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Ritorno a Siracusa
by Martuzzi Pierluigi - 27/05/02
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Come preannunciato, dopo tanto tempo riparlo della Battaglia di Siracusa. O per lo meno questo sarebbe l'intento, ma in pratica parlerò di altro, ossia del come e del perché, riprendendo i vecchi thread, e andando in parte a memoria.

Per prima cosa parliamo dell'Attica e della sua supposta ricchezza alimentare, Indro Montanelli, nella sua "Storia dei Greci" è abbastanza esplicito: "Dei suoi duecentomilatanti ettari, una buona metà non è coltivabile nemmeno ora, con le applicazioni della tecnica moderna. L'altra metà richiedeva eroismi e prodigi per spremere i tipici frutti delle terre povere: vino, olio e fichi. Nemmeno i grandi lavori di bonifica e di irrigazione intrapresi da Pisistrato in poi consentirono raccolti di grano da sfamare più di un quarto della popolazione, e la mancanza di pascoli impedì lo sviluppo della pastorizia." Con questo presupposto si può ben capire la politica interna ed esterna di Atene, che cercasse quindi terre fertili da dominare e l'importanza relativa che le devastazioni subite nel contado durante la prima parte della guarra non fossero servite più di tanto.

Parliamo ora dell'argento, quello delle miniere del Lauro, che garantiva profitti enormi allo stato (che non gestiva direttamente le miniere ma le dava in appalto in cambio di un fisso più una percentuale sul prodotto), certo importante, ma che rischia di far passare in secondo piano la vera ricchezza di Atene, ossia il suo commercio e la sua economia, che generava profitti molto più elevati ed importanti, in quanto impediva un'economia basata sulla tesaurizzazione.

Partendo da questo si può capire già molto, la flotta ateniese era l'anima stessa della città e del suo attivismo. Un aspetto importantissimo anche se spesso sottovalutato è il miracolo logistico che compii proprio a Siracusa, Tucidide mette in bocca ad un oratore Siracusano un discorso che spiega gli immensi problemi di una simile spedizione, lo spingersi ad una distanza cosi elevata dalla base di apporvvigionamento, il giungere alla Sicilia portando sia i soldati necessari per condurre la guerra che i loro rifornimenti, il non aver luoghi fortificati dai quali iniziare le operazioni e quindi il partire da una base fatta di tende e con pochi mezzi consentiti dalla necessità del momento. Eppure, nonostante tutte queste difficoltà, quasi gli Ateniesi riuscirono a vincere, cosa mancò loro? Una risposta secondo me è vedere la società Ateniese al suo interno, ed ha anche una parola : arete'. Si può tradurre in "virtù", anche se forse è meglio "dilettantismo", e la cosa non è casuale, nelle Polis, mancavano gli specialisti, persino nella guerra, fino a Senofonte. Nella Polis ciascuno era sovrano e suddito, non vi era un sistema rappresentativo, tutti erano membri del parlamento e tutti prima o poi facevano parte di qualche comitato, nessuno quindi poteva limitarsi alla propria attività. Quella che oggi viene chiamata "l'insofferenza politica" (ossia il "non mi interesso di politica" sentito ormai un miliardo di volte) era immorale (senza andare tanto in là, riguardatevi i vecchi discorsi dei partigiani nei primi anni dopo la liberazione), quindi tutti erano specializzati in tutto, ossia nessuno in nulla. Nelle "nomadelfie" (dire caserme sarebbe esagerato) alle reclute si insegnava più l'amministrazione del bene pubblico che la guerra, questo rendeva impossibili i "golpe", ma non creava certo eccellenti soldati, anche se su quest'affermazione si potrebbe discutere lunghissimo. Una conseguenza di questa situazione era il comando, che veniva più volte affidato per motivi politici o di simpatia che per effettiva bravura (mi ritorna in mente un bel thread sulla guerra civile americana, ma non voglio andare oltre), proprio a Siracusa questo sarà uno dei motivi della catastrofe. La spedizione ateniese aveva infatti 2 (o 4 se si vuole) comandanti: Alcibiade, che avrebbe dovuto esserlo ma che venne messo fuori gioco per un motivo stranissimo, la mutilazione delle statue del dio Ermete, del quale venne accusato, non si saprà mai se c'entrava in qualche modo o se fu un tentativo di impedire la guerra. Lamaco, considerato abbastanza competente ma che cadde ben presto durante una scaramuccia. Nicia, che viene considerato dai più il maggiore responsabile, e che venne scelto in quanto considerato uomo pio e devotissimo, ossia una nomina per non recare offesa agli dei, già indignati per la mutilazione delle braccia di Ermete. Demostene, omonimo del molto più celebre oratore, generale abile e valoroso, che riuscii quasi a mettere una pezza ad una situazione disperata, un uomo che se fosse stato messo in quel posto molto prima, avrebbe probabilmente scolpito il suo nome nella storia, e questo lo dico ad eterno discredito dell'assemblea ateniese.

