forse preparati per gli eventuali "saraceni" (così erano chiamati dall'Ordine i Lituani pagani insieme ai Tatari) catturati! C'era anche un bel carico di torce di sebo perché evidentemente si pensava di continuare l'inseguimento dei vinti nella notte e tantissime frecce che fecero comodo ai Polacchi. La foga di metter le mani su quel bottino, nei Polacchi e negli altri, era tale e tanta che si dice occorse solo un quarto d'ora a svuotare tutti i carri lasciati dai Cavalieri! Tutti ottennero le loro porzioni del bottino, con il consenso del re.
Dopo la messa, le celebrazioni funebri e un conferimento speciale per un eroe importante, un certo russo Janko Suscik di Galic', il banchetto ebbe luogo. Vi partecipavano il re e suo cugino Vytautas, Zyndram e gli altri generali e marescialli e due Cavalieri polacchi "traditori" che avevano optato per la collaborazione con l'Ordine: Corrado d'Olesnica e Casimiro di Stettino ed ora stavano dalla aprte dei Polacchi. A parte ciò Vytautas si sentì in dovere di giustiziare sul posto alcuni dei prigionieri più importanti. Anzi, durante un giudizio, il Baglivo della Sambia e un amico del Gran Maestro per il loro fare arrogante, ma soprattutto per aver offeso Vytautas chiamandolo "figlio di puttana", furono trascinati in un campo di grano e fu loro tagliata la testa senza pietà.
Rimaneva comunque l'incognita: Jogaila avrebbe continuato per Marienburg, com'era stato deciso, oppure abbagliato dalla vittoria si sarebbe fermato a consolidare la posizione polacca nel territorio occupato? Il re, infatti, non sembrava aver fretta e pensò che sarebbe stato meglio che l'armata si riposasse e riprendesse fiato. Lungo la strada dei reduci, intanto, la fama della vittoria polacca aveva raggiunto villaggi e castelli e così, non appena la marcia fu ripresa, tutti aprirono le porte a Polacchi e Lituani arrendendosi senza colpo ferire. Addirittura, Jogaila indugiò lusingato dalle accoglienze con feste e musica fattegli dai cittadini di Danzica.
Attenzione però! La gente non vide il re e Vytautas come i liberatori da una signoria malvagia e crudele, ma solo come degli vincitori occupanti ai quali è inutile opporre resistenza, perché, giunta notizia di come il contingente tataro si comportava quando veniva contrastato, tutti avevano paura di fare una brutta fine! Jogaila, intanto, distribuiva incarichi e prebende ai suoi notabili sul territorio occupato come se questo fosse già diventato parte della Polonia!
A Marienburg, nel frattempo, il Capitolo non si poteva neppure riunire, visto che 200 Cavalieri erano caduti a Tannenberg e mancava il numero legale, ma nessuno dei presenti pensava che tutto fosse perduto. Si provvide, infatti, a chiamare da Schwez il komtur Enrico di Plauen che si diresse verso Marienburg a spron battuto. Si ascoltarono i diversi rapporti sull'accaduto dai pochissimi scampati per decidere meglio sulle misure da prendere per il prossimo futuro, visto che si era saputo che il re e Vytautas continuavano ad avvicinarsi.
Lungo la strada verso Marienburg, Enrico di Plauen si premurò di raccogliere ancora forze, come gli uomini di suo cugino, i 400 marinai di Danzica così chiamati, ed altri ancora.. Perché Marienburg, simbolo dell'Ordine Teutonico, non poteva capitolare! Si manda poi a chiamare a raccolta anche le forze dei Cavalieri Livonici, ma il Maestro Provinciale Corrado di Vietinghof fa sapere dell'accordo fatto con Vytautas e dei tre mesi di preavviso. Intanto, Jogaila proseguiva la sua lenta marcia trionfale e intorno al 25 luglio arrivò in vista del fiume Nogat. Il giorno prima era stato raggiunto da una richiesta di tregua da parte d'Enrico di Plauen. Adesso, davanti al castello, Jogaila era pronto a discuterne, come aveva promesso. Dov'era la città? Dov'erano le navi dei Cavalieri? Il fiume era placido e deserto.
