Relazione sulla battaglia di Enfidaville (19-30 Aprile 1943)
COMANDO 1a ARMATA
Stato Maggiore
RELAZIONE SULLA BATTAGLIA DI ENFIDAVILLE (19-30 APRILE 1943)
1. - All'inizio del ripiegamento dalla linea degli Chotts, la notte sul 7 aprile, per quanta fede io potessi avere nei combattenti della 1a Armata, che - ne ero certo - si sarebbero battuti con lo stesso valore già consacrato nelle precedenti battaglie, non potevo nascondermi la gravità della situazione: questi nostri bravi, valorosi, infaticabili soldati costretti ad una guerra manovrata in terreno libero, per la quale non disponevano ne di mezzi idonei ne di armamento atto a trattenere le masse corazzate nemiche, sarebbero inevitabilmente andati incontro ad irreparabili perdite, se nel tradurre in atto gli ordini del Comando Gruppo Armate non avessi tenuto conto delle possibilità materiali dello strumento ai miei ordini e della necessità di opporre la massima resistenza là dove questa avrebbe potuto essere affrontata in condizioni decisamente più favorevoli.
In base a tali criteri mentre avviavo fuori del raggio d'azione dei carri nemici la divisione "Giovani Fascisti" ed i resti delle divisioni "Spezia" e "Trieste", davo ordine e provvedevo a che venisse spinta al massimo ritmo la riorganizzazione dei reparti ripiegati comunque dalla linea o dalle retrovie, nonché l'approntamento di nuovi reparti costituendoli con qualunque elemento fosse atto a manovrare un'arma.
Da ciò io non potevo illudermi di ricavare forze importanti per la nuova battaglia, in quanto l'Armata, dal ripiegamento dalla Tripolitania in poi, ha quasi sempre attinto, per ricostituire i propri ranghi decimati, a questi elementi di retrovia che non potevano costituire un serbatoio inesauribile; ma con il chiamare alla battaglia anche i meno atti, con il dare loro in un'ora grave la prova d'una incondizionata fiducia, io mi ripromettevo soprattutto d'ingigantire in ogni uomo della 1a Armata quello spirito di eroica resistenza che ci era venuto sempre dalle prime linee.
Questo oscuro lavoro condotto con fede ed energia ha dato frutti veramente positivi: sulle alture di Gebel Garci reparti di retrovia, fino allora impiegati nella difesa costiera, composti di anziani, meno validi, daranno magnifica prova di saldezza contro la strapotenza nemica e supereranno anche l'aspettativa di chi conosca e sappia valutare a fondo l'inesauribile forza morale della nostra gente.
Per tradurre in cifre le forze su cui si poteva contare alla fine del ripiegamento, compresi i reparti tedeschi ed i recuperi di retrovia, dirò.che esse potevano essere valutate a 35 battaglioni, ad una cinquantina di batterie e 1/2 battaglione carri; se la fede del comandante voleva e volle contare sullo spirito di sacrificio di queste truppe, all'occhio del tecnico non potevano sfuggire tutte le lacune di cui esse soffrivano; il raffronto con le forze nemiche che si apprestavano al nuovo urto, forse decisivo, lasciava indubbiamente pensosi. Ma appunto per ciò la lotta doveva essere accettata con decisione estrema chiamando tutti a concorrervi.
2. - Ho rappresentato, in altra precedente relazione, le vicende per le quali è passata la definizione della linea di resistenza sulla quale la 1a Armata ha combattuto questa prima fase della battaglia per Tunisi; ho indicato nel dettaglio la linea da me proposta, nonché le successive rettifiche concesse dal Comando Gruppo Armate rispetto al suo progetto ordinario.
In base a tali rettifiche il fronte dell'Armata veniva ad assumere un andamento ad archi successivi tra la costa e l'altura di Takrouna, tra questa e il Gebel Garci, ed infine fra Gebel Garci ed il Gebel Gib attorno alla conca di Saouaf. In sostanza tre rientranti: due estremi di grande ampiezza, uno minore centrale, appoggiati ai salienti di Takrouna e di Gebel Garci.
