Cimbri, Teutoni, Celti e Romani
by Gianfranco Cimino - 27/05/02
Avendo assistito al fin troppo vivace dibattito sui Campi Raudii non ho potuto fare a meno di scrivere qualcosa sull'argomento, anche perché mi piacerebbe inquadrare la suddetta battaglia, e quella analoga di Aquae
Sextiae nel più generale quadro della situazione nell'Europa Centrale e del Nord alla fine del II secolo a.C., portando avanti nel contempo una mia idea che (una volta tanto !!) penso si discosti dalla visione comune degli
avvenimenti in questione. Devo premettere che quella che esporrò è solo una mia teoria sui fatti, non
necessariamente veritiera, e che quindi sono aperto ad ogni critica nei confronti di essa.
L'idea comune di cui ho parlato è che a un tratto, nel 102 a.C. un'orda di giganti biondi, intenti al saccheggio ed al massacro, si sia presentata nella Pianura Padana dopo aver vagato per mezza Europa e distrutto qualche esercito romano, senza che nessuno potesse fermarli. Solo uno sforzo grandioso della Repubblica, unita al genio militare di Mario, alle sue riforme ed al valore ed all'addestramento dei suoi uomini, riuscì ad annientare la minaccia ed a salvare Roma.
Ma a parte le voluta retorica, è giusta questa ricostruzione ? O siamo di fronte all'ennesima ipersemplificazione, che non rende giustizia a nessuna delle parti?
Ma prima di cominciare la narrazione degli eventi, passo a prendere in considerazione i protagonisti, cominciando dai Celti delle attuali Francia, Svizzera, Austria, e Germania Meridionale (Baviera e Baden - Wuttenberg) che hanno una parte primaria negli avvenimenti che narrerò. In quel periodo i Celti non possono essere descritti come un'accozzaglia
incivile di tribù barbare; esiste una cultura celtica che presenta caratteri omogenei dalla Gran Bretagna all'ovest all'Ungheria, Romania ed anche Asia Minore (la Galazia) all'Est. Quest'area non aveva unità politica, ma in compenso aveva una sua unità culturale e linguistica, ed era intessuta da una fitta rete di commerci, che
andavano dal Mare del Nord al Mediterraneo, e che esistevano dai tempi della civiltà Micenea. I Celti usavano inoltre loro monete, coniate secondo modelli ellenistici e scrivevano usando l'alfabeto Greco (Cesare, De Bello Gallico, VI, 14). Infatti la civiltà Greca aveva avuto una certa influenza su di loro, per esempio attraverso il contatto con colonie Greche come Massilia, avevano sviluppato la coltivazione dell'olivo e della vite, e Justinus arriva ad
asserire (43; 41-2) che "la Gallia sembrava una parte della Grecia". I Celti avevano una cultura urbana basata sugli oppida, cittadine fortificate, connesse tra loro da una rete stradale che, se pur non paragonabile a quella romana, favoriva scambi e spostamenti; per dare un esempio della grandezza degli oppida basterà citare quello di Manching
(Baviera), con una circonferenza di 7 Km. Gli oppida fortificati erano inoltre affiancati da una rete di
fortificazioni, come quelle della Germania Meridionale e della Boemia; fortificazioni analoghe segnano la penetrazione dei Celti in Spagna. Dal loro orientamento sembra che le fortificazioni centro - europee fossero destinate a parare un pericolo proveniente dal Nord, e cioè dai Germani, al contrario tali fortificazioni mancano sulle Alpi: non c'erano (ancora) pericoli provenienti da Sud. Una prova dei conflitti tra Celti e Germani sono vari siti archeologici in
Turingia che mostrano, fin dal III secolo a.C., una penetrazione Germanica verso Sud. I Celti conducevano anche guerre tra di loro, ma questi conflitti tribali non devono essere esagerati, essi non impedirono alla civiltà celtica di
svilupparsi e prosperare, anche se la frammentazione politica, alla lunga, non giovò alla sua causa.
