REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Dott. Francesco SACCHETTI - Presidente Dott. Renato TERESI - Consigliere Dott. Anna MABELLINI " Dott. Giovanni SILVESTRI " Dott. Giovanni CANZIO " ha pronunciato la seguente
SENTENZA sul ricorso proposto da :- PRIEBKE Erich n. il 29.07.1913 - NOBILI Giuseppe - LANDESMAN Oscar n. il 28.05.1935 - LANDESMAN Tamara n. il 26.04.1941 - LANDESMAN Alberto n. il 17.06.1938 - FRASCATI Romolo n. il 27.04.1923 - COMUNE di ROMA (in persona del Sindaco RUTELLI) - AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE di ROMA - PROCURATORE GENERALE presso la CORTE MILITARE di APPELLO avverso ordinanza del 29.07.1996 della Corte Militare di Appello di Roma; sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Mabellini; sentito il Procuratore Generale Militare dott. Bonagura che chiede annullamento con rinvio. La interpretazione dell'art. 37 e dell'art. 36 c.p.p. nella parte richiamata, deve essere condotta non soltanto con riferimento al testo letterale delle parole usate, ma in modo sistematico e teleologico, cosi da individuare la finalità della norma, alla quale secondo gli artt. 12 e 14 delle Preleggi è necessario riferirsi anche in tema di norme eccezionali. La opinione espressa dal giudice sul tema sottoposto alla sua decisione è considerata quale causa di ricusazione dall'art. 37 c. 1 lett. b) e dall'art. 36 c. 1 1ett. c) richiamato dall'art. 37 c. I lett. a). La prima norma prevede la ricusazione del giudice "se nell'esercizio delle sue funzioni e prima che sia pronunciata sentenza, egli ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione"; la seconda, dettata in relazione all'obbligo di ascensione e richiamata tra i motivi di ricusazione, recita: "se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie". Il raffronto con la disciplina prevista dal codice precedente porta a rilevare una dilatazione dei casi di ricusazione dipendente dalle manifestazioni del pensiero del giudice, contemplati solo per le ipotesi ora previste dall'art. 36, lett. c) (1'art. 64 c.1 n.2 c.p.p. 1930 usava la identica espressione concernente i consigli e i pareri espressi "fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie"). ed ora riferiti anche al momento dell'esercizio delle funzioni. La espressione "fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie" è di per se molto ampia, in quanto non ha alcun limite se non quello costituito dall'ambito entro il quale si colloca l'ipotesi considerata dall'art. 37 lett. b). Il coordinamento con tale norma indica che il legislatore ha inteso trarre conseguenze dalla manifestazione del parere del Giudice quale che sia il contesto in cui esso è stato espresso. nell'esercizio delle funzioni giudiziarie o al di fuori di esse. Se poi si considera che il termine "giudiziarie" è più ampio che non "giurisdizionali", non ha veramente spazio la tesi per la quale l'art. 36 lett. c) si riferirebbe a pareri espressi dal giudice che, pur non investito della specifica funzione dello "ius dicere", si trovi comunque nell'ambito dello svolgimento di funzioni che gli sono proprie. La norma comprende inequivocabilmente anche le ipotesi di parere formulato prima dell'inizio di un procedimento penale. Nel caso in esame, in cui è certo che il dr. Quistelli si espresse prima di essere investito del processo, ipotesi alla quale riferirsi è quella ampia prevista dall'art. 36 lett. c), e non hanno alcuna rilevanza sul problema specifico né il momento, né il luogo, né il destinatario della manifestazione del suo parere sul processo Priebke. Il confronto tra l'art. 37 lett. b) e l'art. 36 lett. c) palesa inoltre la differenza tra il "convincimento sui fatti oggetto della valutazione", considerato nella prima norma, e il "parere sull'oggetto del procedimento", contemplato nella seconda, di portata assai più vasta. E' evidente il significato più ristretto, implicante un'analisi ed una riflessione, del termine "convincimento", rispetto al "parere", che indica un'opinione non preceduta necessariamente da un ragionamento fondato sulla conoscenza dei fatti o degli atti processuali. In questa prospettiva è irrilevante che il parere espresso dal dr. Quistelli fosse superficiale, ovvero f rutto di una valutazione tecnico-giuridica. La "ratio" dell'assenza di una delimitazione del concetto di "parere" che sia determinata dallo spessore di esso è costituita dallo scopo, evidentemente perseguito dal legislatore del 1988 con la differenziazione creata tra le ipotesi previste rispettivamente all'art. 36 lett. c) ed all'art. 37 lett. b), di conseguire non solo l'imparzialità del magistrato investito dei processo, ma anche la manifestazione esteriore della obbiettività e serenità che devono caratterizzare la funzione del giudice, e che possono apparire compromesse in conseguenza di una valutazione formulata pur se superficialmente, al di fuori di qualsiasi previsione sulla futura titolarità del processo, in un contesto estraneo alle funzioni giudiziarie. I limiti entro i quali possono trarsi conseguenze in tema di ricusazione dal "parere" espresso, sono dettati dal legislatore con esclusivo riferimento a quello che ne è il contenuto, che deve riguardare "l'oggetto del procedimento", non importa se in corso o iniziato successivamente. L'espressione, pur ampia, delimita il campo dei pareri considerati alle affermazioni o valutazioni attinenti ad un oggetto specifico, di natura tale da poter essere discusso in un procedimento penale, e dotato quindi di rilevanza giuridica. E' fuori luogo pervenire ad una limitazione del concetto di "parere" con riferimento al principio