Alcune note sull'esercito imperiale romano nel III e IV secolo d.C.
1. Il potere di coercizione strategico alla battaglia della cavalleria: i Germani dell'Ovest, Parti e Persiani Sassanidi
Sono abbastanza scettico sull'uso di leggi universalmente valide in strategia; ad esempio il potere di coercizione strategica alla battaglia della cavalleria può essere influenzato da considerazioni di leadership, di logistica (non sempre risulta facile rifornire la cavalleria) dalla natura del terreno (esso può essere in generale non adatto alle operazioni di cavalleria) e dalla qualità delle truppe. Ma poiché, come ho scritto in un mio post mi interessa molto l'applicazione del pensiero strategico moderno all'antichità classica, tenterò di analizzare (perché è inutile formulare principi generali se non si riesce a metterli in pratica nella realtà) come avrebbe potuto funzionare il potere coercitivo strategico alla battaglia dell'esercito romano contro i Germani dell'Ovest, Parti e Sassanidi.
Cominciamo con i Germani dell'ovest (Franchi, Alemanni) che hanno sempre avuto un numero di cavalieri alquanto limitati.
Qui il l'analisi mi sembra abbastanza semplice: per ragioni logistiche i barbari, una volta in territorio romano, si dovevano disperdere per foraggiare e saccheggiare, se si concentravano, non lo potevano fare per molto, perché veniva loro a mancare il cibo. La cavalleria romana era perfettamente in grado di sorprendere e distruggere, e più in generale interdire l'uso del territorio circostante a gruppi isolati di barbari. Se poi questi barbari si concentravano, si poteva sfiancarli per fame fino allo sfinimento (e qui la cavalleria gioca un proprio ruolo impedendo ai nemici di disperdersi nelle campagne circostanti per foraggiare) o anche dare battaglia, se le condizioni erano favorevoli.
Tranne in rari casi la battaglia campale si risolveva in una vittoria romana. Certo che per ottenere il potere coercitivo strategico alla battaglia ai Romani bastava la loro normale cavalleria leggera e quella pesante (distinta da quella che io chiamo ultra pesante perché con la corazzatura limitata ad un elmo ed a una corazza per coprire il corpo, ma non gli arti, e sprovvista di una qualche bardatura per il cavallo). E' forse per questo che in Occidente ci sono appena un paio di unità di catafratti, ma anche molte altre unità di cavalleria. E' da considerare inoltre che nel IV secolo la cavalleria viene usata in congiunzione con la fanteria leggera.
Passiamo ai Parti ed ai Persiani
L'esercito partico era formato da cavalieri leggeri molto mobili dotati di unbuon arco e di una buona esperienza nel suo uso, ma quasi null'altro, e da cavalieri catafratti, ovverosia completamente corazzati e che montavano un cavallo completamente protetto, e quindi relativamente poco mobili, armati di kontos, ovverosia una lancia pesante tenuta a due mani.
L'esercito parto poteva funzionare solo se ambedue le sue componenti (la cui
proporzione poteva variare, ma in cui anche una proporzione 10 arcieri a cavallo per ogni catafratto poteva andare), funzionavano in stretta cooperazione.
Contro un Romano sprovvisto di cavalleria leggera, i catafratti si schieravano minacciando la carica, ed a quel punto i legionari, per non essere travolti durante la marcia, dovevano schierarsi a battaglia (con tutto il dispendio di energie che ne conseguiva).
A quel punto entravano in azione gli arcieri a cavallo, che tempestavano di frecce i Romani, fino a quando questi non rompevano la formazione per caricare i nemici, rischiando così di essere travolti dai catafratti, oppure venivano fatti letteralmente a pezzi dagli arcieri (mi sembra che sia Plutarco ad affermare che l'arco Parto era così potente da penetrare corazze e scudi romani).
