I cimiteri militari e le guerre moderne
L'idea di cimitero militare nasce con il sorgere degli eserciti di leva. Fino a quel momento, che si individua tradizionalmente con la Rivoluzione Francese, non si era avvertita la necessità di creare siti cimiteriali per i soldati caduti in quanto tali; esistevano sì cenotafi simbolici inseriti magari in monumenti celebrativi di qualche battaglia, ma si trattava pur sempre di perpetuare il ricordo di una vittoria, non quella dei caduti.
Quando agli eserciti mercenari o di professione, tipici del XVIII secolo, si sostituiscono le armate nate dalla coscrizione obbligatoria, quando cioè lo stato si inserisce nella vita dei cittadini con la
leveè en masse e rende i sudditi dei guerrieri, si fa pressante la necessità di intervenire sulla glorificazione dell'esercito di popolo non solo nella vittoria, ma anche nei momenti delle difficoltà. Cresce così l'attenzione a migliorare la condizione della sanità militare, a gestire il problema degli smobilitati, con un occhio sempre rivolto a motivare il cittadino-soldato e ancorarlo all'ideale di patria, che si sostituisce a quello di stato monarchico
tout court, di fedeltà al governo e al territorio e, di conseguenza, a combattere non per un sovrano o un'entità statale astratta, ma per qualcosa di più tangibile, di cui anche egli fa ed è parte.
Tutto ciò si riverberava ovviamente sul momento in cui il soldato cadeva in battaglia; non era più sufficiente seppellirlo e dimenticarlo; in qualche modo al caduto per quanto possibile era necessario tributare omaggio e trattarlo con il maggior rispetto possibile. Questo non vuol dire che i cimiteri militari come li conosciamo oggi nacquero con la Rivoluzione Francese, infatti ancora durante le campagne napoleoniche, i soldati morti durante le battaglie venivano semplicemente sepolti in una fossa comune, ma se ne cercava di perpetuare la memoria con cenotafi celebrativi di massa, con monumenti e con la certezza delle sempiterna gloria postuma.
I primi veri cimiteri militari nacquero negli Stati Uniti alla metà del XIX secolo nella forma successivamente adottata da tutti i paesi anglosassoni: grandi campi immersi nel verde, spesso inseriti in contesti boschivi con lunghe fila di croci bianche perfettamente allineate. Il primo vero sito cimiteriale costruito in Europa su un campo di battaglia, pare sia stato un piccolo terreno dove, in occasione della guerra franco-prussiana del 1870, furono raccolte e ordinate le spoglie dei soldati di ambo le parti, caduti in uno scontro minore.
L'esplosione dei cimiteri militari si ebbe all'indomani della carneficina della Prima Guerra Mondiale, quando i paesi belligeranti si trovarono ad assorbire l'inedito trauma di una generazione spazzata via in cinque anni di combattimenti. Con milioni di morti, decine di migliaia di militari le cui spoglie erano introvabili, interi reggimenti cancellati dai ruoli di battaglia, era necessario giustificare tutto ciò e renderlo accessibile ai sopravvissuti e alle famiglie di coloro che non erano tornati.
Vincitori e vinti affrontarono il difficile e doloroso compito di recuperare e inumare i loro caduti e di celebrarli in tutta la nazione come eroi e per far ciò e alleviare lo sgomento della perdita di tante vite, trasformarono il lutto individuale in lutto collettivo, per renderlo condiviso e dunque maggiormente accettabile. Attraverso cimiteri militari e monumenti ai caduti, si rese la collettività orgogliosa dei propri morti e si costruì l'idea di famiglia-nazione. La collettività sostituiva il caro ucciso in guerra, il nucleo familiare orfano di un marito, di un figlio o di un fratello trovava ora nei suoi concittadini nuovi familiari non legati da vincoli di sangue, ma uniti dal comune
dolore (
1).
Mentre il monumento ai caduti richiamava un lutto collettivo, poiché era edificato per la collettività e parlava al popolo, il cimitero militare rinchiudeva nella sua ufficialità il momento del dolore individuale, celebrato anche con le funzioni religiose e civili in occasione delle varie giornate del ricordo. Il soldato che in vita era ormai solo una matricola, ritrova così nella morte quell'individualità che era stata cancellata nei ruoli reggimentali e trasformata in numero. Cimitero militare e monumento ai caduti, sia come Monument aux morts, che War Memorial sono dunque momenti fondanti dell'identità nazionale e luoghi per rinforzare il vincolo fra popolo e stato e diluire il dolore individuale trasformandolo in orgoglio
nazionale (
2).