del diritto alla libera manifestazione del pensiero sancito dall'art. 21 della Costituzione. A1 di fuori della situazione prevista dall'art. 37 lett. b), nella quale la espressione del convincimento può essere "indebita", anche il giudice, come qualsiasi cittadino, è libero di esporre il proprio punto di vista su qualsiasi argomento, anche attinente a fatti di rilevanza giuridica sui quali potrebbe trovarsi a dover giudicare. Gli istituti della astensione e della ricusazione non limitano, ma garantiscono, contemperandolo con il diritto della parte alla obbiettività dei giudice, tale diritto, che una volta esercitato comporta soltanto l'obbligo di astenersi per il magistrato investito dei procedimento. La delimitazione conseguente alla suscettibilità dell'oggetto del parere espresso a costituire "oggetto del procedimento" esclude comunque possa ravvisarsi causa di ricusazione in espressioni generiche, non attinenti ad un caso specifico, formulate nell'ambito di conversazioni su temi generali, o costituenti manifestazione di orientamenti giurisprudenziali. Nel caso in specie il parere espresso dal dr. Quistelli con il gen.Mosetti, nell'ambito di una conversazione che riguardava le iniziative della Procura militare nei confronti di Erich Priebke, verteva sulla ravvisabilità dell'omicidio colposo nella condotta dell'ufficiale tedesco, e sulla inopportunità di rivangare il passato, trattandosi di persona avanti negli anni. E' ininfluente in questa sede qualsiasi considerazione sulla opportunità o inopportunità di tali dichiarazioni in relazione alla probabilità più o meno elevata che il dr. Quistelli dovesse poi partecipare al processo nei confronti di Priebke. Qui rileva soltanto che furono espresse considerazioni relative alla qualificazione giuridica di uno specifico reato addebitato ad una persona determinata, e osservazioni riduttive circa la opportunità dell'azione della Procura, sul tempo trascorso e l'età dell'imputato, in relazione ad un caso che poi divenne oggetto del processo presieduto dal giudice che le aveva formulate. Si tratta di un parere espresso da persona che per la funzione di giudice militare esercitata si presume conoscesse sia il contesto storico in cui il fatto si inquadrava, rientrante nel patrimonio di conoscenza pubblica, sia lo specifico problema giuridico determinato dalla uccisione di cinque cittadini in più rispetto ai trecentotrenta oggetto di rappresaglia. Si ravvisa dunque quella specifica attinenza del parere all'oggetto del procedimento che è richiesta dall'art. 36 lett. c). I rilievi sul tempo decorso dal fatto e sull'età dell'imputato costituiscono d'altra parte frequentemente motivo di concessione di attenuanti generiche, e denotano il ridimensionamento del fatto da parte di li esprime. La valenza della espressione "oggetto del procedimento", che va oltre i "fatti oggetto dell'imputazione" considerati nell'art. 37 lett. b), comporta la manifesta infondatezza del rilievo svolto oralmente dalla difesa Priebke circa la irrilevanza di un parere riferibile alle circostanze del reato, al quale ultimo soltanto, e non agli elementi accessori che lo connotano, dovrebbe farsi riferimento, in relazione al termine "fatti" usato dal legislatore. L'osservazione si muove nell'ambito dell'art. 37 lett. b), al quale è estraneo il caso di specie, e tale rilievo esonera da ogni considerazione sulla asserita estraneità delle circostanze del reato all'oggetto dell'imputazione. In definitiva, il parere espresso, cosi come riferito nell'ordinanza impugnata, rientra sicuramente nella previsione dell'art. 36 lett. c) in quanto verte "sull'oggetto del procedimento", ed ha contenuto tale da suggerire la formazione nel giudice di un orientamento precostituito. Valutazioni ulteriori, dipendenti dall'esito del processo, non sono consentite, dovendosi ricondurre il tema della ricusazione al momento in cui essa fu proposta ed ai motivi addotti a fondamento di essa a norma dell'art. 38 c. 3 c.p.p. Le considerazioni che precedono comportano annullamento dell'ordinanza impugnata in accoglimento dei ricorsi proposti dal Procuratore Generale presso la Corte Militare di Appello e dalle parti civili. Resta superato il secondo motivo del ricorso Priebke, relativo alla manifesta infondatezza della ricusazione proposta. La completa corrispondenza della situazione descritta nella ordinanza impugnata alla specie prevista dall'art. 36 lett. c), richiamato dall'art. 37 lett. a), inquadra il caso in esame tra le ipotesi indicate dall'art. 606 lett. 1) c.p.p. quali presupposto per l'annullamento senza rinvio. In conseguenza della accertata fondatezza della ricusazione proposta, a norma dell'art. 42 c. 2 c.p.p., deve nella specie rilevarsi la inefficacia di tutti gli atti del giudizio al quale la ricusazione si riferiva. La sentenza conclusiva, emessa quale risultato di atti inefficaci risulta affetta da nullità radicale. Il rigetto del ricorso proposto nell'interesse di Priebke comporta a norma dell'art. 616 c.p.p. 1a condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. P. Q. M. in accoglimento dei ricorsi del Procuratore Generale presso la Corte Militare di Appello e delle parti civili, annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata. Dichiara l'inefficacia di tutti gli atti del giudizio cui si riferisce la dichiarazione di ricusazione della parte civile Giuseppe Nobili e, per l'effetto, dichiara la nullità della sentenza del Tribunale .Militare di Roma in data 1.8.1996 Rigetta il ricorso di Erich Priebke e lo condanna al pagamento delle spese processuali. Cosi deciso il 15. 10. 1996. Seguono le firme |