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Il Monte Bianco nella tormenta della guerra
Il racconto delle operazioni militari sul Monte Bianco, in una natura dalle proibitive condizioni ambientali ed al limite della sopravvivenza umana.
© Giuseppe Calò
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Il massiccio del Monte Bianco, nei tempi remoti, era un ostacolo insuperabile per i traffici tra il sud ed il nord. Duemila anni fa la strada romana delle Gallie aggirava l'ostacolo. Il tracciato risaliva la valle della Dora Baltea fino ad Aosta, qui si divideva in due: un ramo valicava le Alpi per il Gran San Bernardo e l'altro per il Piccolo San Bernardo. Questo isolava gli abitanti delle pendici del Monte Bianco che per secoli vissero in una austera economia chiusa. L'agricoltura e la pastorizia erano le principali attività. Le alternative erano il contrabbando o l'emigrazione verso la pianura padana o la Francia. La caccia al camoscio o la ricerca dei cristalli di quarzo "Cristalliers", attività che portarono i primi uomini sulle alte vette del Bianco, erano un supplemento alla dura vita montana. Le acque termali ferruginose di Courmayeur ruppero l'isolamento e, dalla fine del seicento, attirarono sempre più "turisti balneari". Sul versante di Chamonix furono i ghiacciai, che nelle giornate limpide si possono ammirare da grande distanza, ad attirare i turisti. Un giorno del luglio 1741 gli abitanti della valle di Chamonix videro avanzare guardinga tra i campi di segale, preceduta da uomini armati, una carovana di muli e cavalli. La spedizione era guidata da due ufficiali di sua Maestà Britannica, Windham e Pococke, che rimasero delusi dal non vedersi minacciati da nessun pericolo. Erano l'avanguardia dei numerosi turisti che avrebbero visitato nel futuro i ghiacciai del Monte Bianco.
L'affermarsi dell'escursionismo alpino trasformò Chamonix e Courmayeur da semplici villaggi montani in affermate stazioni turistiche.

Le scuole militari

Alla fine dell'ottocento le nazioni alpine si dotarono di truppe specializzate per la guerra in montagna. L'addestramento comprendeva, oltre la classica preparazione militare, anche la pratica dell'alpinismo. Si affermarono nuove tecniche d'arrampicata e dello sci, fino all'epoca praticato esclusivamente nei paesi scandinavi. All'inizio del novecento l'uso dello sci si diffuse rapidamente e si tennero le prime competizioni. Nel 1922 Chamonix fu prescelta per la prima Olimpiade Invernale. La larga partecipazione di militari a queste gare e le esperienze belliche della Grande Guerra portarono alla creazione di scuole militari specializzate nell'addestramento sportivo-militare alpino. La pubblicazione ufficiale del DuÖAV (Deutscher und Österreichischer Alpenverein): scriveva "L'alpinismo fu una scuola dura e seria in preparazione della guerra. La piccozza e lo scarpone sul campo di battaglia furono altrettanto importanti del fucile e della baionetta". In Italia, nel 1935, si realizzò la Scuole Militare di Alpinismo di Aosta, con distaccamenti a La Thuile e Courmayeur. In Francia venne creata, nel 1932, a Chamonix l'ècole de Haute Montagne (EHM).

Sul Monte Bianco si alternarono le esercitazioni delle scuole militari italiane e francesi. Alla fine degli anni trenta, con il salire della tensione internazionale, nel settore del Bianco si svolsero spettacolari esercitazioni con manovre di reparti militari alle alte quote.

La vetta del Monte Bianco è occasione di controversie cartografiche tra Italia e Francia. Con il Trattato di Parigi del 1796, si precisava che la linea di frontiera dovesse passare "sul punto più alto del Monte Bianco, visto da Courmayeur"; fu allegata una mappa dove il confine tratteggiato passava sulla linea di cresta con indicati i 4807 m della vetta del Bianco. La formulazione apparentemente chiara si prestò a future contestazioni dato che, da Courmayeur, si contempla il "proprio" Monte Bianco inferiore di 60 metri dalla vetta; la commissione confinaria aveva preso le sue decisioni in alta val Ferret, dove si aveva la completa visione del massiccio, con le vette più alte in evidenza. Il contenzioso pareva finito con la caduta di Napoleone, il re di Sardegna riprendeva la Savoia e tutto si dimenticò. La questione viene ripresa cinquanta anni dopo da Napoleone III, in accordo con Cavour; si stabilisce, con la Convenzione del 1861, che il confine sia "le point plus élevé" e si precisa quota 4807mt.. Data la quota e la netta displuviale non si marcò mai il confine con dei cippi. E' convenzione tra tutti gli stati che, in mancanza di chiari particolari topografici, la frontiera in montagna debba seguire lo spartiacque. A questi accordi la cartografia francese non si è mai attenuta e continuò ad indicare il confine napoleonico. Così oggi, nell'Europa senza frontiere, abbiamo il confine sulla vetta più alta d'Europa indicato diversamente secondo la nazione stampante la cartina.


