TRIBUNALE SUPREMO MILITARE UFFICIO DEL GIUDICE MILITARE DI SORVEGLIANZA IL GIUDICE MILITARE DI SORVEGLIANZA
con il presente D E C R E T O nel procedimento di sicurezza relativo a KAPPLER Herbert, nato il 23/9/1907 a Stoccarda, prigioniero di guerra, ammesso alla liberazione condizionale, in atto presso l'Ospedale militare principale "Celio" in Roma, osservato IN FATTO E IN DIRITTO Con ordinanza 10/11/1976, depositata il 13/11/1976, il Tribunale militare territoriale di Roma ha ammesso il nominato in oggetto alla liberazione condizionale. L'Ufficio del pubblico ministero militare trasmetteva il provvedimento a questo Giudice militare di sorveglianza "per quanto di competenza", essendo stata disposta nei confronti del prigioniero di guerra la libertà vigilata; e, a richiesta, precisava con foglio del 19/11/1976 di aver interposto ricorso per annullamento davanti al Tribunale Supremo Militare avverso l'ordinanza e di aver inviato copia del provvedimento "ai sensi degli artt. 648 e segg. c.p.p.", attinenti alla libertà vigilata. Come da richiesta in via breve di questo Ufficio, il Comando degli Stabilimenti militari di pena di Gaeta con missiva 20/11/1976 trasmetteva fotocopia di ordine di scarcerazione del KAPPLER emesso il 13/3/1976 dalla Procura militare della Repubblica di Roma, essendo stata disposta a quel momento con decreto ministeriale la sospensione dell'esecuzione della pena a mente dell'art. 147, p.p., n. 2, c.p. per grave infermità fisica del condannato; nonché di ordine di scarcerazione in data 13/11/1976 del medesimo Ufficio, contestuale e conseguente al provvedimento relativo alla liberazione condizionale. Questo Ufficio è altresì in possesso del fonogramma, a suo tempo ricevuto per conoscenza, col quale il Comando Posto Fisso Carabinieri presso l'Ospedale militare in epigrafe indicato assicurava, in data 14/3/1976, di aver dato esecuzione al primo dei due indicati ordini di scarcerazione. Con la predetta missiva 20/11/1976 il Comando in Gaeta chiariva anche di non aver dato corso al secondo ordine di scarcerazione, per aver perduto di forza già da tempo il KAPPLER. Sia il primo che il secondo dei menzionati ordini di scarcerazione sono atti dovuti, in quanto, ciascuno, esecuzione di provvedimenti autonomi e distinti e quindi regolarizzazione formale della posizione del KAPPLER quale detenuto in espiazione di pena, ancorché l'efficacia liberatoria del secondo rivesta esclusivamente carattere giuridico. Con nota del 2/12/1976 il citato Posto Fisso Carabinieri rispondendo a richiesta scritta di questo Ufficio, precisava ancora che nei confronti del KAPPLER, scarcerato alle ore 0,30 del 14/3/1976, dallo stesso momento veniva esercitata "vigilanza in quanto prigioniero di guerra"; e che dal 28/7/1976 la relativa disciplina veniva puntualizzata in apposito atto, di cui si inviava fotocopia e qui peraltro già acquisito per trasmissione diretta fattane dall'autorità amministrativa. Nella presente fase processuale, equivalente, in pendenza di ricorso, a quella del giudizio, questo Giudice militare di sorveglianza, tenuto ad applicare, in materia di misure di sicurezza, a norma dell'art. 414 codice penale militare di pace, orme del codice di procedura penale, ha competenza - esclusa quella prevista dall'art. 635 c.p.p. per l'adozione, fuori del giudizio, dei provvedimenti di applicazione, modificazione, sostituzione o revoca delle misure di sicurezza - riferita all'esecuzione di alcune di esse in particolare, fra cui la libertà vigilata, quando la relativa applicazione sia stata disposta dall'organo giudicante. Pur se la terminologia sia a volte imprecisa, tanto che le dizioni vengono talvolta confuse, in materia di misure di sicurezza il momento dell'applicazione va distinto da quello dell'esecuzione. In effetti, l'applicazione avviene con la sentenza di condanna, ovvero di proscioglimento nei casi previsti, ovvero con decreto in via provvisoria del giudice istruttore; e, fuori dei detti casi, quando il giudice di cognizione ometta di provvedere, con decreto del giudice di sorveglianza. Mentre l'esecuzione, e cioè la materiale sottoposizione del soggetto al provvedimento, è condizionata all'avveramento della situazione di fatto o giuridica che lo renda attuabile. Ed invero, le misure di sicurezza, quali che esse siano, e quindi detentive e non detentive e quelle patrimoniali, vengono normalmente eseguite in un momento diverso da quello in cui sono applicate, come nel caso, ad esempio, in cui debba previamente essere scontata una pena detentiva, ovvero in quello di irreperibilità del soggetto, e salva, invece, l'ipotesi di provvisoria esecuzione, per disposizione espressa del giudice. L'applicazione della misura di sicurezza corrisponde quindi al momento dispositivo; l'esecuzione alla fase dell'attuazione concreta. Nel caso di specie, l'applicazione della libertà vigilata è stata disposta nella fase del giudizio con l'ordinanza 10/11/1976 del Tribunale militare territoriale di Roma, a mente dell'art. 230, p.p., n. 2, codice penale, ricorrendo l'ipotesi di ammissione del condannato alla liberazione condizionale; e se ne chiede l'esecuzione a questo Ufficio, in forza dell'art. 