Gli spartani invece, mandarono ad aiutare i Siracusani un solo uomo, Gilippo, "uomo i cui meriti erano deturpati da vizi abbietti e sordidi" (Creasy), "ma, per ciò che occorreva in Sicilia non si sarebbe trovare in Sparta un uomo più adatto (sempre Creasy). Gli uomini politici Spartani certamente non erano in gamba come quelli Ateniesi, ma avevano l'occhio lungo e per quanto riguardava la guerra avevano poco da imparare.

Martuzzi Pierluigi

Reply di Marco S.

Con questo presupposto si può ben capire la politica interna ed esterna di Atene, che cercasse quindi terre fertili da dominare e l'importanza relativa che le devastazioni subite nel contado durante la prima parte della guarra non fossero servite più di tanto.

Si potrebbe anche interpretare in questa maniera.

Comunque tra le cause della spedizione ateniese in Sicilia citerei:

1) Il crescere della potenza di Siracusa in Sicilia. La grande città, colonia dorica, stava estendendo la sua influenza su tutta la fertile isola. Si profilava la nascita di una potenza capace di far pendere definitivamente a favore della Simmachia Peloponesiaca le sorti della guerra. Con la presenza di Atene nell'area, si contava come minimo (Nicia) di rafforzare le poche sue alleate, magari aggiungendone di nuove. Segesta aveva chiesto aiuto ad Atene offrendo di contribuire finanziariamente alla spedizione. Come massimo, vedi punto 3.

2) I rifornimenti di grano che andavano dalla Sicilia a Corinto, che contribuirono a rafforzare la Simmachia.

3) Lo spirito di avventura o meglio lo spirito imperialistico, del tipo: "Od Atene coglie l'attimo per farsi l'impero, oppure diventerà parte dell'impero di qualcun altro". Il fatto che Segesta si offrisse di finanziare la spedizione, inviando anche un congruo anticipo, creò la speranza che ancora una volta, Atene sarebbe riuscita a diventare più potente a "prezzo scontato", come già era stato il caso della Lega Delio Attica.

Parliamo ora dell'argento, certo importante, ma che rischia di far passare in secondo piano la vera ricchezza di Atene, ossia il suo commercio e la sua economia, che generava profitti molto più elevati ed importanti, in quanto impediva un'economia basata sulla tesaurizzazione.

Sono daccordo. L'argento creò magari un lubrificante per favorire gli scambi. L'investimento pubblico nella flotta, immise argento nell'economia. Solo per queste via, potrebbe aver contribuito ad incrementare la ricchezza di Atene.

Nicia, che viene considerato dai più il maggiore responsabile, e che venne scelto in quanto considerato uomo pio e devotissimo, ossia una nomina per non recare offesa agli dei, già indignati per la mutilazione delle braccia di Ermete.

