Come preannunciato, dopo tanto tempo riparlo della Battaglia di
Siracusa. O per lo meno questo sarebbe l'intento, ma in pratica parlerò di
altro, ossia del come e del perché, riprendendo i vecchi thread, e
andando in parte a memoria.
Per prima cosa parliamo dell'Attica e della sua supposta ricchezza
alimentare, Indro Montanelli, nella sua "Storia dei Greci" è
abbastanza esplicito:
"Dei suoi duecentomilatanti ettari, una buona metà non è coltivabile
nemmeno ora, con le applicazioni della tecnica moderna.
L'altra metà richiedeva eroismi e prodigi per spremere i tipici
frutti delle terre povere: vino, olio e fichi. Nemmeno i grandi lavori
di bonifica e di irrigazione intrapresi da Pisistrato in poi
consentirono raccolti di grano da sfamare più di un quarto della
popolazione, e la mancanza di pascoli impedì lo sviluppo della
pastorizia."
Con questo presupposto si può ben capire la politica interna ed
esterna di Atene, che cercasse quindi terre fertili da dominare e
l'importanza relativa che le devastazioni subite nel contado durante
la prima parte della guarra non fossero servite più di tanto.
Parliamo ora dell'argento, quello delle miniere del Lauro, che
garantiva profitti enormi allo stato (che non gestiva direttamente le
miniere ma le dava in appalto in cambio di un fisso più una
percentuale sul prodotto), certo importante, ma che rischia di far
passare in secondo piano la vera ricchezza di Atene, ossia il suo
commercio e la sua economia, che generava profitti molto più elevati
ed importanti, in quanto impediva un'economia basata sulla
tesaurizzazione.
Partendo da questo si può capire già molto, la flotta ateniese era
l'anima stessa della città e del suo attivismo.
Un aspetto importantissimo anche se spesso sottovalutato è il
miracolo logistico che compii proprio a Siracusa, Tucidide mette in
bocca ad un oratore Siracusano un discorso che spiega gli immensi
problemi di una simile spedizione, lo spingersi ad una distanza cosi
elevata dalla base di apporvvigionamento, il giungere alla Sicilia
portando sia i soldati necessari per condurre la guerra che i loro
rifornimenti, il non aver luoghi fortificati dai quali iniziare le
operazioni e quindi il partire da una base fatta di tende e con pochi
mezzi consentiti dalla necessità del momento.
Eppure, nonostante tutte queste difficoltà, quasi gli Ateniesi
riuscirono a vincere, cosa mancò loro?
Una risposta secondo me è vedere la società Ateniese al suo interno,
ed ha anche una parola : arete'.
Si può tradurre in "virtù", anche se forse è meglio
"dilettantismo", e la cosa non è casuale, nelle Polis, mancavano gli
specialisti, persino nella guerra, fino a Senofonte.
Nella Polis ciascuno era sovrano e suddito, non vi era un sistema
rappresentativo, tutti erano membri del parlamento e tutti prima o poi
facevano parte di qualche comitato, nessuno quindi poteva limitarsi
alla propria attività.
Quella che oggi viene chiamata "l'insofferenza politica" (ossia il
"non mi interesso di politica" sentito ormai un miliardo di volte) era
immorale (senza andare tanto in là, riguardatevi i vecchi discorsi
dei partigiani nei primi anni dopo la liberazione), quindi tutti erano
specializzati in tutto, ossia nessuno in nulla.
Nelle "nomadelfie" (dire caserme sarebbe esagerato) alle reclute si
insegnava più l'amministrazione del bene pubblico che la guerra,
questo rendeva impossibili i "golpe", ma non creava certo eccellenti
soldati, anche se su quest'affermazione si potrebbe discutere
lunghissimo.
Una conseguenza di questa situazione era il comando, che veniva più
volte affidato per motivi politici o di simpatia che per effettiva
bravura (mi ritorna in mente un bel thread sulla guerra civile
americana, ma non voglio andare oltre), proprio a Siracusa questo
sarà uno dei motivi della catastrofe.