648 codice di procedura penale. Occorre esaminare, pertanto, se, ferma la disposizione - ed a parte i diversi riflessi che possa presentare eventualmente la questione in rapporto all'evoluzione processuale della fattispecie - essa sia concretamente attuabile, nell'ovvio rispetto della legalità. Ritiene questo Giudice militare di sorveglianza che l'evenienza non sussista. Per l'art. 76 codice penale militare di pace - con il che, tra l'altro, si conferma la distinzione prima enunciata - "durante il servizio alle armi, è sospesa la esecuzione delle misure di sicurezza ordinate in applicazione della legge penale comune o della legge penale militare". La norma - la cui ratio consiste, palesemente, nell'impossibilità e nell'inopportunità di sovrapporre vincolo a vincolo, sia pure l'uno diverso dall'altro e ciascuno operante in una autonoma sfera di interessi - appare applicabile al KAPPLER , in quanto prigioniero di guerra. Tale condizione del soggetto è indiscussa e non è mai stata revocata in dubbio. La condanna, irrogata con sentenza 20/7/1948 del Tribunale militare territoriale di Roma e confermata il 25/10/1952 dal Tribunale Supremo Militare, ha come presupposto, per quanto attiene alla competenza dell'autorità giudiziaria militare, nell'ambito dell'art. 103 della Costituzione, il riferimento alla convenzione di Ginevra 27/7/1929, ratificata e resa esecutiva in Italia con R.D. 23/10/1930, n.1615, all'epoca vigente, relativa ai prigionieri di guerra; "il riconoscimento internazionale di cui godono le forze armate nemiche" che "non poteva non portare a lasciare alla competenza dei tribunali militari in tempo di pace i reati commessi da militari stranieri in tempo di guerra; quel principio di diritto internazionale per cui gli appartenenti alle forze armate siano posti, per i reati commessi quando avevano tale qualità, in una situazione di parità", si intende, con i militari italiani. D'altronde, l'esatta posizione del KAPPLER, nel passaggio da prigioniero di guerra degli Alleati a far tempo dal 10 maggio 1945, ancora non inquisito per crimini di guerra, a quella di prigioniero di guerra penalmente perseguito dall'autorità giudiziaria militare italiana con decorrenza dal 4 aprile 1946, è analiticamente ricostruita ed argomentata nell'ordinanza 31/1/1974 dello stesso Tribunale militare quale giudice dell'esecuzione e deve pertanto essere recepita, ad avviso di questo Giudice militare di sorveglianza, ad ogni effetto, ivi compresa la materia in esame. Alla condizione giuridica predetta fa riscontro il trattamento usato al condannato in ogni tempo in armonia con la convenzione di Ginevra 8/12/49 relativa ai prigionieri di guerra, resa esecutiva in Italia con L. 27/10/51, n. 1739, della quale occorre qui richiamare l'art. 82 che li considera "sottoposti alle leggi, regolamenti e disposizioni generali vigenti nelle forze armate della Potenza detentrice". Da ultimo, ammesso alla liberazione condizionale, il KAPPLER, originariamente militare e tale rimasto in connessione alla prigionia di guerra e cioè in una condizione che non può essere obliterata né può venire eliminata se non a mente della citata convenzione, in effetti ha continuato, ancorché sollevato dall'espiazione penale, ad essere sottoposto alle relative prescrizioni, il cui contenuto consiste, essenzialmente, nella restrizione dell'esercizio della libertà personale. Non sembra che sussista conflitto tra norme interne e norme internazionali e ciò indipendentemente dalla questione inerente all'adeguamento, automatico o meno, dell'un diritto all'altro, posto che la situazione che si verifica è quella stessa che si potrebbe ipotizzare per il militare italiano, nei cui confronti la esecuzione della misura di sicurezza fosse rinviata al momento in cui egli venisse a cessare dal relativo servizio. La differenza è piuttosto da ricercare nei modi, ovviamente, attuabili per la cessazione dello stato di prigioniero bellico rispetto a quelli per la conclusione del servizio militare da parte del cittadino italiano: ma è, tale questione, un riflesso della posizione del KAPPLER che non interessa la presente fase processuale, e che certamente sarebbe suscettibile, d'altronde, di soluzione nell'ambito della normativa interna ed internazionale vigente, in proposito tenuto conto della vasta gamma di strumenti esistenti ai fini dell'assistenza giuridica, della protezione legale e giudiziaria, della collaborazione giudiziaria e via dicendo tra i vari paesi. Quanto alla sfera di competenza di questo Ufficio, la limitazione derivante al riguardo dalla pendenza del giudizio concerne, come si diceva, i provvedimenti dispositivi, ma non quelli esecutivi, che sono all'organo riservati in via esclusiva. Pertanto, la misura di sicurezza applicata non può, allo stato, avere esecuzione. Ciò considerato, letti gli artt. 639, 648 c.p.p., 414, 76 c.p.m.p., S O S P E N D E l'esecuzione della misura di sicurezza della libertà vigilata, applicata con ordinanza 10-13/11/1976 del Tribunale militare territoriale di Roma, nei confronti di Herbert KAPPLER, in quanto militare prigioniero di guerra. Roma, 9 dicembre 1976
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