Per finire direi che la cultura celtica del II sec. a.C. aveva raggiunto uno stadio simile a quello della Grecia pre-classica del V sec. a.C.; ad uno sviluppo urbano ulteriore si frapponeva la relativa bassa densità di
abitanti (vengono stimati circa 4,5 milioni di abitanti in Gallia contro i 6 dell'Italia peninsulare), e forse, una certa propensione "rurale" del carattere nazionale Celtico.
Paragonati ai Celti i Germani possono essere considerati poveri ed
arretrati; il problema è che durante l'età del bronzo, Danimarca e Germania
settentrionale avevano goduto di un clima benigno e vi si era sviluppata una
ricca cultura (che attraversava tutto il Mare del Nord, e di cui mi
piacerebbe, un giorno, parlare).
A partire dal 1200 a.C. però il clima si deteriora, e si ha un declino
demografico accompagnato da uno culturale.
A partire dal 600 a.C. si ha però un nuovo incremento della popolazione,
dapprima lento e poi via via più veloce, fino ad avere, a partire dal III
sec. a.C. in poi l'inizio di una serie di ondate migratorie; fin da questo
periodo troviamo infatti popolazioni Germaniche in Romania ed Ucraina.
Non bisogna però pensare alle popolazioni Germaniche di allora come a
popolazioni nomadi; ed alcuni siti archeologici provano occupazioni continue
nel corso dei secoli.
I Germani erano agricoltori, anche se forse con una tendenza maggiore di
altri popoli a muoversi: in alcune aree i villaggi erano occupati per una o
due decadi, poi, forse a causa dell'impoverimento del suolo, erano
trasferiti a qualche chilometro di distanza.
Certo, a causa della pressione demografica potevano anche svilupparsi
migrazioni vere e proprie.
Qui bisogna sfatare un altro mito: gli autori latini tendono a presentarci
la Germania come quasi interamente coperta da boschi e da terreni paludosi,
ed afflitta da un perenne maltempo.
In realtà l'evidenza archeologica ci mostra un clima più o meno simile
all'attuale; certo il paesaggio odierno è molto meno ricco di boschi e
paludi, dopo un paio di millenni di sviluppo di una ricca agricoltura, ma
già da allora vi erano numerosi piccoli villaggi connessi da vie di
comunicazione stradali o fluviali; le strade permettevano il passaggio di
veicoli a trazione animale, e le paludi erano attraversate da strade
rialzate.
Certo era un terreno molto meno aperto di quello della Gallia o dell'Italia,
ma ciò era anche causato dalla relativa scarsa popolazione (stimata allora
in circa 3 milioni di abitanti nell'odierna Germania).
In realtà la Germania di allora non era però una landa desolata, anche se
agli occhi degli autori latini, abituati a paesaggi e climi diversi,
appariva una terra pericolosa e selvaggia (forse un po' come ai soldati
americani dovevano apparire le giungle del Sud - Est asiatico ai tempi della
guerra nel Vietnam).
Scontri a parte, in questo periodo ci furono molti contatti tra la cultura
Germanica e quella Celtica, e manufatti celtici, o copie di essi, sono stati
trovati dagli archeologi in Germania e Danimarca; inoltre, nelle regioni di
confine, i Germani adottarono molti dei più avanzati costumi celtici, e
certamente molti Germani, come lo stesso Ariovisto (De Bello Gallico, I,
47), sapevano parlare Celtico (anche se bisogna dire che Italico, Celtico e
Germanico sono, all'interno della più vasta famiglia delle lingue
indeuropee, molto vicini tra loro).
Non bisogna perciò meravigliarsi se gli autori latini ci descrivono i
Germani somiglianti ai Celti, solo più grossi e più biondi; specialmente
nelle zone in cui le due civiltà si incontravano (e si scontravano), le
differenze non dovevano essere molte.
Infine i Germani, tramite le loro connessioni coi Celti, non dovevano essere
completamente all'oscuro della geografia e della politica delle terre di
Francia e dell'Europa Centrale, e dovevano avere sicuramente conoscenza
dell'esistenza e della potenza di Roma: le migrazioni di Cimbri e Teutoni
non avvennero secondo uno schema casuale e senza senso strategico, ma
nascondono un disegno ben preciso.
