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Quinto Sertorio e la rivolta ispanica (79-72 a.C.)
by Ball - 09/04/03
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Come sapete, a leggere le cose altrui si notano gli errori, quindi se ci sono correggeteli. Ho tirato un po' per lunghe questo tema perché credo che, aldilà del valore di questo romano, la rivolta ispanica non sia conosciuta bene da tutti e spero di averla fatta conoscere un po' meglio. Ovviamente non sono entrato troppo nello specifico dei rivolgimenti politici del periodo, meriterebbero un 3d tutto per loro.

Antefatto ultra-sintetico del periodo

La rivolta ispanica si inserisce in uno dei periodi più difficili della storia di Roma. Un'altra guerra civile - appena conclusa quella sociale - era sul punto di scoppiare da un momento all'altro, complice il ritiro dalla vita politica e in seguito la morte di Silla, l'uomo forte che aveva dato un assetto alla città; populares ed oligarchici avevano disperatamente bisogno di un uomo di personalità che stesse dalla loro parte; l'assoluta carenza di personaggi di talento permise il fiorire di mediocri interpreti dell'arte di far carriera e così apparvero, tra più e meno validi, Metello, Catulo, Lepido, i Luculli, Pompeo, Crasso (sò che qualcuno storcerà il naso, ma sono ovviamente giudizi personali e un po' severi, almeno sui Luculli :) ). L'avventura ispanica di Sertorio, dunque, si dipana in un periodo in cui inizialmente viene tollerata come una sventura passeggera, grazie alla presenza di Silla e dei suoi veterani, ma poi acquista tutta un'altra pericolosità alla morte dello stesso: l'oligarchia da sola doveva fronteggiare a Roma un opposizione che con Lepido attese a mala pena che Silla chiudesse gli occhi, prima di trovare il pretesto per far scoppiare un'insurrezione e quindi la Spagna e i suoi ribelli potevano assurgere a nuovi livelli di influenza.
Insomma uno stato romano molle e debole che doveva affrontare più di una minaccia interna, era in balia del clientelismo e che non aveva le qualità morali e di comando per opporsi alla ribellione ispanica. Un'ulteriore crisi poteva alimentare le speranze non sopite dei nemici interni come di quelli esterni. Dobbiamo aspettare la sconfitta di Lepido al Campo di Marte e la ''richiesta'' da parte di Pompeo di avere il comando di Spagna, perché l'attenzione di Roma si sposti definitivamente nella penisola iberica, libera dalle problematiche interne. Era il 77 a.C.

Profilo di Sertorio

Sertorio iniziò la sua carriera militare durante le invasioni dei Cimbri e dei Teutoni, nel 107 a.C. nelle legioni di Cepione; durante la tragica ritirata romana, a seguito della sconfitta di Arausio, si distinse per essere riuscito ad attraversare il Rodano, ferito e completo di armatura. Caio Mario lo vuole tra le sue file e apprezzandone le doti morali e fisiche, gli assegnò missioni delicate. Nel corso di queste missioni era solito travestirsi da celtico, arrivando ad impararne la lingua e a trascorrere alcuni mesi in mezzo a loro per conoscerne l'effettiva entità. Nel 98 a.C., dopo la sconfitta dei barbari, fu inviato in Spagna dove si forgiò definitivamente e dove le sue capacità gli diedero grande fama. La rivolta di Castulo, per quanto stroncata nel sangue, gli fece guadagnare ulteriore rispetto anche da parte delle popolazioni indigene. Nel 91 a.C. divenne questore della Gallia cisalpina dove si distinse per l'alacrità con cui procurava armi e soldati.
Quando Mario e Silla vennero ai ferri corti, Sertorio rimase fedele a Mario - complice anche un Tribunato militare non conferitogli per l'opposizione dello stesso Silla - e nell'83 a.C. divenne pretore della Spagna citeriore, risparmiandosi così il bagno di sangue conseguente alla presa di potere da parte di Silla.
Questo ritorno gli calzava a pennello e in breve tempo riuscì ad ingraziarsi ancora una volta le popolazioni locali instaurando un rapporto costruttivo tra indigeni ed elementi romani, ma nell'81 Silla gli mandò contro Valerio Flacco e Annio Lusco, che inutilmente tentarono di forzare i passi dei Pirenei che erano tenuti da Livio Salinatore con 6000 fanti: si pagò allora un assassino che fece quello che i due imbelli romani non erano riusciti a fare. Sertorio, rimasto con poche migliaia di uomini, capì l'impossibilità di resistere e si imbarcò per la Mauritania.

