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Note su La giornata di Castelfidardo 18 settembre 1860, del gen. M. Coltrinari
© Renato Biondini
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Il 19 settembre scorso a Castelfidardo , nel corso della manifestazione Lezioni di Storia, sulla battaglia di Castelfidardo e gli esiti del Risorgimento, è stato presentato il volume del gen. Massimo Coltrinari La giornata di Castelfidardo del 18 settembre 1860.

Visto che il gen. Coltrinari si è occupato molto nei suoi studi di questa battaglia di Castelfidardo, ero curioso di sapere se in questa sua ultima pubblicazione, si menzionava la mia ricerca I cannoni della vittoria e se confermava o meno la mia tesa ivi esposta, sul decisivo ruolo svolto in questa battaglia dall'artiglieria rigata utilizzata dall'esercito Sardo.

La tesi esposta nella mia pubblicazione I cannoni della vittoria in estrema sintesi è la seguente:

Alle ore 11 circa i pontifici, nonostante gravi perdite e dopo durissimi scontri anche corpo a corpo, riuscirono a raggiungere casa Serenella del Mirà a poche centinaia di passi dal dorso del colle Montoro dominata dal Casino Sciava. Occorreva ai pontifici un ultimo sforzo per raggiungere l'obiettivo. Mentre si svolgeva questa decisiva fase della battaglia, le altre colonne pontificie invece di proseguire la loro marcia verso Ancona come era nei piani, attendevano su ordine di De La Moricière ai piedi del colle Montoro, forse per non abbandonare il Pimodan e per eventualmente portare aiuto alle sue truppe. A questo punto lo scontro si fece durissimo e si determinarono continue avanzate e retrocessioni della linea di combattimento, facendo rimanere indecisa la sorte della battaglia.

Il passare del tempo avvantaggiava le truppe sarde che contando su rinforzi e rincalzi ottennero una superiorità in uomini e mezzi in particolar modo l'artiglieria. Infatti verso le ore 10,00 il generale Villamaria diede ordine di accorrere con una sezione di cannoni a canna rigata. I due cannoni furono messi in posizione e subito iniziarono un intenso fuoco a ottocento metri in direzione di santa casa di sotto ove si scorgevano, insieme all'artiglieria, masse di fanteria pontificia cagionando con i suoi colpi ben aggiustati notevoli perdite al nemico. Lo stesso Cialdini fu favorevolmente impressionato dal comportamento e dell'abilità di questi artiglieri e dei loro pezzi, tanto che venne loro assegnata la medaglia di bronzo al valor militare.

Poco dopo giunsero sul posto altri 4 pezzi, l'artiglieria pontificia fu presto colpita dai tiri di quella piemontese e gli attaccanti si tramutarono in difensori. Si diede anche l'ordine ad un'altra batteria di cannoni da 16 libbre, di portarsi a Monte San Pellegrino e fare fuoco d'infilata contro il fianco destro dello schieramento pontificio, tagliando loro una eventuale via di fuga verso Ancona. Alcune scariche di questa batteria fulminarono, squarciandole, le linee dei pontifici costringendole a ritirarsi sgominate verso il fiume Musone.

Vista la critica situazione, De La Moricière decise di inviare rinforzi alla prima linea ormai esaurita e diede ordine di avanzare verso la prima linea, non appena iniziato il movimento di avanzamento però, queste truppe furono colpite dai precisi colpi d'artiglieria sarda e prese dal panico, cominciarono a vacillare ed a sbandarsi.

Proprio nel momento cruciale dello scontro, quindi, quando la prima linea pontificia di Pimodan, aveva urgente necessità di rinforzi, la seconda linea invece di andare in soccorso e rinsaldare le file pontificie (cercando di stabilire un certo equilibrio di forze dei due schieramenti per poter avere qualche possibilità di successo), cominciò a indietreggiare battendo in ritirata, dietro i precisi colpi di cannoni rigati piemontesi.

Quindi la crisi dei pontifici non iniziò dalla prima linea, che anzi era in procinto di raggiungere il suo obiettivo, ma da tergo, dalla seconda linea che invece di avanzare e rinsaldare la prima, a causa dei precisi colpi d'artiglieria si sbandò e si diede alla fuga. Era poi naturale che, a questo punto, la prima linea pontificia priva dell'aiuto dei rinforzi dal resto dell'armata, soccombesse, nonostante una strenua difesa, sopraffatta dalle forze preponderanti piemontesi.

