Le origini della questione palestinese
by Kivan - 09/10/01
Vengo incontro alle diverse richieste e riposto la mail sulle origini della
questione palestinese.
Per evitare confusione, ho unito i tre post in uno, per cui scusate la
lunghezza.
Sino al 1918 la Palestina era sotto la dominazione dell'Impero Ottomano (al pari degli altri territori mediorientali). Nel territorio vivevano palestinesi di religione musulmana, ebraica e cristiana. Al termine della guerra il Medioriente venne diviso in sfere di influenza francesi e britanniche. La Gran Bretagna ottenne il mandato sulla Palestina. Con la crisi economica del '29, aumentò il numero di immigrati ebrei dall'Europa. Se nel novembre 1931 la popolazione ebraica di Palestina ammontava a 174.606 abitanti, nel 1935, con lo sviluppo della politica antisemita della Germania nazista, si contarono ufficialmente 61.854 immigrati ebrei. Nell'ottobre 1933 si verificò una sommossa araba nettamente ostile ai britannici. Il governo inglese era accusato di favorire l'aumento dell'immigrazione ebraica e l'acquisto delle terre da parte degli ebrei. I disordini, organizzati dal Comitato esecutivo arabo, iniziarono prima a Gerusalemme e poi a Giaffa, provocando l'uccisione di 25 arabi ed un poliziotto. Da parte loro, gli estremisti ebrei ordinarono l'assassinio dei leader ebrei troppo moderati e favorevoli ad un riavvicinamento con gli arabi.
Nel 1935 i partiti arabi presentarono al Comissario Britannico Sir Arthur Wauchope delle rivendicazioni favorevoli ad un governo democratico. Reclamavano anche l'arresto immediato dell'immigrazione ebraica ed il divieto per gli arabi di vendere le terre agli ebrei. Il Commissario accettò di vietare la vendita delle terre se il proprietario non ne avesse conservata a sufficienza per la sua famiglia. Inoltre propose la creazione di un Consiglio Legislativo composto da 23 membri, dei quali 11 musulmani, 7 ebrei, 3 cristiani e 2 rappresentanti dei commercianti. I dirigenti arabi accettarono questo progetto, ma non gli ebrei e nel frebbraio/marzo 1936 il Parlamento Britannico lo bocciò.
Nell'aprile 1936 scoppio una violenta sommossa araba di notevole entità, guidata dall'Alto Comitato Arabo, presieduto dal Gran Muftì di Gerusalemme. Cominciò con assassini isolati a Giaffa, poi con uno sciopero generale e, infine, si trasformò in vera guerriglia. Gli inglesi furono obbligati a mandare rinforzi e lo sciopero terminò alla fine del 1936. Il Regno Unito nominò una commissione d'inchiesta che giunse in Palestina nel novembre 1936. I governi arabi di Transgiordania, Iraq ed Arabia Saudita sollecitarono l'Alto Comitato Arabo ad adottare un atteggiamento più moderato.
La commissione reale inglese pubblicò il suo rapporto nel 1937. Era giunta alla conclusione che la Gran Bretagna aveva fallito nel suo compito di Potenza Mandataria a casa dell'opposizione araba allo stabilimento di un focolare nazionale ebraico e della richiesta araba di un governo autonomo. Secondo la commissione, l'unica soluzione era dividere la Palestina in due: uno stato ebraico comprendente il nord della Palestina sino a Megiddo, con la pianura marittima ad eccezione di un corridoio che avrebbe collegato i luoghi santi di Gerusalemme e Betlemme; Questi sacri siti sarebbero restati sotto mandato e cosi' anche Nazareth ed il Mare di Galilea. Il resto della Palestina si sarebbe unito alla Transgiordania. La Gran Bretagna avrebbe sostenuto l'ammissione alla Società delle Nazioni della Transgiordania e del nuovo stato ebraico. Da parte araba questo progetto venne accolto favorevolmente solo dalla Transgiordania.
La Società delle Nazioni ammise il principio della spartizione, ma consigliava di prolungare il mandato britannico. Così nel 1937 riprese l'agitazione araba. L'8 settembre 1937, 400 delegati provenienti da tutto il mondo araba si siunirono presso Damasco e presero una risoluzione che dichiarava la Palestina parte integrante del patrimonio arabo, respingeva qualsiasi progetto di spartizione, reclamavano l'annullamento della decisione della Societa delle Nazioni, l'abrogazione del mandato britannico e la creazione di un Palestina indipendente con delle garanzie per le minoranze. Così gli arabi, al contrario degli ebrei, escludevano assolutamente il principio della spartizione.