La prima fase

Sertorio ritornò in Spagna (80 a.C.) chiamato dai Lusitani che erano rimasti molto impressionati dalle sue gesta militari e gli mandarono un'ambasciata perché assumesse il comando delle loro milizie: 20 comuni aderirono e lui stesso riuscì a raccogliere 2600 romani, per lo più disertori. Si rese conto che il successo dipendeva dal riuscire ad associare alle schiere indisciplinate dei guerriglieri un nerbo di truppe romane disciplinate e ben organizzate: riuscì così ad approntare un esercito di 4000 fanti e 700 cavalieri e con questi affrontò Tufidio, comandante della Spagna ulteriore, che fu completamente battuto presso il fiume Baetis, lasciando sul campo 2000 soldati.
Fu allora sollecitato l'intervento del governatore della provincia dell'Ebro, Calvino, affinché ponesse un argine all'avanzata dei sertoriani, poi fu la volta dell'esperto Metello, personalmente inviato da Silla (79 a.C.) nella Spagna meridionale per chiudere la faccenda, ma Calvino fu sconfitto e ucciso da Irtuleio, luogotenente di Sertorio, che affrontò e sconfisse anche Manlio, governatore della Gallia ulteriore.
A Metello non andò meglio; dapprima una parte delle sue truppe fu attirata in un'imboscata da Sertorio, durante l'assedio di Longobrida, costringendolo a levare l'assedio, poi lo stesso sconfisse le truppe comandate da Thorio (Dorio) sul fiume Anas; il comandante romano era continuamente tormentato da una guerriglia che tagliava i convogli e le comunicazioni, lo circondava da ogni parte e rifiutava costantemente una battaglia decisiva. Sertorio affrontò con poco più di 9000 uomini armati alla leggera, i due eserciti romani che assommavano 40.000 legionari e molte migliaia di ausiliari. Il popularis ribelle controllava ora gran parte della penisola, dalla Sierra Morena ai Pirenei; la sua presenza si avvertiva fino alla Narbonensis e all'Aquitania, in più erano giunti i superstiti dell'esercito di Lepido, al comando di Perperna, a rimpolpare le sue file (20.000 fanti e 1300 cavalieri).
Mantenne un'alleanza con i pirati, cosa che gli permetteva di ricevere aiuti e rifornimenti via mare e nel contempo di tenere impegnate le flotte romane. Fu forse questo incremento della componente cittadina che lo spinse ad accelerare la sua opera di romanizzazione della Spagna: Sertorio aveva una conoscenza perfetta anche sotto un profilo psicologico, di quel paese. Conosceva la natura dei suoi abitanti, i metodi di guerriglia, le loro aspirazioni, le loro usanze, le loro superstizioni, e di tutte queste componenti seppe servirsi perfettamente.
è giusto sottolineare che il suo obiettivo non fu mai quello di separare le province iberiche da Roma, semmai di farne il centro di una sorta di governo popularis in esilio e mescolare il ceppo italico residente con la componente indigena. Fu anche per questo che costituì un senato di 300 membri tra i residenti nella penisola e fece costruire ad Osca, la capitale, una scuola di cultura greco-latina che si prefiggeva di educare i i figli delle famiglie iberiche più nobili ed accelerarne così la romanizzazione (figli che ovviamente diventavano un comodo ostaggio per mantenere i legami di alleanza....).
Quello che stava facendo lui in Africa fu un primo tentativo di mettere in atto la romanizzazione con il romanizzare gli abitanti delle province e non con l'estirpare gli antichi abitanti per sostituirli con emigrati italici. Era il 77 a.C.