I soldati caduti sono ora senza distinzione eroi con i cimiteri che ne esaltano il sacrificio e, attraverso il loro, enfatizzano anche quello delle loro famiglie, dunque della nazione intera. Se un tempo lo stato non si curava dei caduti e li abbandonava o, al massimo, demandava alle famiglie il compito della sepoltura, con la Prima Guerra Mondiale, tale onere graverà per la maggior parte sulla collettività-governo, chiudendo il cerchio aperto con la chiamata in armi del popolo e con il mutato concetto di guerra, ora combattuta anche nel nome della nazione e non solo del sovrano.
Il cimitero ebraico
Abbiamo antiche evidenze archeologiche circa i costumi dell'ebraismo in merito ai riti di seppellimento dei morti e agli usi funebri adottati nel corso dei secoli. La necessità di onorare i defunti andava accordato con le regole concernenti l'impurità dei cadaveri, che limitano al minimo il contatto con il morto e regolano altresì le visite ai defunti; nell'ebraismo ci sono precisi giorni dell'anno dedicati al ricordo e alla celebrazione di coloro che non ci sono più.
Gli attuali cimiteri ebraici riflettono le tradizioni millenarie di questa religione, ma mostrano anche le profonde influenze del Cristianesimo trasmesse nel corso del Medio Evo. In genere è possibile distinguere fra la tradizione
ashkenazita (
3) e quella sefardita nella costruzione delle tombe: le prime presentano generalmente delle lapidi poste verticalmente sul terreno e non hanno motivi ornamentali a decorazione, mentre quelle sefardite sono orizzontali e non mancano simboli che richiamano figure angeliche o situazioni bibliche, contravvenendo in tal modo all'iconofobia tipica del giudaismo.
Recentemente ha tuttavia preso piede la tendenza a decorare la lapide con immagini ispirate alla tradizione, quali il
Magen David (
4), la
Menorah. (
5), l'albero della vita, o una candela, come simbolo di luce eterna. Nell'antichità le differenze sociali si mantenevano tali anche nelle sepolture e i cimiteri ebraici, nei limiti del possibile erano divisi fra gli appartenenti ai vari ceti; allo stesso modo poteva esistere una separazione di tipo morale fra i cosiddetti "giusti" e le persone che in vita non si erano comportate rettamente. Le famiglie appartenenti alla tradizionale casta sacerdotale dei
Kohanim non varcavano le soglie dei cimiteri per non infrangere le puntigliose leggi sulla purità, ragione per cui i deceduti appartenenti a questa elite erano generalmente sepolti in una sezione separata vicino all'entrata del camposanto. I capi spirituali e politici della comunità godevano anch'essi del privilegio post mortem di una sepoltura speciale collocata in un settore apposito del cimitero e le loro tombe spiccano per importanza e ricchezza sulle altre.
Quando l'emigrazione ebraica in Palestina aumentò all'inizio del XX secolo, le varie tradizioni funebri si diffusero e si mischiarono; un esempio illuminante è il vecchio cimitero di Tel Aviv risalente al 1920, che mostra settori differenziati per rabbini, studenti e notabili, oltre che una gran varietà di pietre sepolcrali. Il mantenimento, la cura e le cerimonie dei cimiteri in Israele sono appannaggio di società locali, ricalcando in ciò la tradizione diasporica. Sono note come
Hevrah Kadisha (società sante) e dipendono tutte dal Ministero degli Affari Religiosi che ha, tra l'altro, il controllo finale sulle forme di commemorazione dei defunti e sulle questioni inerenti le sepolture.
Un cimitero come fondamenta dello stato
All'indomani della Guerra d'Indipendenza del 1948-49 nacque in Israele l'idea di concepire un cimitero-sacrario per gli oltre seimila soldati caduti nel
conflitto (
6). La maggior parte dei caduti giaceva sepolta in cimiteri occasionali, spesso scavati sui luoghi della battaglia ed era assai sentita la necessità di onorare in modo degno uomini e donne che combatterono una guerra aspra e sanguinosa e che, a volte aveva richiesto l'estremo sacrificio a persone già scampate agli orrori nazisti in
Europa (
7).