Lo stesso comandante in capo dei pontifici il generale De La Morcicière rimase sorpreso e impressionato dagli effetti della micidiale potenza di queste nuove artiglierie, anche perché le sue truppe non avevano un riparo e erano soggetti dei micidiali effetti dei nuovi cannoni rigati piemontesi.

E' comprensibile, che sotto l'effetto delle esplosioni delle granate, i pontifici presi dal panico si sbandarono e si diedero alla fuga, determinando di conseguenza con un effetto domino un disordine generale e una confusa ritirata. La maggior parte dei pontifici si ritirò a Loreto per poi il giorno successivo arrendersi, mentre De La Morcicière riuscì con pochi del suo seguito a raggiungere Ancona.

Il gen. Coltrinari a proposito del mio volume I cannoni della vittoria scrive:

"La tesi ivi esposta sostiene che a determinare l'esito della Giornata siano stati i pezzi delle batterie di campagna attestati a Colle Oro, in particolare quelli della batteria al comando del cap. Sterpone. I pezzi rigati di questa batteria, avendo una gittata ampia, sui 2.200 metri di tiro efficace, rispetto a quelli non rigati, colpirono la seconda e terza linea Pontificia, che si sbandò. Se così fosse, si nega il ruolo del 10° Reggimento Fanteria, l'azione di comando del gen. Villamaria e in pratica si accetta il fatto che pochi colpi ben tirati possono determinare l'esito di un combattimento come quello di Castelfidardo. Per definizione l'azione dell'Artiglieria è una azione concorrente a quella principale della Fanteria, che deve essere agevolata da tutte le armi, dovendo svolgere il compito principale, che appunto è quello di sconfiggere il nemico Noi ci permettiamo di non aderire a queste tesi, anche se nutriamo tutta la simpatia per Biondini". (pag. 158).

Queste sono affermazioni che non possono essere accettate. Quello che spiace è che queste critiche non sono supportate da alcun elemento di prova e da nessuna argomentazione specifica. Ma andiamo con ordine:

Primo, non si nega il ruolo al 10° Reggimento Fanteria in quanto fu quello che si portò al contrattacco e mise sulla difensiva le truppe Pontificie, ma si conferma che proprio quando il gen. De La Moricière ordinò alla 2° e 3° linea di andare a rinforzare la prima linea oramai esaurita e in difficoltà, queste truppe, furono colpite dai precisi colpi dei cannoni rigati piemontesi, si sbandarono e si ritirarono. La prima linea non avendo più rinforzi venne sopraffatta e iniziò così una ritirata generale.

Secondo, non si nega l'azione di comando del gen. Villamaria, anche perché fu lui a chiamare in azione proprio la batteria del cap. Sterpone che aveva i pezzi rigati. Si conferma invece il fatto, che pochi ma precisi colpi di artiglieria sbandarono le truppe pontificie, che invece di aiutare la prima linea nel momento cruciale dello scontro indietreggiarono e si ritirarono. Non si nega il ruolo, in generale che deve avere l'artiglieria nei campi di battaglia, ma sta di fatto che a Castelfidardo ebbe un ruolo decisivo nel decidere le sorti del combattimento.

De La Moricière non si aspettava l'impiego di questi nuovi cannoni molto più precisi e potenti, fu quello infatti il primo impiego nel campo di battaglia dei cannoni rigati da parte dell'esercito Sardo. Le truppe Pontificie non avevano un riparo, proprio perché non si aspettavano i colpi dell'artiglieria, perché se era quella tradizionale le granate non potevano colpirle, perché troppo distanti dalle posizioni dei Piemontesi. Capisco che può sembrare strano che pochi colpi d'artiglieria possano aver deciso l'esito del combattimento, ma è quello che è successo. Certo in un esercito ben addestrato e con esperienza pochi colpi d'artiglieria non avrebbero dovuto produrre questi grandi effetti, ma sappiamo che l'armata pontificia si era formata da poco tempo, non aveva avuto il tempo di addestrarsi adeguatamente e molti reparti avevano poca esperienza di combattimento.

