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Operazione Merkur, la drammatica battaglia di Creta
di Roberto Roggero ©
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Già dall'autunno 1940 l'Alto Comando della Wermacht intraprende progetti per un'espansione verso est con l'attacco in forze contro l'Unione Sovietica per il maggio seguente, sfruttando le condizioni atmosferiche favorevoli. I piani di Hitler vengono, come sappiamo, sconvolti dall'alleato italiano che invade a sorpresa l'area dei Balcani, dando inizio alla guerra aperta anche in questa zona così importante: il 28 ottobre 1940 Mussolini avvia l'invasione della Grecia con il piano Emergenza-G e per tutta risposta gli inglesi inviano un contingente dal Nord Africa per contrastare l'avanzata italiana, occupando come base l'isola di Creta, di primaria importanza per il controllo del Mediterraneo orientale, con i suoi 250Km di lunghezza e appena 30 di larghezza.

Per meglio comprendere le tappe che hanno portato alla cruenta invasione tedesca del '41, facciamo un passo indietro di qualche anno. Agli inizi del 1934 l'isola balza in primo piano negli ambienti dell'Alto Comando della marina inglese che vede nella baia di Suda e nei campi di volo cretesi l'anello mancante della catena di approdi e punti di osservazione britannici nel Mediterraneo orientale, per un controllo dell'area interessata. Londra e Roma gestivano diversi interessi nei Balcani e la tensione era iniziata nel lontano 1864, quando le isole ionie, passate da possedimento veneziano al regime di colonia britannica, sono oggetto di un accordo segreto fra Ottone I di Grecia e Vittorio Emanuele II che le restituisce alla sovranità ellenica insieme a Corfù. Di conseguenza, anche le relazioni fra Atene e Londra si deteriorano drasticamente perché quest'ultima isola, secondo un accordo concluso fra i due paesi nello stesso anno, poteva essere utilizzata come base britannica in caso di guerra.

La guerra fra Grecia e Turchia del 1919-'23, segretamente pilotata dall'Inghilterra che aveva spinto Atene allo stato di aperta belligeranza, pare allontanare momentaneamente l'attenzione delle potenza europee, ma la manovra non si conclude come gli inglesi avevano sperato e la Grecia aveva dovuto abbandonare i territori costieri della Anatolia. La svantaggiosa conclusione della guerra, la contesa delle isole ionie e di Corfù e la conseguente instabilità interna, sono causa di un colpo di stato che determina l'ascesa della repubblica, ma la situazione non si placa e, prima nel 1926 e poi nel '35, sia il capo del governo Venizelos che il suo presidente del Consiglio Pangalos, sono costretti a fuggire in Italia e il re Giorgio II, in esilio a Londra da oltre dieci anni, riprende il trono.

I rapporti Londra-Roma-Atene, quindi, non sono certo distesi finché, proprio nel '34, le relazioni fra Gran Bretagna e Italia precipitano a causa dell'accordo stipulato fra Regno Unito ed Etiopia per il quale il paese africano otteneva il controllo del porto e del tratto di mare di Zeila, in territorio somalo, e l'Inghilterra entrava in possesso della zona detta Haud che, di fatto, era compresa nella Somalia italiana. A Creta, intanto, l'azione di Venizelos porta alla dichiarazione della Repubblica Indipendente e alla rivolta di Atene del marzo '35 contro la restaurazione monarchica, dietro cui si intravedono suggerimenti britannici. Venizelos, nel frattempo tornato a Creta, sua terra natale, assume il comando della 5ª divisione di presidio nell'isola, la più celebre e preparata unità combattente dell'esercito greco, e occupa la baia di Suda con l'intenzione di reperire naviglio sufficiente per raggiungere la capitale. L'aviazione ellenica stronca il tentativo con diverse incursioni sui rivoltosi finché il colpo di stato fallisce. Nel successivo mese di agosto, nuovi moti rivoluzionari si manifestano a Creta, ma l'attenzione inglese è concentrata sull'imminente contrasto con l'Italia a causa della crisi etiopica e l'ordine viene drasticamente ristabilito.

Il pericolo costituito dalla potente flotta navale e dall'aviazione italiana riporta quindi l'attenzione dell'Ammiragliato inglese sul problema della baia di Suda e del possesso dell'isola di Creta. Londra, infatti, aveva già dovuto ritirare diverse unità navali dalle basi di Malta e trasferirle ad Alessandria per metterle al sicuro, rinunciando a parte dell'egemonia sul tratto di mare del Mediterraneo centrale e del canale di Sicilia, e proprio per questo motivo, l'Egeo non poteva subire la stessa sorte. Favorito dall'offerta del sovrano greco per l'utilizzo di alcuni porti e campi di volo, il governo inglese comincia a pensare di allestire una base anche alla baia di Suda e a Rodi, impiegando la NMD-Force (Naval Mobile Defence Force) con la 1ª Flottiglia sommergibili e lo squadrone 210 della RAF con idrovolanti per la ricognizione, in tutto oltre 5000 uomini, e un reparto di 2000 commandos agli ordini del colonnello Laycock.. In Egitto, intanto, si costituiva la 6ª divisione per un eventuale sbarco a Rodi.

Nell'agosto del '36 il dittatore Metaxas prende il potere in Grecia e la guerra civile spagnola porta il favore ellenico verso Londra anziché Roma, avvicinando di fatto le isole ionie, Navarino e Creta alla sfera di controllo britannica ma, conscio della debolezza della diplomazia greca di fronte alla potenza inglese e italiana, Metaxas cerca di prendere tempo e alterna aperti favoritismi verso Londra a prudenti concessioni a Roma. Con la nuova situazione venutasi a creare in seguito all'occupazione italiana dell'Albania (7 aprile '39), la Grecia vede direttamente minacciato il territorio nazionale e in particolare l'isola di Creta con l'importante baia di Suda, senza difese adatte a fronteggiare un eventuale attacco, e anche se Inghilterra e Francia avevano garantito aiuti contro aggressioni straniere, Metaxas può ben vedere che tali garanzie non avevano avuto l'effetto sperato nelle trascorse vicende europee e, per non sbilanciarsi, aveva anche evitato la concessione di basi all'esercito francese e britannico in territorio greco, nonostante che il riarmo dell'esercito ellenico fosse stato in buona parte sostenuto dall'Inghilterra, permettendo solamente la presenza di personale tecnico e consiglieri militari di Stato Maggiore, anche e soprattutto a Creta. Così, dopo lo scoppio della guerra e l'aggressione alla Francia, la presenza anglo-francese in Grecia e a Creta, comincia con la progettata spedizione della 86a divisione francese di stanza a Beirut, la quale avrebbe dovuto presidiare Salonicco con truppe corazzate, ma Londra non riesce ancora a ottenere il permesso per l'utilizzo degli scali marittimi per la Mediterranean Fleet. Viene concessa solo la riapertura delle stazioni per la radio-intercettazione Cable & Wireless che avrebbero contribuito in grande misura alla guerra delle comunicazioni, e l'installazione di alcuni radiofari per il disturbo del traffico fra l'Italia e l'isola di Rodi. Infine, l'atto che determina l'atteggiamento del governo ateniese di fronte alla potenza britannica è confermato dalla totale assenza di proteste quando, nel luglio 1940, nelle acque di capo Sunion gli incrociatori britannici Sidney e Neptune affondano la nave cisterna greca Hermione, salpata dall'Albania carica di carburante per aerei.

La crisi balcanica era quindi ufficialmente aperta quando viene decisa l'invasione italiana, caldeggiata, sembra, anche dalla Russia, come ricordato dall'allora ambasciatore italiano al Cremlino Augusto Rosso, convocato da Molotov dopo la notizia della resa della Francia. Stando a questa conversazione, il ministro degli Esteri sovietico avrebbe promesso la mediazione di Mosca nelle controversie con la Turchia a proposito del Caucaso e degli stretti e la personale assicurazione che la Bulgaria non si sarebbe opposta all'invasione della Grecia. Nel periodo immediatamente precedente all'apertura delle ostilità, lo sbarco della marina italiana a Corfù e nelle isole ionie era in via di definizione, e il ruolo di Creta balza con evidenza in primo piano anche se, sorprendentemente, lo Stato Maggiore italiano non si avvede a subito della necessità di preparare e realizzare uno sbarco nell'isola.

La propaganda del regime comincia una campagna di denuncia contro le presunte violazioni del governo greco nell'Egeo e l'aviazione italiana attua i primi interventi con incursioni su navi greche in navigazione, come accade alla torpediniera Hydra. Anche alcuni sommergibili della Regia Marina cominciano a incrociare nel Mediterraneo orientale e il 5 agosto '40 uno di questi, il Delfino, affonda al largo dell'isola di Tinos l'incrociatore di media stazza Helli, della marina ellenica. Il 28 ottobre è avviata l'invasione.

A Londra, gli ufficiali dell'Ammiragliato dimostrano più lungimiranza e già poche ore dopo l'invasione della Grecia vengono diramati ordini per prendere saldamente possesso delle installazioni della baia di Suda e per la sorveglianza continua degli stretti da parte della Mediterranean Fleet. Il 29 ottobre il primo convoglio di rifornimenti inglese salpa da Alessandria per Suda e all'inizio di novembre erano già state installate batterie di medio calibro a guardia delle coste cretesi intorno ai principali porti e campi di volo. Il 20 novembre si trovano pronte all'impiego un pezzo da 152mm, l'unità navale Terror con pezzi da 381mm a guardia del tratto di mare prospiciente Suda, un battaglione britannico che avvicenda i reparti della 5ª divisione greca avviati sul fronte dell'Epiro, altri gruppi cretesi e greci che avrebbero poi costituito la 5ª divisione Bis, per altro male equipaggiata con armi italiane catturate in Nord Africa. Il movimento navale e l'attività sull'isola, non passano inosservate alla ricognizione italiana, ma la reazione si limita a sporadiche incursioni di isolate formazioni di base nelle isole dell'Egeo, che non causano danni irreparabili. Altre missioni sono preparate contro i convogli da Alessandria per Creta, ma la prima azione organizzata contro l'isola è progettata dallo Stato Maggiore della marina italiana per l'alba del 13 novembre '41. Lo spionaggio britannico viene a conoscenza dei progetti italiani e previene la mossa con l'attacco aeronavale al porto di Taranto nella notte dell'11 novembre, ma la resa delle truppe greche e il precipitoso ritiro di quelle britanniche davanti alla inarrestabile avanzata della Wermacht, capovolge la situazione. Creta si trasforma quindi in ultimo avamposto e nelle acque che circondano l'isola, gli scontri si fanno sempre più frequenti, fino alla coraggiosa impresa degli incursori della Xa MAS nella baia di Suda (26 marzo '41) con l'affondamento della grande nave cisterna Pericles e dell'incrociatore pesante York, e fino alla tragica battaglia di capo Matapan.

Londra, d'altra parte, sembra dare per scontati l'intervento tedesco e la vittoria dell'Asse sul continente e fin dai primi giorni aveva incentrato gli sforzi sull'importanza di Creta. Alcune comunicazioni ufficiali con le ambasciate di Ankara e Atene sottolineano i rapporti del Joint Planning Staff, i quali stabiliscono di gran lunga più conveniente lasciare le ormai perse regioni dell'Epiro e la stessa capitale greca, a vantaggio di un saldo possesso del Dodecaneso, Mitilene, la zona dei Dardanelli e, soprattutto, l'isola di Creta, allo scopo di mantenere il controllo del traffico del petrolio e commerciale con il vicino Medio Oriente. Dall'analisi della situazione, gli strateghi di Hitler traggono le stesse conclusioni: Creta doveva essere conquistata e Goring insiste perché gli venga dato il permesso di intraprendere la conquista dell'isola con l'impiego del prestigioso Fliegerkorp-11 della Luftwaffe. Il maresciallo del Reich Hermann Goring è sicuro che con il massiccio impiego dell'aviazione, dei paracadutisti e delle truppe aviotrasportate si sarebbe potuto procedere alla sistematica conquista di Malta, Suez, Gibilterra e Said, con la definitiva esclusione dell'Inghilterra dal Mediterraneo. E' la Luftwaffe, quindi, che assume il ruolo di protagonista nell'operazione Merkur; perché la marina tedesca non può garantire un'adatta partecipazione, con navi da guerra, da trasporto e mezzi da sbarco. La Germania ha infatti puntato le sue carte sulla combattività dell'esercito impiegato sulla terraferma e sulle potenti divisioni corazzate, ma la particolarità del territorio cretese esclude a priori l'impiego di tali mezzi.