La seconda fase

A questo punto intervennero 2 fatti che fecero pendere la bilancia dalla parte di Roma: secondo la storiografia ''ufficiale'' è proprio in questo periodo che risale un'ambasceria di Sertorio nei confronti di Mitrididate - il nemico mortale - per cercarvi alleanza, il che portò in Roma la coscienza che in quel momento Sertorio era il maggior pericolo per le istituzioni e difatti inviarono Pompeo con un esercito ben addestrato di 30.000 legionari, 1500 cavalieri e alcune migliaia di ausiliari, più le forze rimaste a Metello; il secondo fatto fu conseguente al suo atteggiamento di favore nei confronti dei Celtiberi, rappresentanti il nucleo più numeroso, che scontentava però i baschi e gli altri popoli che non vedevano di buon occhio i favoriti Celtiberi, creando così una serie di microfratture tra le alleanze che un minimo rovescio dell'esercito sartoriano avrebbe potuto trasformare in una defezione di massa.
Gli iberici un po'come i galli.... :)
Pompeo arrivò in 40 giorni (76 a.C.) e preparò una campagna militare che si prefiggeva di ottenere il controllo della costa e della Meseta: per la prima volta, Sertorio perse l'iniziativa strategica e dovette dividere il suo esercito in tre corpi, Perperna (20.000 soldati - 1000 cavalieri), Irtuleio (15000 fanti - 200 cavalieri) e lui stesso (20.000 fanti - 500 cavalieri), in una posizione intermedia in modo da intervenire come riserva in aiuto di uno dei due.
Il primo scontro avvenne nei pressi di Lauro, dove Sertorio, che la stava assediando, sconfisse Pompeo in modo perentorio e susseguentemente anche una legione che era stata mandata in soccorso: in questi scontri, tutto sommato minori, le perdite romane furono di circa 20.000 uomini. Ma quello che di buono faceva Sertorio, con altrettanta abilità distruggevano i suoi luogotenenti: nel 75 a.C. Irtuleio fu sconfitto da Metello ripetutamente, fino a farsi uccidere, con i risultati che potete immaginare tra le fila del suo esercito; a Perperna non andò di certo meglio contro Pompeo, una volta che fu lasciato solo da Sertorio che andava in aiuto di Irtuleio, e di positivo per lui ci fu solo il fatto di essersi portato a casa la pelle.... ;-)
Prima della fine dell'anno ci fu forse l'ultima occasione per Sertorio di affrontare e tentare di distruggere le forze di Pompeo, che al momento era isolato, ma lo scontro nella piana del Sucro, che inizialmente vide Pompeo battuto all'ala destra e ferito gravemente, Afranio vincitore alla sinistra al punto di riuscire ad espugnare il campo dei sertoriani, almeno fino al ritorno di Sertorio che l'obbligò a ritirarsi, non ottenne gli esiti sperati, grazie anche a Metello che dopo un veloce avvicinamento - forse il primo della sua vita :) - sconfisse Perperna e ne prese il campo. Questi rovesci, come previsto, portarono alla defezione di molte popolazioni, prima fra esse i Baschi che passarono dalla parte di Pompeo e nel cui territorio cominciarono sorgere i castra romani, dei quali il più noto, in onore di Pompeo, è l'odierna Pamplona.
L'ultimo scontro, nei pressi del fiume Turia, vide Sertorio sconfiggere Pompeo che era alla testa della sua cavalleria e uccidere suo cognato Lucio Memmnio; Perperna si faceva ancora sconfiggere da Metello che respingeva vittoriosamente l'attacco che gli era stato mosso dal grosso dell'arma da nemica. L'esercito di Sertorio si disperse, Valenza fu presa e distrutta, Sertorio stesso veniva assediato nella fortezza di Clunia: la speranza di essersi liberati definitivamente di un tenace avversario stava diventando certezza, ma Sertorio riuscì a sfuggire all'assedio ponendosi anche quell'anno alla testa di un esercito e per i generali romani si prospettava la sconfortante prospettiva di dover occupare i quartieri invernali. Con l'arrivo dell'inverno le opposte schiere si separarono per cercare posti adeguati per svernare, ma era ormai evidente che le risorse a disposizione di Pompeo erano enormemente superiore a quelle di Sertorio che, dalla tanto decantata - dai suoi nemici - alleanza con Mitridate, non ottenne altro che una quarantina di navi e circa 3000 talenti.... Melius abundare quam deficere.... :))

