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Campi Catalunici - Flavio Ezio e dintorni
by Gianfranco Cimino - 20/11/01
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Dopo aver letto qualcosa in più sull'argomento, proverò a dare una mia descrizione dei Campi Catalaunici, partendo dalla descrizione che ne da Giordane , nei capitoli da XXXVI a XLI della sua "Getica". Devo prima però precisare che mi soffermerò, principalmente per mancanza di tempo e di spazio, sulla battaglia, e non sull'intera campagna che condusse allo scontro; inoltre devo ammettere che Giordane non è ritenuto proprio affidabile dagli storici odierni; è naturalmente troppo filo Goto (d'altronde il suo intento è la celebrazione della storia dei Goti) ed inoltre, per quanto riguarda la battaglia dei Campi Catalaunici, ne ha scritto la descrizione nel VI secolo, basandosi quindi su altre fonti a lui disponibili (e della cui affidabilità nulla si sa). Inoltre il sito in cui è avvenuto lo scontro non è stato identificato con certezza, e quindi l'archeologia non ci può venire in aiuto. Ciò premesso quindi la mia ricostruzione è tanto ipotetica che dovrei scrivere tutto al condizionale.

Giordane ci dice dunque che i due eserciti si incontrarono ai Campi Catalaunici "convenitur itaque in campos Catalaunicos" , detti anche Mauriaci, che si estendevano "centum leuvas . in longum tenentes et septuaginta in latum, leuva autem Gallica una mille et quingentorum passuum quantitate metitur", e quindi 150.000 passi per 105.000 (un passo può essere stimato, come ordine di grandezza, 3/4 di metro).

Alcuni storici affermano che i Campi Catalaunici sono vicini a Chalons, altri tra Sens e Troyes (cfr. Le invasioni barbariche - Claudio Azzara, il Mulino, 1999 alla pag. 61)

Il campo di battaglia era dominato da una cresta, il cui possesso aveva quindi grande importanza per i contendenti; lo schieramento vedeva i Romani comandati da Ezio all'ala sinistra, gli Alani di Sanguibanum (alquanto inaffidabili), al centro, ed i Visigoti sotto Theoderidus all'ala destra (e qua devo registrare che Ferril nel suo "The fall of Roman Empire the military explanation" Thames & Hudson 1986 alla nota 251 afferma che alcuni storici non sono d'accordo sullo schieramento dei Romani sull'ala sinistra). Attila aveva schierato i suoi in contrapposizione agli Alani, i suoi sottoposti Ostrogoti sotto i fratelli Valamire (re degli Ostrogoti), Theodemire e Videmere di fronte ai Visigoti, ed infine i Gepidi di Re Ardaricus a fronteggiare i Romani.
Giordane non ci dice specificamente la collocazione di Ostrogoti e Gepidi, ma essa si desume dal fatto che "cornua vero eius multiplices populi et diversae nationes, quos dicioni suae subdiderat", e quindi i sottoposti degli Unni occupavano le ali, e poiché successivamente dal contesto appare chiaro che Visigoti ed Ostrogoti si fronteggiavano, si può dedurre che i Gepidi fronteggiavano i Romani.

La battaglia ebbe inizio con uno scontro preliminare che vide la conquista della cresta da parte dei Romani di Ezio; anche questo fatto non è molto chiaro, ed infatti S. Mc Dowall (Slingshot n. 120), pone la cresta alla sinistra, nell'area di schieramento dei Visigoti, e P. Barker (Armies and enemies of Imperial Rome, WRG, 1981) la pone addirittura al centro !! Comunque dall'allocuzione che Giordane fa pronunziare ad Attila prima dell'inizio dello scontro principale viene detto, con riferimento ai Romani "excelsa quaerunt, tumulos capiunt" e cioè "ricercano luoghi alti, si impadroniscono delle colline", e questo fa pensare che i Romani occuparono la cresta in questione.

Una volta combattuto questo scontro preliminare, la battaglia vera e propria ebbe finalmente inizio.
I Visigoti respinsero gli Ostrogoti, nonostante la perdita del loro Re, e sotto la guida di suo figlio Thorismud, attaccarono gli Unni, ricacciandoli nel loro campo.
Cio sembra presupporre un'operazione di avvolgimento sull'ala da parte dei Visigoti, giacchè Giordane ci dice "tunc Vesegothae dividentes se ab Alanis invadunt Hunnorum caterva", e cioè ad una separazione tra il centro dell'esercito alleato (magari causato da un arretramento degli Alani sotto il peso dell'attacco Unno) e la sua ala destra. Giunti a questo punto il combattimento si fece davvero confuso a causa del cadere delle renebre; il nuovo re Visigoto Thorismud, quasi cadde avendo scambiato le linee nemiche per le sue, Ezio, forse per rendersi conto personalmente della situazione, rimase separato dai suoi e passò la notte con gli alleati Visigoti, gli Unni rimasero asserragliati nel loro campo.