Il Comando Supremo della marina tedesca partecipa con un esiguo numero di ufficiali segnalatori per la navigazione della flottiglia adibita al trasporto delle truppe da sbarco. La marina italiana, invece, partecipa più attivamente, nonostante le perdite subite. Supermarina, il Comando in Capo, assegna all'operazione Merkur la 1ª e 16ª squadra torpediniere (fra cui la celebre Lupo del comandante Mimbelli), una decina di dragamine, il 4º raggruppamento MAS della 13ª squadra, e un reparto distaccato dal Gruppo Navale con quattro moto-zattere armate con una mitragliera da 13.2mm, che avrebbe operato l'eventuale dragaggio del litorale prescelto e coordinato l'approdo a terra delle inesperte truppe tedesche (di queste, la Padreterno è affondata da un cacciatorpediniere inglese durante la battaglia di Citera), tutti alle dipendenze di Marisudest, la direzione operazioni dell'Egeo del capitano di vascello Giraldi, capo dello Stato Maggiore del comandante tedesco del settore, ammiraglio Schuster. Di fatto, però, tali forze rispondevano all'ammiraglio Tur (comando militare Grecia occidentale) e all'ammiraglio Biancheri (comando marina dell'Egeo), i quali non mettono particolare zelo nell'impiego delle risorse a disposizione, fra cui si trovano le tre navi cisterne più moderne del mondo, che se fossero state impiegate nell'operazione avrebbero garantito perdite ben minori.

Anche all'estremo limite orientale dell'Egeo, i reparti delle isole Rodi e Lero avrebbero portato a termine l'occupazione di Stia, al comando del capitano di vascello Cocchia, quindi avrebbero effettuato il pattugliamento delle vie d'acqua principali come lo stretto di Caso, con l'impiego dei veloci MAS e di alcuni sommergibili. L'impiego di navi da guerra italiane appare necessario quando la marina britannica invia alcune unità da battaglia verso Creta, che sono avvistate meno di 24 ore prima dell'inizio dell'operazione Merkur, ma Supermarina cerca di prendere tempo facendo congetture sulla destinazione di tali unità e sull'effettivo pericolo per la missione, dal momento che le uniche navi italiane in grado di contrastare una qualche iniziativa britannica erano le corazzate Doria e Cesare con pochi incrociatori mentre, da Alessandria, erano salpate quattro grandi navi da guerra e una portaerei che poteva garantire lo spazio aereo operativo della flotta. Da parte italo-tedesca si è penalizzati dallo scarso addestramento degli stormi del 10º CAT nella identificazione dei bersagli, come sarebbe successo nel corso di una battaglia aeronavale, il 22 maggio '41, nel pieno dell'attacco a Creta, quando alcuni aerei da bombardamento causano numerose vittime sul cargo Sella che trasporta truppe tedesche, appena uscito dal Pireo, e come due giorni più tardi quando un altro equivoco, questa volta senza vittime, avviene con una flottiglia di MAS e con la nave Sagittario. Ma procediamo con ordine.

Hitler vede l'occupazione dell'isola e l'intervento britannico come una pericolosa minaccia per quello che savrebbe stato il fianco sud dello schieramento d'invasione dell'URSS, e in particolare vede minacciati i giacimenti petroliferi rumeni, vitali per la Wermacht, che ora si trovavano entro il raggio d'azione dei bombardieri della RAF. Per il controllo dei Balcani, e per la sicurezza del fianco meridionale delle forze che si stavano preparando all'invasione della Russia, il possesso dell'isola di Creta è una condizione essenziale; Hitler avrebbe voluto raccomandare a Mussolini di procedere contro l'isola prima di lanciarsi all'attacco della Grecia, offrendogli l'aiuto delle divisioni aerotrasportate tedesche ma il duce, come sappiamo, voleva mettere il l'alleato tedesco dinanzi al fatto compiuto.

L'idea di attaccare Creta dall'aria aveva quindi già preso forma alla fine del '40, ma quando le truppe britanniche sbarcano in Grecia e l'attacco italiano viene bloccato, il piano tedesco di soccorso e invasione attraverso i Balcani deve necessariamente essere attuato al più presto. La Wermacht, con le prime unità combattenti organizzate delle Waffen-SS, discende la penisola balcanica dal 6 aprile, e in poche settimane raggiunge le coste elleniche, occupa Atene e costringe il contingente britannico ad abbandonare la Grecia e barricarsi a Creta.

La preparazione

A questo punto l'isola doveva essere conquistata ad ogni costo per eliminare la minaccia britannica e avere una solida base per eventuali operazioni contro la zona del canale di Suez e Malta.

Il 15 aprile '41 il generale Alexander von Lohr, comandante della 4ª Squadra Aerea, è a Semmering, al Quartier Generale di Goring in Austria, per definire il progetto di un attacco a Creta con l'utilizzo dei paracadutisti e delle truppe aerotrasportate della 11ª Squadra Aerea. Il compito di preparare nei dettagli l'invasione dell'isola viene affidato al generale Kurt Student, il creatore dell'arma dei paracadutisti e comandante della 11ª Squadra, costituita dal 7º Corpo paracadutisti e dalla 22ª Luftlandedivision (da sbarco aereo), con la supervisione del capo di Stato Maggiore della Luftwaffe, maresciallo Jeschonneck, che lo raggiunge il 21 aprile, giorno in cui la Grecia capitola sotto la pressione della 12ª Armata del maresciallo von List, presso il Quartier Generale di Hitler a Monichkirchen. La situazione esige nel Mediterraneo esige una drastica decisione: Malta o Creta ? Nonostante l'evidente maggiore importanza di Malta, Hitler preferisce Creta e all'interno dell'OKW nascono da subito opinioni divergenti: il maresciallo Keitel è dell'avviso che gli sforzi debbano concentrarsi su Malta, molto più pericolosa di Creta, ma il fuhrer è irremovibile. Creta deve essere presa, tuttavia l'operazione è soggetta al rispetto di due condizioni irrevocabili: che la 11ª Squadra Aerea sia sufficiente allo scopo, e che l'intero progetto sia portato a termine entro e non oltre la metà del mese di maggio. Mussolini viene informato e approva il piano, quindi Hitler emana la Direttiva n.28 che segna l'avvio ufficiale del piano Merkur. Student ha a disposizione non più di venti giorni per mettere a punto il più grande attacco aerotrasportato mai tentato, ma è fiducioso e si mette all'opera.

I paracadutisti tedeschi erano stati protagonisti indiscussi della guerra-lampo, e non avevano ancora eguali in nessun altro esercito, ma avrebbero dovuto affrontare un impegno assai arduo: i poco manovrabili Ju-52 da trasporto e la discesa con paracadute "lenti" (necessari per un lancio a bassa quota su un territorio come quello cretese) li avrebbero resi molto vulnerabili al fuoco da terra, d'altra parte si esclude un lancio da alta quota perché gli uomini, durante la discesa, sarebbero rimasti esposti per un tempo maggiore e corso il rischio di atterrare disseminati su un'area troppo vasta, con l'impossibilità di raggrupparsi per affrontare il combattimento.

Un altro problema è quello dell'ora di lancio: viene dapprima proposto un lancio notturno ma l'idea è respinta perché una volta atterrati i parà avrebbero impiegato troppo tempo a riunire i reparti, perdendo così il fattore sorpresa, senza contare la confusione che l'oscurità avrebbe potuto generare (se ne avrebbe avuto l'esempio durante l'operazione Overlord); si preferisce quindi un avvicinamento alla quota massima di 150 metri per poi lanciare quanti più uomini possibile equipaggiati con armamento leggero (una pistola, caricatori, alcune granate, mentre gli ufficiali portano in più una mitragliatrice corta fissata al petto), seguiti a breve distanza da un contingente di uomini ben armati a bordo di alianti. L'armamento pesante, necessario a vincere le difese terrestri fisse come bunkers o postazioni di artiglieria, sarebbe stato inviato via mare con un ulteriore contingente di uomini e rifornimenti quando le teste di ponte fossero attestate. Creta è particolarmente favorevole alle truppe in difesa del territorio dove, immediatamente a ridosso della costa, si alzano montagne che raggiungono e superano i 1800 metri. L'unica zona accessibile a paracadutisti e alianti rimane la fascia litoranea settentrionale.

A Londra, la questione di Creta era personalmente seguita da Churchill. I rapporti dei servizi informazioni sono riuniti nel dossier che il 28 aprile viene presentato al primo ministro, nel quale la grandiosità dei preparativi tedeschi non poteva che far pensare ad un'operazione in grande stile dal cielo e dal mare, mai tentata prima. Nel territorio balcanico sono segnalati 300 bombardieri, 59 cacciabombardieri e circa 200 squadriglie di Stukas e altri 300 caccia, che avrebbero potuto sostenere l'attacco di almeno 4000 uomini, paracadutisti e fanteria aviotrasportata, e sostenerli con lanci giornalieri di scorte e munizioni.

A Creta, alla fine di aprile, il presidio britannico è composto da tre battaglioni di fanteria con 2 batterie pesanti antiaeree, 3 leggere, altre 3 di artiglieria da campo e da spiaggia, e gli oltre 30mila uomini, evacuati in tutta fretta dalla Grecia, sono in maggior parte non equipaggiati. In tutta l'isola la RAF ha una ventina di antiquati ricognitori e caccia e una squadriglia di 6 Hurricane. Le spedizioni di uomini a Creta iniziano a ritmo febbrile e all'inizio di maggio sono presenti altri sei battaglioni neozelandesi (offerti dal primo ministro Fraser, in quei giorni al Cairo per proseguire in Inghilterra) e uno australiano, due quelli riarmati, formati con gli scampati alla battaglia in Grecia.

Le incursioni preliminari della Luftwaffe iniziano nella seconda settimana di maggio e a risentirne sono subito gli invii di materiali al presidio inglese che, da 25mila tonnellate scendono rapidamente a meno di 3000, tuttavia l'apparato d'artiglieria è rinforzato con una quindicina di pezzi di grosso calibro, 30 di piccolo calibri, circa 20 potenti riflettori, 9 carri armati medi e 15 leggeri, in più la Naval Mobile Defence Force schiera una batteria pesante e una leggera contro gli aerei, sulla baia di Suda. I reparti aerei sono poi rinforzati fino a comprendere 12 Gladiator, 7 Hurricane, altrettanti Brewster e Fulmar e 12 Blenheim. Il comandante delle truppe di difesa, generale Sir Bernard Freyberg, amico personale di Churchill, ufficiale della Divisione Navale nel 1914 e poi dell'8ª Armata in Nord Africa e quindi in Grecia, dispone alla fine di oltre 40mila uomini (6000 dei quali però, restano non equipaggiati), cioè circa 10mila inglesi e altri 14mila soldati del Commonwealth (neozelandesi e australiani tutti ben armati, distaccati dal fronte della Cirenaica), più altri 10mila tra veterani greci e gendarmi cretesi parzialmente equipaggiati. Freyberg dispone australiani e neozelandesi a Malemes e alla baia di Suda, pone il Comando a La Canea e il rimanente contingente lo fra Heraklion e Retimnos.

Le difficoltà organizzative dell'attacco a Creta continuano a manifestarsi: a preparativi avviati Student apprende di non essere il solo ufficiale responsabile dell'operazione Merkur: von Richtofen, capo dell'8º Corpo Aereo che avrebbe fornito la copertura dall'aria, avrebbe dovuto riferire, oltre che a lui, anche al comandante della 4aLuftflotte, il generale von Lohr, il quale, però, non condivide il piano di Student, che prevede sette lanci simultanei per travolgere le installazioni nemiche. Von Lohr (e con lui Richtofen) avrebbe preferito concentrare l'assalto nell'area Malemes-Suda per poi avanzare in direzione est con l'appoggio aereo dell'8º Corpo. Alla fine si arriva a un compromesso, anche per la limitata capienza degli Ju-52 per trasportare la prima ondata d'attacco di 9500 uomini: i lanci sarebbero stati quattro, due mattutini e due pomeridiani. Dopo l'atterraggio di due reggimenti a Malemes e La Canea, la flotta da trasporto aereo sarebbe tornata velocemente alle basi di partenza in Grecia per fare rifornimento e imbarcare altri due reggimenti della 7ª divisione aerea per la conquista di Heraklion e Retimnos. Il tempo a disposizione per raggiungere gli obiettivi è stimato intorno alle 36 ore prima di restare senza viveri e munizioni. La seconda fase dell'operazione Merkur sarebbe iniziata quando le piste di atterraggio fossero state in mani tedesche per permettere l'atterraggio degli alianti con altri 8000 uomini, munizioni e rifornimenti. Questo sarebbe stato il compito assegnato al secondo contingente dell'8º Corpo Aereo con la 22ª divisione Luftlande, sostituita all'ultimo momento dalla 5ª e parte della 6ª divisione da montagna agli ordini del generale Julius Ringel, artefici dello sfondamento della linea Metaxas durante la campagna di Grecia. In seguito sarebbero arrivati altri uomini con uno sbarco dal mare.