Con il nuovo anno (74 a.C.) i generali romani (con 50.000 uomini) iniziarono la sistematica distruzione dei centri d'altura fedeli a Sertorio, Pompeo seguendo l'Ebro, Metello marciando nella Ulteriore; ormai non era più in grado di affrontare direttamente il nemico, per cui si risolse ad effettuare rapide scorrerie in aiuto degli alleati, a minacciare costantemente le vie di rifornimento e ad attaccare gruppi isolati di soldati: tattica utile ma non risolutiva.
Gli stessi rifornimenti che erano garantiti dai pirati alleati, ormai non giungevano più, avendo la flotta di Antonio Cretico liberato il mare dalla presenza degli stessi e tenendo saldamente in mano tutta la costa iberica. In aggiunta ad una situazione strategicamente negativa per il sertoriani, a Roma fu promulgata la Lex Plautia de reditu Lepidanorum, che in pratica consentiva l'amnistia ai seguaci di Lepido che avessero deciso di arrendersi: non occorre che ve ne illustri gli effetti. Metello inoltre gli mise una grossa taglia sulla testa.

Epilogo

Gli iberici ormai stavano cedendo dappertutto: la terra dei celtiliberi era ormai occupata da Pompeo e Metello aveva riconquistato gran parte della Lusitania. Le defezioni tra le file dei sertoriani erano all'ordine del giorno, ormai esasperato dalla delusione Sertorio, che era un leader scaltro, coraggioso, rapido e duro quando necessario, si abbandonò sempre più spesso a durissime misure repressive, si fidava della sola guardia del corpo, guardava con diffidenza le persone, fino a commettere l'estremo errore di far uccidere o vendere schiavi quei figli dei notabili indigeni che teneva in ostaggio ad Osca.
Con questo gesto si inimicò gli gli ultimi iberici fedeli.
La sua tragica fine, avvenuta durante un banchetto e ordita da Perperna, mise anche fine alla rivolta ispanica, perché colui che volle sostituirsi a lui non ottenne lo stesso consenso da parte dei lusitani, venne accettato un con diffidenza e riluttanza, e al primo scontro con Pompeo mal condusse le truppe che furono completamente sbagliate. In questo frangente il comandante romano si distinse per un gesto di grande rilevanza: bruciò la compromettente corrispondenza di Sertorio che lo stesso Perperna gli aveva consegnato nella speranza di aver salva la vita. Scrive Mommsen: <>.
Era il 73 a.C.

Le fonti

Due note finali sono sulle fonti primarie. Sertorio è riportato nella storiografia ufficiale come un grande uomo, un grande comandante, un uomo su cui si può contare, un uomo che non si ritraeva di fronte agli impegni; tutto ciò ebbe termine con la sua scelta di campo a fianco di Mario e con la vittoria di Silla.
Gli Optimates lo consideravano disponibile al tradimento e al complotto, in balia del suo carattere violento e tendenzialmente all'avventura, un vero e proprio reietto che aveva tradito la patria.
Così anche le fonti, tra le quali troviamo Sallustio e Plutarco - il quale gli ha dedicato una delle sue Vitae - che ne evidenziano l'atteggiamento ''romano'' all'interno della sua provincia, le sue superbe capacità di condottiero e la sua democraticità, almeno nel periodo iniziale. Diversamente Livio, Appiano, e Diodoro, anche se quest'ultimo ci dà un interessante descrizione delle capacità, delle caratteristiche combattive e dell'uso delle armi del popolo iberico.
Credo che mai come in questo caso....in medio stat virtus!

A. Ball - Punico
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