Nel 1938, il nuovo Segretario alle Colonie, Malcolm MacDonald, era molto meno favorevole del suo precedessore alla spartizione, così il governo britannico abbandonò l'idea e cercò di arrivare ad un accordo fra arabi ed ebrei. Invitò ad una conferenza i rappresentanti dell'Agenzia Ebraica e degli arabi di Palestina ma, nonostante i governi arabi fossero favorevoli, gli arabi di Palestina si rifiutarono di incontrare e di riconoscere l'Agenzia Ebraica. Allora il governo britannico pubblicò un Libro Bianco in cui annunciava che sarebbe stato creato, in dieci anni, uno Stato di Palestina. Durante i primi cinque anni sarebbero stati ammessi 75.000 immigrati ebrei che avrebbero portato la popolazione ebraica ad un terzo di quella araba. Al termine dei cinque anni il paese sarebbe stato diviso in tre zone: una in cui l'acquisto di terre da parte degli ebrei sarebbe stato vietato, una seconda in cui sarebbe stato limitato ed una terza in cui sarebbe stato libero. Questo progetto favoriva nettamente gli arabi e, quindi, gli ebrei vi si opposero. La Commissione dei Mandati (organo della Società delle Nazioni) bocciò il progetto con 4 voti contro 3. Lo scoppio della II Guerra Mondiale fece sospendere tutte le iniziative diplomatiche.
Durante la guerra, i due principali gruppi armati ebraici (Haganah e Irgun Zwai Leumi), considerando che tutto doveva essere subordinato alla battaglia contro i nazisti, cessarono temporaneamente di lottare contro la politica inglese; solo alcui irriducibili decisero di continuare la lotta e fondarono il Gruppo Stern, sotto la guida di Abramo Stern (di origine italiana). Abramo Stern fu ucciso dagli inglesi nel 1941, ma il suo gruppo continuò a funzionare e, nel 1944, venne ucciso il ministro di stato britannico Lord Moyne. Da parte araba, il Gran Muftì di Gerusalemme si era alleato con i tedeschi nella rivolta irachena e, dopo il fallimento della rivolta, fuggì in Germania, dove cercò, senza troppo successo, di dirigere la propaganda tedesca nel mondo arabo.
Nel 1945 si contavano in Palestina 1.240.850 arabi e 553.600 ebrei; nel 1938 erano rispettivamente 989.500 e 401.000. Una volta finita la guerra, il problema palestinese si trovò di nuovo in primo piano nelle preoccupazioni internazionali. Gli spaventosi massacri di ebrei, di cui i nazisti si erano resi responsabili, rendevano la causa sionista simpatica a larga parte dell'opinione pubblica mondiale. Inversamente, l'atteggiamento filo-tedesco del Gran Muftì di Gerusalemme aveva indebolito la posizione araba.
Le difficoltà del problema palestinese spinsero gli inglesi a coinvolgere gli americani e, nel novembre 1945, venne annunciata la costituzione di un comitato d'inchiesta anglo-americano. Tale comitato consegno un rapporto nell'aprile 1946; esso raccomandava, su proposta dell'Agenzia Ebraica, l'ingresso in Palestina di 100.000 ebrei vittime del nazismo, si opponeva alla divisione della Palestina e proponeva il mantenimento indefinito del mandato britannico. Per l'avvenire, raccomandava una libera immigrazione ebraica. La proposta del comitato non venne presa in considerazione, al contrario, il
31 luglio 1946, Herbert Morrison propose alla Camera dei Comuni un altro piano (piano Morrison) suggeritogli da un comitato di esperti: la Palestina sarebbe stata divisa in quattro zone: una provincia araba, una ebraica, il
distretto del Neghev (in cui l'influenza inglese sarebbe stata dominanta) ed il distretto di Gerusalemme (sotto amministrazione internazionale). Le quattro provincie avrebbero formato un solo Stato, ma ciascuna avrebbe goduto di ampia autonomia. Questa proposta soddisfava gli interessi inglesi che avevano già concluso un trattato di alleanza con la Transgiordania e che avrebbero, così, mantenuto il controllo anche del Neghev, strategicamente importante per la
difesa di Suez.