Fu costituito a tal scopo il Department for the Commemoration of the Fallen (DCF), alle dipendenze del Ministero della Difesa, con il preciso compito di organizzare la sepoltura dei soldati morti nel vittorioso conflitto e di cercare ovunque tombe improvvisate, fosse comuni e, per quanto possibile, resti dei soldati dispersi per obbedire al comando morale di seppellire ogni ebreo nel
Kever Israel, (
8) il "grembo materno" della terra d'
Israele (
9). La costruzione di un cimitero memoriale fu decisa nell'estate del 1949 e il sito fu identificato in una collina poco fuori Gerusalemme, intitolata al fondatore del sionismo politico, Theodor Hertzl. In origine il sito era pensato come luogo di riposo solo per i soldati morti nella battaglia per Gerusalemme, anche se ben presto si trasformò in qualcosa di ben più ambizioso e divenne il luogo cimiteriale centrale per i combattenti di Israele.
Il problema della ricerca urgente di un luogo adatto, si presentò quando la località di Sheik Bader, dove erano sepolti 250 soldati, fu scelta per la costruzione del
compound governativo e non si sapeva dove traslare le salme. Il DCF e il
Keren Kayemet LeIsrael (Fondo Nazionale Ebraico) lavorarono insieme e, quando, la salma di Hertzl fu traslata in quello stesso anno sul monte a lui dedicato, la decisione di allocare il memoriale sulle pendici della collina fu automatica: era un luogo evocativo, era facilmente accessibile da ambo i lati ed era sufficientemente esteso da consentire un progetto ambizioso.
L'intera zona divenne così nelle intenzioni degli statisti la culla del nuovo stato, con un'area dedicata alla commemorazione dei grandi della nazione e una per i soldati che, morendo, avevano realizzato i loro sogni: la simbologia e il messaggio dei war memorials e dei monument aux morts, era rispettata in pieno. Tra i vari progetti presentati, vinse alla fine quello dell'architetto Asher Hiram. Il progetto di Hiram era, in verità, assai modesto e ben lontano dalla magnificenza dei suoi omologhi nel mondo: le tombe erano orizzontali e le lapidi che le ricoprivano un semplice blocco rettangolare di pietra di Gerusalemme, dello stesso tipo con il quale venivano e vengono costruite o rivestite tutte le case della capitale. L'idea era quella di rispettare ed esaltare l'uguaglianza ultima dei soldati morti e l'impressione che si ricava visitando il cimitero, è proprio quella di imponente e severa semplicità.
Costruito a terrazzamenti degradanti, immersi in un boschetto, il cimitero, come detto, divenne ben presto non solo la tomba dei conquistatori di Gerusalemme, ma dei soldati di
IDF (
10) morti in tutte le guerre di Israele; diviso in settori pensati e costruiti con ordine cronologico, il cimitero del Monte Hertzl, grazie alla struttura storico-tematica è una sorta di cartina della storia militare di Israele. Uno degli aspetti più rilevanti del complesso cimiteriale del Monte Hertzl è il legame ideale che esso crea con il non distante mausoleo di
Yad Vashem dedicato alla memoria della
Shoah. Lo
Yad Vashem si compone di più edifici e settori tematici che raccontano la tragedia dell'annientamento dell'ebraismo europeo e, accanto al museo vero e proprio, al toccante mausoleo dei bambini, è presente anche un monumento che rappresenta una lama inserita in un
Magen David, a simboleggiare e ricordare che la persecuzione nazista non vide solo inermi ebrei condotti al massacro, ma anche uomini e donne che combatterono e morirono armi in pugno.