Concetto fondamentale della difesa doveva essere quello di impedire al nemico di creare, con la conquista dei due salienti anzidetti, le premesse necessarie per l'impiego delle sue masse corazzate in profondità liberandole dalla nostra azione di fuoco sui fianchi. è vero che il nemico avrebbe potuto attenersi al criterio costoso ed audace d'impegnare uno od entrambi i salienti e tentare lo sfondamento delle nostre improvvisate difese in uno od in entrambi i rientranti costiero e centrale; ma una tale manovra sarebbe stata per lui gravata da molte incognite. D'altra parte, caratteristica essenziale della condotta nemica nell'impiego dei carri è sempre stata la prudenza; non è qui luogo d'analisi per discutere se ciò dipenda da temperamento di capi o da meditata dottrina: sta di fatto che il nemico ha finora ricercato il successo piuttosto fidando nell'assoluta superiorità dei mezzi anziché nello sviluppo di pericolose manovre. In ogni caso conveniva a noi rafforzare nel modo migliore e dare robusta consistenza alla occupazione dei salienti anzidetti contro i quali l'urto delle fanterie nemiche era inevitabile.
Alla data del 18 aprile, vigilia della battaglia, le nostre unità risultavano schierate come segue:
- XX Corpo d'armata con i resti delle divisioni 90a tedesca, .Giovani Fascisti" e "Trieste" fra la costa ed il Gebel Garci escluso;
- XXI Corpo d'Armata con i resti delle divisioni "Pistoia", 164a tedesca e "Spezia" fra Gebel Garci ed il Gebel Gib (ad ovest della conca di Saouaf) su cui l'Armata prendeva contatto con il D.A.K. (5a Armata).
Nonostante lo sforzo per aumentare le unità dell'Armata in attesa che la febbrile opera di ricostruzione e di riorganizzazione desse ulteriori frutti, fu necessario schierare tutte le unità disponibili sulla linea per garantirne un minimo di consistenza. Poté essere trattenuta in riserva d'Armata la sola 15a divisione corazzata ridotta tuttavia ad una trentina di carri, per metà in riparazione, e a due battaglioni, forze che furono dislocate in zona centrale rispetto alle direttrici più pericolose (strada costiera, strada Enfidaville-Zagouan).
Le poche artiglierie d'armata furono schierate con il criterio d'avere la massima possibilità d'intervento in corrispondenza dei due salienti sopra menzionati ed in modo che almeno un'aliquota potesse intervenire bene nei settori estremi dell'Armata, con particolare riguardo al settore costiero. In base a tali criteri le artiglierie di manovra risulteranno raggruppate in due nuclei che durante il corso della battaglia agiranno in perfetta aderenza con le nostre fanterie. Modesta alla data suddetta risultava la consistenza dei lavori e degli apprestamenti difensivi campali: per la deficienza di materiali, di mine, di lavoratori che verranno attaccati continuamente dalla R.A.F., ed infine per la impossibilità di attuare un piano di lavori organico in conseguenza delle varianti alla posizione di resistenza che il Comando Gruppo Armate concede per tempi successivi.
è tuttavia da rilevare che anche i lavori effettuati in pianura in base agli ordini originari, massime nel settore costiero, non andranno del tutto perduti: essi serviranno a proteggere in un primo tempo la nostra linea di sicurezza ed a trarre in inganno il nemico che contro tale linea organizzerà un vero e proprio attacco di carri e fanterie destinato a cadere nel vuoto con sua grande sorpresa ed invitabile disorientamento.
Alla prova dei fatti e dopo i primi duri combattimenti sostenuti, il pregio essenziale della nostra difesa risulterà quello di avere impedito al nemico la possibilità di dilagare in profondità con le sue masse corazzate; i nostri fanti di Takrouna e di Gebel Garci sentirono che la padronanza dei due pilastri era indispensabile alla nostra difesa: messi a confronto con le fanterie britanniche, uomini contro uomini, anche se inferiori di numero, anche se meno abbondantemente e modernamente armati, tennero duro e si lanciarono in una lotta aspra, tenace, sanguinosa rinnovando su queste alture africane l'impeto generoso della nostra razza.
3. - Questa prima fase della battaglia per Tunisi passa per due tempi ben distinti: dalla notte sul 20 corrente al mattino del 23 si ha "la grande battaglia", se vogliamo stare alla definizione che ne hanno dato i comandi avversari ed i soldati britannici come risulta dai diari dei prigionieri; successivamente la lotta cala di tono ed è quasi tutta limitata al settore costiero, dove il nemico, sempre rigettato, insiste ancora con colpi decisi contro le nostre posizioni avanzate in zona di sicurezza.
Nel primo tempo della battaglia il nemico persegue essenzialmente la conquista di tre obiettivi:
- le nostre presunte posizioni della zona costiera tra mare-Enfidaville-Takrouna,
- il saliente di Takrouna,
- il saliente di Gebel Garci.