Il generale Ringel riesce a mettere insieme una sessantina di natanti fra caicchi, pescherecci, piccoli mercantili, per gli ultimi 600 uomini e per tutto quel materiale non trasportabile per via aerea (cavalli, automezzi, artiglieria), e ottiene anche una piccola scorta di vedette italiane che avrebbero dato un contributo tutt'altro che trascurabile. Anche l'attraversamento via mare doveva avvenire di giorno per sfruttare al massimo la protezione degli Stukas contro la superiorità della Royal Navy.

La 7ª Fliegerdivision, dopo una meticolosa preparazione, è incorporata nel 11º Flieger Korp del generale Student, con il seguente organico: lo Stato Maggiore (generale Schlemm), diretto dal tenente colonnello Trettner, con uffici che si occupano di studi meteorologici, collegamenti, armi e rifornimenti, materiali sanitari, polizia militare e servizio informazioni e la truppa combattente che comprendeva:
- la brigata del maggior generale Meindl divisa in: Luftlande Sturmregiment (reggimento avioportato d'assalto) del colonnello Ramcke con reparti di mitraglieri, lanciafiamme, trasporti, genio, sanità, segnalatori, pionieri e collegamenti, articolato in 4 battaglioni agli ordini rispettivamente dei maggiori Koch, Stentzler, Scherber e Braun;
- la 7ª Fliegerdivision del generale Sussmann e del suo capo di Stato Maggiore, maggiore Uxkull, formata dal battaglione pionieri del maggiore Liebach, gruppo artiglieria del maggiore Bode, battaglione mitraglieri del capitano Schulz, gruppo cacciatori del capitano Schmitz, reparto trasporti del tenente Dorrwald. Vi poi sono i reggimenti d'assalto: il 1º del colonnello Brauer formato dal 1º, 2º e 3º battaglione, rispettivamente comandati dal maggiore Walther, dal capitano Burckhardt e dal maggiore Schulz; il 2º reggimento del colonnello Sturm formato da altrettanti battaglioni agli ordini del maggiore Kroh, capitano Pietzonka e capitano Wiedemann; e il 3º reggimento del colonnello Heydrich formato da tre battaglioni (von der Heydte, Dorpart e Heilmann). Il contingente viene rinforzato con la 5ª divisione cacciatori alpini del generale Ringel con i reggimenti 85º del colonnello Krakau e 100º del colonnello Utz.

La versione finale del piano divide i 23mila paracadutisti in 16 battaglioni con gruppi di rinforzo e altri 6 battaglioni composti dalle truppe da montagna, con artiglieria, genio e servizi di collegamento. Al contingente sono assegnati 10 gruppi di aerei da trasporto con 530 Ju-52, una squadriglia da ricognizione e copertura, e 80 alianti DFS-230 con la capacità complessiva di 800 uomini.

L'appoggio aereo è dato dall'8º Corpo del generale von Richtofen con 750 velivoli: bombardieri Junker-87 e 88, Heinkel-111, Do-17; cacciabombardieri e caccia leggeri Me-110 e Me-109, agli ordini del comandante della 4ª Luftflotte, generale von Lohr.

Le truppe a difesa di Creta sono, com'è noto, circa 40mila uomini, ovvero 14mila soldati dell'esercito greco, 24mila britannici e diversi raggruppamenti di gendarmi cretesi. In particolare sono suddivisi in 3ª, 4ª e 5ª brigata neozelandese, 10ª e 19ª brigata australiane, alcuni reggimenti di artiglieria, reparti corazzati leggeri con relativa fanteria, genio e servizi. Nell'imminenza di Merkur, a Creta giungono i reggimenti inglesi Welch, Northumberland, Leicester, il celebre Black Watch e il York & Lancaster, riuniti nella 14ª brigata, e il Commando Lay Force del colonnello Laycock. Il contingente greco è formato dai reggimenti 2º, 5º, 6º 8º di fanteria e altri reparti di sorveglianza dei campi di prigionia dove sono prigionieri circa 10mila italiani.

Mussolini decide la partecipazione alla battaglia di Creta con una cinquantina di aerei raccolti fra le varie specializzazioni dell'impegno aereo italiano nell'Egeo, con missioni di ricognizione e sorveglianza anti-britannica, ma è la marina ad essere presente più consistentemente con due cacciatorpediniere, 10 torpediniere, 4 sommergibili e una decina di motoscafi veloci MAS. La partecipazione terrestre era stata approntata nel Dodecaneso con il 9º reggimento fanteria, alcuni battaglioni di Camice Nere e della marina con carri e cannoni. A questo gruppo è affidato lo sbarco nel golfo di Stia, sulla costa orientale dell'isola, un simbolico atto di presenza dell'alleato italiano nel quadro dell'invasione di Creta. Per il contingente tedesco, il discorso è molto diverso e il piano è presentato nella sua versione definitiva suddiviso in quattro zone d'operazioni: occidentale (per le truppe del generale Meindl con lo Sturmregiment sull'aeroporto di Malemes), centro-occidentale (gli uomini del colonnello Heydrich sulla zona di La Canea e Suda), centro-orientale (colonnello Sturm, con obiettivo il campo di volo di Retimnos per il 2º e 3º reggimento), e zona orientale (colonnello Brauer con il 1º reggimento) a sua volta suddivisa in due settori le cui truppe dovevano congiungersi dopo il raggiungimento degli obiettivi. In rinforzo a questo primo contingente, gli altri battaglioni di pionieri, mitraglieri e artiglieri, del colonnello Ramcke, vengono uniti a formare una forza d'intervento dove fosse stato necessario.

Per la più grande operazione d'attacco dal cielo mai tentata, i circa 10.800 paracadutisti, con i 750 del 2º battaglione, sono destinati al trasporto su alianti, mentre altri 10mila si sarebbero lanciati. Gli uomini della 5ª divisione da montagna, in una prima aliquota di 5000, sarebbero stati aviotrasportati anch'essi su alianti, i rimanenti dovevano giungere via mare. La successione dei lanci è decisa con l'iniziale attacco del gruppo d'attacco su Malemes (250 uomini su alianti per la testa di ponte e 1500 paracadutisti) e di quello per Suda e La Canea, nel pomeriggio doveva partire l'attacco a Retimnos e Heraklion. Era inoltre essenziale respingere i certi contrattacchi britannici da Kastelli presidiando il torrente Tavronitis e conquistando le batterie alla sua foce, occupare le colline a sud del campo di Malemes, principale obiettivo dell'operazione, e impedire l'afflusso di rinforzi nemici da Vlacheromitissa. Uno speciale reparto di 500 uomini con 1200Kg di equipaggiamento è addestrato per tale missione.

Gli aerei cominciano a raggiungere le basi di Corinto, Megara, Eleusi, Falero, Tanagra, Cadamachi e Tatoi, mentre le squadriglie di base nelle isole di Scarpanto, Molai, Micene, Argos e Molavai cominciano la fase preliminare di intercettamento di qualunque nave nemica si trovasse sulle rotte fra Alessandria e Creta.

Le difficoltà iniziano da subito. Per esempio, il problema dei trasporti per fare arrivare le truppe alle basi di partenza: in questo periodo tutti gli automezzi e i treni sono impegnati nel raggruppamento per l'imminente attacco alla Russia e Hitler aveva espressamente ordinato che la preparazione di Merkur non interferisse nell'allestimento di Barbarossa, le cui truppe avevano la precedenza assoluta nel percorrimento delle linee stradali e ferroviarie. A farne le spese per prima è la 22ª divisione aerotrasportata che rimane bloccata in Romania e deve rinunciare a essere impiegata a Creta, ed è allora che l'OKW ripiega sulle truppe da montagna del generale Ringel, che però non avevano ricevuto un addestramento adatto a un attacco con sbarco aereo o marittimo in così gran numero e su un territorio tanto particolare come quello cretese, e nel mezzo dell'apparato difensivo nemico.

Nonostante tutti i problemi, il 14 maggio le truppe destinate all'operazione sono quasi tutte riunite nelle basi di partenza. Gli ultimi ad arrivare sono gli uomini della 7ª divisione paracadutisti del generale Wilhelm Sussmann e alcuni reggimenti del generale Meindl (1ª e 2ª compagnia). Per quanto riguarda gli aerei, il generale Konrad, ufficiale esecutivo della 11ª Squadra, dispone in tutto di dieci gruppi di Junkers-52 che dovevano essere sottoposti a una totale revisione dei motori e delle attrezzature dal momento che avevano volato ininterrottamente dall'inizio della campagna dei Balcani per rifornire le truppe impegnate nell'avanzata attraverso Jugoslavia e Grecia. Fin dai primi giorni di maggio, in tutte le officine della Luftwaffe a Cottbus (vicino a Praga), Braunschweigh, Furstenwalde, Brunn, Zwolfaxing (nei pressi di Vienna) e Aspern, vengono accantonati tutti i lavori in corso e data la precedenza assoluta alla messa a punto dei velivoli destinati all'operazione Merkur. Entro il 15 maggio arrivano nelle basi della Grecia meridionale 493 Ju-52 revisionati e con motori nuovi.

Un altro problema è rappresentato dalle piste di decollo: quelle rivestite d'asfalto si trovano unicamente a Eleusi, assegnate alle unità da bombardamento della 8ª Squadra, le altre sono poco più che lunghe distese di sabbia e terra, come risulta dal rapporto del comandante del 2º Stormo Azioni Straordinarie, colonnello von Heyking, il quale evidenzia il pericolo di sprofondamento dei carrelli durante la fase di decollo quando l'aereo è appesantito dal carico. Presso Topolia, ad esempio, dove Heyking comanda i Gruppi 60º, 101º e 102º (150 Ju-52), la pista è un ampio campo fatto spianare subito dopo l'occupazione e, durante i decolli e gli atterraggi i velivoli e il vento incessante sollevano nuvole di polvere che arrivano fino a mille metri di altezza. Il tempo necessario a una formazione per decollare dopo la precedente è di circa un quarto d'ora prima di potersi orientare e avere visibilità appena sufficiente. In un'altra base, Tanagra, sono di stanza i Gruppi 40º, 105º e il 1º Stormo Addestramento agli ordini del colonnello Bucholz, e anche qui la situazione è identica se non peggiore. Così anche nelle basi di Corinto, Dadion e Megara. Altro grande problema è il carburante. Gli aerei da trasporto devono compiere tre volte il tragitto di andata e ritorno da Creta per far giungere tutte le truppe sull'isola, e necessitano, secondo alcune stime, di almeno cinque milioni di litri di carburante. Una tale quantità richiede l'invio di una nave cisterna dall'Italia al Pireo, da dove il sarebbe stato trasportata a destinazione con autotreni. La perdita di tempo è notevole e l'attacco, fissato per il 18 maggio, deve essere rinviato di 48 ore poiché ancora il giorno 16 la nave cisterna si trova davanti al canale di Corinto, ostruito dai rottami del ponte fatto saltare durante l'attacco tedesco contro Atene. Il colonnello Seibt, Quartiermastro della 11ª Squadra Aerea, ottiene delle squadre di sommozzatori e palombari le quali vengono prontamente inviate sul posto con esplosivi e tutta l'attrezzatura necessaria per sgombrare il passaggio, e alla sera del 17 maggio la nave può attraversare il canale. L'organizzazione terrestre risulta assai lenta sia per la carenza di automezzi sia per la difficile percorribilità delle strade, tanto che alla mezzanotte del 19, appena cinque ore prima dell'inizio dell'operazione, molte formazioni sono ancora in attesa del carburante.