Poiché lo stato d'Israele intendeva proporre l'immagine dell'ebreo nuovo, non più sottomesso ai capricci delle maggioranze dominanti, la Shoah ha rappresentato per gli uomini dello
Yshuv (
11), oltre che uno shock emotivo, anche un imbarazzante precedente che, se pure stava alle basi delle legittimazione del nuovo stato, era tuttavia in netto contrasto con gli ideali nazionalisti propugnati.
propugnati (
12). Così come nello
Yad Vashem veniva resa memoria ai combattenti europei, così al Monte Hertzl si enfatizzava anche il ruolo svolto dai martiri dello
Yshuv che avevano combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale i nazisti, al fianco degli Alleati. In tal modo si spiega la traslazione dell'eroina ebrea Hannah Szenes uccisa dai Tedeschi mentre cercava di organizzare la resistenza in Ungheria, il progetto di trasportare i caduti della brigata ebraica sepolti nei cimiteri italiani sulla Linea Gotica e l'edificazione di un monumento dedicato ai 140 morti della stessa brigata in seguito all'affondamento della nave che li stava portando al fronte.
Se certamente con l'idea di unire idealmente i caduti degli anni anteriori alla fondazione al 1948, con i soldati morti combattendo per Israele, si è voluta creare una continuità temporale fra la diaspora, le
aliyot (
13) e il nuovo stato, certamente non è stato estraneo il pensiero di cercare e materializzare una legittimazione all'esistenza di Israele che andava ben al di là di una semplice risoluzione di un organismo sopranazionale di recente formazione come l'ONU.
Il lutto collettivo e le cerimonie commemorative
La "Military Cemeteries Law" approvata dalla
Knesset (
14) nel 1950 fu promulgata per istituzionalizzare la costruzione dei mausolei di guerra, ma anche per ribadire l'assoluto diritto dei familiari di decidere dove seppellire i propri cari, chiarendo quindi la sussidiarietà del seppellimento dei caduti nei cimiteri militari statali e, in particolare in quello centrale del Monte Hertzl.
Il risultato fu la creazione di altri dieci piccoli camposanti e della comparsa di tombe militari nei cimiteri civili, soprattutto quelli appartenenti a piccoli paesi o comunità, tradizione che perdura tutt'oggi. Il lutto causato dalle perdite in battaglia è fatto quotidiano in Israele che, nel corso della sua breve storia, si è trovato ad affrontare non solo guerre, ma anche un doloroso stillicidio di attentati ed episodi di attrito con i paesi confinanti e, di recente, nei territori palestinesi. Oggi Israele conta circa quattro milioni di abitanti, spesso organizzati in piccole comunità quali
kibbutzim,
moshavim, o insediamenti colonici, per cui, spesso la morte di un soldato investe un gruppo allargato di persone che va oltre la famiglia carnale.
L'ideale socialista di vita in comune e di collettivizzazione della proprietà tipica degli anni pionieristici, ormai non informa più la società israeliana, tuttavia ha caratterizzato proprio gli anni in cui lo stato ha combattuto le sue guerre più sanguinose e, unitamente al forte concetto familiare tipico delle famiglie ebraiche, ha portato il problema del lutto nella società civile fra gli imperativi da affrontare e risolvere. A ciò si aggiungano altri due fattori estremamente delicati. Molte volte la famiglie in Israele sono composte da sopravvissuti alla Shoah e, comunque da profughi, quindi si tratta di nuclei già profondamente toccati negli affetti e nella tranquillità; in secondo luogo è da ricordare che in Israele il servizio militare dura tre anni per gli uomini e due per le donne e inizia subito dopo le superiori, con pochissimi casi di rinvio, motivo per cui le perdite in combattimento colpiscono quasi sempre giovani, con tutte le conseguenze sociali che ciò implica.
Ecco perché anche se Israele è sempre riuscita, con la parziale eccezione della Guerra di Yom Kippur, a contenere le perdite, queste hanno sempre avuto un impatto devastante sull'opinione
pubblica (
15). Nel cimitero memoriale del Monte Hertzl si è voluto rendere omaggio anche ai soldati dispersi, altro tasto dolente del lutto di ogni paese in guerra, ma particolarmente sentito in
Israele (
16), con la costruzione di lapidi a ricordo degli uomini i cui corpi non sono mai stati trovati. In tale contesto colpisce per la sua eterogeneità all'interno del vasto complesso di tombe uguali, il grande cenotafio dedicato ai 69 marinai del sottomarino
Dakar scomparso per cause ignote nel Mediterraneo nel 1968, i cui resti non sono mai stati localizzati. è una costruzione a forma di sottomarino in pietra calcarea di Gerusalemme, al cui interno sono incisi i nomi dei marinai scomparsi e che concettualmente, ricorda molto un altro cenotafio intitolato ai 44 soldati della Compagnia
Maggio 76 morti in un incidente nel 1977, quando il loro elicottero si schiantò nei pressi di Gerico nel corso di un
addestramento (
17).