Inverno 1944-45, Pre St Didier (all'epoca San Desiderio Terme). Un Gebirgsjäger e due alpini della Littorio. Sullo sfondo, a sinistra, il Monte Bianco di Courmayeur.
Il 22 giugno 1935 gli allievi alpieri della Scuola Militare di Alpinismo di Aosta prestarono giuramento di fedeltà alla Patria e inneggiarono al re sulle vetta del Monte Bianco. Nel 1937, al termine del 2° corso speciale per guide e alpinisti accademici, si svolse sul Bianco un'imponente esercitazione d'alta montagna. Nel luglio l'intero battaglione "Duca degli Abruzzi" (circa 500 uomini), con una grande manovra, occupò tutti i valichi di confine con salite per vie diverse alla vetta del Bianco. L'estate successiva, 1938, replicarono i francesi con una manovra di massa di tutte le SES che si concluse, il 14 luglio, con il "grand rassemblement" sulla cima del Bianco. Le unità francesi dei distretti militari montani (Alpi e Pirenei) si erano dotate di una sezione esplorante SES (Sections d'Eclaireurs-Skieurs) a livello di battaglione di circa quaranta uomini. Gli appartenenti a queste sezioni si fregiavano di una stella: blu se dei BCA (Bataillon Chasseurs Alpins), rossa per i RIA (Regiment Infanterie Alpine) e verde per gli RTA o RTM (tirailleurs nord-africani). Nel 1949 per evitare "errori" tra le truppe NATO i RIA cambiarono la stella da rossa in blu.

La guerra

All'entrata in guerra dell'Italia, nel giugno del 1940, sul Monte Bianco le posizioni dei contendenti erano statiche, limitandosi al presidio dei rispettivi punti strategici. I francesi schieravano le quattro SES del 199e BCHM più altre quattro, due per battaglione, del 179e e 189e BAF (Bataillon Alpin de Forteresse). Nel 1939 venne creata per la difesa dell'alta valle d'Arve la 230e DBAF (Demi-Brigade Alpins de Forteresse) composta da tre nuovi battaglioni BAF (179e, 189e e 199e). Il 199e BAF viene in seguito trasformato nel 199e BCHM (Bataillon Chasseurs Haute Montagne) con i quadri della scuola d'alta montagna (EHM) di Chamonix. Nella primavera del 1940 i due btg. BAF sono utilizzati per contrastare l'avanzata tedesca, il 179e a Bellegarde e il 189e a Seyssel. Il 199e BCHM e le SES dei due btg. BAF, restano di riserva nell'alta valle d'Arve.

La linea italiana era tenuta dal "Reparto Autonomo Monte Bianco" diviso in tre distaccamenti (Miage, Gigante e Ferret), che copriva l'intera linea di confine.

Il 21 giugno 1940 il comando italiano ordinò l'attacco generale su tutta la linea del fronte occidentale, terminava così questa breve "drôle de guerre" d'alta montagna. Gli italiani, vista la difficoltà di imbastire qualsiasi operazione militare in quel breve tempo tergiversarono, così che non si verificarono episodi bellici di rilievo. Alle pendici meridionali del massiccio del Bianco, in Val Vény, si sviluppò l'attacco italiano condotto dal 5° Reggimento Alpini e dal btg. Duca degli Abruzzi. Superato il col de la Seigne, l'avanzata italiana fu bloccata dall'opera fortificata di Sélonges in val des Glaciers e, fortunatamente, l'armistizio del 25 giugno impedì ulteriori e inutili morti.