Nel cuore della notte le piste di decollo cominciano a essere innaffiate per domare la polvere, ma la direzione del vento, che cambia repentinamente di 180º, rende necessario, in alcune basi, la revisione delle procedure di decollo. Sono le 04.30 quando i primi aerei si alzano nella cortina di polvere e la prima ondata d'assalto prende la via di Creta. Gli uomini sono sistemati a bordo di aerei dai quali si lanceranno da una quota di 120 metri, altri sono sistemati su 53 alianti trainati. Solo in quel momento gli ufficiali comunicano alla truppa l'obiettivo dell'operazione e avvisano che non potranno contare su nessun rinforzo prima del pomeriggio. Gli stessi piloti nutrono seri dubbi circa la disponibilità di carburante per garantire l'attacco delle successive ondate. Sull'isola, intanto, il generale Freyberg aveva dato precisi ordini per la difesa, con le postazioni di armi automatiche di medio calibro, le mitragliere 28/57, 20/70 e le 40/56 e le Bofors, e aveva ordinato che le batterie più grandi non rivelassero la loro presenza fino alla quota minima della picchiata degli Stukas e fino a che i paracadutisti non fossero atterrati, lasciando alla contraerea il compito di contrastare la discesa degli alianti e il passaggio dei trasporti.

Primo giorno - 20 Maggio
Malemes


Il bombardamento preliminare inizia alle ore 06.00 con i Do-17 del 2º Gruppo/26º Stormo, gli Stukas del 2º Stormo e il 76º Stormo cacciabombardieri (circa 400 aerei) poi i primi velivoli da trasporto giungono in vista del villaggio di Malemes, del torrente in secca Tavronides, del piccolo aeroporto e dell'altura denominata Quota-107 che domina il campo di volo, dopo essere decollati dal campo di Megara verso le 3.50, con la prima formazione dei 40 Ju-52 del gruppo da trasporto Hirsch.

Ciò che i paracadutisti ignorano è che il fattore sorpresa, tanto importante per la riuscita dell'attacco, era già annullato: grazie a una brillante operazione dei servizi segreti inglesi, i difensori conoscono i particolari dell'operazione e stanno aspettando l'assalto. Gli agenti britannici avevano approfittato della situazione di euforia e confusione seguita alla caduta di Atene e alla resa dell'esercito ellenico, riuscendo a far pervenire rapporti sui movimenti dell'11º Corpo tedesco, sulla ricerca di battelli di tutti i tipi in corso nei porti greci e sulla preparazione dei campo di volo per il contingente da trasporto, e gli strateghi inglesi non possono che vedere in Creta il prossimo obiettivo di Hitler. L'operazione Merkur e il suo obiettivo, Creta, per i britannici sono rispettivamente Scorcher e Colorado. Poco si sapeva, invece, sull'effettivo numero di unità paracadutiste e aerotrasportate che la Germania poteva schierare, e nulla, in fondo, garantiva che l'obiettivo non fosse Cipro o addirittura la Siria.

A Malemes vi sono i neozelandesi del 22º battaglione/6ª brigata, circa 12mila uomini ben armati, comandati dal generale Puttick. I difensori non hanno appoggio aereo, ma in compenso la marina da guerra, con quattro grandi unità da battaglia, una portaerei, 15 incrociatori, una trentina di cacciatorpediniere e 20 sommergibili, dovrebbe vigilare in modo da colmare tale lacuna. Nell'organizzare l'attacco, lo Stato Maggiore tedesco credeva che un primo lancio mattutino attirasse nell'area interessata la maggior concentrazione di truppe nemiche, lasciando così campo libero per Retimnos e Heraklion, obiettivi dei lanci pomeridiani. Le stime della Luftwaffe, infatti, consideravano, le forze britanniche e locali non sufficienti a difendere tutte e quattro le zone in questione e si credeva che a Creta vi fossero circa 20mila difensori, asserragliati intorno agli aeroporti, alla baia di Suda, e alle roccaforti di Sitia, Ierapetra, Armeni e Kastelli.

Il compito di conquistare Malemes, il campo di volo e Quota-107 spetta ai quattro battaglioni dello Sturmregiment del generale Meindl (circa 3000 uomini atterrati a ovest di Malemes, nei pressi del villaggio). Il piano prevede l'atterraggio di alianti con 300 uomini del 1º battaglione che avrebbero aperto la via ai paracadutisti. Il gruppo del maggiore Koch deve conquistare Quota -107 a sud-est del campo di volo; un altro gruppo diretto dal maggiore Braun ha come obiettivo il ponte sul Tavronides, lungo l'unica strada asfaltata, a qualche centinaio di metri a ovest della pista di atterraggio; un terzo gruppo agli ordini del tenente von Plessen, deve occuparsi delle batterie contraeree alla foce del Tavronides sul lato nord-ovest del piccolo aeroporto. Gli uomini del maggiore Koch prendono terra poco dopo le 7.00 e sbucano fuori dagli alianti. Sono gli unici ad essere atterrati nei pressi dell'obiettivo, altri alianti volano sopra le loro teste a una quota troppo alta e non hanno altra scelta che l'atterraggio quasi in picchiata su un terreno molto più accidentato di quel che sembrava dalle fotografie della ricognizione aerea. Solo quando i soldati di Koch si lanciano all'attacco dell'accampamento neozelandese dai due lati della collina 107 si accorgono che l'elemento sorpresa è annullato e che erano caduti in una trappola: la base nemica era stata evacuata e i difensori sono asserragliati sulla cima della collina e tengono sotto tiro l'intero campo di volo. Contemporaneamente atterra la 3ª compagnia del battaglione, nel letto in secca del Tavronides, loro obiettivo, alla guida del tenente von Plessen. La battaglia si scatena da subito, gli attaccanti riescono a penetrare le difese neozelandesi, a impossessarsi della batteria contraerea a ovest del campo di volo e a ridurre al silenzio anche le batterie a est. Poco dopo, quando la 3ª compagnia lancia l'assalto al piccolo aeroporto, von Plessen rimane ucciso e l'attacco si arresta proprio mentre si stavano avvicinando gli aerei con a bordo i paracadutisti. Sono gli uomini della divisione di Meindl che seguono a un quarto d'ora le compagnie atterrate con gli alianti, che si lanciano a centinaia a ovest di Malemes. Il comandante del 22º battaglione neozelandese, tenente colonnello Andrew, si rende comunque conto che difendere la posizione sarebbe stato sempre più problematico. Poco lontano, nello stesso tempo, altri alianti con a bordo oltre 200 uomini del capitano Altmann e del tenente Genz atterrano nei pressi della baia di Suda e nella piccola penisola di Akrotiri per tagliare i collegamenti nemici in una manovra di concerto con altri paracadutisti. Anche questo attacco è bloccato quasi subito: gli uomini di Altmann vengono decimati poiché troppo tardi si accorgono che quella che doveva essere la principale batteria costiera, altro non era che una costruzione fittizia per attirarli in trappola. Il gruppo di Genz invece riesce a occupare una batteria contraerea dopo un combattimento corpo a corpo appena a ovest dell'abitato.

La conquista dei campi di volo (Malemes, La Canea e Retimnos) è essenziale per la riuscita dell'operazione, ma questo lo sanno bene anche gli inglesi. Gli assalitori avrebbero potuto usufruire di rinforzi e di un sostegno adeguato da parte delle formazioni da trasporto solamente se almeno uno dei campi di volo fosse stato conquistato in breve tempo. I bombardamenti preliminari avevano avuto il solo effetto di tenere immobili i difensori, ma non aveva danneggiato di molto le installazioni contraeree poiché era stato assai difficoltoso individuarle dall'alto, soprattutto nella zona dei neozelandesi, la cui efficienza combattiva era rimasta intatta.

Alle 07.20 tocca terra a ovest di Malemes il 3º battaglione d'assalto del maggiore Scherber, che è stato portato sulla zona dai 53 Junkers-52 del 172º Gruppo. Gli aerei, per evitare che gli uomini cadessero in mare, effettuano il lancio poco più all'interno, nella speranza che i difensori fossero meno accaniti in quel settore. Purtroppo per loro non è così: molti paracadutisti vengono centrati mentre ancora scendono in aria (per la prima volta, in aperta violazione del codice internazionale sulle leggi di guerra), altri rimangono intrappolati fra i rami degli ulivi e rimangono vittime di un vero e proprio tiro al bersaglio, le armi lanciate con altri paracadute cadono in maggior parte in mano nemica. La quasi totalità degli ufficiali del 3º battaglione rimane uccisa in meno di un'ora di battaglia, tra cui il maggiore Scherber, con la conseguente frammentazione delle forze in piccoli gruppi guidati da sottufficiali come il caporale Jellineck che, con i resti della 9ª compagnia riesce a forzare le difese e penetrare nella valle del Tavronides. Nello spazio di poco più di un'ora, dei 600 uomini del gruppo Scherber ne rimangono circa 200 e l'accerchiamento di Malemes dal versante orientale non avviene. Sul versante ovest alle 07.30 atterrano altri nove alianti con il 2º e 4º battaglione e lo Stato Maggiore del reggimento con il generale Meindl. Il primo obiettivo rimane sempre il ponte sul Tavronides.

Il maggiore Braun, comandante del 4º battaglione, cade colpito mortalmente ma il passaggio è conquistato dal suo sostituto, il capitano Gericke, che decide di puntare verso l'aeroporto dove i neozelandesi, sempre asserragliati sulla collina 107, sparano ininterrottamente e con il loro fuoco coprono quasi tutto il campo di volo. Durante l'assalto Gericke viene ferito in modo non grave e anche lo steso generale Meindl è colpito in modo più serio ma rifiuta di cedere il comando finchè gli uomini non si fossero incontrati con il gruppo del maggiore Koch. Invece di Koch, però, arriva il nemico: si formano in tutta fretta altri gruppi e si decide un piano di battaglia d'emergenza: Gericke avrebbe attaccato frontalmente mentre il maggiore Stentzler con il 2º battaglione avrebbe attaccato verso sud.

La battaglia infuria per ore, le perdite tedesche sono altissime, da Atene giungono ininterrottamente segnali per sapere gli sviluppi dell'attacco, ma rimangono senza risposta. Verso le ore 12.00 dalla capitale greca decolla un gruppo di ufficiali incaricati, come da programma, di assumere il comando di Merkur nel settore di Malemes, comandati dal maggiore Snowatzki. L'aereo che li trasporta giunge in vista della pista di volo e appena accenna l'atterraggio le mitragliere neozelandesi aprono il fuoco. Solo grazie all'abilità dei piloti il velivolo riesce a riprendere quota e tornare ad Atene, dove il generale Student riceve le prime informazioni sulla battaglia.

Nonostante le pesanti perdite, la notte del 20 maggio i paracadutisti ottengono il loro primo importante successo: due gruppi d'assalto comandati rispettivamente dal tenente Trebes (i sopravvissuti del gruppo Braun) e dall'ufficiale medico del reggimento maggiore Neumann (parte dei sopravvissuti del gruppo Koch), muovono alla conquista di Quota-107 e riescono ad arrivare sulla cima dopo una battaglia condotta con pistole e bombe a mano. Grazie a quest'azione i gruppi del maggiore Stentzler e del capitano Gericke possono riprendere gli attacchi, sostenuti anche da alcune squadriglie di Stukas, padroni del cielo di Creta, e i difensori neozelandesi perdono l'ultima possibilità di riprendere il controllo della collina sovrastante l'aeroporto.

La Canea

Il mattino del primo giorno di battaglia, 20 maggio, un altro gruppo di aerei da trasporto si avvicina portando il Gruppo Centrale d'attacco della 7ª divisione aerea, con il generale Sussmann. In questo settore la missione inizia sotto i peggiori auspici: solamente venti minuti dopo il decollo dalla base di Eleusi, un incidente con un He-111 causa la morte del generale, il cui aliante perde le ali e precipita sull'isolotto di Egina. L'operazione deve comunque procedere, e il 3º reggimento arriva in vista di La Canea, circa 10Km a est di Malemes, nel territorio compreso tra i villaggi di Galatas e Alikianou, al comando del colonnello Heydrich, destinato a sostituire il generale caduto prematuramente. Il lancio inizia alle 8.30 con un'intensa reazione della contraerea. Le batterie contraeree di Akrotiri sono l'obiettivo immediato. Ad attendere gli invasori vi sono le brigate 5ª e 10ª dell'ANZAC (Australian & New Zealand Army Corp), con i reggimenti 2º, 6º e 8º dell'esercito greco e il rinforzo di altri tre battaglioni inglesi. Il 1º battaglione di von der Heydte tocca terra praticamente sull'obiettivo, la Valle Prigione (così chiamata perché vi sorgeva un carcere abbandonato), ma il 2º ed il 3º battaglione non hanno uguale fortuna: gli uomini del 2º si lanciano nel mezzo di un campo di ulivi tra i quali la maggior parte degli uomini rimane intrappolata, cosicché dopo appena dieci minuti di battaglia contro i neozelandesi della 10ª brigata, dei 550 parà scesi dagli aerei ne restano meno di 300 al comando dell'unico sottufficiale rimasto, il sergente Neuhof.