La spedizione ateniese aveva infatti 2 (o 4 se si vuole) comandanti:
Alcibiade, che avrebbe dovuto esserlo ma che venne messo fuori gioco
per un motivo stranissimo, la mutilazione delle statue del dio Ermete,
del quale venne accusato, non si saprà mai se c'entrava in qualche
modo o se fu un tentativo di impedire la guerra.
Lamaco, considerato abbastanza competente ma che cadde ben presto
durante una scaramuccia.
Nicia, che viene considerato dai più il maggiore responsabile, e che
venne scelto in quanto considerato uomo pio e devotissimo, ossia una
nomina per non recare offesa agli dei, già indignati per la
mutilazione delle braccia di Ermete.
Demostene, omonimo del molto più celebre oratore, generale abile e
valoroso, che riuscii quasi a mettere una pezza ad una situazione
disperata, un uomo che se fosse stato messo in quel posto molto prima,
avrebbe probabilmente scolpito il suo nome nella storia, e questo lo
dico ad eterno discredito dell'assemblea ateniese.
Gli spartani invece, mandarono ad aiutare i Siracusani un solo uomo,
Gilippo, "uomo i cui meriti erano deturpati da vizi abbietti e
sordidi" (Creasy), "ma, per ciò che occorreva in Sicilia non si
sarebbe trovare in Sparta un uomo più adatto (sempre Creasy).
Gli uomini politici Spartani certamente non erano in gamba come quelli
Ateniesi, ma avevano l'occhio lungo e per quanto riguardava la guerra
avevano poco da imparare.
Martuzzi Pierluigi
Reply di Marco S.
Con questo presupposto si può ben capire la politica interna ed
esterna di Atene, che cercasse quindi terre fertili da dominare e
l'importanza relativa che le devastazioni subite nel contado durante
la prima parte della guarra non fossero servite più di tanto.
Si potrebbe anche interpretare in questa maniera.
Comunque tra le cause della spedizione ateniese in Sicilia citerei:
1) Il crescere della potenza di Siracusa in Sicilia. La grande città,
colonia dorica, stava estendendo la sua influenza su tutta la fertile isola.
Si profilava la nascita di una potenza capace di far pendere definitivamente
a favore della Simmachia Peloponesiaca le sorti della guerra. Con la
presenza di Atene nell'area, si contava come minimo (Nicia) di rafforzare
le poche sue alleate, magari aggiungendone di nuove. Segesta aveva chiesto
aiuto ad Atene offrendo di contribuire finanziariamente alla spedizione.
Come massimo, vedi punto 3.
2) I rifornimenti di grano che andavano dalla Sicilia a Corinto, che
contribuirono a rafforzare la Simmachia.
3) Lo spirito di avventura o meglio lo spirito imperialistico, del tipo: "Od
Atene coglie l'attimo per farsi l'impero, oppure diventerà parte
dell'impero di qualcun altro".
Il fatto che Segesta si offrisse di finanziare la spedizione, inviando anche
un congruo anticipo, creò la speranza che ancora una volta, Atene sarebbe
riuscita a diventare più potente a "prezzo scontato", come già era stato
il caso della Lega Delio Attica.
Parliamo ora dell'argento, certo importante, ma che rischia di far
passare in secondo piano la vera ricchezza di Atene, ossia il suo
commercio e la sua economia, che generava profitti molto più elevati
ed importanti, in quanto impediva un'economia basata sulla
tesaurizzazione.
Sono daccordo.
L'argento creò magari un lubrificante per favorire gli scambi.
L'investimento pubblico nella flotta, immise argento nell'economia.
Solo per queste via, potrebbe aver contribuito ad incrementare la ricchezza
di Atene.
Nicia, che viene considerato dai più il maggiore responsabile, e che
venne scelto in quanto considerato uomo pio e devotissimo, ossia una nomina per non recare offesa agli dei, già indignati per la mutilazione delle braccia di Ermete.
Nicia comunque ebbe il merito di aver formulato delle proposte molto più
ragionevoli prima della partenza della spedizione.