La liberazione

Lo sfondamento di Patton ad Avranches in Normandia, l'insuccesso del contrattacco tedesco a Mortain e lo sbarco alleato dell'agosto 1944 sulle coste della Provenza, indussero Hitler ad ordinare il ripiegamento generale a est di tutte le forze tedesche in Francia lasciando delle sacche di resistenza nei porti della costa atlantica. In Provenza, consolidate le teste di sbarco ed eliminata la resistenza tedesca a Tolone e Marsiglia, gli americani della 7°US Army del generale A. M. Patch ed i francesi della 1°Armée del generale Lattre de Tassigny, si lanciarono all'inseguimento della 19°Armata Tedesca del generale F. Wiese lungo la valle del Rodano fino alla "Trouée de Belfort" (Porta di Belfort).

In appoggio allo sbarco in Provenza gli Alleati effettuarono una serie di consistenti lanci di armi e materiali alla Resistenza francese. Il 31 luglio 1944 la radio inglese BBC trasmise una serie di messaggi e il giorno successivo effettuarono dei lanci su tutta la Francia occupata. Sull'altopiano di Clières trentasei quadrimotori americani effettuarono il lancio in pieno giorno, tra il tripudio della popolazione di Annency (capoluogo della Savoia). Nel Beaufortin, al col des Saisies, sessantotto quadrimotori americani lanciarono 900 contenitori. Il contenuto è impressionante: 1096 Sten, 298 Bren, 1350 Enfied, 260 pistole, 51 Bazooka, 2080 bombe a mano, 1030 granate Gammon e 2500 kg di munizioni. Il 13 agosto il comando delle FFI francesi chiese espressamente l'appoggio della Resistenza valdostana in sostegno dell'azione del maquis nella liberazione della Savoia. Contro le vie di comunicazioni, di entrambi i versanti delle Alpi, intervenne l'aviazione Alleata. In valle d'Aosta, cercando di colpire i due ponti sul Lys, fu bombardata Pont Saint Martin provocando 182 vittime civili.

Nell'alta Savoia le formazioni di maquis, dopo violenti combattimenti, costrinsero i tedeschi alla resa o ad sconfinare nella vicina Svizzera. Il 17 agosto i tedeschi di presidio a Chamonix si arresero dopo aver avuto 8 morti. Vengono catturati oltre 350 tedeschi. Per la maggior parte feriti, reduci del fronte russo, in convalescenza nelle strutture alberghiere della cittadina.

A Chamonix, nell'ottobre del 1944 si creò il battaglione "Mont Blanc", formato da tre compagnie combattenti più una comando. Entrarono a far parte del battaglione le varie formazioni della Resistenza francese dell'alta valle dell'Arve, i maestri di sci e le guide di Chamonix. Le compagnie erano formate da due sezioni di "voltigeurs" e da una SES. Il battaglione si pose a difesa del massiccio del Bianco occupando con le rispettive SES i rifugi in quota.

L'azione del rifugio Torino


Rifugio Torino fine anni Trenta. Sulla sinistra appare l'Aiguille Noire di Peuterey, a destra, innevata la cima dell'Aiguille Blanche.


Rifugio Torino fine anni Trenta. Arrivo teleferica. Sullo sfondo il Dente del Gigante.

Una SES composta da maestri di sci e guide alpine del CAF (Club Alpin Français), al comando del tenente Jacques Rachel, presidiò la capanna Simond al col du Midi. Approfittando della mancata presenza tedesca sul massiccio del Bianco occuparono il rifugio Torino sul versante italiano. Da qui si poteva controllare Courmayeur ed il terminale ferroviario di Pre St. Didier, nodo cruciale per i rifornimenti del fronte ora stabilizzatosi sul Piccolo San Bernardo. I tedeschi, che controllavano da tempo i movimenti attorno al rifugio, si preparano all'eliminazione dei francese. Nella notte del 2 ottobre un ufficiale e otto Gebirgsjäger salgono al rifugio Torino e si appostarono sulle rocce sovrastanti attendendo il momento opportuno per attaccare. Verso le 8 di mattina tre francesi, approfittando di una schiarita della tempesta, lasciano il rifugio per il col du Midi. Nel rifugio rimasero 13 uomini (11 francesi e gli italiani Maggiora e Zanelli).