Più ad est il 3º battaglione rimane sparpagliato su oltre tre chilometri di territorio, i più fortunati riescono a raggiungere gli uomini di von der Heydte ma la maggior parte viene decimata durante la notte. Anche un raggruppamento del Genio sceso con il 3º battaglione viene quasi annientato da un contingente di gendarmi cretesi e greci impadronitisi delle armi lanciate fuori obiettivo. Due compagnie del reggimento d'assalto del 3º reggimento atterrano sulla strada La Canea-Aliaknu con il rinforzo di alcuni reparti di mitraglieri e artiglieri, altri uomini, componenti del Gruppo Comando della divisione e di altri alianti scesi con le successive ondate, rimangono quasi tutti vittime di incidenti in fase d'atterraggio o vanno a schiantarsi all'estremità meridionale della Valle Prigione. Il colonnello Richard Heydrich cerca di riunire i sopravvissuti della battaglia combattuta al mattino e tentare di barricarsi al centro della Valle Prigione.

Degli oltre 3000 uomini arrivati a La Canea ne restano meno di 1000 e tuttavia avevano impegnato il nemico lontano dal campo di volo mentre il resto della divisione giunge a Retimnos e Heraklion, ingaggiando da subito una durissima battaglia anche in quel settore. Nello stesso tempo, il tenente Toscha atterra con la sua compagnia su tre alianti nel centro di La Canea e riesce ad aprirsi un passaggio fino alle batterie contraeree dove organizza la difesa, mettendo a punto un collegamento telefonico con il 3º battaglione sceso tre chilometri più a ovest e rimasto accerchiato.

Il 1º battaglione di von der Heydte (che ritroveremo impegnato in Normandia e nella battaglia delle Ardenne) riesce quindi ad arrivare a un solo chilometro dagli assediati ma deve indietreggiare perché la resistenza nemica è più potente: i neozelandesi hanno occupato il trinceramento di Galatas e respingono uno dopo l'altro tutti i tentativi tedeschi, in più, tra la sorpresa di tutti, spuntano i carri armati inglesi. Von der Heydte e il raggruppamento del maggiore Derpa devono interrompere l'attacco e disporsi sulla difensiva mentre i resti delle compagnie del 3º battaglione vengono quasi annientate. A questo punto il colonnello Heydrich comunica l'impossibilità di occupare La Canea e la baia di Suda e comunica al gruppo Genz di tentare l'agganciamento per scongiurare il completo disastro.

Ad Atene il generale Student non riceve comunicazioni dal settore di La Canea per cui considera che il piano stia procedendo secondo le previsioni. L'aviazione ha perso fino a quel momento solo sette velivoli e i piloti riferiscono che i paracadutisti hanno raggiunto le zone di atterraggio come previsto. Solamente dopo molte ore arriva ad Atene un messaggio radio dal posto di comando operazioni di La Canea: "Offensiva interrotta! Perdite elevatissime!". Anche da Malemes giunge un altro messaggio verso le 14.30 del 20 maggio ed è pressappoco la ripetizione del precedente con l'aggiunta della comparsa di carri armati nemici che muovono da Malemes verso il fiume Tavronides.

Retimnos e Heraklion

Le sfortune non sono finite, la situazione peggiora ulteriormente nel primo pomeriggio con l'arrivo dell'ondata di 3500 uomini decollati dalle basi greche alla volta di Retimnos e del campo di volo adiacente nonché del villaggio di Heraklion e del suo piccolo aeroporto (1º reggimento paracadutisti del colonnello Brauer) dopo un'incursione preliminare con formazioni da bombardamento. Il lancio è previsto pochi minuti dopo le 13.00 .

Retimnos è l'obiettivo dei 1500 uomini del 2º reggimento agli ordini del colonnello Sturm, ripartito in tre gruppi: il primo deve conquistare il centro abitato, il secondo la pista di volo, il terzo sarebbe sceso tra i due precedenti con la funzione di coordinamento (con Sturm e il Gruppo Comando). Già durante le operazioni di decollo in Grecia la confusione è totale, si perde molto tempo a causa della impenetrabile cortina di sabbia e polvere e il rifornimento dei velivoli è più lento del previsto. Alla base di Topolia, von Heyking teme il peggio e tenta di ottenere un rinvio di due ore allo scopo di coordinare meglio le operazioni di decollo, ma le linee telefoniche sono saltate e lo Stato Maggiore di Student non può rendersi conto di come si stiano svolgendo gli scontri a Creta. Gli aerei da bombardamento che dovevano precedere il lancio dei paracadutisti compiono la loro missione ignari del ritardo accumulato dal contingente da trasporto, così il lancio che doveva avvenire immediatamente dopo il bombardamento preliminare non viene effettuato. Il primo assalto a Retimnos inizia alle 16.15 con due battaglioni del 2º reggimento che si lanciano da 120 Ju-52, al comando del colonnello Sturm. Un'ora dopo altri 200 aerei trasportano il 1º reggimento del colonnello Brauer su Heraklion, ma la mancata coordinazione fra flotta da trasporto e aviazione tattica ha ormai rivelato gli obiettivi e i difensori stanno prendendo i provvedimenti necessari. Solo il Gruppo Commando-105 del maggiore Wenning decolla all'ora stabilita diretto a Candia, e si lancia sull'obiettivo.

Sulla via del ritorno gli aerei incontrano il resto della seconda ondata in viaggio per Candia (con oltre tre ore di ritardo) la quale verrà quasi totalmente annientata. Lo stesso colonnello Sturm cade prigioniero e la Compagnia Comando è annientata. A Heraklion anche i 2000 uomini del colonnello Brauer vanno incontro a un disastro durante i lanci per i quali erano state necessarie quasi tre ore, fino al tramonto, contro il contingente australiano. Il gruppo più fortunato è il 3º battaglione che ha come obiettivo l'abitato di Heraklion: molti uomini restano solamente feriti ma il battaglione è costretto a restare inchiodato sulle posizioni senza potersi muovere. Il 2º battaglione, lanciato l'attacco alla pista di volo con circa 500 uomini, è ridotto a poco più di 100 in grado di combattere. Brauer non vede altra soluzione se non quella di riunire i superstiti in un'unica forza per tentare di raggiungere almeno l'obiettivo principale, il piccolo aeroporto. Intorno alle 17.30 avviene il primo contrattacco portato da due battaglioni australiani e quattro greci, che tentano di interrompere le comunicazioni tedesche a Retimnos. La battaglia è drammatica, la caccia ai paracadutisti dispersi è spietata, molti cadono in imboscate organizzate dai cretesi che uccidono lapidando e lasciando i cadaveri preda degli animali selvatici. Alle 18.30, nei pressi di Heraklion, anche la 14ª brigata inglese comincia a reagire agli attacchi e il colonnello Brauer deve richiedere rinforzi per non soccombere. Purtroppo per lui, i materiali lanciati cadono in maggior parte in mani inglesi. Il 20 maggio, primo giorno della sanguinosa battaglia di Creta, era già costato 1/3 dell'intera 7ª divisione da sbarco aereo. Quattro battaglioni sono stati annientati tra paracadutisti e truppe aerotrasportate, nessuno degli obiettivi è stato raggiunto e l'operazione rischia di trasformarsi in un totale insuccesso.

Ad Atene, il generale Student cerca di organizzare i confusi e isolati rapporti che arrivano da Creta e redige il primo rapporto sull'andamento dell'operazione Merkur: a Malemes dopo ore di violenta battaglia, la situazione promette bene; a La Canea e alla baia di Suda la testa di ponte non è ancora da considerarsi sicura e la reazione nemica si sta organizzando; il colonnello Sturm è caduto prigioniero e a Retimnos occorrevano rinforzi e materiali per non rischiare il totale insuccesso; a Heraklion, nonostante la crisi e l'alto numero di perdite, la situazione difensiva regge ancora. Viene deciso l'invio delle successive ondate, specie a Malemes, dove la vittoria era a portata. Il gruppo d'assalto Sturmregiment Ramcke prende così la via di Creta formato da 2500 mitraglieri e artiglieri, dove atterra alle 5.30 del 21 maggio.

Secondo giorno - 21 Maggio
Malemes


Grazie all'assalto portato durante la notte, la collina 107 è in mano tedesca e il comandante neozelandese Andrew è convinto che il nemico abbia forze troppo preponderanti per poter continuare a difendere il campo di Malemes. In una comunicazione al suo superiore diretto, il comandante del presidio inglese, generale Hargest, propone la ritirata dopo che anche il contrattacco portato con i carri armati è fallito. Hargest, che in un primo tempo era stato costretto a negare l'invio di rinforzi, decide di mandare aiuti quando ormai i neozelandesi stanno organizzando il ripiegamento.

All'alba giungono altre formazioni di Junkers-52 comandati dal tenente Herold, che atterrano sulla pista di Malemes, non ancora interamente occupata, fino ad arrivare a ridosso delle rocce. Portano munizioni e rifornimenti oltre al Gruppo Commando del capitano Kleye, assicurando in tal modo la ripresa dell'attacco. Da Atene il generale Student, ora meglio informato sull'andamento di Merkur, decide l'invio immediato di altri rinforzi e finalmente, alle ore 15.00, gli Ju-52 della Squadra Trasporto Bucholz decollano dalla base di Tanagra con il primo contingente del 100º reggimento/5ª divisione da montagna al comando del colonnello Utz, con un ritardo di oltre 12 ore a causa degli incerti e confusi rapporti provenienti dal fronte della battaglia. Atterrano a Malemes alle 16.00, quando ormai i paracadutisti lanciatisi la mattina sul Tavronides, a est del villaggio, sono decimati.

Poco dopo l'arrivo di Utz giunge anche la Compagnia Comando del reggimento per assumere il comando delle operazioni nel settore ovest di Creta, con ordini diretti di Student per conquistare a ogni costo la pista di volo di Malemes dal momento che tra non molto sarebbero iniziate anche le operazioni di lo sbarco. Nel frattempo, il battaglione Gericke e il battaglione Stentzler allargano l'insediamento tedesco a est del ponte sul Tavronides e a sud. La confusione che regna negli aeroporti cretesi è totale, le piste sono invase da aerei in fiamme, gli scontri a terra impediscono l'atterraggio dei velivoli in arrivo, la contraerea (che i difensori utilizzano ad alzo zero) produce crateri che risultano fatali, tuttavia il 1º battaglione del colonnello Utz riesce ad aggirare il nemico e al tramonto il piccolo aeroporto di Malemes è conquistato.

Le perdite sono altissime, restano poco meno di 200 soldati in grado di combattere contro circa 7000 uomini del nemico e altri 5000 sparpagliati su un'area circostante di venti chilometri. Il generale Ringel, dopo un'analisi della situazione, si rende conto che un contrattacco nemico avrebbe significato la sicura perdita della battaglia di Creta, e sollecita l'immediato invio del contingente via mare. La flottiglia doveva affrettarsi, sfidando la potenza navale britannica, contando sulla sola protezione aerea e sulle poco adatte piccole vedette italiane che Supermarina, il Comando Supremo della Marina italiana, aveva acconsentito ad inviare. Il primo tentativo fallisce: quando, nella mattinata del 21, le imbarcazioni giungono in vista delle coste cretesi, i ricognitori della Luftwaffe riferiscono l'avvicinarsi di unità da guerra inglesi e la variopinta flottiglia è costretta a fare velocemente marcia indietro. Al calar della sera riprendono il viaggio e quando giungono a poche miglia dalle strette spiagge davanti a Malemes, le navi da guerra britanniche dell'ammiraglio Cunningham escono nuovamente allo scoperto. Da Alessandria, il comandante inglese ordina alla Forza-C dell'ammiraglio King una rotta in direzione nord per prevenire attacchi anfibi a Creta, che avrebbe dovuto congiungersi con la Forza-D dell'ammiraglio Glennie poco prima dell'alba del 22 per procedere al rastrellamento congiunto dall'isola di Milo. Glennie però, tiene erroneamente le proprie navi lontane dal luogo d'unione e fuori dalla zona dell'Egeo rispetto alla battaglia in svolgimento, con le corazzate Valiant e Warspite ancora più lontane pere evitare gli aerei tedeschi. A tutto si aggiunga la confusione nelle comunicazioni inglesi mare-terra per l'uso di diversi codici cifrati fra le varie unità.