Sulla base di quanto detto sopra non deve meravigliare che molti archeologi
si trovino in difficoltà a delimitare le reciproche zone di influenza, e che
alcuni storici pensino che Cimbri e Teutoni siano Celti provenienti dal
centro Europa, e non Germani; lo stesso nome del re dei Cimbri, Beorix è
chiaramente Celtico (vedi i Boii, popolazione celtica abitante la Boemia e
rix che equivale al Latino rex).
Ciò non è però una prova definitiva, in quanto può darsi semplicemente che
gli scrittori latini abbiano ricordato solo la versione celtica del nome del
re dei Cimbri
Personalmente preferisco quindi attenermi alla tradizione più consolidata e
considerare Cimbri e Teutoni Germani, anche se alle loro migrazioni hanno
sicuramente contribuito anche gruppi di etnia celtica.
Per quanto riguarda i terzi ed ultimi attori di questo dramma, i Romani, non
occorre certo spender parole su di essi; mi voglio però soffermare su un
punto.
Gli storici romani ci danno, forse volutamente, l'impressione che la
migrazione dei Cimbri e dei Teutoni accadde in maniera inaspettata, che Roma
non si aspettava nessun pericolo proveniente da oltre la cerchia delle Alpi,
e che comunque per i Romani la Gallia e le zone del Centro Europa erano
"Terra Incognita".
Questo è ovviamente difficile da credere e non rende giustizia alle capacità
di "intelligence" romane.
Il fatto che i Romani si rendessero conto della minaccia che poteva arrivare
dal Nord è dimostrato dal fatto che, dopo 50 anni di relativa attività nel
Nord dell'Italia, a partire dal 130 a.C. in poi si moltiplicano le
iniziative romane nel settore.
Nel 129 a.C. viene condotta una campagna contro le popolazioni delle odierne
Istria e Carinzia, mentre un'alleanza con le popolazioni del Noricum rende
più sicura la posizione di Aquileia, bastione romano al confine orientale.
Nell'area della ex-Jugoslavia i Romani sostennero un conflitto con una
popolazione Illirica, gli Skordiskoi, che furono soggiogati nel 109 a.C..
La penetrazione romana nell'area delle Alpi centrali data agli anni 118 -
117 a.C.
Dal 125 a.C. inoltre i Romani condussero campagne di conquista nel sud della
Gallia e sulle Alpi Marittime; risale a quel periodo la fondazione della
provincia della Narbonense.
Il risultato di tali spinte offensive fu quello di ottenere un certo grado
di controllo sulle vie di accesso alla Pianura Padana che attraversavano le
Alpi.
Insomma, tutto fa supporre che i Romani si aspettassero che i Celti
avrebbero ceduto sotto la spinta dei Germani, e quindi dovevano aspettarsi
un'ondata migratoria: la minaccia dei Cimbri e dei Teutoni non capitò come
un fulmine a ciel sereno.
Ma di quanti uomini era composta questa ondata migratoria ?
Gli storici antichi ci parlano di un numero di guerrieri tra i 300.000 ed i
500.000, a cui bisogna aggiungere i non combattenti, complessivamente, ma
ovviamente queste cifre sono esagerate, se si pensa al numero di abitanti
della Germania a quei tempi (3.000.000 di abitanti, e non tutti Germani, ma
anche Celti).
Il Penguin Atlas of World Population History da anche una stima degli
abitanti della Danimarca di allora, circa 200.000.
E' evidente che una migrazione del genere descritta dagli storici quali
Plutarco o Livio, avrebbe lasciato spopolato lo Jutland, come effettivamente
avvenne con l'area abitata dagli Anglo - Sassoni durante il V sec. d.C. a
seguito delle migrazioni di questi popoli.
Non vi sono tracce archeologiche di tale spopolamento per il periodo in
oggetto, mentre vi sono evidenze che attorno al 100 a.C. molte persone
migrarono dalle aree degli attuali Schleswig - Holstein e Mecklenburg.
