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La tattica scozzese degli "Schiltron"
by Tarabas - 12/11/01
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Ho quasi finito di leggere un libro sulla storia della Scozia dal 500 d.C. circa fino a Culloden, e mi sono stupito della testardaggine mostrata dagli Scozzesi nell'utilizzare per tutto il medioevo la tattica degli "schiltron", che si rivelò quasi sempre perdente, tranne in pochi (ma importanti) casi in cui risultò vittoriosa, ma a causa di altri fattori che giocarono a suo favore.

Per chi non lo sapesse, lo schiltron era una formazione quadrata di uomini aramti di picche lunghe mediamente 3 metri e mezzo che derivava dalla formazione a falange e poteva essere usata in funzione offensiva e difensiva; se veniva attaccata dalla cavalleria, gli uomini della prima fila si inginocchiavano e piantavano la propria picca per terra, mentre quelli delle file posteriori poroiettavano la propria arma sopra le spalle dei compagni inginocchiati, presentando così alla cavalleria un muro di punte acuminate.

Gli schiltron apparvero per la prima volta alla battaglia di Stirling Bridge (1297), pare come idea di William Wallace, e furono subito vincenti: la cavalleria inglese che li caricò incautamente fu fatta a pezzi, ma questo fu dovuto al fatto che per attaccare gli schiltron, gli inglesi avevano dovuto attraversare uno stretto ponte pochi alla volta, e inoltre dopo il ponte si trovava un terreno fangoso poco adatto alle manovre di cavalleria.

A Falkirk (1298) invece, gli schiltron subirono la prima sconfitta. Dopo una prima carica di cavalleria respinta con successo, furono presi letteralmente al bersaglio da parte degli arceri gallesi (mercenari) con i loro longbow, che aprirono dei varchi enormi nelle formazioni scozzesi in cui si infilò poi il grosso della cavalleria inglese. Ancora vittoria ottennero a Loudon Hill (1307), dove però gli inglesi li caricarono in maniera sconsiderata _in salita_ verso la cima della collina. Ma la vittoria più grande ottenuta dagli schiltron fu sicuramente Bannockburn (1314), dove Robert Bruce ottenne l'indipendenza della Scozia. La vittoria fu dovuta ad una carica di cavalleria inglese molto avventata, alla pessima coordinazione tra le truppe inglesi, all'astuzia di Bruce (che sul campo aveva fatto scavare buche poi nascoste per rallentare le eventuali cariche di cavalleria e proteggersi così un fianco) ma soprattutto alla determinazione degli Scozzesi che si batterono con molto coraggio. Da qui in poi fu una serie di sconfitte, che sfruttarono il punto (molto) debole degli schiltron: era vulnerabili al tiro a distanza, essendo delle formazioni molto compatte e poco mobili.

A Dupplin Moor (1332) i lonbowmen gallesi fecero ancora strage degli Scozzesi, che pure avevano resistito alla cavalleria, come successe anche ad Halidon Hill (1333) dove inoltre tra le compagnie di arceri gli Inglesi avevano preparato con pali appuntiti delle specie di corridoi ad imbuto per cercare di convogliare gli Scozzesi contro la massa della fanteria e della cavalleria in attesa dietro ai longbowmen, cosa che avvenne puntualmente. Anche a Neville's Cross (1346) gli schiltron ruppero le formazioni dopo un fittisimo tiro degli arceri nemici, e furono sterminati dalla cavalleria che li inseguì. Indentica sorte degli Scozzesi anche ad Homildon Hill (1402). Malgrado le sconfitte subite, l'uso degli schiltron continuò per tutto il XV secolo, per raggiungere il culmine del disastro nella battaglia di Flodden (1513) dove si evidenziò un'altro limite degli shiltron: lo scontro ravvicinato. La battaglia si aprì con uno scambiò di colpi di artiglieria, ma mentre quella scozzese risultò inefficace, quella inglese uccise il Mastro Artigliere degli Scozzesi, e aprì immensi vuoti nei picchieri in attesa, che non ressero la pressione, e guidati dallo stesso Re Giacomo IV, scesero dalla loro forte posizione sopra una collina caricando gli inglesi. L'impatto dell'attacco venne fortemente ridotto dall'inclinazione e dalla scivolosità del terreno, che disunì notevolmente iranghi degli schiltron.