Durante questo periodo, gli ebrei dell'Hirgun e del gruppo Stern moltiplicarono gli attentati terroristici, il cui evento culminante fu, nel giugno 1946, lo scoppio di una bomba nell'Hotel King David di Gerusalemme (sede del governo palestinese). I britannici tentarono allora di riunire una conferenza a Londra con i rappresentanti degli Stati arabi, dell'Agenzia Ebraica, ma non ci riuscirono per il rifiuto di ebrei e arabi palestinesi di assistervi ufficialmente. Non trovando alcuna soluzione, il governo britannico accettò di sottoporre la questione palestinese all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la quale decise di costituire una commissione d'inchiesta (UNSCOP). Il rapporto della commissione (firmato da sette membri su undici) raccomandò di costituire uno Stato ebraico, uno Stato arabo e di
internazionalizzare Gerusalemme. Questo piano era più favorevole agli ebrei rispetto al piano Morrison (vedi sopra).
Il 29 novembre 1947 il piano di spartizione fu approvato con 33 voti (tra i quali l'URSS e gli Stati Uniti) contro 13 (gli Stati arabi, l'Afghanistan, la Turchia, il Pakistan, l'India, Cuba e la Grecia) e 10 astensioni (tra cui la Gran Bretagna). La Gran Bretagna annunciò, allora, che avrebbe posto termine al proprio mandato il 15 maggio 1948. Il 15 maggio 1948, la Gran Bretagna cessava il proprio mandato sulla Palestina.
Gli arabi, molto ostili al piano ONU, decisero un intervento militare (Transgiordania, Egitto, Siria, Libano). Il solo esercito moderno era la Legione Araba del Regno di Transgiordania, comandata dall'inglese Glubb Pascià. Da notare che c'erano delle rivalità tra le "forze per la liberazione di Palestina", reclutate sul posto, comandate dal generale Fawzi el-Kawukji e sotto il controllo del Gran Muftì di Gerusalemme (il quale reclamava una Palestina indipendente) da una parte, e:
- le forze transgiordane che miravano ad annettere la Palestina araba
- gli egiziani che desideravano annettere almeno una parte del Neghev e Giaffa
Di fronte a queste forze, vi erano gli ebraici: la Haganah equipaggiata con armi americane e, soprattutto, cecoslovacche, forte di circa 70.000 uomini, ai quali occorreva aggiungere i 5/6.000 uomini dell'Hirgun.
Il 15 maggio 1948, dopo la partenza delle truppe inglesi, lo Stato di Israele si proclamò indipendente, venendo riconosciuto immediatamente dall'URSS e dagli Stati Uniti. Simultaneamente le truppe arabe penetrarono in Palestina. Le operazioni militari durarono dal 16 maggio 1948 al 25 gennaio 1949 e furono seguite dagli armistizi di Rodi. Mentre si svolgevano le operazioni militari, l'ONU tentò di mettervi fine il 21 maggio 1948 e nominò un mediatore (il conte Bernadotte, svedese) che fu assassinato. Il successore, l'americano Ralph Bunche, propose un piano diverso da quello approvato nel 1947 dalle Nazioni Unite e che venne bocciato.
L'ONU confermò il piano di spartizione del 1947, con un tracciato di frontiere più vantaggioso per gli ebrei (che erano stati vittoriosi sul campo). Lo Stato di Israele fu ammesso all'ONU l'11 maggio 1949. L'Assemblea Generale dell'ONU decise per l'internazionalizzazione di Gerusalemme, ma tale scelta fu decisamente rifiutata sia da Israele che dal Regno di Transgiordania.
Il 14 dicembre 1949, il governo israeliano dichiarò che il suo parlamento si sarebbe installato a Gerusalemme. Il 16 dicembre 1949, nonostante l'opposizione della Lega Araba, re Abdullah di Transgiordania annesse la Palestina araba (che in questo modo scomparve come Stato indipendente), costituendo così lo stato hascemita di Giordania. Questa annessione fu ratificata il 24 aprile 1950 dal Parlamento giordano, composto di eletti in numero uguale della Transgiordania e della Palestina (la Lega Araba non osò protestare).
Solo il "governo di Gaza", sotto l'influenza dell'ex Muftì di Gerusalemme, dichiarò che l'annessione dello Stato di Palestina da parte della Transgiordania era lo "sterminio del popolo arabo in Terra Santa".
Fonte principale: "Storia Diplomatica dal 1919 ai nostri giorni" di Jean-Baptiste Duroselle
Queste sono le origini della questione palestinese, spero che possano essere utili per vedere la realtà d'oggi con un occhio diverso da quello che cercano di imporre le parti in causa.
Ivan K.