Se il povero generale romano si portava appresso la cavalleria pesante (ad esempio Gallica, come mi sembra fece Crasso o M. Antonio), essa non riusciva a prendere gli arcieri, che evadevano la carica tirando all'indietro, e venivano fatti a pezzi dai meglio armati catafratti.
Tenendo conto che un esercito parto poteva seguire comodamente da lontano un esercito romano, privandolo delle capacità esplorative e di foraggiamento, ed obbligandolo a schierarsi per combattere quando voleva lui, semplicemente minacciando una carica, si capisce come fossero ostici i Parti per i Romani.
Per tale motivo i migliori generali romani preferivano marciare contro la Parthia in territorio montagnoso, e quindi inadatto alle azioni della cavalleria.
Ma quando i Romani introdussero una buona cavalleria leggera (a quei tempi soprattutto di origine nord africana) la situazione cambiò: se i Parti minacciavano di dare battaglia i Romani si schieravano e la loro cavalleria leggera (meglio armata e protetta di quella Partica), disperdeva gli arcieri a cavallo nemici, dopo di che, da soli, i catafratti non potevano fare nulla, poiché caricare contro una salda formazione legionaria era suicida, e a stare in giro là attorno rischiavano di essere presi da tutti i lati da fanti e cavalieri romani.
La cavalleria leggera romana aveva ottenuto il tanto sospirato potere coercitivo strategico alla battaglia.
All'inizio del III secolo (intorno al 226 d.C.) il regno partico venne rovesciato dai Persiani Sassanidi, il cui esercito si basava su cavalieri corazzati (anche se meno corazzati e quindi molto più mobili di un catafratto partico).
La cosa importante è che questo cavaliere (in Persiano asavaran , essendo armato di arco, ma essendo anche ben protetto ed equipaggiato con armi da mischia, riuniva in un'unica figura le due capacità di tiro e mischia (alcuni studiosi affermano invece che l'unione delle due capacità avveniva a livello di unità tattica, nella quale alcuni erano armati di lancia ed altri di arco, come alcune posteriori unità bizantine).
A questo punto la cavalleria leggera romana aveva dei grossi problemi: separare la cavalleria leggera persiana dalla cavalleria pesante non aveva molto senso (a parte che la cavalleria leggera persiana era più adatta al combattimento di quella Partica), ad attaccare i pesanti la cavalleria pesante Sassanide si otteneva solo il suicidio.
L'iniziativa tornava da capo ai Persiani, che semplicemente minacciando l'attacco ai Romani li obbligavano a schierarsi, ed una volta schieratisi potevano tempestarli di frecce, alternando finte cariche, finte ritirate e tiro fino a che lo schieramento Romano non si disordinava sufficientemente da permettere una carica finale (e non
dimentichiamoci che i Persiani avevano anche gli elefanti, utili a scompaginare ulteriormente la fanteria e la cavalleria romana).
Siamo dunque tornati alla situazione in cui un esercito sassanide poteva seguire comodamente da lontano un esercito romano, privandolo delle capacità esplorative e di foraggiamento, ed obbligandolo a schierarsi per combattere quando il Persiano voleva, salvo poi decidere se ritirarsi dopo averlo tormentato per un po' o arrivare alla battaglia vera e propria (solo in condizioni favorevoli).
Il potere coercitivo strategico alla battaglia era tornato ai Sassanidi per merito dell'introduzione dell'arciere corazzato, che avrà lunga vita, durante il Medioevo, sia tra i Bizantini che tra alcuni popoli della steppa.
2. Di catafratti e clibanarii
Ricordiamo che in latino catafratto è un termine generico, che significa corazzato (esistevano anche navi catafratte).
I Romani già dal II secolo usavano dei loro cavalieri catafratti (completamente protetti, cavallo e cavaliere), desunti da quelli Sarmati, ma meglio corazzati (tutto in metallo, laddove i Sarmati usavano anche l'osso), senza arco (quelli Sarmati ce l'avevano).