La battaglia s'inizia alle ore 23 del 19 con la consueta imponente preparazione di artiglieria.
Nella zona costiera, la 50a divisione di fanteria inglese, che le precedenti battaglie hanno duramente provata, muove all'attacco appoggiata da una intiera brigata carri, probabilmente 1'8a; ma giunta in prossimità del fosso controcarri non trova che poche nostre pattuglie che ripiegarono sul cordone collinoso che corre ad arco sul davanti della nostra posizione di resistenza; su questa fino alla notte precedente, avevano ripiegato le divisioni "Giovani Fascisti" e 90a.
Il nemico è indubbiamente disorientato: si arresta e spinge timidamente avanti i propri elementi esploranti meccanizzati contro i quali le nostre truppe della posizione avanzata iniziano tutta una serie di schermaglie e quindi di combattimenti più consistenti per ritardare la individuazione delle nostre posizioni retrostanti.
Carattere ben più accanito, fin dal primo momento, assume la lotta nella zona di Takrouna, dove il nemico attacca il vertice del nostro saliente da sud, da est e da ovest.
Nell'ispezionare la nostra sistemazione difensiva m'era apparsa subito l'importanza che avrebbe potuto avere, nell'economia generale della battaglia, l'altura di Takrouna (avanzatissima e quasi staccata dalle nostre posizioni retrostanti) se trasformata in caposaldo con funzione autonoma atta a rompere il primo impeto dell'attacco nemico e ad incanalarlo verso i rientranti costiero e centrale. A tal fine diedi ordine perché il presidio potesse tenere a lungo anche se completamente aggirato. Convinto inoltre che una grande forza d'animo era indispensabile per i difensori feci di tutto perché questa trovasse motivi di emulazione con la inclusione di un plotone tedesco fra le truppe della difesa e, nel dare ordine di resistenza ad oltranza, disposi per la consegna alle truppe della bandiera di combattimento italiana e tedesca affidandone la difesa al loro onore di combattenti.
Ecco la lettera con cui il generale La Feria, comandante della divisione "Trieste" mi dava notizia, il giorno 18 aprile, dell'avvenuta consegna:
"N. 1203 Op. di prot.
Z.O., 18 aprile 1943-XXI
All'Eccellenza Generale d'Armata Giovanni Messe"
Comandante I" Armata.
Questa mattina in nome della Patria e Vostro, alla presenza di una rappresentanza in armi del presidio di Takrouna, ho consegnato le bandiere italiana e tedesca al comandante del caposaldo che ha preso impegno che esse verranno difese fino all'ultimo uomo, come da Vostra consegna.
  Il generale comandante
F. LA PERLA".
Il presidio di Takrouna oltre il I battaglione del 66º fanteria ed il plotone germanico sopra menzionato, comprendeva anche una sezione da 65/17 ed una sezione da 87/6 preda bellica del 16º R.A.C.A.
La preparazione dell'artiglieria nemica, violentissima, si protrae dalle ore 23 del 19 alle ore 6 del giorno successivo quando le fanterie nemiche appoggiate da carri muovono all'attacco del fronte Takrou na-Djebel Bir-Djebel Cherachir-Djebel Froukr.
L'attacco è così violento ed alimentato dall'afflusso continuo di forze fresche che il vicino caposaldo tedesco di Gebel Bir, dopo una strenua resistenza, è sommerso; con la caduta di esso il nemico si assicura il piedistallo per tentare da sud-est l'attacco e la scalata al Takrouna.
Ma i nostri difensori, validamente appoggiati dalle artiglierie in loco e da quelle di Corpo d'armata e di Armata tengono duro di fronte all'incalzante marea che ora avvolge tutto il monte anche da sud-ovest, dove il fuoco preciso delle nostre mitragliatrici miete strage nelle file nemiche.
Verso le ore 9, dopo un violento corpo a corpo, le nostre posizioni di sud-est sono sommerse: il nemico s'infiltra fino sulla cima del monte nel minuscolo villaggio che lo sovrasta, dove lo stesso comandante di battaglione con pochi elementi del comando guida i contrassalti per ricacciare gli assalitori.
Questa situazione diverrebbe insostenibile di fronte alla marea nemica che comprende quasi tutta la 2- divisione neo-zelandese, se nuove forze non fossero inviate al Takrouna. Sale sulla quota, superando violenti sbarramenti di artiglieria nemica, il battaglione di formazione "Folgore" prima verso le ore 14 con la compagnia granatieri e quindi verso le ore 16 con le altre due compagnie paracadutisti.
