E a Zenta con il Principe Eugenio
by Gianfranco Cimino - 09/02/03
Per la fine del 1696 il Sultano turco, Mustaphà II, era pronto a sferrare il
suo attacco all'Impero, ed aveva concentrato le sue truppe attorno a
Belgrado.
Contro queste forze l'Impero riuscì a radunare circa 55.000 uomini, che
affidò (Giugno 1697) al comando del principe Eugenio di Savoia, non ancora
quarantenne, ma già Feld-Marshall.
Il primo compito del Savoia fu di riorganizzare e rifornire le sue truppe,
che non erano affatto pronte alla prossima campagna, concentrandole a Essegg
sulla Drava, a 70 miglia da Peterwardein, nodo strategico situato sul
Danubio.
Eugenio era un vero genio militare, ed aveva realizzato che, per sconfiggere
un nemico che aveva una superiorità di circa tre a uno, doveva agire con la
massima velocità; una volta quindi riorganizzate le forze, il 25 Luglio
marciò su Peterwardein per affrontare là Mustaphà II, che stava già
avanzando lungo il Danubio.
Accortosi dell'arrivo di Eugenio, Mustaphà II cambiò strategia,
attraversando il Danubio a Panscova, e marciando lungo la sua riva est fino
alla confluenza con il Theiss, e risalendo poi quest'ultimo fiume lungo la
sua riva orientale verso nord.
A questo punto l'obiettivo del Sultano poteva essere la Transilvania, o
anche, più semplicemente, impedire al Principe Eugenio di ricongiungersi con
la piccola forza del Conte Rabutin, che finalmente, obbedendo agli ordini di
Eugenio, arrivava dalla Transilvania stessa.
Comunque il Savoia non si fece ingannare, e manovrò meglio dei Turchi,
ricongiungendosi con Rabutin, e , nel contempo, impedendo a Mustaphà II di
impadronirsi di Peterwardein.
I Turchi da cacciatori erano divenuti preda, inseguiti da una forza più
piccola della loro, ed a questo punto il Sultano commise un errore: riuscito
a passare sulla riva ovest del Theiss, pressato da Eugenio, decise di
ripassare sulla riva est in corrispondenza della cittadina di Zenta, da cui
poteva avanzare verso la Transilvania con maggior sicurezza.
Ma il Principe, attaccato come un segugio alla sua preda, era più vicino di
quanto il Sultano sospettasse, e quando la sua ricognizione gli segnalò che
i Turchi stavano per attraversare il Theiss a Zenta, si mosse con rapidità,
e piombò sull'esercito nemico che stava compiendo, lentamente e
disordinatamente, l'attraversamento del fiume su di un unico ponte.
L'approccio dell'esercito imperiale avvenne da sud ovest, su tre colonne
comandate rispettivamente da Stahremberg, Commercy e Heister; immediatamente
sciami di cavalleria leggera turca uscirono dalle fortificazioni campali che
proteggevano la cittadina (il Sultano aveva preso le sue precauzioni per
proteggere il passaggio del fiume) per impedire o quantomeno ritardare
l'attacco imperiale.
Ma tattiche simili erano oramai antiquate: i dragoni imperiali, appoggiati
dall'artiglieria leggera, spazzarono via la cavalleria leggera turca,; le
tre colonne, secondo il piano di Eugenio, si divisero per stringere Zenta in
una tenaglia (il corpo di Stahremberg a nord, quello di Commercy al centro,
quello di Heister a sud).
L'artiglieria turca tirava sulle truppe imperiali che avanzavano dai
ridotti che circondavano Zenta, ma il Savoia ordinò alla sua artiglieria,
più mobile di quella Turca, di concentrare il fuoco sul ponte, in modo da
impedire ai Turchi il passaggio.
Oramai le truppe di Stahremberg a nord, e di Heister a sud, avevano i
fianchi sul fiume e miravano a tagliare alla base il saliente turco.
Vuoi per una fortunata casualità, vuoi per la perfetta conoscenza dei
luoghi, Stahremberg riuscì ad avanzare lungo l'acqua poco profonda di un
banco di sabbia che fiancheggiava il fiume prendendo i difensori sul fianco;
anche Heister riuscì a sfondare le difese turche, attaccando poi il cuore
del sistema difensivo nemico.
Invano i Giannizzeri contrattaccarono con fanatico fervore: il tiro degli
imperiali li decimò.
A questo punto per gli Ottomani era la fine; Stahremberg arrivò al ponte,
cosicchè moltissimi Turchi annegarono nel tentativo di passare il fiume a
nuoto.
Gli Imperiali proseguirono nei loro attacchi anche quando i Turchi andarono
definitivamente in rotta: al calare della notte circa 30.000 Ottomani erano
morti (moltissimi annegati) e tra di essi il Gran Visir, quattro Visir, i
Governatori di Bosnia ed Anatolia, l'Agha Visir dei Giannizzeri, 13
Beglabegs e numerosi Pasha; per contro circa 500 Imperiali furono uccisi.
Mustaphà II, assieme alla cavalleria, trovò scampo nella fuga, rifugiandosi
a Temesvar, ma lasciando in mano ad Eugenio i 3.000.000 di piastre del suo
tesoro.
Ciao
Gianfranco