Per una descrizione dei catafratti sarmati vi sono Tacito e Ammiano; inoltrea Dura Europos vi sono numeroso affreschi che rappresentano unità Romane e Palmiresi, e sono state trovate anche bardature complete in lamina di bronzo.
Recenti ritrovamenti di bardature metalliche per cavalli sono stati effettuati presso il Vallo di Adriano, in Inghilterra.
La parola Clibanario viene fatta in genere risalire al termine greco Klibanos (forno), ma tale termine deriverebbe da una parola persiana, forse grive-pan (guerriero in persiano antico) o anche potrebbe derivare da griv-ban (una specie di gorgiera).
Nella ricostruzione fatta da Southern e Dixon si vede un elmo crestato persiano con un camaglio (un velo di cotta di maglia) che protegge il viso (e la parte anteriore del collo) lasciando scoperti gli occhi.
Forse è quello il griv-ban; tra l'altro la cavalleria persiana, pur essendo fortemente protetta, era infinitamente più mobile (evadeva, fingeva cariche etc.) dei catafratti parti; forse ciò era dovuto all'introduzione di cotte di maglia di migliore qualità.
Il primo uso della parola clibanarius in un testo latino mi pare risalga a Lattanzio nel 318, mentre il primo accenno di un reclutamento di clibanari da parte dei Romani è nella Historia Augusta (risalente a metà IV secolo circa), nella vita di Alessandro Severo, in cui si dice anche che i Persiani chiamano clibanari i catafratti.
Nella battaglia di Torino la fanteria di Costantino si aprì per far passare i clibanari di Massenzio che furono poi assaliti da fanti armati di mazze (la fonte è il panegirico di Costantino fatto da Nazario); una tattica simile fu usata alla battaglia di Imma dai soldati di Aureliano contro i catafratti palmiresi.
Libanio accredita a Costanzo II il reclutamento di altri clibanari, protetti ancora più pesantemente di quelli Persiani.
Zosimo ed Ammiano ci riferiscono della sfortunata performance dei catafratti o clibanari romani nella battaglia di Strasburgo (Zosimo rifferisce di 600 clibanari).
Nel IV secolo I Romani chiamavano però indifferentemente catafractarii o clibanarii tutta la cavalleria ultra pesante, mentre il clibanario persiano, era un arciere corazzato su un cavallo bardato.
Lo stesso Nazario, la Historia Augusta (scritta a metà del IV secolo) ed Ammiano non fanno differenza tra catafratti e clibanari.
Le descrizioni migliori della cavalleria Persiana sono in Ammiano, ma vi sono anche raffigurazioni su monumenti persiani dell'epoca (ad esempio quelle che celebrano le loro vittorie sui Parti).
Da notare che i Persiani usarono, anche se presto scomparve, un tipo di cavaliere catafratto quasi uguale a quello dei Parti (forse venivano forniti loro dalle vecchie casate nobili partiche che avevano giurato obbedienza ai nuovi sovrani).
Per semplici raffigurazioni di catafratti e clibanari vedi anche Barker (The armies and enemies of imperial Rome).
Vi erano differenze qualitative tra catafratti e clibanari (le unità denominate clibanari sono tutte Palatine, le unità di catafratti comitatensi o addirittura limitanee - ma ve ne erano solo due di questo tipo).
Sulle differenze di corazzatura si potrebbe dire che forse il materiale usato nelle fabricae di clibanari era di foggia persiana, ma comunque non penso che ci fosse una differenza enorme di corazzatura tra catafratti e clibanari, almeno nel IV secolo; prima può darsi che i catafratti, di origine saramata siano stati più leggeri (certamente non avevano una copertura integrale per il viso, il materiale usato dava meno protezione, la bardatura non era completa - forse poteva addirittura mancare), ma successivamente tali differenze si saranno ridotte, se Ammiano, un soldato, non le distingueva.