Con il classico slancio delle nostre più belle truppe d'assalto, il battaglione "Folgore" snida di casa in casa il nemico, lo incalza poi di roccia in roccia, lo ributta giù dalle pendici est del monte riconquistando tutte le posizioni perdute; il rastrellamento si protrae per parecchie ore e soltanto verso le prime luci del 21 può dirsi completato e la situazione ristabilita.
Ma il nemico non desiste dal proposito di occupare Takrouna. Dopo una violentissima preparazione, forze fresche sono lanciate a sempre nuovi attacchi.
Dalle ore 17 di detto giorno la furibonda lotta che imperversa sul monte è più intuita che seguita in quanto manca ogni comunicazione diretta, ma essa non ha tregua.
Lo stesso nemico che in primo tempo da per occupata la posizione e smentisce poi la notizia, è perplesso di fronte alla resistenza feroce dei singoli nuclei che preferiscono la morte alla resa.
Solo nelle prime ore di detto giorno il nemico resta padrone della situazione.
Ma a prezzo di quali sacrifici! Esso stesso conferma che le perdite sono state enormi ed infatti non ha più forza di procedere a nuovi attacchi.
Nel settore di Takrouna la battaglia è terminata.
Contemporaneamente all'attacco del saliente di Takrouna il nemico sferra quello contro il settore della nostra divisione "Pistoia" sistemata a difesa del saliente di Gebel Garci. Contro questi nostri logori battaglioni, fanterie inglesi ed indiane della 4' divisione, appoggiate dalla massa di artiglierie, schierate al ridosso del Gebel Fadeloun, muovono all'assalto delle nostre posizioni di Djebel Hajar el Azreb-Djebel Blida-Kef en Nsoura. Poiché l'attacco stenta a procedere, l'azione delle fanterie viene integrata da quella dei carri, di cui ora il nemico si serve come di artiglierie mobili per l'appoggio ravvicinato specialmente verso le pendici più basse del Gebel dove i carri hanno qualche possibilità di movimento.
Le nostre artiglierie intervengono con eccellenti risultati sia nello sbarramento come nella interdizione sommando i loro effetti distruttivi a quelli altrettanto micidiali delle nostre fanterie che oppongono validissima resistenza. All'alba, a costo di gravissime perdite il nemico riesce ad effettuare solamente una modesta penetrazione fino alla linea Kefen Nsoura-Djebel el Ksaa-quota 245. Ma nel pomeriggio del 20 un nostro violento contrattacco appoggiato da tutte le nostre artiglierie rigettava il nemico assicurando il saldo possesso della linea Kef en Nsoura-Djebel Hajar el Azreb-quota 152.
Il nemico, è chiaro, subisce ora in pieno la nostra iniziativa e si limita nella notte sul 21 - mentre ancora infuriano i combattimenti sul Takrouna - al consueto tambureggiante fuoco di artiglieria con esclusiva fisionomia di repressione e d'interdizione.
Il mattino del giorno 22, il nemico, che ha portato in linea nuove ingenti forze probabilmente della 51' divisione, riprende con accanimento i suoi attacchi appoggiato da uno spaventoso continuo bombardamento; ma i fanti della valorosa divisione "Pistoia" fanno barriera invalicabile con i loro petti e per quanto assottigliati nei ranghi non permettono al nemico di avanzare d'un passo.
La "grande battaglia" è finita anche sulle posizioni di Gebel Garci.
L'8a Armata britannica, che il generale Montgomery aveva definito in un recente proclama "il più potente strumento di guerra che l'Impero britannico abbia mai posseduto", è costretta a segnare il passo di fronte alle nostre insuperabili fanterie concretando i propri successi (sono parole di radio Londra) "nell'aumento di croci sulle colline e di feriti negli ospedali".
Il secondo tempo della battaglia è tuttora in corso; nel settore della Ia Armata esso è costituito dall'insieme degli scontri parziali ma violenti che si succedono sul fronte della nostra divisione "Giovani Fascisti" dove il nemico tende ad impadronirsi delle nostre posizioni di sicurezza: sia nella notte sul 25 come nella notte sul 27 i nostri nuclei di Gebel Srafi e di Gebel Therouna vengono violentemente attaccati da reparti neo-zelandesi ed inglesi, ma ogni attacco è vigorosamente rigettato dai nostri contrattacchi.
Ma mentre queste azioni si svolgono con carattere di logoramento e di disturbo, si rileva prima e quindi si accerta che due sulle tre divisioni corazzate dell'8a Armata vengono trasferite sul fronte ovest a rinforzare la 1a Armata britannica nel settore Medjez el Bab-Pont du Fahs.