Possiamo allora concludere che una cifra sui 100.000 combattenti per la
migrazione iniziale sia più realistica; tenendo conto poi le zone di origine
non furono completamente abbandonate, il numero di non combattenti al
seguito dei guerrieri non deve essere stato molto alto, diciamo altre
100.000 unità: uomini giovani e senza famiglia al seguito dovevano
costituire il nucleo della migrazione..
Anche così l'impresa deve essere stata ardua a causa delle difficoltà
logistiche; molto probabilmente i capi dei Germani avevano cercato di
stringere accordi preventivi con le tribù di loro consanguinei i cui
territori sarebbero stati attraversati dall'orda, e quasi sicuramente
cercarono di fare lo stesso con alcune tribù celtiche; sicuramente vi fu un
contributo celtico alla migrazione.
Inoltre è presumibile che i capi dei Germani possedessero informazioni
sufficienti sulle condizioni geografiche e politiche delle aree che
avrebbero attraversato e/o sulle quali si sarebbero stabiliti.
Una tale abilità diplomatica, logistica e di intelligence non è sconosciuta
tra i capi Germani, almeno tra quelli migliori: Ariovisto riuscì a
mobilitare le forze di molte tribù germaniche sparse tra la Danimarca e
l'Austria, ed una cosa simile riuscì, per il Nord della Germania, ad
Arminio.
Ma, prima di passare a descrivere le campagne dei Cimbri e dei Teutoni, si
ci deve chiedere quale fosse il reale obiettivo di tale migrazione.
Che ci fosse un obiettivo è un fatto scontato, a meno di non attribuire ai
Germani una totale mancanza di scopi razionali, che non rende loro giustizia
(ma che gli autori classici a volte volutamente adombrano), soprattutto se
si pensa alle difficoltà di ogni tipo (logistiche in primis) eventualmente
affrontate e risolte per compiere una migrazione di tale tipo.
Si è a lungo pensato che tale obiettivo fosse l'Italia, ma la tesi che
voglio proporre, e che contrasta con la visione comunemente accettata di
tali avvenimenti, è che l'obiettivo dei Cimbri e dei Teutoni fosse la
conquista dei territori del Sud della Germania, e le aree adiacenti della
Gallia e della Boemia, ancora in mano ai Celti.
Cercherò quindi di analizzare da questo mio punto di vista le varie fasi
della campagna dei Cimbri e dei Teutoni (114 a.C. - 101 a.C.)
La prima fase della migrazione non dovette presentare particolari problemi,
poiché si svolse in territorio controllato da tribù di sangue germanico
amiche, o comunque disposte a supportare, sia pur temporaneamente,
l'avanzata di Cimbri e Teutoni.
L'asse di penetrazione nel Sud della Germania fu probabilmente un fiume,
l'Elba o l'Oder, seguendo rotte commerciali ormai note da tempo.
Successivamente abbiamo una testimonianza di Strabone che afferma che Cimbri
e Teutoni non riuscirono a penetrare in Boemia (114 a.C.), ma furono
respinti (ricordiamoci del sistema di fortificazioni celtiche in Boemia).
A questo punto i Germani deviarono verso Est, probabilmente attraverso la
Slesia, ed arrivarono nel territorio degli Illiri Skordiskoi (probabilmente
l'attuale Ungheria), dove svernarono.
Appare quindi chiaro che l'intenzione dei leaders Germanici era quella di
attaccare le terre celtiche di oltralpe da Est, ed infatti nella primavera
del 113 a.C. le tribù si rimisero in moto attraverso il Noricum (grosso modo
l'attuale Austria), dove però furono intercettati dall'esercito del console
Papirus Carbo mentre marciavano attraverso il territorio dei Tauriscoi,
alleati di Roma.
Ci fu un accordo tra Romani e Germani, in base al quale i primi si
impegnavano a fornire guide ai secondi, che avrebbero però lasciato il
territorio dei Tauriscoi.
Mentre però i Germani si muovevano, il console Papirus pensò di prenderli di
sorpresa durante la marcia, ma l'inganno non gli riuscì e fu battuto; le sue
perdite avrebbero potuto essere anche maggiori, se non fosse stato per il
verificarsi di una tempesta che dette tempo ai Romani di sganciarsi.