Più tardi la tempesta riprese violenta, gli occupanti del rifugio, confidando nel maltempo allentarono la vigilanza e o dormivano o pelavano patate. Alle ore 10,30 i tedeschi attaccarono; l'assalto è veloce e violento, dalle finestre vengono lanciate le granate e sparate raffiche di colpi. Dal rifugio reagirono e, dal piano superiore il francese Quaglia, a colpi di moschetto, abbatté l'ufficiale ed un sottufficiale tedesco. I tedeschi sopraffatta la resistenza francese fanno irruzione all'interno dell'edificio catturando i superstiti; asserragliato al piano superiore Quaglia resiste; si arrende solo alla minaccia tedesca di uccidere i prigionieri. Muoiono tre francesi e un italiano (Maggiora) i superstiti vengono condotti a valle e deportati in Germania. L'italiano Zanella con una fuga avventurosa sfuggirà alla deportazione. Nel rifugio (costruzione massiccia in solido granito) i tedeschi danneggiano le suppellettili, le porte e le finestre. Una successiva pattuglia francese completa l'opera mettendo fuori uso anche la teleferica.
I francesi attribuirono la sorpresa al mancato preavviso da parte italiana che, come concordato, doveva dare l'allarme al rifugio Torino con l'interruzione dell'energia elettrica proveniente da Entrèves. I partigiani locali, che avevano notato i preparativi, avvisarono i francesi tramite Emilia Rey (telefonista di Courmayeurs), che il 1 ottobre riuscì a collegarsi telefonicamente con il rifugio.

L'inverno 1944-45 è molto rigido: le temperature in quota arrivano a 40° sotto zero, l'innevamento è eccezionale e le bufere si susseguono senza interruzioni rendendo la sopravvivenza proibitiva alle alte quote. I francesi, per evitare l'esperienza negativa del rifugio Torino, attuano una sorveglianza continua ed attiva. Quando il tempo lo consente si spingono con pattuglie fino al confine italiano controllando i movimenti a valle.
Il 27 ottobre Alessandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica, sale alla capanna Simond al col du Midi e raggiunge il semidistrutto rifugio Torino dove pernotta. Il giorno successivo scende a valle rientrando nell'Italia del nord dopo l'esilio. Collegatosi con la Resistenza valdostana viene accompagnato nella zona libera di Cogne. Da qui, sempre a piedi, raggiunge Ivrea dove, finalmente, con il treno raggiunge Torino e infine Milano.


Pattuglia francese al rifugio Torino.

Pattuglia francese nella Vallée Blanche.

L'operazione "Himmelfaht" (viaggio celeste)

Con l'approssimarsi della primavera del 1945 i tedeschi pianificano l'occupazione della displuviale di confine e, per prevenire eventuali attacchi francesi, l'eliminazione del presidio francese e la distruzione della capanna e della teleferica al col du Midi.

Vengono radunati a Courmayeur 9 ufficiali e 167 uomini, tutti specializzati in combattimenti d'alta montagna. Il gruppo comprendeva: una sezione della Sturmkompagnie divisionale; una sezione combattente e una di portatori del II/GJR 100 (secondo battaglione del 100° Geb.Jäg.Reg., unità di presidio in Valle d'Aosta); due obici da montagna da 75 mm. (7,5 cm. Gebirgsgeschütz 36) posizionati al Pavillon di Mont Frety; una squadra di pionieri, una di trasmissioni, un sezione di sanità, alcune guide valdostane di Courmayeur e un corrispondente di guerra.
L'Oberst Stautner, comandante del Kampfgruppe Aosta, incarica l'Oberleutnant Hengster di guidare l'operazione. L'Oberleutnant Hengster, guida bavarese e decorato con croce di cavaliere della croce di ferro. Aveva comandato i corsi di combattimento d'alta montagna a Chamonix, salendo cinque volte sull'Aiguille du Midi, per poi passare a Courmayeurs al comando dei corsi delle guide.