La storia di questa tragedia è emblematica per comprendere il livello di cameratismo che si instaura tra i soldati israeliani e, di conseguenza, il muro di dolore composto che si incontra ogni qualvolta ci si avventura nello scandagliare l'argomento dei caduti. La compagnia
Maggio 76 prendeva il nome dal mese e dall'anno di arruolamento; in particolare in quell'occasione furono arruolati ragazzi di bassa estrazione sociale, spesso disadattati e l'ufficiale al comando, il capitano Kochavi, riuscì a creare un fortissimo spirito di corpo, al punto che la compagnia sostituì in toto la famiglia. Furono inquadrati nella
Sayeret Tzanahanim, il corpo dei paracadutisti e trascorsero un anno della loro ferma ad addestrarsi, facendosi notare per l'irrequietezza e l'indisciplina. Ma, sotto il comando del loro ufficiale crebbero e divennero infine una solida e valida formazione militare pronta per il battesimo del fuoco, quando l'elicottero su cui viaggiavano precipitò. I dieci sopravvissuti che non si erano imbarcati sul velivolo subirono un devastante shock emotivo che ne condizionò l'esistenza. Privati del loro mondo, non riuscirono a superare il trauma causato dalla tragedia, così che ancora oggi alcuni di loro soffrono di disturbi mentali e sindromi dissociative. Ma tutti gli anni, nell'anniversario della sciagura convergono dai loro luoghi di residenza nel mondo a Nueima, dove sorge il cippo celebrativo, a ricordare il sogno di una giovinezza e di una famiglia spezzata.
Il momento istituzionale del dolore collettivo è lo
Yom ha Zikaron, il Giorno del Ricordo, nel corso del quale si commemorano ufficialmente i caduti, una sirena risuona per un minuto in tutta Israele e in quel breve frangente, la vita si ferma. In quel giorno è tradizione effettuare un pellegrinaggio nei cimiteri militari e nei luoghi di commemorazione nel
paese (
18) ma nemmeno in quell'occasione, il mausoleo del Monte Hertzl ricopre la funzione di centro nazionale del dolore e del ricordo, ciò in obbedienza al concetto di uguaglianza di tutti i caduti e, quindi, dei luoghi della loro sepoltura. Tuttavia la cerimonia di apertura dello
Yom ha Zikaron si svolge sin dal 1969 presso il
Kotel (
19) nella Gerusalemme vecchia, cuore della storia ebraica, mentre le funzioni per la commemorazione dei dispersi ha luogo nel cimitero del Monte Hertzl.
Simbolicamente lo
Yom ha Zikaron si celebra dopo lo
Yom ha Shoah che ricorda lo sterminio nazista e subito prima di
Yom ha Azmaut, la festa dell'Indipendenza del paese, a sottolineare il valore catartico del sacrificio dei soldati che ha permesso al popolo ebraico di riscattarsi dalla Shoah e di tornare a essere, dopo due millenni, un entità statale.
Per quanto concerne la commemorazione dei soldati dispersi, il cui numero attualmente è fisso sui 195, esiste anche una data specifica: il settimo giorno del mese ebraico di Adar, in cui si ricorda la nascita e la morte di Mosé. Questo perché viene richiamato il passaggio di Deuteronomio 34 riferito alla sepoltura del patriarca"..e nessuno fino a oggi conosce ove egli è sepolto."