Molti caicchi sono comunque affondati dai cannoni e dalle chiglie delle navi inglesi che li investono, il panico si diffonde, e anche il secondo tentativo sembra essere sul punto di fallire. La Royal Navy è convinta di avere scongiurato lo sbarco sull'isola, ma la maggior parte dei soldati imbarcati viene tratta in salvo dagli idrovolanti e altre imbarcazioni durante la notte e le prime ore del mattino del 22.

Galatas, Retimnos, Heraklion

In queste zone l'esito della battaglia è ancora a sfavore degli attaccanti. I campi di volo rimangono saldamente in mano inglese e tutti gli assalti ordinati dal colonnello Heydrich si risolvono in inutili massacri da entrambe le parti, e non portano nessun cambiamento della situazione. Durante le prime ore del pomeriggio si organizza un altro tentativo per impadronirsi dei paesi e dei campi di volo di Galatas e Retimnos con due gruppi: il primo composto dai superstiti del 2º reggimento di Sturm guidati dal maggiore Kroh verso la pista di atterraggio, il secondo formato da altre due compagnie agli ordini del capitano Wiedemann verso la periferia dell'abitato.

Il reparto di Kroh si scontra con un contrattacco australiano che lo costringe a rifugiarsi in una fabbrica di olio d'oliva per non venire annientato, mentre gli uomini di Wiedemann restano bloccati dai soldati greci e dai gendarmi cretesi che catturano lo stesso colonnello Sturm con i piani per il bombardamento delle postazioni difensive da parte degli Stukas, e li usano a proprio vantaggio attirando le squadriglie tedesche su posizioni occupate dagli attaccanti. Anche a Heraklion la situazione è critica. Il gruppo del colonnello Brauer tenta un assalto alla pista di volo ma si arresta contro un battaglione neozelandese sostenuto da reparti irregolari cretesi, mentre un altro distaccamento guidato dal maggiore Schultz muove dal piccolo porto del paese verso lo stesso campo di volo ma è costretto a ripiegare per il sopraggiungere di rinforzi nemici.

Dal momento che l'unico aeroporto controllato dai tedeschi è quello di Malemes, i campi di Heraklion e Retimnos, pur continuando a essere l'obiettivo delle truppe impegnate in quei settori, assumono importanza secondaria. è quindi a Malemes che si sarebbero dovuti effettuare gli atterraggi delle successive ondate di rifornimenti e rinforzi, primo fra tutti il battaglione cacciatori alpini del 100º reggimento diretto dal maggiore Friedmann. Anche nella zona centro-orientale vengono inviati rinforzi, ma non hanno fortuna: due compagnie si lanciano in un territorio dove poco prima è giunto un battaglione di bellicosi maori neozelandesi e sono annientati in breve tempo. A Malemes, circa 40 Ju-52 tentano manovre di atterraggio sulla pista, in rapida successione, tenendo i motori al massimo, rallentando quel tanto da permettere lo scarico di munizioni e lo sbarco di reparti di rinforzo, per poi rialzarsi rapidamente per evitare le artiglierie nemiche. In mezzo a un'infernale confusione, sulla pista disseminata di pericolosi crateri e cadaveri carbonizzati, circa 20 aerei ogni ora fanno la spola per rinforzare i paracadutisti, ormai vicini alla vittoria.

Nel frattempo è avviata la partecipazione italiana all'operazione Merkur. Nella notte del 21 maggio, cinque MAS della 3ª Flottiglia Dodecaneso al comando del tenente di vascello Marchi, attaccano una squadra navale britannica della Forza-C formata dai cacciatorpediniere Nubian, Kandahar, Kingston e Juno (che sarebbe stato affondato nella giornata seguente dai bombardieri tedeschi) e dagli incrociatori Perth e Naiad, che aprono il fuoco. Il reparto di incursori italiani attacca diviso in due gruppi, il primo dirige sul Naiad, nave ammiraglia, e quindi sul Perth, il Kandahar, Nubian , Kingston e Juno, utilizzando i propulsori silenziosi; l'altro gruppo manovra verso il centro dello schieramento nemico quindi si allontana, ma alcuni MAS rimangono intrappolati. Danni sensibili sono riportati a bordo del Kandahar, più che altro a causa dell'errato tiro delle cannoniere dell'unità amica Juno.

Terzo giorno - 22 Maggio
Malemes e la battaglia dello stretto di Citera


A questo punto è necessario, per i tedeschi, far giungere al più presto altri uomini e rifornimenti a Creta poiché i paracadutisti, con armamento leggero, non avrebbero resistito ancora molto. La flottiglia dei pescherecci e caicchi era stata quasi distrutta e altri 300 uomini risultavano dispersi durante la breve battaglia sul mare. Occorreva organizzare velocemente un'altra spedizione. All'alba del 22 la Luftwaffe riprende i voli e gli Stukas del 2º Stormo Immelmann comandato dal colonnello Dinort decollano da Molai per dare la caccia alle navi britanniche a nord-ovest di Creta.

Poco dopo anche i gruppi Sigel e Hitschold si alzano in volo alla ricerca della Squadra-D guidata dall'ammiraglio Glennie, che comprende due potenti incrociatori, l'Ajax e l'Orion. La squadra navale D, intanto, aveva già lasciato la zona e al suo posto era giunta a sole 25 miglia dalle coste cretesi una flottiglia da guerra composta da due incrociatori pesanti, Fiji e Gloucester, e dai cacciatorpediniere Greyhound e Griffin. Lo scontro inizia e gli Stukas si lanciano in picchiata verso gli incrociatori, che però non subiscono danni pesanti. Quando gli aerei tedeschi sono costretti a interrompere l'attacco per tornare alle basi a rifornirsi e riarmarsi, altre unità britanniche si aggiungono alle precedenti per formare una forza in grado di respingere sia gli attacchi dall'aria che qualunque altro tentativo di sbarco: due corazzate (Warspite e Valiant), tre incrociatori e dieci cacciatorpediniere, cioè le squadre navali A, B e D riunite sotto il comando del contrammiraglio Rawlings.

Nello stesso tempo la ricognizione aerea tedesca segnala la presenza di un'altra formazione navale nemica, il Squadra C dell'ammiraglio King, con altri tre cacciatorpediniere e quattro incrociatori. E' proprio la squadra navale di King che si imbatte nell'insieme di navigli diretti a Creta con a bordo i rinforzi tedeschi in un punto a 25 miglia dall'isola di Milo, ma appena prima che i cannoni delle navi inglesi aprissero il fuoco, compare in cielo il 1º Gruppo/1º Stormo Stukas del colonnello Hoffmann, seguito a poca distanza da una formazione di bombardieri Do-17 del 2º Stormo, e lo scontro dello stretto di Citera ha inizio. Il cacciatorpediniere Juno viene colpito e affondato quasi subito, le altre navi cominciano a zigzagare sparando all'impazzata con i pezzi contraerei, l'inseguimento dura più di tre ore. La Warspite, nave ammiraglia di Rawlings, viene centrata e bersagliata anche dal nuovo stormo aggiunto di Me-109 del tenente Huy. La torpediniera italiana Lupo, di scorta a uno dei convogli di sbarco, si stacca dalla formazione per affrontare il caccia Janus che, a sua volta, aveva avvistato il convoglio. La Lupo del comandante Mimbelli (promosso e destinato al comando della 4ª Flottiglia MAS nel Mar Nero nel marzo '42, e sostituito dal capitano di corvetta Zanchi) si prepara a lanciare i siluri quando lo Janus inverte la rotta, probabilmente confuso sul numero di unità da guerra di scorta al variopinto convoglio e dalla cortina fumogena di protezione che l'unità italiana stende sulle navi da carico. Nella confusione che segue, la Lupo avvista l'incrociatore britannico Dido che nello stesso istante apre il fuoco con i pezzi da 133mm. Il comandante Mimbelli ordina a sua volta di lanciare i siluri da meno di mille metri e di virare velocemente. Con 25 feriti e due morti a bordo, e dopo aver incassato oltre venti colpi, semina ancora la confusione fra le unità nemiche, senza dare tregua ai tubi lanciasiluri, finché giunge il secondo incrociatore inglese, l'Orion (con cannoni da 152mm) che la Lupo sfiora di prua per pochi metri, secondo i testimoni del fatto, facendo fuoco con i pezzi da 100/47 e le mitragliere da 20mm e allontanandosi velocemente. Evitando anche un terzo incrociatore, l'Ajax (otto pezzi da 152mm, tutti e tre riuniti in una squadra al comando del capitano di vascello McCarthy), la torpediniera italiana riesce a sfuggire. Diversi, tuttavia, sono i battelli affondati (circa quindici) e i morti restano ancora oggi in numero imprecisato. Così anche per il totale delle vittime del 22 maggio che, secondo fonti britanniche, ammonterebbero a 5000 uomini per gli attaccanti (addirittura a 6000 secondo il generale neozelandese Freyberg), cifra poi ridimensionata in seguito a studi recenti, a 800 morti, almeno quelli accertati per annegamento. Altri autorevoli storici affermano che nella battaglia aeronavale vi sono stati 300 morti fra i tedeschi e sette fra gli italiani.

La confusione in cui si svolgono i fatti è la causa prima di queste imprecisioni e divergenze di opinione, molti uomini sono comunque tratti in salvo dagli idrovolanti della Luftwaffe, dai MAS della 13ª squadriglia e dalla torpediniera Libra. Altri isolati reparti riescono anche a sbarcare a Creta in mezzo alla battaglia e a riunirsi ai paracadutisti scesi nei giorni precedenti. Secondo fonti tedesche, almeno dieci battelli della 1ª Flottiglia da sbarco sono affondati, l'incrociatore britannico Perth ne aveva distrutti almeno otto e il rimorchiatore armato Boeo aveva recuperato parte dei naufraghi. Nella mattina del 22, l'incrociatore inglese Greyhound attacca un battello da carico nei pressi dell'isola di Pori scambiato per una nave isolata, scampata alla battaglia del convoglio Lupo, ed è nuovamente il rimorchiatore Boeo che recupera numerosi naufraghi.

Intanto, il generale von Richtofen organizza immediatamente l'operazione di attacco combinato contro la flotta britannica allertando tutti i gruppi di bombardieri e cacciabombardieri disponibili, così nel pomeriggio del 22 può disporre delle seguenti formazioni: dal campo di Tatoi il 2º Stormo bombardieri Do-17 del colonnello Rieckhoff; da Eleusi gli He-111 del 26º Stormo del capitano Kollewe; da Atene gli Ju-88 del capitano Hoffmann; da Micene e Molai il 2º Stormo Stukas del colonnello Dinort, già in azione, e un altro gruppo di Junkers-87 dall'isola di Scarpanto agli ordini del capitano Brucker; sempre da Molai il 77º Stormo caccia Me-109 del maggiore Woldenga (comprendente il famoso 1º Gruppo/2º Stormo Addestramento del capitano Ihlefeld); da Argos il 26º Stormo cacciabombardieri Me-110 del capitano von Rettberg. Le formazioni si alzano in volo e nella giornata del 22 ottengono un altro successo: proprio il cacciatorpediniere Greyhound viene avvistato isolato al largo dell'isola di Anticitera e affondato. All'SOS lanciato dalla nave in pericolo, l'ammiraglio King invia i cacciatorpediniere Kingston e Kandahar scortati dagli incrociatori Gloucester e Fiji, ma tale mossa si rivela un errore. La Luftwaffe è in agguato e attacca appena avvista le navi. Il Gloucester viene centrato e affonda dopo essere andato alla deriva per due ore; il Fiji è sorpreso mentre si dirige a tutta forza verso Alessandria dai Me-109 del capitano Ihlefeld quindi attaccato anche da altri aerei richiamati via radio, colpito e affondato anch'esso dopo alcune ore di agonia.