Conosciuto il programma, Hengster protesta affermando che è impossibile manovrare con più di cento uomini a quelle quote e che si andrà certamente incontro ad una sconfitta. Propone che lui e altri otto Gebirgsjäger tentino la sorpresa, al col du Midi, come al Torino. Il comando rifiuta la sua proposta e gli ordina perentoriamente di presentarsi in giornata dall'Hauptmann Siegle, comandante dell'operazione. L'Hauptmann Siegle era uno specialista di combattimenti d'alta montagna, si era distinto contro i sovietici sull'Ebrouz nel Caucaso. In Italia comandava la Sturmkompagnie della 5.Gebirgs.Jäg.Div.. Nella notte del 30 ottobre del 1944 era tra i partecipanti dell'incursione nel villaggio di Abriès nel Queyras; dove i tedeschi sorpresero, disperdendolo con perdite, il 12e Tabor marocchino.
Per due settimane il gruppo si addestra intensamente a Courmayeur, sia di giorno che di notte. Tutte queste manovre vengono segnalate dalla Resistenza valdostana agli Alleati tramite i canali di collegamento in funzione. Oltre che attraverso il P.so di Galisia o di Rhêmes con la Val d'Isère, sede dell'OSS (Office of Strategic Service), vi era anche un collegamento radio tra Cogne e Plateau Rosa. Le comunicazioni via radio venivano fatte in stretto patois valdostano e marcando sulle gutturali. Praticamente una parlata incomprensibile ai più.

Nella notte tra il 15 e 16 febbraio Hengster e quattro guide italiane si porta al rifugio Torino. In mattinata Hengster e una guida italiana si arrampicano sul Gran Flambeau e, oltre al magnifico spettacolo del "tetto d'Europa", osservano con il binocolo il presidio francese del col du Midi. Costeggiando il ghiacciaio di Toule, nel ritorno, Hengster scorge la lunga colonna tedesca che sale lentamente verso il rifugio Torino. Raggiunto rapidamente il comandante Siegle, gli comunica che la salita in pieno giorno è stata una follia e che i francesi ora sono avvertiti. I tedeschi si sistemano alla meglio nei locali invasi dalla neve del rifugio Torino.


Gebirgsjäger tedeschi sulla cima del Petit Flambeu, dietro il Mont Maudit, a destra il Mont Blanc du Tacul.
I francesi, il 16 febbraio, approfittando della bella giornata, inviano una pattuglia di tre uomini al col d'Entrêves. Esplorando con i binocoli il versante valdostano individuano la colonna tedesca che sale al Torino. Al ritorno, nel tardo pomeriggio, danno l'allarme. Il tenente Rachel riunisce rapidamente tutti gli uomini della riserva, invia un gruppo di rinforzo al rifugio Requin e lui con un altro gruppo sale immediatamente al col du Midi La salita in teleferica è lenta e lunga, alle due del mattino, con una temperatura di meno 25° hanno raggiunto la capanna Simond riempiendola al completo. La tensione è alta, si vuole evitare una sorpresa come al Torino dell'ottobre precedente. I tedeschi, al rifugio Torino, dopo essersi mal riposati, partono per il col du Midi in ritardo di due ore. In testa Hengster con due guide italiane per tracciare e battere la pista, segue il resto del reparto. Terminata la fase di avvicinamento Hengster segnalò con un razzo verde il raggiungimento del punto di raduno, segnalazione rilevata dai francesi al Col du Midi. I tedeschi si schierano per l'attacco. Sulla destra il gruppo Tritthart, composto da una guida italiana e da una decina di Gebirgsjäger con una MG 42, con il compito di attaccare il col de Rognon. Sulla sinistra, con il medesimo organico, il gruppo i Hengster, con obbiettivo attaccare alla base delle rocce del Tacul. Il grosso del reparto del comandante Siegle avanzava al centro con il compito di sostenere l'attacco dei gruppi laterali e successivamente eliminare il grosso dei francesi. Nel gruppo centrale erano compresi l'osservatore d'artiglieria, l'operatore radio ed i genieri, con l'esplosivo per la demolizione della capanna Simond e relativa teleferica.