Sin dal principio si decise che le cerimonie funebri dovessero svolgersi secondo i riti e la tradizione della religione ebraica e della cosa si occupò il Rabbinato Militare, anche se è diffusa la percezione che l'elemento religioso si riduca a un contorno e si tratti solo di dare una forma alla tradizione del popolo
ebraico (
20). Nel corso del dibattito sull'approvazione della "Military Cemeteries Law", che prevedeva la forma dei servizi funebri, si registrò uno dei tanti scontri fra i laici e i religiosi, caratteristica questa, tutta israeliana, nata dalla contrapposizione fra la concezione rigidamente laica dello stato, ma con pesanti intromissioni del religioso nella vita civile, inevitabile poiché l'elemento divino ha avvolto e plasmato l'intera storia ebraica. Il Mapam un partito di ispirazione socialista, fortemente laico e sionista mise in discussione gli accordi intercorsi fra il governo e il rabbinato militare: per i promotori della mozione, delegare al potere religioso alcuni aspetti della vita civile, rappresentava un'intollerabile intromissione della religione nella vita quotidiana, considerata anche l'interpretazione ortodossa e restrittiva che veniva data all'
Halacha il complesso di norme religiose da parte del Rabbinato Generale.
La polemica non era rivolta direttamente ai servizi funebri dei caduti, ma era chiaro a cosa il Mapam volesse riferirsi e, curiosamente, l'
affaire fu portato avanti non solo dai laici, ma anche da persone che si dichiaravano credenti. Costoro sostenevano che era deprecabile escludere la possibilità di avere un'alternativa che, pur mantenendosi nel solco della millenaria tradizione ebraica, fosse svincolata dai dettami delle regole religiose. In realtà il dibattito investiva un tema molto delicato e tutt'ora irrisolto: come e dove seppellire i soldati dell'IDF che non erano ebrei, o tali non erano considerati dalle norme dell'
Halacha. Lo stesso problema non si presenta per le cerimonie civili, ma solo perché essendo private e non investendo la collettività erano scevre da tutte le caratteristiche di un'inumazione di un morto in battaglia.
Alcune differenze tra i tipi di seppellimento esistono in Israele: i caduti dell'IDF sono sepolti in bare di legno, mentre i civili sono interrati avvolti in semplici lenzuoli funebri e, come in tutti i paesi, una salva di tre colpi di fucile è sparati dai commilitoni in uniforme. Ma al di là di queste differenze formali e tenendo conto che è pacifica l'esistenza nei cimiteri civili israeliani di tombe di non ebrei accanto a quelle di cittadini di religione giudaica, la costruzione di camposanti che, in nome dell'uguaglianza schieravano gli uni accanto agli altri, morti di religione diversa, andava a cozzare con le regole ortodosse di purità.
Il problema di chi è ebreo, di come definirlo correttamente è un cavillo che può far sorridere, ma, essendo quello di Israele uno stato fondato anche su una base etnico - religiosa, la discussione è molto delicata.
La questione fu affrontata fin da subito e la cosiddetta "Legge del Ritorno" che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto a emigrare in Israele con determinati diritti è diventata una delle prime leggi fondamentali dello
stato (
21). Il rabbinato ha sempre applicato criteri restrittivi e, l'unico, veramente indiscutibile riguarda i figli nati da una madre ebrea, essendo il giudaismo trasmissibile per linea matriarcale; altre norme riguardano situazioni diverse, come quello dei convertiti (caso peraltro raro) e di coloro che tornano all'ebraismo.
La situazione è degenerata negli ultimi anni con un'immigrazione di massa dai paesi dell'ex blocco sovietico, intasando i tribunali rabbinici di lavoro e scatenando polemiche dolorose. La necessità di una separazione post mortem anche dei soldati caduti, se è indiscutibile dal punto di vista religioso, ha tuttavia creato tensioni e astio in una società come quella israeliana che ha sempre posto fra i cardini della propria esistenza l'esercito considerato, tra l'altro, momento formante dell'identità di un popolo nato nella Diaspora.
Nel caso della creazione del mausoleo del Monte Hertzl il problema non era così pressante, poiché tra i morti vi erano da seppellire in Israele solo quattro volontari cristiani e 11
Drusi (
22). I primi trovarono l'estremo riposo nel camposanto cristiano di Jaffa, mentre i resti dei secondi furono traslati in un apposito settore del cimitero civile druso di Usfiyya un grosso villaggio nei pressi di Haifa, anche se ciò andava contro la tradizione dei Drusi che vuole i soldati morti in battaglia sepolti sul luogo ove sono
caduti (
23). In realtà i problemi sono relativi e spesso perlopiù teorici e comunque si pongono solo quando i soldati di diverse confessioni devono essere sepolti vicini in qualche memoriale, essendo totale la libertà per le famiglie di portare i propri caduti in qualsiasi cimitero civile del paese.