Le unità di catafratti avevano inoltre spesso nomi che risuonavano un po' di lingua gallico-celtica es. Biturigenses e Albigenses.
Ciò può darsi sia dovuto al fatto che erano stati originariamente formati da Sarmati dedotti in Gallia.
Anche oggi, a parte il nome Alain (Alano, una popolazione Sarmata), molti toponomastici francesi riportano il nome Alain.
3. Un breve sguardo alla fanteria Romana del IV secolo d.C.
L'esercito romano del IV secolo (mi limiterò al IV secolo in questa analisi), si è
specializzato nel combattere la fanteria barbarica e la cavalleria Sassanide (che sono i principali nemici di questo periodo).
Poiché la fanteria barbarica è in pratica priva di armatura, tranne che per gli abbienti ed i nobili (optimates), è inutile continuare ad usare il pilum, bastano giavellotti più leggeri e dardi.
Una volta in mischia (perché data la determinazione dei barbari alla mischia si ci arriva spesso, nonostante il tiro romano faccia male), la spatha fa le veci del gladio, che è stato sostituito perché pensato per perforare corazze (che i Germani non hanno), e per operare all'interno di una legione schierata in ordine chiuso durante una battaglia campale; ma ora sono frequentissime le operazioni a bassa intensità, dove non si ci ordina per una battaglia vera e propria, e la spatha, con la sua maggiore lunghezza, va meglio, inoltre la spatha, usata prevalentemente di taglio, può colpire anche di punta.
Inoltre la spatha, con il suo migliore allungo è più adatta del gladio come arma secondariacontro la cavalleria. è adatta come arma secondaria (l'arma primaria essendo la lancea o un altro tipo di corta lancia o grosso giavellotto).
La spatha non era comunque una novità nell'esercito imperiale, visto che era
precedentemente usata, ad esempio dalla cavalleria ausiliaria.
Si dà inoltre ai soldati una lancia corta da fanteria (lancea) per migliore difesa contro la cavalleria, e si addestrano al tiro con l'arco una certa percentuale dei soldati, affinché tirino da dietro, cosa utile contro la cavalleria, ma anche contro la fanteria.
Lo scutum ovale continua ad avere le stesse funzioni di prima, penso sia un
po' più grande perché la corazzatura si è alleggerita.
Il pilum viene integrato da altre armi da lancio più leggere proprio perché si ha a che fare contro fanteria nemica non protetta, per cui la gittata è più importante del potere di penetrazione.
Passiamo ora ad esaminare l'intensità delle operazioni: nelle battaglie campali del periodo (Strasburgo, Adrianopoli, Maranga, Suma, Chalons sur Marne, Heilige etc), la fanteria romana, sia essa legionaria che auxilia palatina, combatte in ordine chiuso formando più linee successive; nelle numerosissime operazioni a bassa intensità combatte contro i barbari in ordine semiaperto, o addirittura aperto (vedi più in là le mie note sul significato in epoca classica dei vari ordini).
Infatti è molto probabile che le legioni, ma anche gli auxilia, potessero trarre dalle loro fila degli schermagliatori da impiegare di fronte al loro schieramento principale.
Inoltre c'erano unità di schermagliatori specializzate.
Contro la cavalleria pesante, la fanteria serrava i ranghi, presentando al nemico un muro di scudi irto di corte lance, mentre i ranghi posteriori usavano armi da tiro.
Insomma, a seconda della situazione tattica si ci schierava in un determinato tipo di ordine, ma le truppe dell'esercito campale erano comunque molto aggressive ed Ammiano, e più tardi Claudiano ci descrivono uomini determinati ed ansiosi di entrarein mischia, come le sfortunate unità galliche dell'assedio di Amida.
A completare il quadro erando disponibili unità di tiratori (arcieri, forse balestrieri) e di artiglieria specializzate (anche se l'uso dell'artiglieria non è attestato nelle battaglie campali del periodo) per un maggiore supporto di fuoco.