Rachel rompe gli indugi, non vuol farsi sorprendere in condizioni sfavorevoli e, possibilmente, anticipare gli assalitori. Dopo aver discusso con i compagni decide di attaccare per primi. Alle ore 3 e 30 parte; un primo gruppo con lui e cinque chasseurs seguiti, dopo pochi minuti, da altri cinque chasseur con un FM. Gli altri francesi si schierano a protezione. Rachel, dopo un'ora di marcia, percepisce nel buio la presenza di una massa bianca ed indistinta (tutti indossavano una tuta bianca), era entrato in contatto con il gruppo di Siegel, al centro dello schieramento tedesco. Si appiattiscono silenziosi ed all'arrivo del secondo gruppo con il FM ordina di aprire il fuoco. La risposta è immediata e violenta. La cadenza di fuoco delle MG 42 non lascia dubbi, avevano trovato i tedeschi! Le raffiche di traccianti ed i tonfi nella neve delle granate si ripercuotono per tutta l'ampia conca. Rachel valuta la situazione disperata in cui si trova. La soluzione sarebbe di ripiegare verso il rifugio Requin scendendo lungo il ghiacciaio del Gigante, ma questo significherebbe abbandonare il gruppo di copertura e la postazione del col du Midi. Decide di non lasciare il combattimento ed ordina di risalire immediatamente verso la cresta del Rognon. L'arrampicata avviene nel massimo disordine. I francesi, nel grigiore assoluto, si mischiano con i tedeschi. Lo chasseurs François Baz cade, letteralmente, su un gruppo di tedeschi che lo catturano. Dopo un'ora di estenuante salita i francesi si raggruppano sulla cresta del Rognon stremati dalla fatica. La posizione è indifendibile! Ripiegano, superando la Vallée Blanche, in una corsa spossante per l'aria rarefatta e sotto il tiro di una mitragliatrice tedesca. Raggiunte le prime rocce del col du Midi, si mettono al coperto rispondendo al fuoco tedesco.

Tritthart e Hengstler chiedono a Sigle di ritirasi avendo perso il fattore sorpresa. Siegle, confidando sull'intervento dell'artiglieria, ordina perentorio di continuare l'attacco. I due gruppi tedeschi attaccano da entrambi i lati, avvicinandosi alle posizioni francesi. Con il farsi del giorno scompare la bruma biancastra e la visibilità si fa perfetta. Dalle rocce alla base del Tacul, il gruppo di appoggio del sergente Jacquet entra in azione prendendo d'infilata i tedeschi con il fuoco di un FM. L'Oberjäger Novak si inerpica per su parete ghiacciata e con una granata cerca di neutralizzare questo gruppo, il sergente Jacquet lo precede ferendolo con un colpo di pistola. Novak colpito ad una spalla precipita dalla parete sopravvivendo miracolosamente alla caduta. Rientrerà nelle posizioni tedesche con la spalla rotta sostenuta da una pelle di foca. Siegle chiede l'intervento dell'artiglieria ma il collegamento radio non funziona. La situazione dei tedeschi si fa disperata. I FM francesi vuotano caricatore su caricatore con un tiro fiaccante e micidiale. Vengono abbattuti alcuni tedeschi, anche il francese Baz viene ferito a morte dal "fuoco amico". Siegle si decide! Con un razzo giallo segnala la ritirata tedesca; questo sarà il suo ultimo ordine, subito dopo viene colpito a morte dal fuoco francese. I tedeschi si ritirano, raggiungendo rapidamente il fondo del ghiacciaio del Gigante, risalendolo poi per rientrare al rifugio Torino.


Compare sulla scena un aereo francese, un Morane Saulnier 500 Criquet (la versione francese del tedesco Fieseler Fi.156 Storch), che attacca con delle granate Gammon le colonne di rincalzo tedesche a les Flambeaux. La sezione di Rachel insegue i tedeschi catturandone uno precipitato in un crepaccio. Al termine dello scontro la SES del rifugio Requin, dopo un'estenuate risalita, raggiunge la Vallée Blanche, eliminando un tedesco nascosto tra le rocce del Rognon e raccogliendone un altro ferito.

Tra i francesi si contano solamente pochi feriti leggeri e l'unica perdita è l'esploratore Baz. Più consistenti le perdite tedesche, nove uomini e parecchi feriti. L'Oberleutnant Hengstelr prende il comando dei superstiti e raggiunge il rifugio Torino dove si prestano le prime cure ai feriti.

All'Oberjäger Novak, ferito, l'onere di scendere al Pavillon di Mont Frety e relazionare dell'insuccesso dell'operazione all'Oberst Stautner. I tedeschi si dispongono a difesa sul Gan Flambeau e sul col del Gigante, costruendo ripari e postazioni per mitragliatrici.