Così sulla linea di Enfidaville, si è ripetuto quanto accadde a Mareth: 1'8a Armata britannica, battuta nella battaglia frontale di fanterie, cerca la soluzione con la massa corazzata verso nuove direttrici, salvo a riprendere, appena se ne presenterà l'occasione, più ampie iniziative anche nel nostro settore massime in zona costiera dove fra l'altro sembra rimasta la 7a divisione corazzata, mentre sta affluendo una nuova divisione, la 56a proveniente dall'Irak.
4. - La propaganda nemica, che in passato non lesinò l'insulto, da Mareth in poi cerca piuttosto d'ignorarci, diffondendo nel mondo la convinzione che le truppe italiane non esistono quasi più in Tunisia.
Questa propaganda nemica che s'era creato un suo mito nella figura del valoroso Maresciallo Rommel, oggi non rinunzia alla gioia di distruggerlo. Naturalmente il crollo del mito Rommel mancherebbe della indispensabile grandiosità se con lui non crollassero le sue famose truppe germaniche.
Ecco perché, per il nemico, la resistenza meravigliosa è ancora una resistenza esclusivamente tedesca, ecco perché i contrattacchi sanguinosi sono contrattacchi esclusivamente germanici! Il nemico sa che i soldati italiani gli hanno sbarrato la via a più riprese, sa che Rommel è assente dalla Tunisia (glielo hanno confermato i prigionieri), ma non rinunzia al mito.
Il complesso di battaglie e di combattimenti volti da Mareth ad oggi, ha registrato la vittoriosa affermazione delle nostre fanterie ogni qualvolta sono venute in contatto - uomini contro uomini - con le fanterie inglesi che pur beneficiavano di un appoggio di mezzi formidabili. Il peso dell'ultima battaglia è stato sopportato in misura di gran lunga superiore dai nostri battaglioni in raffronto ai battaglioni germanici in quanto le posizioni attaccate dal nemico erano sostanzialmente tenute da noi. Ne fanno fede le perdite costituite quasi esclusivamente di morti e di feriti perché la battaglia per Tunisi ha avuto il singolare aspetto di una lotta senza quartiere quasi priva di prigionieri per entrambe le parti. Contro 6 battaglioni italiani eliminati definitivamente dalla lotta e 2 ritirati dalla linea perché ridotti ad un pugno di uomini, le perdite germaniche si aggirano sul paio di battaglioni. Comunque è doveroso riconoscere ancora una volta che le truppe tedesche si sono battute valorosamente anche in questa occasione.
Il peso che la nostra artiglieria ha avuto nelle passate battaglie è stato grandissimo: anche se non dotata di modernissime bocche da fuoco come le artiglierie alleate e nemiche, essa ha il pregio di possedere quadri d'avanguardia nell'impiego tecnico dei propri mezzi, dai quali ha saputo trarre un rendimento quale probabilmente nessun altro complesso di quadri avrebbe potuto ricavare.
La 1a Armata avrebbe oggi possibilità di nuove affermazioni per il suo contenuto tecnico e spirituale. Nelle lotte dure e sanguinose, nella vita tormentata d'ogni giorno, la sua anima si è affinata acquisendo una sensibilità sublime che si riscontra nello sguardo febbrile dei nostri feriti dove non si coglie l'ombra d'una rassegnazione supina di chi sente la fine senza speranza, ma invece la determinazione cosciente di chi ha capito che qua noi difendiamo la Patria, le nostre città, la casa, la famiglia.
Ma l'Armata marcia rapidamente verso l'esaurimento.
Già da tempo le nostre grandi unità si sono di volta in volta ricostituite alla meglio attingendo ai resti di altre grandi unità disciolte; dopo Mareth si sono sciolti ed inseriti nei ranghi reggimentali anche tutti i piccoli reparti autonomi, ma ora si è esaurita anche questa sorgente alla quale si è attinto senza reticenza pur sapendo che il rinnovarsi attraverso questi resti di unità provatissime, mina l'efficienza qualitativa dei nostri reparti perché è indubbio che la battaglia elimina di volta in volta i migliori.
Ma se a ciò non si potrà porre rimedio, noi continueremo a batterci come per il passato senza domandarci quanti siamo di fronte al nemico.
Z.O. 30 aprile 1943-XXI.
Il Generale d'Armata Comandante
GIOVANNI MESSE
Fonte: M. Montanari, Le operazioni in Africa Settentrionale, vol. IV