I primi tempi della conquista araba
by Gianfranco Cimino - 11/04/03
L'espansione dell'Islam nei primi anni del VII sec. è un fenomeno storico di importanza mondiale; per quello che riguarda più da vicino il mondo mediterraneo, i successi dell'Islam strapparono definitivamente all'Impero Romano d'Oriente vasti territori (Egitto, Palestina, Siria ecc.) e condussero alla definitiva trasformazione di quello che rimaneva delle strutture sociali ed economiche della classicità; perciò il periodo tardo antico viene fatto terminare proprio in quegli anni che segnano, tra l'altro, la rottura definitiva dell'unità del mondo mediterraneo.
Come spesso accade, le fonti primarie disponibili per il periodo in oggetto non sono esattamente quelle che vorremmo. Da parte Araba v'è la storia di Maometto di Ibn Ishaq, scritta però alla fine dell'VIII sec. d.C. abbiamo poi numerose Cronache arabe o islamiche dell'VIII o IX sec. d. C. Vi è poi il Corano, che pur offrendo numerosi spunti storici, non è certo un'opera storica, e quindi va vagliata attentamente, come del resto vanno vagliate anche le fonti cristiane, chiaramente anti islamiche. Tra queste ricordiamo Niceforo, Patriarca di Costantinopoli (tardo VIII
sec.), Teofane il Confessore (inizio IX sec.), Ghevond l'Armeno (VIII sec.) e la Cronaca di Giovanni vescovo di Nkiu (Egitto), contemporaneo della conquista araba, a noi nota solo attraverso una traduzione Etiopica del XVII sec.; un'ultima fonte vicina, ma non contemporanea al periodo in questione è il vescovo armeno Sebeos (fine VII inizio VIII sec.).
La nascita dell'Islam trovò l'Impero Romano d'Oriente vittorioso sui Persiani Sassanidi dopo una lotta pluridecennale, che aveva visto la rapida perdita delle Province Orientali nel 606 - 610 d.C. e, nel 626 d.C. la stessa Costantinopoli assediata da Persiani, Avari e Slavi, ma anche le grandi vittorie di Eraclio, culminate nella battaglia di Ninivhe (627 d.C.) e nell'occupazione di Dastaegard (627 d.C.), residenza estiva dei sovrani Sassanidi. Il trattato di pace che ne seguì sancì il ritorno delle Province Orientali ai Romani, e l'inizio della disintegrazione dell'Impero Sassanide, squassato da conflitti interni e ridotto ad uno stato di dipendenza dall'Impero d'Oriente.
Ma se lo stato di debolezza militare in cui versava l'Impero Sassanide a seguito delle campagne di Eraclio spiega, almeno parzialmente, le vittorie Arabe sui Persiani (ricordiamo che entro il 651 d.C. l'intero Impero Sassanide era stato conquistato), per spiegare il collasso dell'Impero Romano d'Oriente dobbiamo cercare altre cause.
Un punto fondamentale da tenere presente è che la difesa della frontiera meridionale dell'Impero Sassanide, e della frontiera Siro - Palestinese nel caso dell'Impero Romano, era imperniata sulle rispettive alleanze con gli Arabi Cristiani Lakhmidi e degli Arabi Cristiani Monofisiti Gassanidi. Questo sistema di alleanze serviva ai due Imperi non solo a difendersi l'uno dall'altro, ma anche a garantirsi dalle scorrerie dei predoni provenienti dal deserto. Insomma, invece di dominare direttamente il deserto, sia i Romani che i Persiani preferirono fare affidamento sui loro ausiliari e mercenari Arabi. Per esempio i capi tribù Gassanidi (gli shaykh) erano considerati dai Romani dei comandanti di truppe ausiliarie, mentre per i loro popoli erano dei grandi re. Esisteva in effetti il titolo di Strategos Parembolon - comandante degli ausiliari nomadi, dove il greco Parembolon corrisponde al termine arabo Hira, che indica l'accampamento. Ma la lunga guerra combattuta tra Romani e Persiani all'inizio del VII sec. d.C. aveva distrutto questi sistemi di alleanze, e la parte vittoriosa, gli Imperiali, non avevano ancora ricostituito pienamente questa confederazione di tribù alleate. C'erano stati vari problemi sia di ordine economico, in quanto le sovvenzioni Romane ai loro clienti Arabi erano state diradate, sia di ordine religioso, in quanto i Gassanidi erano sì Cristiani, ma Monofisiti (tra l'altro anche i Persiani erano entrati in urto con i loro alleati Lakhmidi cercando di convertirli allo Zoroastrismo); anzi, i contrasti religiosi avevano fatto si che alcuni leaders Gassanidi fossero stati trattenuti a Costantinopoli come ostaggi. Insomma, nel momento più critico, Costantinopoli non potè contare interamente sui tradizionali alleati Arabi. Inoltre le difficoltà economiche in cui versava l'Impero, avevano impedito ad Eraclio di mantenere il vasto esercito con cui erano state combattute le
campagne contro i Persiani, di modo che l'imperatore aveva rinunziato a
controllare direttamente il Sinai ed il territorio a sud di Gaza: la
frontiera imperiale era quindi facilmente aggirabile da sud, e fu proprio a Dathin (634 d.C.), a sud di Gaza che avvenne il primo scontro tra Imperiali ed Arabi. Ricordiamo che qualche anno prima (630 d.C.) il vescovo di Aila (odierna Aqaba), aveva firmato un trattato di pace con gli Arabi.