Ebbe così inizio un feroce corpo a corpo in cui gli Scozzesi capirono che la picca era un'arma temibile se usta in massa come facevano i fanti svizzeri e i Lanzichenecchi tedeschi (con quella che sarebbe diventata poi la tattica del "pike and shot", cioè dei fanti armati di archibugi al centro del quadrato protetto sui quattro lati da file di picchieri), ma era completamente inutile in un combattimento a distanza ravvicinata contro fanti armati di alabarde e ronconi come erano gli inglesi. Infatti le picche si erano allungate quasi a 5 metri, mentre le armi in asta inglesi erano lunghe circa 2 metri e mezzo, quindi molto più maneggevoli, e presentavano anche un maggiore allungo rispetto alle claymore e alle spade che gli Scozzesi sfoderarono dopo aver abbandonato le picche. Gli arceri gallesi ebbero comunque il loro effetto sugli Highlander dell'ala destra che erano senza armatura, e che dopo pesante perdite si diedero alla fuga, mentre l'ala sinistra, formata da border reivers e che già si era scontrata con il nemico ritirandosi entrambi, rimase inattiva per tutto il resto della battaglia. Gli inglesi sfruttarono la fuga degli Highlanders e aggirarono il centro scozzese attacandolo alle spalle, dando il colpo finale agli Scozzesi che stavano già per soccombere: quasi tutti i comandanti erano caduti, e lo stesso Giacomo IV era stato ucciso a pochi passi dal conte del Surrey, comandante in capo dell'esercito inglese. La battaglià continuò ancora finchè gli unici supersititi rimasero i soli border reivers rimasti in attesa, che a questo punto si ritirarono lasciando il campo agli Inglesi.

A mio parere, rimane quindi difficile capire perché gli Scozzesi abbiano insistito così tanto ad usare gli schiltron, visto che le sparute vittorie riportate sono da attribuire a particolari condizioni favorevoli del terreno, stoltezza e disorganizzazione del nemico e qualche astuzia sul campo. Forse mancarono le possibilità di conoscere nuove tattiche o mancarono i contatti con ufficiali di paesi stranieri. O forse più semplicemente era una delle tante forme dell'attaccamento scozzese alle propie tradizioni, anche da un punto di vista bellico. D'altra parte basta ricordare che a Culloden gli Highlander agirono come avevano sempre fatto per tutti i secoli precedenti: una selvaggia carica contro il nemico con le loro broadsword sguainate, preceduta da una singola scarica di moschetto e pistole poi gettate a terra.

Ciao
Tarabas Erdir Moramarth aka "Taras il Cosacco"

Reply di Alessandro Santoro - 13/11/01

In realtà non c'è nulla di inspiegabile. Come molti storici hanno già ampiamente dimostrato (un nome per tutti: S.E. Finer, Il militare nella formazione dello stato moderno, in C. Tilly, La formazione dello stato moderno in Europa, Il Mulino), le istituzioni militari di una comunità e il "format" militare delle sue forze armate (dove per format si intende, secondo lo studio di Finer, la matrice dell'organizzazione militare) sono strettamente dipendenti dalla struttura sociale e politica della comunità stessa. In altre parole, a una determinata organizzazione sociale corrisponde una specifica organizzazione militare.

Qualche esempio:
eserciti basati sulla cavalleria pesante di origine feudale sono tipici di società fortemente gerarchizzate, nelle quali la nobiltà (ossia il ceto che solitamente fornisce ampia parte delle forze di cavalleria) occupa una posizione politicamente e socialmente predominante (vedi Francia del XV-XVI secolo). Al contrario, eserciti basati su una fanteria a reclutamento territoriale (gli schiltron scozzesi, i quadrati svizzeri, i lanzichenecchi tedeschi, certe fanterie italiane) presuppongono l'esistenza di società caratterizzate da istituzioni "democratiche" o da forme di autogoverno locale che dànno vita a comunità con un forte senso di coesione (come appunto i cantoni svizzeri del XIV secolo, oppure i clan scozzesi), o ancora (nel caso dei tercios spagnoli, che rappresentano un caso a parte rispetto ai precedenti) da società dove la nobiltà è legata alla corona da un rapporto di fedeltà molto più spiccato che non nella Francia del XV secolo.

Quanto detto sopra spiega la resistenza con cui alcune società si aprirono alle innovazioni militari cui spingevano il progresso tecnologico e gli incessanti mutamenti innescati da secoli di guerre quasi ininterrotte: ogni cambiamento nel format militare implica parallele evoluzioni nelle strutture sociali, ma non tutti i componenti di una comunità hanno interesse a che tali cambiamenti si verifichino.

Riletta in tale luce, la resistenza degli scozzesi ad abbandonare o riformare tatticamente loschiltron appare un fenomeno tutt'altro che isolato. In Inghilterra, per esempio, fu solo con il New model army di Cromwell che i mutamenti tattici intervenuti nell'Europa continentale in circa due secoli (dalla fine della Guerra dei Cent'anni alla metà del XVI secolo) trovarono accoglienza nell'organizzazione militare anglosassone, ancora imperniata sul "fyrd" e sulla fanteria con arco. Nella Francia del XV-XVI secolo - per fare un altro esempio - la nobiltà oppose una strenua resistenza a ogni riforma tendente a formare una fanteria a reclutamento territoriale (si ricordi il fallimento della riforma di Francesco I e dei suoi franc- archers), mentre - qualche tempo prima - l'introduzione delle armi da fuoco sui campi di battaglia aveva provocato reazioni sdegnate in gran parte dei soldati di mestiere (si ricordi il recente e bellissimo film di Ermanno Olmi).

Insomma, gli scozzesi sono solo un esempio di tutte le implicazioni sociali e politiche che ogni mutamento (non solo militare) implica. E sono anche un esempio del fatto che tattica e strstegia non sono una variabile indipendente della guerra, ma dipendono dalla struttura sociale e politica della società che li esprime.

Alessandro
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