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La battaglia di Ceylon
di Roberto Roggero ©
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Nella primavera del 1942, il Giappone arriva a minacciare direttamente l'equilibrio alleato nell'Oceano Indiano e le vie di rifornimento attraverso il Golfo Persico. Davanti al pericolo l'Inghilterra corre ai ripari ma subisce una sconfitta che, contro ogni aspettativa, non sarebbe stata sfruttata a dovere dagli ammiragli nipponici.

Durante il 1941 e '42, l'impero giapponese si estende a macchia d'olio senza che le potenze alleate potessero opporre un'adeguata resistenza. Dopo la conquista dell'Asia sud-orientale, le mire nipponiche si orientano verso i confini orientali dell'Oceano Indiano e l'isola di Ceylon diventa la chiave strategica dello scacchiere per il controllo delle rotte aeronavali fra Medio Oriente, India e Australia, pregiudicando le spedizioni di rifornimenti anche attraverso il capo di Buona Speranza, il Golfo Persico e Suez, con gravi ripercussioni sulla situazione delle truppe impegnate in Egitto.

Dopo aver pianificato la preventiva occupazione del Madagascar, l'Inghilterra deve fronteggiare il pericolo di un attacco giapponese contro Ceylon, dove si trovavano due divisioni di fanteria (e due gruppi aerei con alcuni caccia Fullmar e Hurricane, i bombardieri Blenheim e i ricognitori Catalina) parte del comando del Fronte Indiano, esercitato dal generale Wavell, a sua volta molto più preoccupato per la minaccia nipponica verso i confini nord-orientali, il Bengala e l'Assam. Sull'isola, la difesa è affidata all'ammiraglio Layton, che in un solo mese riesce a riorganizzare mirabilmente le forze a disposizione.

All'inizio di marzo 1942, gli stati maggiori britannici, dopo accurate indagini, giungono alla conclusione che l'intero equilibrio del territorio dipendeva dalla salvezza dell'isola di Ceylon, e a tale scopo organizzano una squadra navale di protezione, denominata Eastern Fleet, agli ordini dell'ammiraglio Somerville. La formazione era composta da 3 portaerei, 4 unità da battaglia classe R più la corazzata Warspite, 7 incrociatori e 14 cacciatorpediniere. Questa forza navale, però, nonostante il numero, non era una garanzia per la sua stessa costituzione e d'altra parte, la marina britannica era sparpagliata per tutti i mari del globo: le navi da battaglia della classe R (Ramilles, Revenge, Resolution e Royal Sovereign) erano lente, poco maneggevoli, con poca autonomia e particolarmente vulnerabili in caso di attacco aereo a bassa quota, tattica preferita dalle squadriglie giapponesi con i formidabili caccia Zero. La più nuova, la corazzata Warspite, protagonista della battaglia dello Yutland, era la sola che poteva offrire una qualche speranza, e nemmeno le portaerei avrebbero potuto fare molto contro la flotta nipponica, la più potente del mondo. Inoltre, ben 4 incrociatori su 7, risalivano alla prima guerra mondiale.

L'ammiraglio Somerville, deve quindi correre ai ripari, cosciente che con le forze a disposizione non avrebbe potuto fronteggiare un nemico potentemente armato e moderno. Con diverse difficoltà riesce a costituire una squadra navale, la Forza A, riuscendo a farsi assegnare unità più moderne e veloci fra cui le portaerei Formidable e Indomitable, inclusa la Warspite, e riunisce le navi più lente nella Forza B, con la vecchia e piccola portaerei Hermes. Anche se più equipaggiate, le due flotte britanniche non erano omogenee e non avevano mai affrontato operazioni congiunte. Il tempo, inoltre, giocava a netto sfavore dell'ammiraglio Somerville, di fronte all'eventualità, confermata dai rapporti dei servizi d'informazione, che davano la data del 1º aprile come la più probabile per l'attacco giapponese. La marina nipponica, da parte sua, aveva deciso di impiegare nell'attacco a Ceylon, la formazione più potente a disposizione: al comando operativo dell'ammiraglio Kondo, vi era la 1ª Squadra Aeronavale del vice-ammiraglio Nagumo con le 5 portaerei che avevano già partecipato all'attacco del 7 dicembre '41 contro Pearl Harbour (Shokaku, Soryu, Hiryu e Akagi) con 60 aerei ciascuna, fra caccia Zero e aerosiluranti, con il rinforzo di 4 unità da battaglia, 3 incrociatpri e 11 cacciatorpediniere; come seconda forza d'attacco, la portaerei Ryujo con 7 incrociatori e 11 cacciatorpediniere di scorta, che al comando del vice-ammiraglio Ozawa, avrebbe attaccato le navi britanniche nel Golfo del Bengala per interrompere le vie di collegamento dall'importante scalo di Calcutta per l'Assam.

Il 31 marzo, l'ammiraglio Somerville decide di far uscire in perlustrazione la Eastern Fleet, sperando di anticipare il nemico con un attacco notturno verso sud-est, la più probabile rotta di provenienza dei giapponesi. Le navi britanniche rimasero in mare fino a 2 aprile senza incontrare nessuno, quindi fu dato l'ordine di rientro nel porto di Colombo (e poi di Haddu) agli incrociatori pesanti Cornwall e Dorsetshire, e in quello di Trincomalee per la Hermes e il suo cacciatorpediniere di scorta Vampire, per effettuare il rifornimento. La decisione di separare le unità si rivelò sbagliata, e sbagliati furono i rapporti dei servizi segreti circa la data dell'attacco, che avrebbero dovuto valutare più nei particolari la situazione, basandosi anche sulle precedenti esperienze. L'operazione giapponese, infatti, era fissata per il 5 aprile, che era domenica, come già era successo a Pearl Harbour e come era abitudine dei giapponesi di attaccare in giorni di festa per il nemico, allo scopo di coglierlo impreparato.