I francesi, per prevenire ulteriori minacce tedesche, rafforzarono il presidio al col du Midi. Furono inviate in quota una sezione di mitragliatrici pesanti e due obici da montagna da 75 mm. (Schneider 75M17 M.le 19/28). Il contingente francese, ora, raggiungeva la quarantina d'uomini e la capanna Simond non poteva più ospitarli tutti, così fu occupato il vicino rifugio Cosmiques (laboratorio costruito nel 1938 per gli studi sui raggi cosmici del prof. Luis Leprince-Ringuet).


Artiglieria francese in azione.

Col du Midi, capanna Simond, di fronte la Vallée Blanche.

Il 17 marzo inizia il trasporto tramite la teleferica dei due obici e di cinquecento colpi della 7° batteria, del 93e RAM (Régiment d'Artillerie de Montagne). La benna della teleferica aveva una portata massima di 100 kg e per trasportare in quota gli obici (in origine someggiati) furono suddivisi in sette carichi. Il 20 marzo l'artiglieria francese è pronta al fuoco. La sopravvivenza a quella quota si rivela molto logorante; si stabiliscono dei turni di tre giorni con un minimo di artiglieri in posizione in caso di necessità. Le tabelle di tiro erano calcolate per una quota massima di 2800 m; per rimediare si estrapolarono dall'abaco delle nuove tabelle di tiro. Il lancio di alcuni razzi da segnalazione tedeschi contribuirono a tenere elevata la tensione tra i francesi. Il 25 marzo si abbatté sul massiccio del Bianco una tempesta di estrema violenza. I rifornimenti e i collegamenti radio furono interrotti e gli obici furono completamente ricoperti dalla neve.

Terminata la tempesta, l'8 aprile, l'artiglieria francese cerca di colpire l'arrivo della funivia a Mont-Fréty sul versante valdostano. La sezione spara alcune salve con i calcoli delle tabelle; l'obiettivo non era visibile ed il collegamento radio con l'aereo d'osservazione non funzionava. Situazione che costrinse a desistere dall'operazione. Poco dopo, un centinaio di metri davanti alla posizione francese, si abbatté una salva di due colpi. Gli obici tedeschi al Mont-Frédy, di cui i francesi non conoscevano l'esistenza, sparano i loro primi colpi. Una seconda salva passa lunga sopra i francesi che ora sono inquadrati a "forcella". Col du Midi e le sue postazioni erano perfettamente rilevabili dalle posizioni tedesche. Il tiro tedesco continua metodico colpendo i dintorni della teleferica; alle ore 17,00 un colpo centra, danneggiandola, la capanna Simond. Più tardi un colpo spezzò un cavo di sostegno della teleferica. I francesi, impossibilitati ad reagire, si rifugiano nei ricoveri scavati nel ghiaccio dove rimarranno tutta la notte. Il 9 aprile i francesi riprendono il tiro. Il violento vento, che aveva molto disturbato il tiro tedesco, ora non permetteva un calcolo esatto del tiro. La natura aiutò gli artiglieri francesi che, calcolando la velocità delle nubi da un guglia all'altra, poterono con precisione rilevare la velocità e la direzione del vento. Alle ore 15 e 30 compare sulla scena il ricognitore francese e la radio funziona. Nonostante il vento glaciale, il morale è elevato e tutti sono galvanizzati. Partono le prime due salve; dall'aereo rispondono "corte a destra", le due successive "destra, lunghe ben raggruppate", inizia il "tiro di efficacia". Alla quinta salva il capitano Guiron (il pilota del Criquet) urla "colpito il pilone sotto Mont Fréty". Esplosioni di gioia tra i francesi che inviano altri 300 colpi sull'obbiettivo. La batteria tedesca non risponde rimanendo celata alla ricognizione francese. Tirerà alcuni colpi due giorni dopo.
Il 12 aprile, la sezione di obici francesi viene riportata a valle e si ricongiunge a Sardières in Maurienne alla 7° batteria, in appoggio alla 7e DBCA a Mont-Froid.

La ritirata

Il 9 aprile 1945 iniziò l'attacco generale delle armate alleate sulla linea Gotica. Il 20 aprile il generale von Vietinghoff, successore di Kesselring al comando delle truppe tedesche in Italia, ordinava all'Armata Liguria di ripiegare: piano "Herbstnebel" (nebbia autunnale) verso l'Italia nord-orientale. L'ordine di attuare il piano arrivò ai reparti solamente il 24 aprile, quando ormai gli alleati avevano raggiunto la linea del Po. Colonne motorizzate americane e brasiliane stavano raggiungendo la Lombardia ed il Piemonte. Le due divisioni tedesche, schierate sull'arco alpino occidentale (34.Inf.Div. e 5.Gebirgsjägerdiv.), si trovarono accerchiate in Piemonte. Il comando tedesco, dopo varie trattative con il CLN e la Curia locale, decise la resa agli Alleati il 1° maggio, dopo aver appreso per radio della morte di Hitler.