Quindi una tendenza verso maggiore flessibilità, specializzazione e diversificazione.
E veniamo alle formazioni: i Romani praticavano il quadrato vuoto (ovverosia
una formazione con tutte e 4 le facce volte al nemico) soprattutto a livello di più unità, al centro c'era magari il carriaggio da proteggere.
Era inoltre in uso il fulkum, ottenuto sovrapponendo gli scudi, ed era utilizzato per una lenta avanzata (era la vecchia testudo).
La cosa più simile ad una colonna d'attacco era invece sicuramente il cuneo (caput porci).
La fortuna del fulkum (in greco fulkon) del caput porci (antico norvegese svinfylking) prosegue nell'alto medioevo (ambedue le formazioni sono usate dai popoli germanici, ed il fulkon anche dai bizantini, ovviamente la versione germanica del fulkon (antico norvegese fylking è più semplificata, riducendosi alla sovrapposizione degli scudi della prima fila - muro di scudi, Scandinavo skjaldborg).
Questo fatto mi fa pensare che il medioevo scimmiotta gli ordinamenti militari romani (il miles, il cingulum militaris, il fulcum etc.), mentre il Rinascimento (ad es. Macchiavelli, Maurizio di Nassau), lo copia scientemente, cosicchè anche i moderni eserciti, su un substrato germanico, hanno una forte sovrastruttura romana.
Per quanto riguarda la composizione delle truppe bisogna ricordare che l'esercito romano del IV secolo era composto in buona parte da volontari, anche barbari, a cui si aggiungevano le reclute ottenute attraverso una strana forma di tassazione e le truppe di popoli assoggettati obbligati da trattati al servizio militare (qui forse semplifico troppo, ma sul sito ICSM vi è una mia ricerca più rigorosa sull'arruolamento nel IV secolo).
Queste reclute (tirones) venivano addestrati molto intensamente per alcuni mesi presso le unità di destinazione prima di entrare a far parte dei ranghi (vi era una cerimonia di ammissione vera e propria dopo l'addestramento).
Leggendo Vegezio ho l'impressione che l'addestramento delle reclute fosse più completo dell'analogo addestramento delle reclute dell'US Army della IIGM o del Vietnam (tenendo conto delle cose che ho appreso frequentando ICSM).
Anno per anno venivano sostituiti nell'esercito gli uomini congedati, morti o altrimenti non disponibili, e poiché il servizio durava 20 anni, è chiaro che tale fabbisogno ammontava a 25.000 - 50.000 uomini per anno (su un totale di circa 500.000), ameno che non si verificassero perdite disastrose (solitamente più frequenti nelle guerre civili).
La percentuale dei veterani era dunque altissima, una volta che Diocleziano o Costantino (o tutti e due) ebbe impostato l'organizzazione.
Ciò vale anche per gli spesso troppo bistrattati limitanei.
Il punto debole di tale organizzazione era la totale mancanza di riserve addestrate (dopo venti e più anni di servizio, e data la vita media e gli standard di vita di allora, i veterani congedati non erano fisicamente un gran che), e ciò si fece sentire dopo Adrianopoli ed il Frigidus.
Si poteva sempre arruolare barbari (che, contrariamente a quel che diconoalcuni, non comportò grosse conseguenze militari, ma politiche) ma per questo occorrevano, come diceva il Montecuccoli in genere della guerra "Soldi, soldi ed ancora più soldi", e ciò si fece sentire appunto nel V secolo, quando le risorse, per l'Impero d'Occidente, declinarono, man mano che venivano persi territori importanti quali l'Africa.
Infine l'organica: la legione (formata da 1000 - 1200 uomini divisi in gruppi di 100 chiamati ancora impropriamente da Ammiano coorti o anche centurie), non ha in organico auxilia (che combattono in unità separate di 500 uomini circa), ma all'occorrenza fino adun quarto delle truppe può combattere in ordine aperto, uscendo dalla formazione.