Il 4 aprile, un ricognitore Catalina scopre una grossa formazione navale giapponese a circa 360 miglia sud-est di Ceylon, mentre la Forza A si era portata nelle acque dell'atollo di Addu, alle isole Maldive, distanti circa 600 miglia da Ceylon. L'attacco giapponese iniziò all'alba del 5 aprile con un'incursione di 90 bombardieri e 38 caccia su Colombo, da dove decollarono tutti i 42 Hurricane e Fullmar disponibili, i quali affrontarono il nemico in una battaglia che costò l'abbattimento di 20 velivoli britannici contro 9 giapponesi, più un incrociatore e due navi appoggio affondate nel porto. Nel frattempo, gli incrociatori pesanti Cornwall e Dorsetshire, che stavano dirigendo a tutta velocità verso la formazione navale nemica, furono a loro volta avvistati dai ricognitori giapponesi e, dopo poco tempo, attaccati da 55 bombardieri da picchiata: il Dorsetshire, colpito da otto bombe, affondò in meno di dieci minuti, il Cornwall ne impiegò venti, ma affondò anch'esso senza speranza. Nel disastro persero la vita circa 330 marinai. Informato della notizia, Somerville decise di richiamare tutte le navi, che si ritrovarono nelle acque di Ceylon l'8 aprile, ma lo scontro non era ancora finito. Fortunatamente per gli inglesi, i ricognitori giapponesi che avevano avvistato i due incrociatori, non avevano considerato la loro direzione di provenienza, altrimenti si sarebbe scoperta l'importante base segreta di Addu, con conseguenze funeste, quindi l'ammiraglio Nagumo, decise di proseguire l'operazione secondo i piani prestabiliti e attaccare il porto di Trincomalee, senza sapere che le unità britanniche avevano già lasciato gli ormeggi perché un altro ricognitore Catalina aveva segnalato le intenzioni nemiche e l'allarme era stato dato in tempo.

La mattina del 9 aprile le installazioni portuali di Trincomalee, subirono l'attacco di 90 bombardieri, 7 dei quali vennero colpiti dalla contraerea, mentre 14 furono gli aerei inglesi abbattuti. Mentre era in svolgimento l'attacco aereo, la squadra navale di Nagumo scorge la portaerei Hermes e la nave scorta Vampire che, immediatamente attaccate, affondano in poco tempo, insieme a una corvetta, una nave cisterna e un'unità ausiliaria. L'ammiraglio Ozawa, da parte sua, aveva attaccato, come da programma, nel Golfo del Bengala, facendo anch'egli un ricco bottino: in poco più di 48 ore aveva affondato 23 navi britanniche, per un totale di circa 113mila tonnellate, facendo compiere ai propri bombardieri, dannose incursioni a Kakinada e Visakhapatnam e interrompendo le comunicazioni da e per Calcutta. Il 10 aprile le formazioni giapponesi rivolgono la prua verso est e fanno rotta verso l'Oceano Pacifico, fra la sorpresa e l'estremo sollievo dei britannici, che si aspettavano un sicuro peggioramento della situazione. Gli ammiragli Nagumo e Ozawa, infatti, erano stati richiamati per l'operazione in grande stile che l'alto comando giapponese aveva intenzione di mettere in pratica nel Mar dei Coralli e contro le isole Midway e Aleutine, dato che l'interesse primario del Giappone non era tanto l'espansione a ovest quanto a est. La squadra navale dell'ammiraglio Somerville, con le inadatte unità della classe R, fu inviata a Kilindini, in Africa Orientale, mentre intorno a Ceylon furono mantenute quelle della Forza A, che dopo alcuni giorni si ritirarono a Bombay, in attesa di riprendere la via del Mediterraneo per partecipare alla scorta dei convogli diretti a Malta.

Il colpo di mano contro Ceylon, convinse il comando in capo britannico dell'intenzione giapponese di impadronirsi dell'isola di Madagascar, chiave di volta di tutto l'Oceano Indiano, e a questo scopo venne allestita una spedizione a scopo preventivo, ma fu solo dopo non molto tempo che l'Ammiragliato britannico scoprì il vero motivo dell'improvvisa decisione delle squadre giapponesi di invertire la rotta quando erano in procinto di impadronirsi di Ceylon: lo scopo di tutta l'operazione allestita dai nipponici era di distogliere l'attenzione da una poderosa spedizione di forze terrestri verso Rangoon (conquistata dalle truppe giapponesi l'8 marzo) destinate all'invasione della Birmania.

Le sorti della guerra in questa parte del mondo, restarono ancora per diverso tempo incerte, fino a che gli Stati Uniti si resero contro che l'unica arma per portare l'equilibrio dalla parte degli alleati, era l'allestimento di una flotta aeronavale altrettanto potente, dotata soprattutto di corazzate e portaerei moderne. Le battaglie che seguirono, nel Mar dei Coralli e soprattutto a Midway, ne furono la prova.

Bibliografia

Appunti di Paul Kennedy, docente di Storia Moderna, St.Anthony College (Oxford);
B. Liddel Hart, La seconda guerra mondiale, Rizzoli, 1967.
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