In Val d'Aosta il colonnello Stautner chiese di trattare la sua ritirata dalla valle con la missione alleata e con Resistenza valdostana. Gli fu risposto che sarebbe stata accettata solamente la sua resa incondizionata. Il colonnello Stautner ed il tenente Senoner (austriaco), per questa iniziativa, verranno condannati a morte (in contumacia) per attività antinazista. Stautner catturato a la Salle, il 29 aprile, fu accompagnato con ufficiali e sottufficiali del suo comando alla frontiera Svizzera. Sempre in Svizzera, passando per il col Ferret, si rifugiarono i tedeschi del presidio di Courmayeur. Quelli del rifugio Torino si arrendono ai francesi del col du Midi.

Alla fine del conflitto, in valle d'Aosta, ci furono trattative tra tutte le parti. Oltre ai tedeschi anche le autorità fasciste trattarono, separatamente, con il CLN. Gli svizzeri, molto preoccupati per il previsto afflusso di rifugiati, chiesero un cordone "sanitario" partigiano alla frontiera. Il CLN valdostano, tra le molte altre incombenze, si trovava con il problema della partenza dei vecchi "ospiti" e l'arrivo dei nuovi "non graditi ospiti" francesi!
Andarono in porto gli accordi con il colonnello De Felice, comandante delle truppe alpine repubblicane, che in alta valle bloccheranno le prime infiltrazioni francesi, in nome e per conto del CLN valdostano. Anche i paracaduti del maggiore Sala, con un accordo diverso, rimarranno consegnati in caserma con "l'arma al piede" in caso di eventuali sviluppi della situazione! Oltre alla mobilitazione delle brigate partigiane valdostane era prevista l'entrata in valle delle brigate partigiane del biellese (Moscatelli). Fortunatamente, grazie alla determinazione e alla responsabilità delle nuove autorità al potere, non ci furono incidenti di rilievo con i "nuovi ospiti". Con il 25 giugno 1945, come imposto dall'accordo Morgan-Carpentier, la truppa francese libererà dall'ingombro la Vallée.
La guerra è finita!

Le funivie

Alla fine degli anni trenta, si progettarono e costruirono le funivie per raggiungere le quote più elevate del Monte Bianco; in Italia inizialmente per scopi militari, in Francia per turismo. Sul versante italiano si costruì la funivia da Entrèves-La Palud (m.1412) a Pavillon-Monte Fréty (m.2174) e da lì la tratta fino al rifugio Torino (m.3322). Durante la guerra furono entrambe danneggiate, riparate furono riaperte al pubblico nel 1948. In Francia si costruì la tratta da Chamonix (m. 1050) a Gare des Glaciers-Plan de l'Aiguille (m. 2174), da lì partiva una teleferica di servizio per il trasporto dei materiali della prevista funivia (completata nel 1956) fino a col du Midi (m. 3600).

Il 22 dicembre 1959 entra in esercizio la funivia da Punta Helbronner all'Aiguille du Midi, la cosiddetta liaison o "funivia dei ghiacciai". Questa funivia sovrasta i ghiacciai degli avvenimenti bellici qui raccontati ora ritornati teatro di estrema sfida sportiva.

Il 31 maggio 1997, con una doppia cerimonia, una al rifugio des Cosmiques e l'altra al rifugio Torino, vengono posate due targhe che il comune di Chamonix aveva realizzato in ricordo dei combattenti, di tutte le nazioni, che si affrontarono dal 1940 al 1945 sul Monte Bianco.


Vista dall'Aiguille du Midi, sotto la Vallée Blanche, al centro il Gros Rognon, dietro il ghiacciaio del Gigante, sulla sinistra il Dente del Gigante, sulla destra il Mont Blanc du Tacul.

Bibliografia

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Un ringraziamento per la preziosa collaborazione sul campo a Leonardo E. Plavan, gestore del rifugio Torino - www.rifugiotorino.it.
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