Se dalla riva si vedeva l'enorme castello, più desolata era invece la vista della cittadina annessa, ora fumante e distrutta. Infatti, Enrico di Plauen aveva dato ordine di dare fuoco alla città e lasciare solo i resti delle mura in piedi, poiché i cittadini si sarebbero concentrati all'interno del castello dove c'era abbondanza di derrate per tutti e così avrebbero contribuito al successo della resistenza e della auspicata vittoria finale.
Accampatisi sulla riva sinistra, Jogaila e Vytautas cominciarono dunque l'assedio. L'assedio di posizione fu mantenuto per ben 57 giorni prima di riconoscere che era ormai un completo fallimento. Marienburg non fu nè presa e neanche scalfita dall'intenso bombardamento dei Polacchi con le armi da fuoco del tempo, durato molti giorni prima di accorgersi che i cannoni non avevano la gittata necessaria. Lo strano di tutto questo è l'ingenuità di Jogaila che permise per tutta la durata dell'assedio che i Cavalieri continuassero ad avere libere comunicazioni con chi volessero, dentro e fuori della Prussia. Consentì che questi facessero propaganda contro i Polacchi e i Lituani. Anzi, si racconta di un episodio in cui fu lasciato passare un prete con un'enorme somma addosso che Enrico di Plauen gli aveva affidato per ingaggiare mercenari.. senza che nessuno dei Polacchi si accorgesse del denaro che il prete aveva con sé!
Alla fine d'agosto, alla scadenza dei tre mesi della tregua dei Livoni coi Lituani, un contingente di 500 uomini sbarcò a Königsberg, proveniente da Riga.. Vytautas, però, mai fidandosi degli accordi, allo stesso tempo aveva stretto un patto di difesa con Novgorod e Pskov ed aveva rinnovato la tregua coi Livoni, sebbene ormai il contingente di questi fosse già partito per la Prussia! Durante tutto questo tempo la notizia di Tanneberg, dovutamente minimizzata dai messi teutonici, aveva fatto il giro delle corti europee interessate. Sigismondo ne fu colpito tanto che rifiutò di ammettere che l'Ordine era stato vinto, anzi! Benché non intervenisse contro la Polonia a causa delle beghe che c'erano in quel momento con suo fratello Venceslao, mandò in giro, con copia all'Ordine, una lettera in cui si esortavano tutti i Cavalieri d'Europa (specialmente di Germania, Inghilterra e Francia) a dar man forte a questi difensori della Cristianità. Addirittura, ventilò di intervenire personalmente, con proprie truppe, alla fine di settembre, dopo aver raccolto le forze necessarie nelle sue terre slave di Boemia e Moravia.
Quando le notizie sulle dichiarazioni di Sigismondo giunsero alle orecchie di Jogaila, tutto il suo stato maggiore chiese di concludere l'assedio sia positivamente sia negativamente, prima che un'invasione di truppe dal sud scompigliasse qualsiasi altro piano. D'altra parte le difficoltà cominciavano a venir fuori per il fatto di dover mantenere tanta gente per tutto quel tempo senza far nulla. I notabili avevano fretta di tornare ai campi per organizzare il raccolto e la semina invernale e i mercenari cominciavano a costare troppo e non si poteva accontentarli con un saccheggio delle città conquistate, che non avvenne mai. Pare, inoltre, che fra i Lituani fosse scoppiata una moria di dissenteria. Insomma il 18 settembre fu decisa la ritirata.
Per primi andarono via i Lituani (coi famigerati Tatari) e alla fine seguì Jogaila il 19. Furono lasciate delle guarnigioni polacche qua e là nei territori occupati e fu occupato il Castello di Reden (Radzyn Chelminski) sulla via del ritorno, ma fu poca cosa, anche se è da notare che Jan ika fu posto qui coi suoi uomini a guarnirlo.

L'avventura a Marienburg era così finita.
Tratto da
STORIE DI CAVALIERI E DI LITUANI, 2004 Atena edizioni
© di ALDO C. MARTURANO
A destra; una pagina di una Cronaca estone sulla Battaglia di Grunwald del 1600 (Lettlandische Historia oder kurze Beschreibung Kriegs- und Friedengeschichte Esth- Lief- und Lettlandes del prete Cristiano Kelchen, Jerwen 1691) [pdf]