Nel frattempo giungono nelle acque di Creta altre due navi da guerra inglesi richiamate dalla base di Malta, il Kelly e il Kashmir che bersagliano con i loro potenti cannoni le piste di volo di Malemes, ma anche questa mossa si rivela uno sbaglio per la Marina britannica: il 1º Gruppo Stukas del capitano Hitschold piomba sulle due unità colpendo in pieno le navi dell'ammiraglio King e affondandole. Da Alessandria l'ammiraglio Cunningham è costretto a richiamare tutte le navi per non andare incontro a un completo disastro; la prima grande battaglia aeronavale di Creta termina nelle prime ore del 23 maggio con l'affondamento di altri due incrociatori e quattro cacciatorpediniere e il danneggiamento di due corazzate e altri tre incrociatori. Von Richtofen è raggiante. Durante lo scontro sul mare, intanto, a Creta le armi non hanno smesso di sparare: Galatas, Retimnos e Heraklion rimanevano in mano inglese e solo a Malemes la situazione è a favore dei tedeschi, dove cominciano ad atterrare aerei con rinforzi e rifornimenti con la costante protezione della caccia.

A questo punto è deciso l'attacco del Gruppo Comando della 5ª divisione da montagna con l'aggiunta del 141º reggimento della 6ª, al comando del generale Ringel, il quale riceve precisi e tassativi ordini: consolidare e mantenere il controllo di Malemes, ripulire l'area di Suda, soccorrere i paracadutisti rimasti accerchiati nella Valle Prigione, quindi procedere all'occupazione di Retimnos e Heraklion. Ringel trasmette gli ordini al colonnello Ramcke, al colonnello Utz e al colonnello Krakau (al comando dell'85º reggimento da montagna) perché tutti gli uomini fossero radunati e pronti per la decisiva avanzata verso est: il primo avrebbe dovuto procedere lungo la strada costiera, il secondo più all'interno in direzione sud-est, e il terzo a sud con una manovra di accerchiamento verso nord-est. All'alba del 23 maggio l'attacco è pronto per scattare, dopo che durante tutta la notte gli Ju-52 hanno scaricato a Malemes il grosso della 5ª divisione da montagna e la copertura aerea ha tenuto lontano dalle spiagge di Suda e La Canea le navi inglesi..

Quarto giorno - 23 Maggio
Malemes


Anche il colonnello Heydrich, asserragliato con i resti del suo reggimento intorno a Galats e nella Valle Prigione, è raggiunto dall'ordine di prepararsi all'attacco. I comandanti inglesi cadono contro ogni aspettativa nel tranello: Freyberg crede che i movimenti intorno a Malemes siano il preludio alla ritirata generale dei tedeschi, mentre Hargest riceve un rapporto su movimenti nemici nella Valle Prigione che fanno pensare invece alla preparazione di qualche sortita, ed è quest'ultimo il rapporto che corrisponde al vero: il maggiore Derpa con il 2º battaglione attacca le alture di Galatas e un altro assalto inizia più a ovest da parte di un gruppo di circa 150 uomini guidati dal maggiore Heilmann. Durante la battaglia i tedeschi riescono a conquistare nuove e più importanti posizioni ma il maggiore Derpa viene gravemente ferito e muore poco dopo.

A questo punto il generale Freyberg vorrebbe ordinare un decisivo contrattacco su Malemes, ma è proprio il comandante neozelandese che sconsiglia una tale mossa: gli uomini sono allo stremo e non avrebbero potuto garantire la riuscita dell'impresa contro un nemico ormai sempre più rifornito e organizzato. Non resta che ordinare l'abbandono di Malemes e il ripiegamento su Galatas per rafforzare le posizioni difensive in quel settore. Freyberg decide per questa soluzione facendo muovere le truppe sui sentieri a sud della strada costiera asfaltata. I soldati della 5ª divisione da montagna del generale Ringel, quindi, prendono cautamente a seguire la graduale ritirata neozelandese, senza trovare eccessiva resistenza eccetto che da parte dei poco socievoli partigiani cretesi, i quali fanno ritrovare lungo il cammino numerosi paracadutisti, catturati in precedenza, morti dopo aver subìto atroci torture. Davanti a ciò il generale Student, informato via radio, autorizza le rappresaglie: dieci cretesi per ogni tedesco e l'ordine di distruggere case e cose nel luogo dove avvengono i ritrovamenti. Viene inoltre decretata la pena di morte per qualunque civile trovato in possesso di armi. Intanto l'avanzata prosegue attraverso i campi di ulivi dove vi sono ancora i corpi dei paracadutisti scesi il primo giorno e rimasti intrappolati fra i rami, lasciati preda di uccelli e animali selvatici, cosa che inasprisce maggiormente la reazione tedesca. Nel frattempo i superstiti del gruppo del capitano Gericke si muovono, e così anche le truppe del maggiore Krakau che stavano compiendo la manovra di accerchiamento. Verso la sera del 23 avviene il congiungimento ai limiti della Valle Prigione tra le avanguardie del 100º reggimento da montagna di Utz con i resti del 3º battaglione di Heydrich.

Gli ultimi giorni

Il 24 maggio avviene anche il congiungimento tra il gruppo Ramcke e il gruppo Heilmann sulla strada costiera, mentre il 100º reggimento da montagna si dispone sulle alture a sud e ad ovest di Galatas. Al calar della sera Ramcke raggruppa 4000 uomini e muove all'attacco e anche il gruppo Heilmann si muove sulla strada costiera mentre, sulla spiaggia, tre battelli sbarcano ogni notte, in relativa sicurezza, uomini e mezzi di rinforzo. Arrivano così a Creta due carri armati PzKw-II e alcuni cannoni da 105mm con mezzi di trasporto e dotazioni complete, che prendono subito la strada di Sfakion, verso sud.

Il giorno 25 il 2º battaglione del reggimento di Utz, guidato dal maggiore Schury, si lancia all'assalto della cosiddetta Collina del Grano e della vicina Collina delle Rovine, mentre un altro raggruppamento, sempre delle truppe di Utz e comandato dal maggiore Schrank, scende dalla Collina Rosa e dalla Collina del Cimitero e dà inizio alla battaglia per il possesso di Galatas. Avanzando metro per metro i tedeschi riescono a penetrare al centro dell'abitato, dove lo scontro raggiunge la sua massima intensità fino a quando i neozelandesi riescono a respingere nuovamente il nemico al di fuori della cittadina, proprio quando il comandante delle forze di difesa Freyberg, stava ultimando il piano di evacuazione. Nella notte del 25 maggio il fronte tedesco è avanzato fino in prossimità della baia di Suda, dove erano ancora più di 1000 i neozelandesi trincerati appena a sud di La Canea. All'alba del 26 le truppe tedesche attaccano nuovamente Galatas, che occupano senza trovare resistenza in quanto il villaggio è stato evacuato. I difensori se ne erano andati durante la notte. Anche a La Canea, intanto, il gruppo Ramcke attacca la Valle Prigione, sostenuto dall'arrivo del 141º reggimento del colonnello Jais (6ª divisione da montagna) che penetra nella valle senza difficoltà e prosegue la marcia per effettuare l'accerchiamento attraverso Suda e la penisola di Akrotiri. Ramcke e il 100º reggimento di Utz possono così procedere alla conquista di La Canea.

Dopo poco tempo il 1º battaglione del maggiore Forster, appartenente al reggimento di Jais, si scontra con le linee di difesa poste a 2 Km da Suda e in breve perde circa 300 uomini. Gli altri sono costretti a disperdersi. Solo nella mattinata del 27 maggio, Ramcke e Utz lanciano un attacco congiunto, e solamente 400 dei 1200 difensori scampano all'assalto tedesco e riescono ad agganciare i compagni in ritirata dopo avere rotto l'accerchiamento. Intanto, sul mare, gli scontri della prima grande battaglia aeronavale della storia non sono ancora cessati: la Royal Navy è nuovamente presa di mira dalla Luftwaffe, in particolare dal 2º Stormo Stukas ora proveniente dall'isola di Scarpanto, che affonda altri incrociatori e cacciatorpediniere carichi di truppe che stavano effettuando l'evacuazione di Creta, nelle acque dello stretto di Caso, a est dell'isola. Il 26 maggio un'altra grave notizia giunge al Comando dell'ammiraglio Cunningham ad Alessandria: la portaerei Formidable, intercettata da formazioni di Stukas, è sotto attacco. Dalle basi della Cirenaica, il 2º Gruppo/2º Stormo Stukas al comando del maggiore Enneccerus intercetta e attacca le unità navali di scorta alla portaerei inglese, in fuga verso Alessandria. Lo stesso giorno, un'altra nave italiana, la torpediniera Sagittario, è protagonista di una nuova vittoria: di scorta a un convoglio tedesco, intercetta una formazione da guerra britannica formata da tre cacciatorpediniere e quattro incrociatori e prende l'iniziativa, lanciandosi all'attacco. Due siluri sfiorano una nave britannica e la Sagittario riesce così a farsi inseguire dal nemico, che abbandona temporaneamente il convoglio di uomini e materiali destinato a sbarcare. Dopo un vorticoso inseguimento, l'unità italiana riesce a sua volta a fuggire senza danni.

Dal giorno 26, a Creta, gli attaccanti cominciano a organizzarsi. La Marina tedesca riesce solo la sera del 27 a sbarcare i due carri armati portati con chiatte scoperte, mentre il generale Freyberg comunica al proprio Comando l'impossibilità di continuare la difesa dell'isola. Nel pomeriggio gli uomini di Utz e Ramcke assaltano ancora La Canea, che conquistano senza trovare particolare resistenza. Il generale Ringel viene raggiunto da un dispaccio con le congratulazioni ufficiali del Comandante Supremo delle Forze Tedesche del sud-est Europa, feldmaresciallo von List. La ritirata degli inglesi e dei loro alleati comincia verso Sphakia, sulla costa meridionale, attraverso le montagne, e a nulla servono i messaggi di incitamento del primo ministro Churchill.

Il Comando Supremo del Medio Oriente autorizza ufficialmente Freyberg all'evacuazione nella notte del 27, ma Ringel non si rende conto della decisione nemica fino alla sera del giorno seguente, non potendo prendere decisioni definitive dal momento che la quasi totalità degli aerei di copertura erano stati richiamati dalla Grecia per l'imminente operazione Barbarossa. Bisognava quindi organizzare subito un attacco verso Retimnos e Heraklion, dove sono ancora intrappolati i resti del 2º reggimento paracadutisti, ridotto a 200 uomini con più di 700 morti. La colonna di soccorso si mette in marcia ai comandi del tenente colonnello Wittmann, e si scontra quasi subito in una cruenta battaglia con la retroguardia neozelandese, rimanendo bloccata per più di sei ore. Solo nella mattinata del 30 maggio Wittmann raggiunge Retimnos. Anche a Heraklion l'evacuazione britannica è iniziata quando ormai il colonnello Brauer aveva meno di 1000 uomini rimasti in grado di combattere sugli oltre 2000 scesi il primo giorno, sostenuti nel frattempo con lanci di munizioni e rifornimenti dal cielo non sempre andati a segno.

Nel frattempo, la notte del 27 gli inglesi riescono a completare una missione importante, nonostante la ormai certa superiorità tedesca. Nella baia di Suda, un gruppo di quattro cacciatorpediniere, una piccola petroliera e una nave appoggio, elude la rigida sorveglianza e sbarca quattro reparti di commandos agli ordini del colonnello Laycock, con il compito di avvicendare le forze ormai esigue che ancora si oppongono all'avanzata dei paracadutisti tedeschi. Dopo un'avanzata notturna fra mille insidie, riescono a portarsi sulla strada che passa a nord di Sphakia e completano l'incarico grazie a tre carri Mathilda offerti dagli australiani. Grazie ai commandos di Laycock, che tagliano i collegamenti nemici, gran parte degli assediati a La Canea e Suda riescono a sganciarsi e iniziare la ritirata verso sud. Di essi, solo un centinaio riuscirà a rientrare e lasciare l'isola, 3/4 degli effettivi muoiono nell'azione. Tra il 28 e il 29 maggio la Royal Navy riesce a fare evacuare 4000 uomini da Creta, costretti a lasciare liberi sul posto i paracadutisti tedeschi fatti prigionieri nei primi giorni della battaglia. Intanto, dall'isola di Scarpanto, a bordo di 15 battelli con la scorta di un cacciatorpediniere, 4 torpediniere e 6 MAS, il corpo di spedizione italiano sbarca nella baia di Sitia sotto copertura aerea. Sono 3000 uomini, una quindicina di piccoli carri L, 200 cavalli e 4 autocarri, che hanno il compito di chiudere la via della ritirata a oriente per le truppe britanniche. La loro avanzata verso Ierapetra inizia dopo una battaglia che, anche se di una certa consistenza, viene superata in breve.