Era pratica comune accoppiare 2 legioni o 2 auxilia (ad es. i Celtae ed i Petulantes) su base stabile, ottenendo unità da 1000 a 2500 uomini. Non esistono prove che tali "brigate" avessero un proprio staff di comando, ma dovevano comunque dare ancora più flessibilità all'organizzazione.
Infine un orientamento sui tipi di ordine, preso dai manuali Ellenistici e Bizantini, cui i tardo romani sono conformi.
Ordine denso: la falange macedone
Ordine semiaperto: i peltasti, un ordine ancora adatto al corpo a corpo
Ordine aperto: gli sciami di schermagliatori (arcieri cretesi, fiondatori
balearici)
Ordine chiuso: usato dai Romani, un po' meno chiuso dell'ordine denso (serrando i ranghi e le fila si passava dal chiuso al denso).
Per dare un'idea, le picche del 1600 si schieravano in ordine denso solo se dovevano affrontare la cavalleria.
4. La riserva strategica di cavalleria by Lorenzo
La cavalleria di Gallieno fu ottenuta per la maggior parte riunendo le ali di cavalleria già esistenti in un unico comando, e formando nuovi corpi di cavalleria, tra i quali anche,ma non solo, corpi di cavalleria ultra pesante (c'erano, ben più numerosi, corpi di cavalleria leggera).
Il problema era costituito dal fatto che gli incursori erano bande di saccheggiatori pittosto piccole e mobili (specialmente i Goti e gli Alani) e quindi fanti romani legionari rimanevano impotenti.
Uno dei risultati di questa pressione fu l'incremento dell'arma a cavallo; ciò non fu perché la cavalleria era tatticamente superiore alla fanteria, ma perché la maggiore mobilità strategica della cavalleria, dava la possibilità a quest'ultima di essere rapidamente schierata ove ce ne fosse bisogno, supportando le truppe locali.
Per l'appunto l'artefice di tutto ciò fu l'imperatore Gallieno (che tra l'altro riformò anche la gerarchia militare scacciando i senatori).
Questa riserva fu creata togliendo i 120 dalle legioni e riunendoli in un solo comando, queste nuove unità furono chiamate equites promoti.
La riserva centrale di cavalleria fu lo strumento di successo degli imperatori illirici (Claudio, Aureliano, Probo e in più di Caro e Carino).
Nata nel 260 rimase fino al 284, quando Diocleziano stabilizzò la situazione.
5. Scavi a Dura Europos
A Dura Europos sono stati trovati, nelle vicinanze (sotto) della torre 19, o
meglio sotto di essa, i resti di 16 - 18 soldati Romani; alcuni di tali soldati, in lorica hamata (maglia) presentavano gravi ustioni, altri ferite da arma bianca.
La ricostruzione effettuata da Rostovtzeff è stata la seguente:
I Persiani avevano costruito una galleria (mina) per far crollare la torre
in questione, i Romani hanno costruito una contromina, ed hanno intercettato
i Persiani.
C'è stato uno scontro (i Persiani erano probabilmente cavalleria smontata,
perché tra gli scavi sono stati trovati anche cotte di maglia lunghe fino al
ginocchio ed un elmetto crestato con camaglio pesiano), ed i Romani si sono ritirati; i loro compagni all'esterno, vedendoli salire in superfice hanno bloccato la contromina, pensando che i Persiani potessero salire di là.
Contemporaneamente i Persiani hanno fatto crollare la loro galleria appiccandogli fuoco.
I Romani feriti, o troppo lenti a mettersi in salvo sono stati presi in trappola ed uccisi dal fuoco e dal crollo.
Dura Europos fu distrutta dai Persiani intorno al 260 d.C. , ma oltre i ritrovamenti legati all'assedio sono stati trovati reperti risalenti all'inizio del secolo (tra cui graffiti che ci descrivono truppe dell'inizio del III secolo e bardature di catafratti).
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