Il mattino successivo né gli Unni né i Romani presero l'iniziativa, ed in realtà Ezio consigliò il giovane Re Visigoto a tornare al suo reame per far valere i suoi diritti di successione, rinunziando così ad infliggere agli Unni una sconfitta definitiva.
Giordane spiega l'atteggiamento prudente di Ezio col suo desiderio di mantenere gli Unni abbastanza forti per poterli poi contrapporre ai Goti (divide et impera), ma forse, essendo stata la battaglia molto sanguinosa (bellum atrox multiplex immane pertinax, cui simile nulla usquam narrat antiquitas, ci dice Giordane, forse esagerando), ed essendo Attila ancora forte, Ezio non se la sentì di rischiare oltre, pago di aver ricacciato gli Unni.
Quando poi gli Unni, successivamente, invasero l'Italia, Ezio non potè intervenire, forse per paura di sguarnire la fonte principale del suo potere, la Gallia, oppure perché i suoi vari foederati ed alleati difficilmente avrebbero lasciato i loro possessi in Gallia per combattere in Italia.

Per finire, alcune considerazioni (o per meglio dire speculazioni) sugli eserciti che combatterono ai Campi Catalaunici.
Ritengo personalmente che gli Unni fossero principalmente arcieri a cavallo poco protetti, con un nucleo di nobili meglio armati e corazzati, ma anch'essi fondamentalmente arcieri a cavallo, anche se dotati di armi da mischia e capaci di effettuare azioni di sfondamento contro un nemico già indebolito o disordinato dal tiro.
Gli Alani erano di origine Sarmata, anch'essi nomadi, prima di stabilirsi come foederati in Gallia, e quindi non dovevano essere molto dissimili dagli Unni in quanto a tattiche , anche se non avevano la loro stessa feroce reputazione.
Visigoti ed Ostrogoti avevano i loro uomini migliori tra la nobiltà, che combatteva a cavallo, ed usava tattiche fondate su cariche impetuose con l'impiego della lancia; vi erano comunque guerrieri a piedi, tra i quali alcuni armati di arco.
Le altre schiere Germaniche coinvolte dovevano principalmente consistere di guerrieri a piedi, armati di giavellotti e/o corte lance da fanteria, e poco protetti (se si eccettua lo scudo), ma condotti da nobili appiedati meglio corazati ed armati (ad esempio con armi da lancio piuttosto pesanti, quale l'angon o la francisca).
Infine i Romani: Giordane ci dice due cose interessanti.
La prima "hi enim adfuerunt auxiliares: Franci, Sarmatae, Armoriciani, Liticiani, Burgundiones, Saxones, Ripari, Olibriones, quondam milites Romani, tunc vero iam in numero auxiliarium exquisiti, aliaeque nonnulli Celticae vel Germanie nationes".
La seconda " nota vobis sunt quam sint levia Romanorum arma: primo etiam non dico vulnere, sed ipso pulvere gravantur, dum in ordine coeunt et acies testudineque conectunt".
Sembra quindi che la gran parte dell'esercito Romano fosse composta da truppe ausiliarie, più o meno romanizzate, che combattevano ancora in ordine chiuso (magari armate di armi da lancio e/o corte lance da fanteria e con una significativa presenza di arcieri nelle proprie fila), ma non adatte a compiti offensivi, e dotate di scarsa protezione: elmo e scudo, ovale o rotondo.
Se esisteva ancora qualche unità dell'esercito campale Romano, essa doveva principalmente consistere di cavalleria facente parte del seguito personale di Ezio, e, magari, risentiva, in tattiche ed armamento, dell'influsso barbarico, Unno o Goto a seconda dei casi.

In quanto ai numeri, quelli dati da Giordane, con perdite che si avvicinano a quelle della I Guerra Mondiale, sono senz'altro esagerate; io, molto prudentemente, non penso che i due eserciti nemici, riuniti, superassero le centomila unità.

Dal punto di vista operativo, ad un tentativo di sfondamento Unno del centro, sembra aver corrisposto un avvolgimento Romano effettuato dai Visigoti, mentre i Romani sulla collina contenevano l'ala destra nemica, e minacciavano la possibilità di un duplice avvolgimento. Una grande visione tattica, quasi richiamante Canne, da parte di Ezio, quindi, certamente uno dei più grandi comandanti Romani di tutti i tempi (considerate le risorse che aveva ed i nemici che combatteva).

E' però vero che A. Ferril ed altri, dissentono dal fatto che gli Unni di Attila, nel V secolo, fossero principalmente arcieri a cavallo (essi pensano piuttosto ad un esercito di fanteria); se accettiamo questa interpretazione, i Campi Catalaunici non prefigurano più una tipica battaglia medievale, contraddistinta dalla preminenza della cavalleria come arma offensiva principale, ma questo è un argomento troppo controverso per essere qui affrontato.

In ultimo mi si permetta qualche osservazione sulla successiva fama di questa battaglia: da molti (ad es. Creasy, che la pone tra le 15 più importanti battaglie combattute) è considerata fondamentale per la storia dell'Occidente, e Tolkien penso si sia ispirata ad essa almeno per parte della descrizione dello scontro sui campi di Pelennor; in quanto ad Asimov, nella sua Trilogia Galattica, costruisce il personaggio del generale Bel Riose, l'ultimo degli Imperiali, su quello di Ezio, l'ultimo dei Romani.

Ciao (ovvero Mira atque Lanza)
Gianfranco
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