A questo punto, se l'intenzione dei Germani fosse stata quella di invadere
l'Italia, avrebbero potuto facilmente farlo; invece i loro leaders ,
seguendo il presumibile piano originario, continuarono la loro marcia verso
il meridione della Germania, al di là della sfera d'influenza di Roma.
Dopo il 113 a.C., data del primo scontro coi Romani, non abbiamo più
notizie, per i 4 anni successivi, fino al 109 a.C., dei Cimbri e Teutoni; la
mia ipotesi è che nel frattempo essi abbiano tentato di sottomettere le
popolazioni celtiche del Sud della Germania.
Non vi sono evidenze scritte di questo periodo, ma l'archeologia fornisce
qualche informazione addizionale, giacchè gli oppida celtici nell'area sono
stati sottoposti ad uno studio intensivo.
Il quadro che si ricava da questi studi non è di una conquista o distruzione
completa; alcuni oppida furono distrutti, altri semplicemente abbandonati,
altri continuarono a prosperare.
Non ci fu quindi una conquista completa dell'area in questione; molto
probabilmente alcune tribù celtiche furono sottomesse, altre si unirono agli
invasori, altre ancora reistettero con successo.
Fino alla conquista romana il Sud della Germania ebbe caratteristiche
prevalentemente celtiche, il che fa pensare che i nuovi invasori, anche per
il loro scarso numero, si integrarono nella cultura presistente.
Dal 110 a.C abbiamo di nuovo notizie dei Cimbri e dei Teutoni da parte di
fonti scritte: una serie di campagne spinse i Germani ad effettuare una
serie di campagne in Gallia, soprattutto nella valle del Rodano e,
successivamente contro i Belgi, con una puntata nel Nord della Spagna.
Queste campagne sembrano involvere un numero di guerrieri inferiore alle
prime operazioni, forse parte delle forze rimase a controllare le recenti
conquiste nella Germania meridionale, ma in numero sufficiente per battere
nel 109 a.C. il console Junius Silanus nel territorio degli Allogorgi ed a
infliggere una disastrosa sconfitta ad Arausio a due eserciti consolari (105
a.C).
Queste operazioni sembrano tese ad assicurare ai Germani il controllo della
valle del Rodano, con l'appoggio delle varie tribù celtiche alleate,
Helvetii, Tigurines e Sequani e forse in supporto ad esse.
Anche la città di Tolosa si alleò a Cimbri e Teutoni, e gli stessi Tigurines
sconfissero, come alleati dei Germani, il console Lucius Cassius.
Colloqui avviati coi Romani, mediante l'invio di un'ambasciata a Roma, non
portarono a nulla, visto che entrambe le parti puntavano al controllo della
valle del Rodano.
Si arrivò così alla battaglia di Arausio, nella quale i due consoli Cn.
Mallius e M. Aurelius Scaurus ed il proconsole Servilius Caepio non
riuscirono a coordinare il movimento dei due eserciti consolari, e furono
disastrosamente battuti dai Germani.
Ma ancora una volta Cimbri e Teutoni non fecero seguire un'invasione
dell'Italia alla loro vittoria, ma anzi rivolsero la loro attenzione alla
potente tribù gallica dei Belgi, nel Nord della Gallia, dalla quale furono
però respinti (104 a.C.), ed effetturono una rapida puntata in Spagna, con
una forza più piccola, forse in appoggio alle ribellioni dei Celtiberi e dei
Lusitani contro i Romani.
L'attacco dei Germani nel Nord della Gallia è ricordato nel De Bello Gallico
(VII, 77), ed il permanere nell'area di una tribù di origine germanica, gli
Aduatuci, è ricordata nella stessa opera (II, 29).
Sembra che in questi anni Cimbri e Teutoni siano rimasti coinvolti nelle
varie rivalità tra le tribù galliche, ed in una più generale tensione coi
Romani a causa del sovrapporsi delle rispettive zone d'influenza.