Un altro punto da tener presente è che gli Arabi, che avevano militato come ausiliari o mercenari sia nelle armate Imperiali che in quelle Sassanidi, ben conoscevano le caratteristiche e le tattiche dei loro avversari, mentre sembra che i Romani ed i Sassanidi sottovalutassero le capacità militari degli Arabi. Inoltre, forse a causa della lunga guerra i Romani avevano poca conoscenza degli avvenimenti nella penisola Arabica e dell'ascesa dell'Islam, inizialmente scambiato come una delle tante eresie Giudaico - Cristiane anzi, da parte Romana vi era un forte pregiudizio anti -Arabo. Una delle principali armi quindi in mano ai Mussulmani era la relativa ignoranza in cui versavano i loro avversari e delle loro capacità tattiche e della forza unificante dell'Islam.
Infine, dal punto di vista puramente militare bisogna considerare che Romani d'Oriente e Sassanidi, durante secoli di conflitti, avevano sviluppato le loro armate ed i loro eserciti in modo che fossero in pratica speculari l'uno all'altro; in particolare grande importanza veniva data, da l'una e dall'altra parte alle fortificazioni ed alle città fortificate. Il modo arabo di fare la guerra, basato sulla fluidità della manovra e sulla velocità mise in evidenza la rigidità dei sistemi militari sviluppati dall'una e dall'altra parte della frontiera Romano - Sassanide. Non a caso la resistenza più efficace agli Arabi fu condotta dai Berberi del Nord Africa, che adottavano tattiche simili a quelle Arabe. Vero è che Eraclio aveva riformato l'esercito, rendendolo capace di condurre veloci campagne in profondità in territorio nemico, ma questo potente strumento, a causa delle solite difficoltà economiche causate da una guerra ventennale, era stato in parte disciolto ed in parte distribuito di guarnigione nelle città dell'Impero, rendendolo quindi inutile per una difesa manovrata.
Passando ora a considerazioni di carattere meno strettamente militare; uno dei problemi che affliggeva l'Impero Romano d'Oriente erano i contrasti religiosi, che da tempo piagavano l'Impero e che invano Eraclio aveva tentato di risolvere d'autorità. Anzi, il tentativo autoritario di Eraclio non fece altro che rinfocolare i dissidi tra i vari leader religiosi di Costantinopoli, Roma, Antiochia, Gerusalemme ed Alessandria. Il monotelismo di Eraclio contrastava con il monofisismo Egiziano e l'eterodossia Siriaca (che si manifestava e nel nestorianesimo e nel monofisismo), e fu condannato anche da Papa Giovanni IV nel 640. Se a ciò aggiungiamo l'ostilità aperta tra Israeliti ed autorità imperiali, ed il fatto che una parte non trascurabile della popolazione, specie nelle zone di frontiera in Siria era di origine Araba, otteniamo un quadro di notevoli divisioni interne, e sicuramente molti abitanti dell'Impero avranno preferito la relativa tolleranza dei primi Mussulmani al comportamento autoritario dell'autorità imperiale. Vi sono infatti molte storie di tradimenti o di diserzioni da parte Cristiana, anche se essi furono comunque contenuti, a parte il caso della defezione, sicuramente critica, dei tradizionali alleati Arabi.