Nicia comunque ebbe il merito di aver formulato delle proposte molto più ragionevoli prima della partenza della spedizione. Certo, non credendo nell'impresa, non avrebbe dovuto averne il comando, ma come tu sai gli strateghi ateniesi non potevano rassegnare il comando per questo motivo.

Gli spartani invece, mandarono ad aiutare i Siracusani un solo uomo, Gilippo, "uomo i cui meriti erano deturpati da vizi abbietti e sordidi" (Creasy), "ma, per ciò che occorreva in Sicilia non si sarebbe trovare in Sparta un uomo più adatto (sempre Creasy). Gli uomini politici Spartani certamente non erano in gamba come quelli Ateniesi, ma avevano l'occhio lungo e per quanto riguardava la guerra avevano poco da imparare.

Vorrei solo inquadrare meglio quello che, secondo me, è il giudizio su Nicia. Nicia, correttemente, si rese conto che, con la spedizione in Sicilia, Atene stava facendo il passo piu lungo della gamba. Atene avrebbe magari potuto anche prendere Siracusa e, per un certo periodo, quando Nicia stava assediando la città siciliana, anche Siracusani e Spartani temettero questo esito. E questo va certamente a detrimento delle capacità tattiche di Nicia.

Ma proprio per questo, cominciarono a rafforzare i contatti con le colonie greche dell'Italia Meridionale. Insomma, la prospettiva dell'impegno in Sicilia, era una lunga guerra capace di coinvolgere tutta l'Italia meridionale e di polverizzare l'immagine di Atene nel mondo greco. Comunque un'impresa che, senza garantire risultato strategico certo, metteva a rischio gran parte della forze armate ateniesi.

L'idea di Nicia era: "Abbiamo tutto da perdere e nulla da guadagnare a mettere alla prova il prestigio navale e militare che abbiamo accumulato negli ultimi 70 anni". Pertanto, lo statista ateniese si orientò verso uno "show-down" con la flotta al largo Sicilia, per castigare Selinunte (l'alleata di Siracusa che stava rompendo le scatole alla sua amica Segesta), conquistare o rafforzare qualche alleata, migliorando il quadro politico e strategico nell'isola a favore di Atene, senza paraltro provocare troppo Sparta e Corinto (era in corso con queste città una tregua abbastanza favorevole ad Atene, la cosiddetta "Pace di Nicia").

Nicia ed il suo partito si adoperarono per eliminare tutti gli ostacoli politici verso questa soluzione, che erano fondamentalmente due: Alcibiade e l'entusiasmo popolare, che da questa spedizione si aspettava grandi cose. Il primo venne rimosso (scandalo delle Erme) il secondo no.

Contro il parere dell'esperto Lamaco (che voleva puntare subito all'assedio di Siracusa), Nicia guidò la flotta nel suo show-down sulla costa settentrionale siciliana. Fu molto deludente, perché quasi nessuna città aprì il suo porto alla pur forte flotta ateniese. Dopo l'inutile occupazione di Catania (troppo lontana da Siracusa), alla fine anche Nicia si convinse all'assedio della città di Siracusa, dopo notevole perdita di tempo. Una condotta tattica energica avrebbe probabilmente provocato la caduta di Siracusa, ma ancora una volta Nicia mirava al risultato senza decimare i suoi opliti ed alla fine arrivò al disastro.

Una condotta troppo politica. Fu troppo politica "prima del disastro", a frenare le proposte aggressive di Lamaco e la fu anche "dopo", a rifiutare la proposta di Demostene per sfruttare quella che doveva poi rivelarsi come l'ultima occasione per ritirarsi e salvare al sua armata. Ma non ritengo fosse solo segno di incapacità e debolezza, ma anche la precisa la percezione di trovarsi tra l'incudine di gestire un'impresa ai limiti della capacità ateniesi, ed il martello di un popolo che in patria si aspettava dei risultati di rilievo, perché questo non lo aveva ancora capito.

Ciao : )
Marco
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