Sulle lapidi vengono incisi solo nome, cognome, e date di nascita e di morte, ma recentemente le madri dei 73 soldati morti in una catastrofica collisione fra due elicotteri sui cieli della Galilea mentre erano diretti nella Fascia di
Sicurezza (
24) hanno ottenuto il permesso di far incidere sulle tombe dei figli la dicitura "morto sulla strada del Libano". Israele oggi è un chiaro esempio di come un'intera società è riuscita ad assorbire e collettivizzare il lutto individuale, lutto però in continuo divenire poiché si tratta di una paese che comunque vive in una situazione di guerra e tensione permanente.
Inoltre, gli attentati che colpiscono con agghiacciante frequenza la popolazione, costretta a vivere schiacciata fra l'incudine di una società per forza di cose militarizzata e il martello dell'inimicizia dei suoi molti nemici, hanno reso drammaticamente comune il dolore nel quotidiano di Israele. Non sempre è facile distinguere fra perdite militari e civili poiché l'esercito israeliano è composto da una base di effettivi di circa 110.000 unità e da un'ulteriore aliquota di 450.000 soldati, costituita da tutti gli uomini che, terminato il servizio di leva, restano nella riserva fino ai 45 anni, con frequenti richiami per esercitazioni ed emergenze.
Per i caduti della riserva si applica lo stesso criterio usato per i soldati in servizio effettivo, così anche le loro famiglie possono scegliere se seppellirli in un sacrario militare, oppure in un cimitero civile. In conclusione dunque, la delicata situazione storica di Israele, suggerisce due considerazioni. La prima riguarda il l'esercito, la cui onnipresenza è evidente a chiunque si rechi in quei posti; esso ha un'importanza capitale nella storia e nella stima del popolo, ma resta tutt'ora un'armata di popolo nella sua più pura accezione. Considerato come ineluttabile momento di crescita dei giovani israeliani e quale occasione di sentirsi parte dello stato, IDF non ha mai sviluppato sentimenti militaristi nell'accezione più deleteria del termine, essendo stati i suoi compiti quasi sempre di difesa, sia per scelta, sia per ragioni contingenti. Una conseguenza di tale atteggiamento è riscontrabile nel fatto che è impossibile scorgere in un militare israeliano una sia pur minima traccia di marzialità.
La seconda, in certo senso legata alla precedente, riguarda l'insieme della ritualistica nella commemorazione dei caduti delle varie guerre che, pur restando nel rigoroso solco della tradizione ebraica, è stata mutuata nelle forme da quelle già in uso nei paesi occidentali. Tuttavia a differenza di queste, le cerimonie israeliane non esaltano la gloria del caduto o della battaglia, quanto piuttosto la partecipazione dell'intera popolazione al dolore individuale, visto come parte del mito fondante della nazione; la stessa successione dei giorni delle commemorazioni, Shoah - Caduti - Indipendenza, mostra un filo rosso che ben identifica la necessità di Israele di far coesistere passato e presente, tradizione e modernità, anche nel dolore estremo.