Tra l'altro anche in questa sua ultima pubblicazione il gen. Coltrinari conferma l'importanza del ruolo svolto dall'artiglieria in questo combattimento, come si evince da queste citazioni:

"La prima linea pontificia iniziò a vacillare, mentre a tergo di essa elementi di essa colpiti da alcuni tiri dell'artiglieria sarda, furono colti dal panico. La seconda linea cominciò ad indietreggiare. Cominciò nella seconda linea la crisi che si diffuse rapidamente alla prima linea, nel mentre veniva ferito a morte l'animatore dell'attacco pontificio il generale De Pimodan". (pag. 268)

"Impegnando il De Pimodan e tenendo le rimanenti sotto il tiro dell'artiglieria sarda fu un grosso errore di comando, errore che è all'origine dello sbandamento e quindi della disfatta pontificia". (pag. 289)

Ma anche in un altri suoi precedenti lavori ammette l'importanza del ruolo svolto dall'artiglieria:

"mentre l'artiglieria Sarda compie meraviglie ed incide profondamente negli eventi" in M. Coltrinari Le Marche: dallo stato Preunitario allo stato Nazionale opuscolo illustrativo della relativa mostra svolta a Castelfidardo nel 1989 (pag. 28)

"La prima linea pontificia iniziò a vacillare, mentre a tergo di essa elementi di essa, colpiti da alcuni tiri dell'artiglieria sarda, furono colti dal panico. La seconda linea cominciò ad indietreggiare" in M. Coltrinari La presenza o meno di Enrico Cialdini sul campo di battaglia di Castelfidardo in Eserciti in campo nel Risorgimento anni 1859-1860 Edizioni IL Fiorino Modena 2001 (pag. 26).

Per non parlare di molte altre pubblicazioni nelle quali si conferma l'importanza dell'artiglieria, come si evince dalle diciotto varie citazioni riportate nel mio volume I cannoni della vittoria (pagg. 16, 17 e 18)

Dopo aver dimostrato, nel merito, l'inconsistenza delle sue critiche, cade di ogni validità quello che lei dice successivamente e cioè che "Biondini aiuta poco a comprendere il combattimento di Castelfidardo, ma si inserisce in quel filone che alimenta interpretazioni fuorvianti di variegata natura ed entità che hanno creato miti, leggende ed esaltazioni di vario grado e generato reazioni equivalenti di segno contrario e quindi negativo, che hanno spinto questi eventi in un oblio e un disinteresse sempre più fitto e consistente proprio perché presentati come favole, leggende, storie retoriche, celebrative e autoreferenziali che nulla hanno a che fare con la realtà." (pag. 160).

Il mio lavoro favorisce la creazioni di miti, leggende! Ma quali miti e leggende si sta parlando? Il mio lavoro spinge questi eventi del 18 settembre 1860 in un oblio e disinteresse perché presentati come favole, leggende, storie retoriche, celebrative e autoreferenzali? Tutto il contrario, la mia pubblicazione I cannoni della vittoria ha suscitato un certo interesse anche a livello nazionale (il volume I cannoni della vittoria è stato venduto in tutta Italia, una casa editrice di Firenze mi ha proposto di ristamparlo e alcune riviste specializzate nazionali, ne hanno pubblicato un estratto), in quanto oltre che avere ha una sua validità scientifica, ha proposto una nuova interessante tesi per spiegare gli eventi bellici che portarono all'Unità d'Italia.

Ciò detto e considerando che questa pubblicazione La giornata di Castelfidardo 18 settembre 1860, contrariamente ad ogni saggio storico che si rispetti, non ha né una bibliografia né una citazioni delle fonti edite e non edite, viene da pensare che questo volume, non avendo un valore scientifico, riprendendo le sue critiche, "si inserisce in quel filone che alimenta interpretazioni fuorvianti di variegata natura ed entità che hanno creato miti, leggende ed esaltazioni di vario grado e generato reazioni equivalenti di segno contrario e quindi negativo, che hanno spinto questi eventi in un oblio e un disinteresse sempre più fitto e consistente proprio perché presentati come favole, leggende, storie retoriche, celebrative e autoreferenziali che nulla hanno a che fare con la realtà"!.

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