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Introduzione alle missioni italiane in Somalia
di Col.par. Francesco Bruni ©
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L'operazione "Somalia" ha sicuramente costituito, per l'entità delle forze complessivamente impiegate e per la delicatezza del compito assolto, una delle più impegnative missioni svolte nell'ultimo decennio. I considerevoli mutamenti subiti dallo scenario in cui essa è stata condotta, in termini sia di relazioni tra le forze di pace e le fazioni somale, sia dei successivi riadeguamenti delle aree di responsabilità e dei compiti hanno consentito all'Italia di maturare un'ampia gamma di esperienze di elevatissimo interesse e di trarne degli importanti ammaestramenti.

La problematica del comando e del controllo delle operazioni a carattere multinazionale ed ONU ha costituito uno degli aspetti di maggiore valenza in Somalia. In proposito è emerso inequivocabilmente che in operazioni di peace support deve essere sempre chiara e netta la distinzione delle attribuzioni tra il livello politico-strategico e quello militare della missione, e che ad entrambi i livelli le principali Nazioni partecipanti debbano essere adeguatamente rappresentate, in modo da poter concorrere attivamente al processo decisionale relativo alla condotta delle operazioni. E' determinante la definizione del giusto rapporto tra il fine da raggiungere ed i mezzi da impiegare per diminuire così il rischio che le missioni di pace si trasformino in attività prettamente militari o addirittura di guerra. A tal proposito, in una tavola rotonda promossa dal Centro Alti Studi Militari, il Cte della B. par. "Folgore" (Gen Bruno Loi) nel suo intervento fece un'attenta disamina sugli errori strategico-politico-militare commessi sia in Casa Onu che in casa "Italia".

Da questa disamina appare evidente che le Nazioni Unite, tenuto conto della situazione di crisi da fronteggiare e degli obiettivi da perseguire, dovrebbero valutare attentamente la compatibilità dei contributi offerti dalle diverse Nazioni sotto l'aspetto sociale, religioso, politico e delle capacità operative dei singoli contingenti, emanando in via preliminare direttive riguardanti la selezione e la composizione degli stessi al fine di ottimizzarne l'impiego.

L'esperienza maturata fa riflettere come, al di là della ragione delle armi, è più appagante, sia da un punto di vista egoistico d'immagine internazionale che da quello più rilevante di una coscienza umanitaria nazionale, che tali operazioni si debbano ispirare ad una strategia sociale basata principalmente sul contatto potenzialmente amichevole con le popolazioni locali comprendendone gli usi e costumi e rispettando, anche se apparentemente dissolta, quel che è rimasto della loro dignità religiosa e storica.

Ultima considerazione è che ciascuna Nazione che partecipa ad una forza multinazionale con finalità umanitarie deve approntare la propria aliquota con forze armate ben equipaggiate e professionalmente addestrate allo specifico compito, ben consapevoli che anche in questi tipi di operazioni potrebbe risultare inevitabile il sacrificio supremo di alcuni propri uomini.

Nota: tutte le immagini relative a questo articolo sono ospitate su icsm FOTO.
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