Note
1. Notevole, in campo britannico, fu la paziente opera svolta nei campi di battaglia della Imperial War Graves Commision, che cercò negli anni post bellici i resti e la storia dei caduti e dei reparti scomparsi oltre a costruire un gran numero di impressionanti cimiteri militari lungo la vecchia linea del fronte. Attualmente ha mutato il nome in Commonwealth War Graves Commission, ma i suoi compiti sono immutati. Per capire l'accuratezza del lavoro svolto basta visitare uno dei molti siti memoriali nelle Fiandre, come la Menin Gate. [
torna su]
2. Per quanto riguarda l'evoluzione dei cimiteri militari e il problema del lutto collettivo si veda: Georg Mosse, Le Guerre Mondiali, Laterza 1998, Jay Winter: Il lutto e la memoria, Il Mulino 2000. [
torna su]
3. Con il termine ashkenazita si indica la tradizione degli ebrei dell'Europa occidentale o orientale, mentre con sefardita si intende la cultura ebraica dei paesi arabi o latini. [
torna su]
4. La stella di Davide. [
torna su]
5. Il candelabro a sette braccia. [
torna su]
6. Tale cifra che pare esigua se rapportata alle grandi battaglie del secondo conflitto mondiale, rappresentava comunque l'1% della popolazione del neonato stato. [
torna su]
7. In particolare nel corso della battaglia di Latrun, combattuta nel teatro della lotta per Gerusalemme, furono gettati nella mischia uomini appena sbarcati dalle navi che li avevano portati via dai campi di transito per ex deportati. [
torna su]
8. L'importanza di tale compito, quando già lo Stato era gravato da compiti apparentemente più urgenti, è ben sottolineata dalle parole di David ben Gurion in una lettera a Yosef Dekel responsabile del DCF:-"I have read your report on the construction of the graves of the fallen soldiers of the Israeli Defence Forces.. we owe this to those who gave their life for our freedom, and also to the bereaved parents and to the honor of the Israeli Defence Forces:- Lettera di David Ben Gurion a Dekel 29 giugno 1949, Central Army Archives. [
torna su]
9. Questa sorta di comandamento spirituale è alla base dell'ossessione con cui in Israele si cerca ogni singolo frammento delle vittime degli attentati, o che sottintende gli scambi fra prigionieri nemici e resti di caduti israeliani, scambi che sarebbero incomprensibili senza tener presente questa consuetudine morale. Di recente Israele ha scambiato 120 Hezbollah, in cambio della testa del caporale Itamar Ilya, caduto in Libano nello sfortunato raid in cui persero la vita 12 membri dell'unità d'elite Sayeret Mat'kal. [
torna su]
10. Israeli Defence Force, in ebraico Tzevà Haganah Leisrael "Tzahal". [
torna su]
11. Termine che indica la comunità ebraica negli anni anteriori la nascita dello stato d'Israele, fondata su principi pionieristici e socialisti. [
torna su]
12. Si legga al riguardo Tom Segev, Il settimo milione, Mondatori 1998. [
torna su]
13. Con il termine aliyah (pl. Aliyot) si indicano i flussi migratori in Israele nel corso del secolo. Il termine letteralmente vuol dire "salita" e ha una forte valenza simbolica. [
torna su]
14. Il parlamento monocamerale israeliano. [
torna su]
15. Nella guerra del Kippur del 1973, Israele registrò circa 2800 morti, contro i 700 della Guerra dei Sei Giorni del 1967, i 160 della Guerra del Sinai del 1956 e i 750 del conflitto libanese del 1982. Il conflitto dell'estate del 2006 è costato a IDF 129 morti. [
torna su]
16. Vedi nota 9. [
torna su]
17. La toccante vicenda della compagnia Maggio 76 è narrata dallo scrittore Ygal Sarnà nel racconto "The spitfire company", pubblicato in Italia per i tipi della Giuntina. [
torna su]
18. In tutto il paese e principalmente nei luoghi teatro delle battaglie, sono sorti monumenti dedicati a qualche caduto o a singoli reparti. [
torna su]
19. O Muro Occidentale, noto impropriamente come Muro del Pianto. [
torna su]
20. Nel corso della cerimonia, generalmente trasmessa alla televisione statale, vengono recitati i Salmi funebri El Maleh Rakhamin e il Kaddish. [
torna su]
21. In Israele non esiste una Costituzione e le norme fondanti sono regolate da apposite norme di carattere generale denominate Leggi Fondamentali. [
torna su]
22. I Drusi sono una setta scismatica dell'Islam sciita, fortemente sincretica e orgogliosa delle proprie tradizioni. In Israele vivono nell'Alta Galilea e sono noti per la fedeltà a IDF. [
torna su]
23. Gli arabi, siano essi musulmani, o cristiani, che hanno cittadinanza israeliana sono esentati dal servizio militare, ma possono accedervi volontariamente; oltre i Drusi, anche i beduini del Negev sono soliti arruolarsi nell'esercito, soprattutto nelle unità scout. [
torna su]
24. All'indomani del ritiro israeliano dal Libano, fu lasciata una fascia cuscinetto profonda dieci chilometri in territorio libanese, presidiata da IDF e dall'SLA (South Lebanon Army) per proteggere il confine nord di Israele dalle incursioni di guerriglieri palestinesi e dagli Hetzbollah. [
torna su]
RIPRODUZIONE RISERVATA ©