Frattanto il colonnello Krakau, che con le sue truppe sta avanzando più a sud di ogni altro reparto tedesco, lancia l'85º reggimento da montagna all'inseguimento, ma la agguerrita retroguardia cretese e greca lo blocca sulle alture. Solo il giorno 28 il 2º battaglione del reggimento entra nel villaggio di Stilos e solo allora Ringel viene informato del piano di evacuazione dei difensori in seguito all'interrogatorio di alcuni ufficiali nemici catturati; decide comunque di interrompere l'inseguimento verso Sphakia per non sacrificare altri uomini sulle montagne cretesi così piene di insidie. La notte del 29 un altro migliaio di soldati britannici lasciano Creta a bordo di 3 incrociatori e 6 cacciatorpediniere dal versante sud dell'isola, e l'ordine interrompere l'inseguimento consente ad altri 600 di raggiungere i punti di imbarco. L'arrivo del 141º reggimento cacciatori del generale Ringel si rivela determinante per la conclusione della battaglia. Con i nuovi rinforzi i tedeschi ora dispongono di riserve e possono costituire gruppi specializzati per azioni d'attacco con precisi obiettivi, primo fra tutti l'occupazione del territorio centrale dell'isola per chiudere il cerchio. Il generale Freyberg fa il possibile per rallentare l'avanzata nemica, impegnando in retroguardia sulla linea intorno a Askifos le brigate 5ª e 191ª dell'ANZAC, ma è proprio l'arrivo del 141º reggimento tedesco diretto dal colonnello Jais a far crollare ogni speranza. E' a questo punto che il generale Ringel decide il rallentamento dell'inseguimento verso sud per dedicarsi ai presidi costieri. Nella tarda mattinata del 30 le prime avanguardie tedesche giungono in vista delle spiagge da dove i difensori stavano imbarcandosi, e dopo una prima breve battaglia vengono però respinti. Anche qualche squadriglia di Stukas fa la sua comparsa per infastidire le operazioni di imbarco, ma senza apportare danni rilevanti.

L'ultimo giorno di maggio altri soldati britannici vengono stipati a bordo delle navi e lasciano l'isola, ma il mattino del 1º giugno i tedeschi giungono in forze alle spiagge di imbarco e i difensori rimasti devono arrendersi. Su 9000 uomini in attesa di evacuare l'isola, solo 3000 riescono a imbarcarsi per l'Egitto, gli altri sono prigionieri.

Si tirano le somme

Quella di Creta è stata una battaglia le cui caratteristiche ne fanno un caso a parte nella storia di tutte le guerre, costata all'Inghilterra 16mila uomini tra le forze di terra, 2000 marinai e 12mila prigionieri. La Royal Navy è stata cacciata dal Mediterraneo orientale dove aveva sempre fatto la parte del leone, tuttavia la Germania ha pagato un prezzo altissimo per la conquista di Creta e non l'avrebbe poi sfruttata come avrebbe dovuto. Dei 42mila difensori, circa 17mila raggiungono l'Egitto, con un alto prezzo pagato in termini di naviglio da guerra; circa 11mila britannici e oltre 5000 greci e cretesi sono prigionieri, oltre 6500 sono morti in battaglia e più di 5000 sono i dispersi, compresi quelli in mare. L'ammiraglio Glennie è destinato a un comando maggiore nel Mare Artico. L'ammiraglio Cunningham, nel rapporto ufficiale all'Ammiragliato britannico del 4 agosto '41, solleva polemiche sulla condotta delle operazioni da parte dei responsabili diretti King e specialmente Glennie, che dopo essere stato assegnato alla Presidenza del tribunale Militare e allontanato dal servizio attivo, rientra in Inghilterra nel '42.

Nelle sue Memorie, Churchill stesso, pur sottolineando l'impreparazione dell'esercito tedesco in operazioni anfibie, non può negare che sia stata una serie di errori umani a rivoltare le sorti della battaglia, soprattutto quella svolta in mare, pur con la conoscenza che gli inglesi avevano dei piani d'invasione tedeschi. Le squadre navali, in uno spazio relativamente stretto come il Mare Egeo, erano state tenute troppo lontane fra loro, sia pure a causa della confusione e della dispersione della flottiglia tedesca destinata a Creta, ma era comunque stata la Luftwaffe a causare i danni più gravi. Gli Stukas avevano tenuto sotto continuo attacco la squadra del capitano di vascello Hampton, imbarcato sul Carlisle, che con il Naiad si era incontrato troppo tardi con le due navi da battaglia Warspite e Valiant del contrammiraglio Rawlings, scortate dagli incrociatori Fiji e Gloucester, sette cacciatorpediniere. Il gruppo era poi stato segnalato ai comandi della Luftwaffe e tutti gli aerei disponibili si erano lanciati sulle navi britanniche, con i risultati che abbiano visto, anche se lo sbarco tedesco a Creta era stato sventato, almeno finchè i paracadutisti non avessero saldamente conquistato gli obiettivi fissati. La corazzata Valiant è colpita ma non riporta gravi danni, il gruppo del capitano di vascello Mountbatten, sul Kelly, riesce poi a lasciare Malta ed entra in battaglia rinforzando la squadra del comandante del Jervis, capitano di vascello Mack, davanti a La Canea, ma tutte le iniziative britanniche non vanno come sperato ed era stata autorizzata l'evacuazione. I commandos del colonnello Laycock, sbarcati a Suda nella notte del 26 maggio dall'incrociatore Abdiel, si uniscono ai resti del 7º e 8º battaglione australiano e della 5ª brigata neozelandese come retroguardia, a protezione dei reparti pronti per essere imbarcati. Allo stesso modo, alcuni gruppi dei reggimenti scozzesi Sutherland e Argyll sbarcano a Timbaki con lo stesso compito, mentre comincia la spola dall'Egitto a Creta per la rapida evacuazione dell'isola. Una delle prime squadre, quattro cacciatorpediniere agli ordini del comandante Arliss, era giunta la notte del 28, quindi era giunto nell'area l'ammiraglio Rawlings con la squadra di sei cacciatorpediniere fra i quali l'Imperial, il Decoy, l'Hereward e l'Hostpur, e gli incrociatori Orion, Ajax e Dido, andati incontro a un tragico destino.

Negli ultimi giorni, l'ammiraglio King conduce gli incrociatori Perth, Calcutta, Coventry e Phoebe, la nave da battaglia Glen-yle e altri tre cacciatorpediniere per l'imbarco di oltre 6000 uomini, quindi è nuovamente il comandante Arliss con i cacciatorpediniere Nizam e Napier a tornare sulle coste meridionali di Creta e imbarcare altri 1500 soldati e di nuovo King con tre cacciatorpediniere e le unità Adbiel, Phoebe e l'incrociatore Calcutta (poi affondato) a trarre in salvo ancora 4000 uomini. Molti altri rimangono nell'isola, nascosti dai partigiani e dalla popolazione cretese e di questi, oltre mille sono stati aiutati a lasciare Creta con azioni organizzate dai commandos.

I tedeschi, in rapporto, hanno pagato un tributo molto più alto, comprendente la parte migliore delle forze specializzate paracadutiste: All'operazione Merkur hanno preso parte circa 13mila uomini, più 9000 uomini della 5ª e 6ª divisione da montagna, per un totale di 22mila. Le perdite tra morti, feriti e dispersi fra paracadutisti, cacciatori alpini, piloti di aerei ed alianti sono state di 368 ufficiali e 6085 sottufficiali e soldati di truppa; 195 ufficiali, oltre 3000 sottufficiali e soldati feriti, più di 5000 dispersi e, complessivamente, quasi 11mila paracadutisti fuori combattimento. Nella 5ª divisione del generale Ringel, quasi mille i morti e dispersi, 300 i feriti. Su un totale di 22mila combattenti impegnati, nell'operazione Merkur oltre 3000 hanno perso la vita, la maggior parte dei quali nel primo giorno dell'invasione. Anche la Luftwaffe perde uomini e mezzi dei quali avrebbe oltremodo sentito la mancanza in Russia: circa trecento i morti, 280 gli aerei abbattuti, dei quali 200 gli Ju-52 colpiti dalla contraerea o distrutti nei primi giorni di battaglia a Malemes e gli altri, fra Ju-88 e 87, caccia Me-109 e cacciabombardieri Me-110 abbattuti in duelli aerei o dalle artiglierie navali. Oltre 10mila prigionieri italiani, detenuti nei campi all'interno dell'isola dopo le battaglie di Albania e dell'Epiro, sono liberati.

L'Alto Comando della marina tedesca fa poi pervenire un elogio ufficiale alla marina italiana per le imprese degli incursori e delle torpediniere Lupo e Sagittario, la le relazioni intermilitari non sarebbero state delle più cordiali. Lo stesso comandante in capo della Kriegsmarine, ammiraglio Raeder, indirizza al capo dello Stato Maggiore di Supermarina, ammiraglio DeToro, una lettera personale per adottare misure contro gli incidenti fra i due eserciti. La causa di tutto è certo da ricercare nel fatto che Grecia e Germania avevano concluso la resa escludendo l'Italia e nei successivi incidenti fra reparti della divisione Forlì e della SS-Leibstandarte a Ponte Perati. A tutto si aggiunga la mancata esecuzione del progetto per la conquista del canale di Corinto con i paracadutisti del 1º battaglione Carabinieri, la 13ª Squadriglia MAS e reparti del reggimento San Marco, preceduti, di fatto, da due battaglioni di Fallschirmjaeger.

Hitler avrebbe poi espresso i propri dubbi circa il futuro impiego dei paracadutisti, che da quel momento avrebbero combattuto il resto della guerra come reparto di incursori della fanteria. Dall'inizio della campagna dei Balcani la Wermacht ha perso oltre 5500 uomini. Il generale Student insiste presso il führer per organizzare un attacco aerotrasportato contro Cipro e avere quindi una base ravvicinata contro la zona del canale di Suez, ma Hitler non vuole più concedere il benestare per operazioni aerotrasportate di largo respiro per l'altissimo numero di vittime della battaglia appena conclusa. Nel contesto generale della guerra, l'isola di Creta (per il possesso della quale è stata combattuta una delle più cruente battaglie dell'intero conflitto) diventa paradossalmente una base di secondaria importanza dal momento che l'attenzione dell'Alto Comando tedesco è totalmente concentrata sull'imminente invasione dell'Unione Sovietica, nè Hitler avrebbe mai più colto l'occasione di esercitare la supremazia ottenuta nell'area del Mediterraneo orientale.

Perdite della marina britannica

Data Unità affondate Unità danneggiate
21 Maggio cacciatorpediniere Juno incrociatore Aiax (leggermente)
22 Maggio cacciatorpediniere Greyhound incrociatore Naiad (gravemente)
cacciatorpediniere Goucester incrociatore Carlisle (leggermente)
cacciatorpediniere Fiji corazzata Warspite (gravemente)
corazzata Valiant (leggermente)
23 maggio cacciatorpediniere Kashmir
cacciatorpediniere Kelly
26 maggio portaerei Formidable (gravemente)
cacciatorpediniere Nubian (gravemente)
27 Maggio corazzata Barnham (leggermente)
28 Maggio incrociatore Aiax (leggermente)
29 Maggio cacciatorpediniere Imperial cacciatorpediniere Decoy (leggermente)
cacciatorpediniere Hereward incrociatore Orion (leggermente)
incrociatore Dido (leggermente)
30 maggio incrociatore Perth (gravemente)
cacciatorpediniere Kelvin (leggermente)
31 maggio cacciatorpediniere Napier (leggermente)

Totale:
Affondati: 3 incrociatori - 6 cacciatorpediniere;
Danneggiati: 3 corazzate - 1 portaerei - 6 incrociatori- 4 cacciatorpediniere.
La portaerei Formidable sarebbe poi stata nuovamente attaccata e affondata.
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