Certo, non credendo nell'impresa, non avrebbe dovuto averne il comando, ma
come tu sai gli strateghi ateniesi non potevano rassegnare il comando per
questo motivo.
Gli spartani invece, mandarono ad aiutare i Siracusani un solo uomo,
Gilippo, "uomo i cui meriti erano deturpati da vizi abbietti e sordidi" (Creasy), "ma, per ciò che occorreva in Sicilia non si sarebbe trovare in Sparta un uomo più adatto (sempre Creasy).
Gli uomini politici Spartani certamente non erano in gamba come quelli Ateniesi, ma avevano l'occhio lungo e per quanto riguardava la guerra avevano poco da imparare.
Vorrei solo inquadrare meglio quello che, secondo me, è il giudizio su
Nicia. Nicia, correttemente, si rese conto che, con la spedizione in Sicilia,
Atene stava facendo il passo piu lungo della gamba.
Atene avrebbe magari potuto anche prendere Siracusa e, per un certo periodo,
quando Nicia stava assediando la città siciliana, anche Siracusani e
Spartani temettero questo esito.
E questo va certamente a detrimento delle capacità tattiche di Nicia.
Ma proprio per questo, cominciarono a rafforzare i contatti con le colonie
greche dell'Italia Meridionale.
Insomma, la prospettiva dell'impegno in Sicilia, era una lunga guerra capace
di coinvolgere tutta l'Italia meridionale e di polverizzare l'immagine di
Atene nel mondo greco.
Comunque un'impresa che, senza garantire risultato strategico certo, metteva
a rischio gran parte della forze armate ateniesi.
L'idea di Nicia era: "Abbiamo tutto da perdere e nulla da guadagnare a
mettere alla prova il prestigio navale e militare che abbiamo accumulato
negli ultimi 70 anni".
Pertanto, lo statista ateniese si orientò verso uno "show-down" con la
flotta al largo Sicilia, per castigare Selinunte (l'alleata di Siracusa che
stava rompendo le scatole alla sua amica Segesta), conquistare o rafforzare
qualche alleata, migliorando il quadro politico e strategico nell'isola a
favore di Atene, senza paraltro provocare troppo Sparta e Corinto (era in
corso con queste città una tregua abbastanza favorevole ad Atene, la
cosiddetta "Pace di Nicia").
Nicia ed il suo partito si adoperarono per eliminare tutti gli ostacoli
politici verso questa soluzione, che erano fondamentalmente due: Alcibiade e
l'entusiasmo popolare, che da questa spedizione si aspettava grandi cose.
Il primo venne rimosso (scandalo delle Erme) il secondo no.
Contro il parere dell'esperto Lamaco (che voleva puntare subito all'assedio
di Siracusa), Nicia guidò la flotta nel suo show-down sulla costa
settentrionale siciliana.
Fu molto deludente, perché quasi nessuna città aprì il suo porto alla pur
forte flotta ateniese.
Dopo l'inutile occupazione di Catania (troppo lontana da Siracusa), alla
fine anche Nicia si convinse all'assedio della città di Siracusa, dopo
notevole perdita di tempo.
Una condotta tattica energica avrebbe probabilmente provocato la caduta di
Siracusa, ma ancora una volta Nicia mirava al risultato senza decimare i
suoi opliti ed alla fine arrivò al disastro.
Una condotta troppo politica.
Fu troppo politica "prima del disastro", a frenare le proposte aggressive di
Lamaco e la fu anche "dopo", a rifiutare la proposta di Demostene per
sfruttare quella che doveva poi rivelarsi come l'ultima occasione per
ritirarsi e salvare al sua armata.
Ma non ritengo fosse solo segno di incapacità e debolezza, ma anche la
precisa la percezione di trovarsi tra l'incudine di gestire un'impresa ai
limiti della capacità ateniesi, ed il martello di un popolo che in patria
si aspettava dei risultati di rilievo, perché questo non lo aveva ancora
capito.
Ciao : )
Marco