Ma fu solo dopo la rovinosa battaglia di Arausio che i Romani, già afflitti
da numerosi contrasti interni, decisero di dare priorità alla minaccia
germanica, conferendo a Mario poteri speciali per far fronte a Cimbri e
Teutoni.
Mario ebbe comunque tutto il tempo di portare avanti l'addestramento del suo
nuovo esercito e di introdurre le sue riforme, perché i Germani non si
diressero direttamente sull'Italia dopo Arausio.
Sembra però che il successivo attacco concentrico di Cimbri e Teutoni sulla
Pianura Padana possa essere interpretato come un attacco preventivo contro
le forze di Mario; questo avrebbe più senso rispetto ad un'invasione vera e
propria, il cui momento migliore sarebbe stato dopo Arausio.
Comunque siano andate le cose l'esercito romano riformato da Mario ed il
genio militare del suo comandante rifulsero nelle due battaglie di Aquae
Sextiae, in Provenza contro Cimbri ed Ambroni (una tribù alleata di origine
celtica) ed ai Campi Raudii (nei pressi di Vercelli) contro i Teutoni, anche
se questa battaglia non fu una facile vittoria romana, e la battaglia
avrebbe ben aver avuto esito diverso.
Tra l'altro Beorix, leader dei Teutoni si dimostrò abile comandante, calando
attraverso la valle dell'Adige e riuscendo a liberarsi di L. Catulo ed
arrivando così nella Pianura Padana; anche la decisione di Beorix di offrire
battaglia a Mario, al di là dell'ethos eroico così tipicamente germanico, ha
una spiegazione razionale: i Germani non potevano pensare di svernare
nuovamente in Italia, a causa delle difficoltà logistiche che sicuramente
Mario avrebbe procurato loro, ed una ritirata attraverso le Alpi coi Romani
alle calcagna sarebbe stata ancora più difficile; al contrario una vittoria
avrebbe permesso invece ai Teutoni se proseguire la loro campagna italiana o
se ritirarsi indisturbati.
Con la battaglia dei Campi Raudii la minaccia per l'Italia fu sventata, e
Mario ed i Romani potettero così dedicarsi con più tranquillità alle lotte
intestine; significativamente Mario avrà a contendere con L. Catulo riguardo
al merito della vittoria, ma non valicherà le Alpi.
Ma la campagna dei Cimbri e dei Teutoni aveva avuto conseguenze più durature
in Gallia e Germania.
Se infatti è accettabile la mia ipotesi, l'invasione dell'Italia non fu
portata avanti da tutti i guerrieri disponibili ai Cimbri, Teutoni ed ai
loro alleati Galli, ma solo da parte di essi (ad esempio ai Campi Raudii,
nonostante le esagerazioni di Plutarco i guerrieri Germani non dovevano
superare di molto le forze combinate di Mario e L. Catulo).
Ciò rendeva disponibili ai Germani forze sufficienti per consolidare le loro
conquiste nel Sud della Germania e lungo il Reno.
A riprova di ciò la situazione che troverà Cesare circa un secolo dopo è che
i Germani hanno tutte le terre al di là del Reno, e che un leader capace
come Ariovisto è in grado di controllare, attraverso un mix di forza e
diplomazia, gran parte del Nord della Gallia.
Solo le campagne di Cesare in Gallia ed Augusto a nord delle Alpi
estenderanno definitivamente fino al Reno ed al Danubio il potere romano
estromettendo completamente i Germani da quelle regioni.
Dal punto di vista archeologico la situazione, specie nella Germania
Meridionale, appare più complessa, con una cultura di base celtica cui però
si sovrappone una forte influenza germanica, specie nei rituali di
sepoltura; si può quindi pensare in un'integrazione tra le culture dei Celti
e quelle dei loro invasori Germani.
In conclusione si potrebbe affermare che la migrazione dei Cimbri e dei
Teutoni non fu un completo fallimento (dal punto di vista dei Germani) ma,
anche se destinata al fallimento in Italia, riuscì a raggiungere il suo
obiettivo principale di estendere l'influenza e la presenza Germanica nelle
aree ancora celtiche della Germania.
Ciao
Gianfranco