Altro fattore da prendere in considerazione è che gli Arabi permettevano alle città conquistate di mantenere le proprie amministrazioni locali, fossero esse civili o religiose, e quindi offrivano un autogoverno che l'amministrazione imperiale, fortemente centralizzata, in genere negava. A questo proposito è da considerare che al momento della riconquista bizantina Eraclio aveva ristabilito quell'amministrazione che era così facilmente collassata sotto l'impatto Persiano, mentre la classe nobile locale, dispersa dai Persiani, non era più quindi in grado di offrire quella funzione essenziale di patronato tanto importante nel tardo Impero. Ciò aveva certamente aumentato il sentimento di alienazione delle comunità locali dall'amministrazione centrale di Costantinopoli.
A ciò si aggiungeva il risentimento dei cittadini nei confronti delle guarnigioni che esse dovevano ospitare a loro spese.
Questi problemi assunsero una particolare gravità a causa della strategia di difesa imperniata su città e luoghi fortificati, che avrebbero dovuto resistere a lungo ad eventuali invasioni; questa strategia essenzialmente
passiva mise gli invasori in grado di muoversi con una certa facilità tagliando le comunicazioni tra le città assediate e le forze imperiali. Una volta isolate però, molte città, allettate dalle favorevoli condizioni proposte dagli Arabi, e dalla promessa di libertà di religione, preferirono arrendersi (ad es. Gerusalemme), minando alla base la strategia di difesa imperiale.
Anche nel seguito delle campagne di conquista araba, dopo la vittoria dello Yarmuk, i fattori di disunione furono ancora attivi. Ad esempio nel 653 il leader Armeno Theodore Rshtuni, a cui l'Imperatore aveva concesso il titolo di Patrikios preferì passare agli Arabi, dietro la promessa di mantenere una certa autonomia. Anche la situazione armena era complicata da antagonismi religiosi e dall'estremo frazionamento politico del territorio armeno.
Per continuare l'elenco delle difficoltà interne dell'Impero Romano
d'Oriente a fronte dell'espansione islamica, ricordiamo le rivolte in
Egitto, le difficoltà incontrate e le decadi necessarie per rimpiazzare il vecchio sistema provinciale con il nuovo sistema tematico, le diserzioni in massa di soldati cristiani di origine Slava ricollocati in Asia Minore nel 658 e nel 689 d.C., dieci anni di guerre non risolutive con Slavi e Bulgari negli anni '80 del VII sec. d.C., dopo che era stato negoziato nel 678 d.C. un trattato di pace con i Mussulmani, sette colpi di stato tra il 695 ed il 717 d.C. e la lista può anche continuare.
Fa da contrasto a questa situazione di lacerazioni e disunità la relativa compattezza mostrata dall'Islam nello stesso periodo. L'immagine di unità e di forte leadership esibita dai conquistatori Arabi in quegli anni può ben aver attratto i cittadini di un Impero che nelle ultime decadi era stato lacerato da conflitti religiosi e politici.
L'espansione finale araba nella Spagna Visigota mostra all'opera fattori simili a quelli già visti per l'Impero Romano d'Oriente. Le forze islamiche attraversarono lo stretto di Gibilterra, accompagnate da Berberi convertiti, ed attaccarono il regno Visigoto squassato da lotte intestine; i Mussulmani vennero inoltre incoraggiati da nobili Visigoti
dissidenti, e quando la resistenza gotica fu infranta, fu un nobile locale, Theudemiro, a negoziare una resa che comprendeva il riconoscimento della sovranità Mussulmana, ma anche l'autonomia locale.
Concludendo, sia l'Impero Persiano che quello Romano d'Oriente, ma anche il Regno Visigoto di Spagna, che aveva ereditato molte strutture economiche e sociali dal precedente Impero Romano, erano caratterizzati da una classe amministrativa dedicata e colta, da una struttura politica consolidata e centralizzata, da un clero elitario che si faceva interprete di una complessa teologia e, infine, da una struttura sociale tradizionalista e rigida in cui la maggior parte della popolazione era praticamente emarginata.
In contrasto la società Islamica era unita da una teologia monoteista meno complicata, era aperta a tutti e non era ancora soggetta alle tentazioni scismatiche che invece piagavano il mondo Cristiano.
Fonti
Principalmente Ostrogorsky come fonte secondaria (ma anche il recente bel libro della nostro Ronchey). Le fonti primarie le ho citate nel post; importante per Eraclio è Teofane.